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Marcello Pamio

«Ogni uomo, se lo decide,
può essere lo scultore
del proprio cervello»

Santiago Ramon y Cajal, Premio Nobel per la medicina nel 1906

E’ l’organo più enigmatico e complesso dell’universo, e forse proprio per questo è l’unico del corpo umano il cui funzionamento ancora sfugge alla comprensione della scienza.
Le cifre che descrivono il cervello sono a dir poco astronomiche: in un volume di 1.500 centimetri cubi si racchiudono 100.000 milioni di neuroni che utilizzano fino a 19.000 dei 30.000 geni che compongono il genoma umano.
I neuroni si collegano tra loro mediante sinapsi e formano 1 miliardo di connessioni per ogni mm3 di corteccia cerebrale. Senza tener conto delle cellule gliali di supporto il cui numero è dieci volte tanto.

Come detto ogni neurone può collegarsi con altri mille intrecciando reti la cui complessità è inimmaginabile.
Se solo venissero messi in fila gli assoni dei neuroni del cervello di una persona, raggiungerebbero una distanza di 150.000 km, cioè quasi la metà della distanza tra la Terra e la Luna.
I neuroni comunicano tra loro mediante impulsi elettrici (e forse anche luminosi) grazie ad alcune sostanze chimiche note come neurotrasmettitori di cui oggi se ne conoscono circa un centinaio, ma in realtà il loro numero potrebbe essere molto più alto.

Staticità Vs neuroplasticità
Fin da piccoli ci hanno inculcato che il cervello è un organo statico e immutabile, per cui si nasce con un numero fisso di cellule (neuroni, ecc.) e man mano che passano gli anni se ne perdono costantemente e inesorabilmente. Questo processo prende il nome di invecchiamento.
Per fortuna che tale visione nichilista dell’uomo sta per essere soppiantata dai risultati sempre più eclatanti delle neuroscienze, che dimostrano come il cervello non resta immutabile, ma anzi, durante il corso della vita continua a trasformarsi. Tale proprietà si chiama «neuroplasticità» e riguarda tutti i livelli dell’organo, dalle sinapsi ai prolungamenti nervosi per giungere alle regioni funzionali.

Sulla plasticità del cervello sono interessanti le scoperte della d.ssa Maura Boldrini, una ricercatrice italiana che lavora al Dipartimento di Psichiatria della Columbia University. Secondo le sue ricerche il cervello continua a rigenerarsi anche nella terza età, grazie a riserve di «neuroni immaturi» (staminali) pronte a entrare in azione anche a 79 anni.
In pratica in ogni momento della vita vi sarebbero dei neuroni pronti ad entrare in azione e questo avverrebbe soprattutto nell’ippocampo, un’area cerebrale che gestisce e governa la memoria e che è la più danneggiata (guarda caso) nell’Alzheimer.

Quindi abbiamo visto che ogni cellula nervosa è collegata mediante sinapsi con molte altre, formando una rete di comunicazione così intricata che a confronto quella di internet è un banale quaderno a quadretti.
Ciascun gruppo di cellule svolge un lavoro specifico, alcune sono coinvolte nel pensare, nell’apprendere e nel ricordare, mentre altre aiutano a vedere, sentire, odorare, ecc.

Per svolgere questo immenso lavoro le cellule cerebrali devono ricevono forniture imponenti di alimenti e ossigeno per generare e produrre energia, costruire connessioni e soprattutto liberarsi dai rifiuti tossici, cosa quest’ultima cruciale per il benessere e la salvaguardia dell’organo. Esattamente come in una vera e propria fabbrica i blocchi e i guasti in un singolo sistema provocano problemi anche in zone distanti.
Con la diffusione del danno, non solo le cellule perdono la capacità di compiere il loro lavoro specifico, ma possono andare incontro a morte, provocando mutamenti e danni irreversibili nel cervello, quelli purtroppo visibili nelle patologie neurodegenerative.
Alla fine della fiera la medicina scopre nell’encefalo la presenza di placche amiloidi e strani grovigli formati da alcune proteine. Poi arriva la nefasta diagnosi di Alzheimer.
Quindi questa splendida e magistrale “macchina” può andare incontro a un declino organico e funzionale.
Non tutti lo sanno, ma stiamo parlando della patologia più diffusa al mondo sopra una certa età: di malati infatti ce ne sono nel mondo quasi 47 milioni e questa cifra è destinata, stando all’attuale andamento, a raddoppiare ogni 20 anni.

In Italia la demenza colpisce oltre 1.200.000 persone, che diventano una cifra imponente se teniamo conto che un nucleo familiare mediamente è costituto da almeno tre persone e quando l’Alzheimer fa la sua entrata in casa, sconvolge e rovina la vita di tutti, non solo del disgraziato a cui verrà lentamente cancellata e portata via la coscienza!

Cosa dicono le ricerche
Moltissimi degli studi e delle ricerche ufficiali pubblicate su PubMed (la più importante banca dati di biomedicina al mondo www.pubmed.gov) rivelano cose estremamente interessanti…
Le persone con l’Alzheimer presentano dentro il cervello, oltre alle placche amiloidi appena dette, anche metalli tossici (piombo, mercurio, alluminio) e svariati agenti patogeni (virus Herpes Simplex, Cytomegalovirus, funghi come Candida Glabratus e Candida Albicans, batteri orali come P. Gingivalis Treponema denticola, Tannerella forsythia e Porphyromonas gingivalis, ma anche Helicobacter pylori, Burkholderia, Borrelia, Chlamydophila pneumoniae, Pseudomonas, Firmicutes, Staphylococcus epidermidis, Stenotrophomonas maltophilia, ecc.).

Cosa ci fanno batteri, funghi e metalli dentro il cervello? Ma soprattutto la domanda cruciale è come hanno fatto a finire là dentro? Superando la membrana emato-encefalica che rappresenta una barriera selettiva!
La riposta probabilmente sta nel nostro secondo cervello, l’intestino, che già nel nome dice tutto (in-testino > in-testa…).
Se infatti la mucosa intestinale perdesse la sua centrale permeabilità, tutto il contenuto degli intestini: frammenti incompleti di proteine (per esempio caseina e glutine), acidi metabolici, batteri, funghi, parassiti, metalli e tossine varie, potrebbero finire nel circolo sanguigno, per essere poi trasportate in tutto l’organismo, cervello incluso.

Permeabilità intestinale
La mucosa intestinale è una barriera - più o meno come quella emato-encefalica - selettivamente permeabile che fa passare solo quello che serve all’organismo, bloccando tutto il resto. Questa sua funzione è determinata dalle cosiddette «giunzioni strette» o «giunture serrate» che contribuiscono a mantenere un’adeguata e corretta chiusura.
Negli ultimi anni stiamo assistendo però alla perdita dell’integrità di questa mucosa, non è un caso infatti che le diagnosi di «intestino permeabile» o «intestino gocciolante» stiano aumentando.
Questo punto è cruciale perché sempre le evidenze scientifiche parlano chiaro: l’alterazione della permeabilità intestinale è alla base dell’eziogenesi di malattie importanti del sistema gastro-intestinale (celiachia ma non solo), quelle autoimmunitarie, infiammatorie e degenerative, Alzheimer incluso.

Il discorso lo può capire anche un bambino: se la mucosa lascia “filtrare” o “gocciolare” tramite le giunture quello che è presente nell’intestino direttamente nel sangue, da una parte il sistema immunitario dovrà intervenire costantemente e pesantemente, e dall’altra si creeranno le premesse e il terreno idoneo all’aumento di infiammazioni in tutto il corpo, anche nel cervello. La costante iperattivazione del sistema immunitario va ad alimentare l’infiammazione cronica locale che ha dato origine alla permeabilità, creando un pericolosissimo circolo vizioso.
Le cause del danno alle giunture intestinali sono diverse: disbiosi intestinale, additivi chimici, alimenti spazzatura pregni di pesticidi, farmaci e vaccini, chemio/radioterapia, parassitosi e candidosi sistemica, alcol, stress, infiammazioni e infezioni costanti.
Anche alcuni acidi metabolici derivanti dalla digestione possono indurre serie problematiche, come l’acido propionico, un grasso a catena corta prodotto dai batteri, in grado di indurre neuroinfiammazione, stress ossidativo, disfunzione a livello mitocondriale e addirittura deplezione di glutatione. Questo acido viene prodotto dalla fermentazione di polisaccaridi, oligosaccaridi e gli acidi grassi a catena lunga dai batteri del colon. Quindi i carboidrati non digeriti, fibra e amido ne rappresentano la fonte principale. L’acido propionico da una parte riduce i livelli di glutatione nel cervello, rendendo l’organo molto più sensibile allo stress chimico dei vari inquinanti, dall’altra fa calare anche i livelli nel sangue degli acidi grassi essenziali della serie Omega-3.

Sfiammare la mucosa intestinale è prioritario, per cui è necessario quindi eliminare completamente gli zuccheri e i cereali raffinati (soprattutto quelli con glutine) e tutte le altre sostanze che provocano irritazione (alcolici, caffè, ecc.).
Fortuna vuole che in natura gli alimenti straordinari che aiutano a ripristinare la funzionalità intestinale non mancano: oltre alle numerose spezie e droghe, vi sono i fermentati, le verdure latto-fermentate (crauti, cetriolini, ecc.), il miso (fermentati di riso o soya) e la radice di Kuzu (eccezionale sfiammante). Tra le integrazioni ricordiamo la Glutammina (migliora la funzionalità della barriera intestinale e immunitaria), la Vitamina C (centrale per il collage) e il Serplus a base di latto-albumina. Infine i probiotici (lattobacilli, bifidi, ecc.) danno un contributo importante.

Se quanto detto è vero, la strada maestra nell’Alzheimer è il ripristino del corretto funzionamento della mucosa intestinale. Ma da sola non basta, perché se anche forse spiegato come le tossine finiscono dagli intestini nel sangue, dobbiamo capire come riescano poi a superare l’altra barriera impenetrabile, quella che protegge l’encefalo!
In questo caso purtroppo l’inquinamento elettromagnetico interferisce pesantemente. Nonostante la durissima scatola cranica, le onde elettromagnetiche (cellulari, wifi, onde radio, ecc.) penetrano senza problemi andando ad alterare fisicamente la barriera emato-encefalica. Questa alterazione ha come risultato la formazione di veri e propri “buchi”, attraverso i quali possono penetrare le tossine…

Di tutto questo e molto altro ancora me ne sono occupato nel libro «Alzheimer: l’epidemia silenziosa».
Dopo aver analizzato nella prima parte del testo qual è lo stato d’arte della scienza ufficiale, nella seconda ho intervistato una quindicina tra medici e ricercatori, che propongono interessanti strumenti terapeutici di intervento: percorsi che possono fare la differenza, se teniamo conto che la medicina ufficiale - come sempre - brancola nel buio più totale!

«Alzheimer: l’epidemia silenziosa. Come prevenire e curare la demenza», Marcello Pamio, edizione UNO. ISBN: 978-88-3380-049-3


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https://www.macrolibrarsi.it/libri/__alzheimer-l-epidemia-silenziosa.php 


Video in diretta radio di Marcello Pamio. Presentazione libro, "ALZHEIMER: L'EPIDEMIA SILENZIOSA. 
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Marcello Pamio

Ultimamente la regione Emilia Romagna sta mostrando al mondo alcuni tristissimi primati che riguardano i più indifesi. Il riferimento alle vergognose disposizioni vaccinali e allo scandalo dei bambini sequestrati di Bibbiano non è casuale.
Ora vien fuori che si tratta anche di una delle regioni italiane con il maggior numero di casi di DSA, cioè «disturbi specifici dell’apprendimento»!
Se si considera infatti l’incremento avuto nell’ultimo biennio (18,6%), si arriva ad un aumento dei DSA nel corso degli ultimi 6 anni pari al 183%.[1] Le segnalazioni maggiori si verificano nella scuola secondaria (48,3%), dove è stato registrato anche il maggiore incremento. Dal 2012-13 al 2018-19 la crescita è stata infatti del 346%,[2] e tra le varie province Modena indossa la maglia nera.

Vedere numeri così alti di diagnosi di “disturbi mentali” nella stessa regione in cui si trova Bibbiano, la città dove i bambini venivano sequestrati alle famiglie naturali per venderli, fa sorgere assai brutti pensieri…
Secondo i dati delle «Rilevazioni Integrative sulle Scuole» del Miur, gli alunni con disabilità nell’anno scolastico 2014/2015 erano 234.788, pari al 2,7% del numero complessivo degli alunni frequentanti, quindi con un incremento pari al 39,9%.[3]

Per l’«Associazione italiana della dislessia» sarebbero invece 350.000 i ragazzi che hanno questa difficoltà, un vero e proprio boom, e a rincarare la dose ed allargare il problema ci pensa il dottor Raffaele Ciambrone, dirigente dell’Ufficio Disabilità del Miur secondo il quale «l’Italia è il paese con il più alto numero di studenti disabili (15.000, pari all’1%)».
Ma cosa sta succedendo? Possibile che sempre più bambini abbiano problemi nella lettura (dislessia), nella grafia (disgrafia) e nel calcolo (discalculia)? O c’è qualcos’altro?
Per comprendere tale fenomeno è necessario osservarlo da vari punti di vista.

Screening mentali
Il primo è legato alla pericolosa tendenza di utilizzare sempre più gli screening…
A Modena da molti anni infatti le autorità sanitarie e scolastiche adottano i cosiddetti percorsi di individuazione precoce, cioè gli «screening mentali».
Sono “banali” prove di lettura e scrittura che hanno lo scopo di rilevare quanto prima una difficoltà.
Per fare questo, ogni anno, circa 250 insegnanti vengono formati su come monitorare i percorsi di apprendimento dei bambini e come intervenire. Lo scopo ufficiale è individuare precocemente i bambini che mostrano problematiche per intervenire quanto prima.

Detto questo, e stando alle dichiarazioni delle aziende sanitarie locali, sembra che il motivo dei numeri preoccupanti di Modena e delle altre province emiliani, sia dovuto al fatto che in Emilia si lavora bene e meglio nella prevenzione! Chiaro?
Secondo la dott.ssa Antonella Riccò, responsabile AUSL del Gruppo aziendale sui Disturbi specifici dell’apprendimento, in un’intervista alla “Gazzetta di Modena, in Emilia sono «i migliori in Italia»!
I numeri sarebbero «il risultato di un grande lavoro di collaborazione tra Asl, scuole, associazioni, pediatri di libera scelta e specialisti di medicina generale». Non solo, la sua previsione abbastanza infausta è che tra qualche anno «si arriverà ad una omogeneità delle percentuali su tutto il territorio nazionale».
La Riccò ci sta preparando psicologicamente alla crescita pandemica di tutti i disturbi di apprendimento a livello nazionale.
Ma nessuno, a parte qualche perla di saggezza degli esperti, si interroga sulle vere cause di questi disturbi. Se si tratta ovviamente di un vero problema, perché sappiamo benissimo che non solo gli screening tradizionali (psa, mammografia, sangue occulto, ecc.) servono a cercare i malati tra i sani, ma tanto più quelli psichiatrici.

Il dato oggettivo è che più test si eseguono sulla popolazione e maggiori saranno i riscontri positivi (diagnosi), in termini statistici.
Ma questi bambini “diagnosticati” hanno realmente dei problemi, o la crescita dei casi è solo un’illusione ottica dovuta ad una sempre più leggerezza nella diagnostica?
Una volta non venivano riscontrati perché maestri e professori non erano in grado di identificare le difficoltà di apprendimento degli allievi? O queste sono cresciute solo nell’ultimo periodo?
Non si sta dicendo che non esista il problema, si sta solo cercando di comprendere il fenomeno.
Quindi se diamo per vera l’ultima ipotesi, e cioè che i disturbi sono realmente cresciuti negli ultimi anni, la domanda cruciale è: cos’è successo di concreto ultimamente per indurre un simile aumento?

Metalli neurotossici
A questo punto è necessario toccare la delicatissima tematica dei «vaccini».
Se uno si chiede cosa c’entrano i vaccini con i DSA significa che ha gravi lacune conoscitive, perché oggi è risaputo, anche se viene negato con ogni mezzo, che dopo le vaccinazioni possono manifestarsi disturbi da lievi a veri e propri gravi danni neurologici.
Tralasciando le patologie gravi, moltissime manifestazioni subcliniche e/o disturbi vari, tra cui anche quelli dell’apprendimento, si manifestano lentamente nel tempo, per cui non verranno MAI correlate ai vaccini. Cosa questa scontata visto che i medici non correlano le gravi patologie che si scatenano subito dopo gli inoculi. Figuriamoci quelle lievi…

Una recente ricerca condotta dall’epidemiologo dottor Anthony Mawson ha portato invece alla luce rivelazioni scioccanti sui rischi associati a questa pratica medica: i bambini vaccinati hanno mostrato un rischio sensibilmente maggiore di sviluppare un disturbo dell’apprendimento. Nello studio sono stati presi in esame 666 bambini e i ricercatori hanno scoperto che quelli vaccinati avevano un rischio aumentato del 520% di sviluppare un disturbo dell’apprendimento rispetto ai bambini non vaccinati!
La percentuale del 520% non è proprio irrisoria, e in questa analisi non si parla solo di DSA, perché il team ha scoperto anche che i bambini vaccinati mostravano un rischio superiore del 420% di sviluppare autismo o ADHD!

La logica è come sempre ferrea. Nell’organismo di un bambino piccolo, gli organi e apparati si stanno formando e impiegheranno anni per la loro maturazione. Tra questi anche i vari meccanismi di difesa, come la barriera ematoencefalica (che protegge il cervello) e la barriera intestinale (che protegge il sangue dalle tossine). Queste importantissime barriere servono a lasciar passare SOLO quello che serve all’organismo bloccando tutto il resto. I primi anni di vita però risultano “permeabili”, cioè piene di “fessure” (intestino permeabile), e quindi le varie sostanze chimiche che entrano col cibo (pesticidi, erbicidi, mercurio, alluminio, ecc.) o con i vaccini pediatrici (adiuvanti e metalli neurotossici) possono raggiungere il circolo sanguigno e finire per essere trasportate fin dentro il cervello…
Dentro questo organo, il più sensibile del corpo umano (non a caso l’unico protetto da una scatola ossea durissima), simili sostanze tossiche creano squilibri, non solo organici (infiammazioni, ecc.) ma anche psichici!

Sarà un caso che Health Canada raccomanda ai bambini di età inferiore a 5 anni di non mangiare più di mezza scatoletta di tonno alla settimana, mentre alle donne gravide di NON mangiare più di 150 grammi di tonno al mese? Questo perché il pesce accumula la forma organica di mercurio (metil-mercurio) che risulta essere - dicono sempre loro - «particolarmente tossica per il sistema nervoso centrale e il cervello infantile in via di sviluppo»[4].
Ma come: gli stessi enti ufficiali (FDA, Health Canada, ecc.) che sconsigliano a bambini, gravide e puerpere di mangiare pesce perché contiene metalli neurotossici, non dicono nulla sui vaccini?
Questi farmaci non solo contengono i metalli, ma hanno in più l’aggravante dell’inoculo per via parenterale (braccio e/o gamba), che bypassando il sistema difensivo e le mucose fanno entrare i metalli direttamente nel circolo linfatico e sanguigno. Da qui la strada verso il cervello è velocissima!

Tornando ai disturbi di apprendimento, con l’aggravante della tossicità dei metalli è forse più facile da comprenderne il fenomeno.
Ci sarebbe un sistema pratico semplicissimo e molto economico da fare sulla carta, per verificare empiricamente se i vaccini giocano o meno un ruolo nell’eziologia dei DSA. Basterebbe prendere 1.000 bambini vaccinati e 1.000 non vaccinati e contare il numero delle diagnosi di DSA nei due gruppi. Statisticamente, se hanno ragione i medici vaccinatori, non ci dovrebbero essere grosse discrepanze. E chissà come mai questa ricerca non viene fatta: forse perché i risultati potrebbero scuotere e far tremare le fondamenta del Sistema?
In conclusione l’aumento di tale fenomeno nel corso degli anni, da una parte è stato certamente aiutato dalla crescita degli screening mentali, ma dall’altra potrebbe essere dovuto ad una degenerazione cerebrale a seguito di un aumento della tossicità ambientale. Tesi questa confermata anche dalla crescita esponenziale dei casi di demenza e di Alzheimer nella popolazione italiana.

Aspetto cognitivo
Per questa breve analisi sui DSA, non si poteva non toccare anche l’aspetto cognitivo.
Il bambino inizia ad apprendere appena viene al mondo e i vari processi di apprendimento continuano per molti anni a seguire, qualcuno dice per molti decenni.
Il cervello è un organo neuroplastico per cui deve essere continuamente stimolato e allenato in maniera corretta (alimentazione e stimoli sani) altrimenti perde, come un muscolo non utilizzato, le sue importantissime funzionalità.

Oggi sappiamo che la navigazione in internet, i giochi al computer, la consolle, i tablet e soprattutto gli smartphone rappresentano una gravissima minaccia per lo sviluppo cognitivo dei bambini e dei giovani.[5]

Il livello di distrazione dei ragazzi di oggi è veramente preoccupante: riescono a mantenere l’attenzione solo per pochissimi secondi. Questo cambiamento nelle capacità cognitive ha spinto il marketing a ridurre notevolmente i tempi delle pubblicità. Mentre una volta gli spot erano lunghi anche fino a 30 secondi, oggi soprattutto quelli in internet, sono di pochi secondi. I pubblicitari sanno che altrimenti si perderebbe l’attenzione del potenziale cliente.
L’altra cosa che risalta è una marcata perdita di memoria non solo nelle persone anziane, ma anche nei giovani.
Quindi la conclusione è abbastanza scontata: l’uso dei dispositivi e media digitali influisce negativamente sulle varie forme di attenzione e quindi anche di apprendimento dei bambini.
Per quanto riguarda l’iperattività, il neuropsichiatra tedesco Manfred Spitzer ci spiega che da «diverso tempo è stato dimostrato che l’utilizzo dei media dotati di schermi è corresponsabile del manifestarsi di questo disturbo»[6]. Stiamo parlando della Sindrome da iperattività (adhd), figuriamoci se ciò non vero anche per tutti i disturbi di apprendimento!

 

Note

[1] «Alunni con DSA, a Modena più 183 per cento in 6 anni. E’ allarme?» Vincenzo Brancatisano, www.orizzontescuola.it/alunni-con-dsa-a-modena-piu-183-per-cento-in-6-anni-e-allarme/

[2] Idem

[3] «L’integrazione scolastica degli alunni con disabilità, anno scolastico 2014/2015», Miur www.istruzione.it/allegati/2015/L%27integrazione_scolastica_degli_alunni_con_disabilità_as_2014_2015.pdf

[4] «Prenatal Nutrition Guidelines for Health Professionals - Fish and Omega-3 Fatty Acids», Her Majesty the Queen in Right of Canada, represented by the Minister of Health Canada 2009, www.canada.ca/en/health-canada/services/publications/food-nutrition/prenatal-nutrition-guidelines-health-professionals-fish-omega-3-fatty-acids-2009.html

[5] «Solitudine Digitale», Manfred Spitzer, ed. Corbaccio

[6] Idem


Marcello Pamio

Lo sanno anche i bambini che le lobbies della chimica e farmaceutica sono un vero e proprio oligopolio, che detto in altri termini suona più o meno come “banda a delinquere”.
L’ultima condanna interessa la Johnson & Johnson che deve sganciare 572 milioni di dollari per rimediare alla devastazione creata dall'epidemia nello stato dell’Oklahoma.
Una epidemia di virus? No, è responsabile di aver alimentato “soltanto” la crisi degli oppioidi!
Avete letto bene: da oggi il curriculum di Big Pharma deve essere aggiornato perché oltre ad intossicare, avvelenare e uccidere milioni di persone nel mondo, ora sappiamo anche che li drogano!

Questa è la storica decisione del giudice distrettuale della Contea di Cleveland, Thad Balkman, nel primo processo contro un produttore di oppioidi che produce anche farmaci…
Ci sono altre 2.000 azioni legali avviate negli States contro diversi produttori, distributori e rivenditori dei medicinali incriminati, ritenuti responsabili della morte di 400.000 persone solo negli Usa dal 1999.
Secondo il giudice, che ha avviato l’azione legale nel 2017, la J&J ha avuto un ruolo attivo negli sforzi dell’industria farmaceutica per spingere i medici a superare la loro riluttanza nel prescrivere gli oppioidi.

Come li abbia convinti non ci vuole una laurea in medicina per capirlo, la tecnica ha un nome preciso: comparaggio! Regalini come smartphone, tablet, penne, viaggi, congressi in qualche paradiso, cenette ad hoc, ecc.
Possiedono miliardi di buone motivazioni per convincere un camice bianco della bontà del loro prodotto.

La multa di 572 milioni di dollari sembra imponente per una sola azienda, ma si tratta di quisquilie per un mostro che ha incamerato negli ultimi vent’anni decine e decine di miliardi di dollari.
Stiamo parlando di una società privata che solamente nel 2018 ha fatturato oltre 81 miliardi di dollari!
Cosa vuoi che sia mezzo miliardo? Sicuramente è stata più impegnativa la condanna della giuria di St. Louis dell’anno scorso che ha imposto alla J&J (J$J) una multa di 4,7 miliardi di dollari per il talco contaminato da amianto.

La pena comprende “danni compensativi e punitivi” alle 22 donne che hanno puntato il dito sull’asbesto (amianto) presente nel talco, come responsabile del loro cancro alle ovaie.
La giuria aveva stabilito prima i danni compensativi a 550 milioni di dollari, ovvero circa 25 milioni per ognuna delle donne rappresentate, ma poi ha deliberato i danni punitivi quantificandoli in 4.14 miliardi, portando così il totale ad un fantasmagorico 4,69 miliardi di dollari, una delle sanzioni più imponenti della storia.

La fedina della J&J è sempre stata abbastanza nera, né più né meno come quella delle altre con-sorelle.


["Il muro della vergogna"]

Ricordo infatti che a gennaio 2012 alla società del New Jersey venne comminata una multa di 158 milioni di $, ad aprile 1,1 miliardi di $ e ad agosto sempre dello stesso anno altri 181 milioni di $ per la vendita off-label del «Risperdal» (Risperidone è un principio attivo antipsicotico).
La vendita «off-label», cioè «fuori etichetta» (al di fuori delle condizioni autorizzate dagli enti) è giustamente vietatissima negli Stati Uniti d’America.
Ma per Big Pharma le leggi sono fatte per essere disattese, e infatti in 8 anni (dal 2004 al 2012) le società che costituiscono la Piovra tentacolare della chimica e farmaceutica sono state multate per 37 miliardi di $, soltanto per l’utilizzo off-label di alcuni psicofarmaci. Figuriamoci tutto il resto…

Tornando all’Oklahoma, questo Stato risulta non a caso uno dei più colpiti dalla crisi degli oppioidi, e i numeri non lasciano spazio a nessun dubbio: fra il 2015 e il 2018 sono state prescritte 18 milioni di ricette per oppioidi. Cifra folle se pensiamo che la popolazione è solo di 3,9 milioni di persone.
Dall’anno 2000, oltre 6.000 residenti sono morti per overdose di oppioidi.
Il giudice ha proseguito dicendo che la colpevolezza è dimostrata non solo dall’aumento dei tassi di dipendenza e dalle morti per overdose, ma anche «dalla Sindrome di astinenza neonatale» diffusa sempre nello Stato.
Quindi a rimetterci in salute non sono soltanto i pazienti-clienti, ma anche i loro innocenti figli…


Marcello Pamio

Il 5 agosto del 1968 un Comitato ad hoc della Scuola di medicina di Harvard pubblicò un rapporto che gettò le basi per la diffusione nel mondo di una nuova definizione di morte: il paziente non era più considerato morto solo dopo la cessazione delle funzioni cardiache e circolatorie (quindi anche respiratorie e del sistema nervoso), ma bastava l’assenza di attività dell’encefalo per dichiararlo morto!

Le conseguenze di questo Rapporto sono epocali e a dir poco spaventose: se la misura della VITA è l’attività cerebrale, allora diventa “normale” considerare morti e non degni di cure tutti gli esseri umani, compresi i bambini (il piccolo Alfie Evans è l’esempio perfetto) con qualche “limite” cerebrale.
Ma la «morte cerebrale» è un’imitazione della morte, NON è morte reale!
Purtroppo tale definizione è molto utile alla potentissima lobby degli espianti, che spinge nel guardare al corpo delle persone (con il sistema circolatorio attivo) come ad una fabbrica di pezzi di ricambio!

Siccome non è possibile espiantare gli organi da un cadavere, per farlo c’è bisogno di una persona viva, che però bisogna chiamare morta per giustificare tale prassi.
Così facendo però la Vita esiste ed è degna solo per la persona che ha funzioni cerebrali almeno minimamente attive, altrimenti perde di dignità e si può smembrare.
Questa agghiacciante visione ha eliminato de facto la concezione dell’anima!

Morte cerebrale: un’invenzione medico-legale.
Evidenze scientifiche e filosofiche

A maggio scorso si è tenuto a Roma il Convegno internazionale, organizzato dall’Accademia Giovanni Paolo II per la Vita umana e la Famiglia - JAHLF (un’organizzazione laica, non-governativa indipendente), dal titolo inequivocabile: «Morte cerebrale: un’invenzione medico-legale. Evidenze scientifiche e filosofiche».
Nonostante la becera propaganda veicolata dai media mainstream sulla donazione/espianto di organi, a livello mondiale sono numerosissimi gli scienziati, teologi e filosofi che avanzano enormi riserve, sollevano dubbi ed esprimono ferme obiezioni e critiche sia nei confronti del criterio della “morte cerebrale”, sia nei confronti della pratica di espianto-trapianto di organi.

Queste voci, anche se autorevolissime, ovviamente non trovano spazio nei media. Lo scopo del congresso era proprio quello di farle sentire.
Per esempio il filosofo Josef Seifert ha aperto i lavori dedicandosi a denunciare l’assoluta mancanza di giustificazioni di ordine scientifico alla base della decisione del «Comitato ad hoc di Harvard» che nel 1968, propose-impose il nuovo criterio di definizione di morte, sganciandolo dalle attività respiratoria e circolatoria, e fondandolo unicamente sul riconoscimento della cessazione delle funzioni cerebrali! Questo è il punto cruciale!
Le uniche due motivazioni addotte dal Comitato furono esclusivamente di carattere pragmatico ed utilitaristico: sollevare da una parte la collettività dal peso di numerosi pazienti mantenuti nelle strutture ospedaliere in condizioni di assenza di coscienza e dall’altra sgravare i medici espiantatori dal rischio di essere accusati di omicidio nei confronti dei pazienti “donatori”.
«La morte cerebrale - ha detto Seifert - è una delle maggiori vergogne della medicina», responsabile dell’uccisione di migliaia di persone a cui vengono tolti gli organi “da vive”.

Il neurologo Thomas Zabiega ha sottolineato come la morte cerebrale non sia altro che una diversa definizione di quella condizione denominata da Mollaret e Goulon nel 1959 «coma dépassé», cioè «coma irreversibile». Si è poi soffermato sull’inaccettabilità morale di criteri di ordine utilitaristico ed emozionale, esulanti da adeguate valutazioni di natura rigorosamente razionale.

Cicero G. Coimbra, neurologo e docente di neuroscienze all’Università Federale di Sao Paulo (Brasile), ha descritto la «penumbra ischemica globale» che si verifica quando il flusso di sangue al cervello si riduce dal 20 al 50% dell’apporto normale. In pratica il cervello risulta silente all’esame neurologico solo perché non ha sufficiente energia per sostenere l’attività sinaptica, ovvero la comunicazione tra i neuroni. Ma questa silenziosità per il Sistema è funzionale…
Si tratta di silenzio neuronale ma NON di morte cerebrale, il cervello se curato può riprendersi perché i neuroni sono vivi. Quindi il vero problema sorge con i test invasivi per la dichiarazione di “morte cerebrale”, il più pernicioso dei quali è il “test dell’apnea”, ovvero lo spegnimento del respiratore.
In genere lo spengono per 10 minuti per dimostrare che il paziente non può respirare da solo e quindi è morto. La realtà come sempre è diversa: i centri respiratori silenti non possono funzionare perché sono in «penumbra ischemica». Ma con lo spegnimento del respiratore il 40% dei pazienti ha un crollo del flusso sanguigno che distrugge i centri respiratori e produce un danno cerebrale irreversibile. Ecco perché il test dell’apnea deve essere abbandonato!
Per esempio anche se il piccolo Alfie era vivo, invece di ricevere la tracheostomia e le cure, i medici hanno deciso di farlo morire. Quando poi lo hanno visto respirare per quattro giorni anche senza la ventilazione, i medici, pur sorpresi, sapevano che avrebbe faticato a riprendersi senza cure adeguate...

Il dottor Paul Byrne, neonatologo statunitense ha operato una variegata rassegna di casi (da lui seguiti in prima persona) di individui strappati alle procedure di espianto, e ora vivi e vegeti.

L’anziano pediatra non ha mezze misure: «Non ha senso essere ‘donatori’: ogni organo è preso da un essere vivente».
«Nel caso di persone veramente morte le si porta in obitorio, non in sala operatoria, somministrandole accuratamente farmaci immobilizzanti. Questa si chiama vivisezione.

 

Per maggiori informazioni

«Lega Nazionale contro la Predazione di organi e la morte a cuore battente»
http://www.antipredazione.org/comunicatistampa/2019_05_02_n.9_Convegno-internazionale-contro-la-morte-cerebrale.htm

«Visitai Alfie: il problema è la "morte cerebrale"», Benedetta Frigerio
http://www.lanuovabq.it/it/visitai-alfie-il-problema-e-la-morte-cerebrale

«L’inganno della morte cerebrale e il business dei trapianti d’organi», Benedetta Frigerio
https://cristianesimocattolico.wordpress.com/2018/06/03/linganno-della-morte-cerebrale-il-business-dei-trapianti-dorgani/?fbclid=IwAR1BLqWZaPHxlYIhTHubNGd3FxYE7bY7mmGShNfexFWy7yv6zMbNaVPGf30


Marcello Pamio

Il «Corriere sella Sera» del 5 aprile ha pubblicato un articolo dal titolo «Vaccini, con i bambini ci siamo, ora tocca agli anziani», che sinceramente assomiglia più ad una velina uscita direttamente dai fax della GSK
Non a caso ad essere intervistato è il dottor Rino Rappuoli, ricercatore Chief Scientist della GSK e amministratore delegato della GSK Vaccines Italia.
Personaggio questo assai interessante visto nel 2016 è diventato Socio Onorario del Rotary Club Siena Est[1] e dopo la laurea in Scienze Biologiche oltre alla Harvard Medical School di Boston è stato nientepopodimenoché alla Rockefeller University di New York...

Tornando al Corsera, fin da subito la Glaxo candidamente ammette di essere contenta per aver fatto un ottimo lavoro con i bambini! Ecco la dichiarazione esatta: «Possiamo dire che con i bambini abbiamo fatto un buon lavoro. Ora cominciamo ad occuparci dei vaccini per i vecchi».
Avete letto con attenzione? Ora il bersaglio sono i “vecchi”, della serie: dalla culla alla tomba!

Fa finta di incalzare il giornalista, che ovviamente tira fuori le domande dal cilindro inviatogli col corriere dalla GSK: «ora dobbiamo cominciare a vaccinare anche i vecchi?».
«Sì, questo è l’obbiettivo» risponde il Rappuoli, «in campo pediatrico ora abbiamo difese contro tutte le principali infezioni».
Notizia da Premio Nobel, questa dell’Amministratore della Glaxo. Secondo lui abbiamo tutte le difese contro le principali infezioni. E se non proprio tutte, a brevissimo alcune lacune verranno riempite: «toccherà bloccare lo Stafilococco e gli altri “cocchi”. Sarà un lavoro lungo, ma dobbiamo muoverci adesso. Anzi ci siamo già mossi». E su questo stanno lavorando, guarda caso sempre in Toscana, a Siena, anche altre farmaceutiche: è sempre di oggi la notizia che «Pharma Integration, startup con sede a Siena nell'incubatore di Toscana Life Sciences, specializzata in linee di produzione robotizzate, vuole mettere a punto mettere a punto il vaccino contro lo streptococco».
A questo scopo i finanziamenti pubblici ottenuti si sprecano: ben il 40% del costo del progetto verrà finanziato dai contribuenti italiani!

Le prossime emergenze
I casi di resistenza agli antibiotici sono sempre più frequenti: 500.000 casi in 22 Paesi, più di 30.000 morti in Europa, dei quali un terzo solo in Italia. Qui da noi 10.000 persone muoiono ogni anno per infezioni di questo tipo!
Eppure sembra che il problema numero uno per il ministro Giulia Grillo e per le autorità sanitarie sia il morbillo.


Abbiamo quindi sempre più batteri che diventano insensibili ai farmaci: Escherichia coli, Klebsiella Pneumoniae, Staphyloccus aureo, Streptococcus Pneumoniae, ecc.

«Per il 2050 si prevedono milioni di morti non più evitabili» ammonisce Rappuoli!
Ma fortunatamente per il pianeta, la soluzione è nelle mani della Glaxo!
Ecco che il giornalista prepara il terreno dando un assist magnifico al ricercatore: «si pensa quindi di usare i vaccini là dove gli antibiotici ormai falliscono?».
Rovesciata al volo di Rappuoli e incrocio dei pali: «è l’unica strada percorribile contro questa emergenza!!!». Uno a zero e palla al centro.
Il messaggio è chiarissimo: nessuna società investe soldi nella ricerca di un nuovo antibiotico perché il futuro è nei vaccini e anche nei farmaci anticorpo-monoclonali!
Un futuro a tinte fosche quello dipinto dal dottor Rappuoli, quando afferma che il calendario vaccinale si allungherà in modo impressionante! Chiaro il messaggio?
Specificando che attualmente «solo la GSK produce 25 diversi vaccini, nel 2018 ha distribuito 770 milioni di dosi nel mondo, più di 2 milioni al giorno».
Infine è anche inutile tirare in ballo la sicurezza su questi farmaci, perché ovviamente «c’è poco da discutere. I vaccini sono sempre più sicuri».

Si conoscono benissimo le cause dell’aumento dell’antibiotico-resistenza, e invece di andare a monte del problema cosa fanno? Vogliono vaccinare l’intera popolazione mondiale. E contro cosa? Contro tutto!
Le cause che stanno accompagnando a morte circa 10.000 italiani ogni anno vanno dall’uso eccessivo e sconsiderato degli antibiotici, alla loro somministrazione agli animali per evitare le malattie dovute alle condizioni disumane negli allevamenti intensivi. Strade però che cozzano contro gli enormi interessi economici delle industrie macellatorie e di quelle farmaceutiche, per cui l’alternativa sono le vaccinazioni di massa!

 

[1] Gli ambienti dei Rotary, Lions sono i luoghi dove massoni regolari e irregolari si incontrano. Ma la cosiddetta “cinghia di trasmissione” fra massoneria ufficiale, non ufficiale e associazioni paramassoniche non è da trascurare…
Non a caso la massoneria strizza l’occhietto ad alcuni membri del Rotary e Lion. All’interno di questi due circoli filantropici-culturali si prepara il vivaio da cui scegliere i fratelli...
Non a caso vengono spesso fatti incontri tra il Grande Oriente d’Italia e i membri della Lions e Rotary.

Tratto da https://www.corriere.it/salute/malattie_infettive/19_aprile_05/vaccini-bambini-ci-siamo-ora-tocca-anziani-6fb4b392-57bc-11e9-9553-f00a7f633280.shtml


Marcello Pamio

I cinesi sono di costituzione piccola, eppure la loro storia ci ha abituato a cose grandiose: una muraglia lunga più di 20.000 chilometri e vecchia di 2300 anni, e una Medicina Tradizionale che da millenni viene utilizzata, ancora oggi.
I cinesi odierni però ci stanno abituando a cose grandiosamente oscene...

Pig Hotels
Gli «hotel per i maiali» non sono strutture dedicate a pervertiti che così possono sfogare le loro brame sessuali, bensì enormi palazzoni di cemento armato dai 5 a 13 piani, adibiti ad allevamenti, dove alloggiano anche 1.000 suini per piano!
Non è una pensione per animali, ma un carcere dove le povere bestie vengono messe all’ingrasso per poi essere massacrate, il tutto per soddisfare il sempre più vorace appetito dei cinesi moderni.


Li chiamano «Pig hotels», e sono situati sul Monte Yaji, nella Cina meridionale.
La società Guangxi Yangxiang Co Ltd, gestisce sei allevamenti dai sette ai 13 piani.
Stiamo parlando degli edifici più alti del mondo di questo genere.

Qui in Europa sono stati costruiti allevamenti di maiali che si sviluppano su due o al massimo tre piani, ma non grattacieli.
La Cina avanza con l’industrializzazione dell'allevamento intensivo di maiali più grande del mondo, forte dell’idea che i suini siano un’ottima fonte di reddito, anche perché sempre più sudditi gialli vogliono ingrassare mangiando carne, ricalcando esattamente lo stile di vita occidentale
Questi mostri si innalzano su una valle in cui vi è una fittissima foresta, che la Yangxiang vorrebbe sviluppare come attrazione turistica! La disumanità è sempre un’attrazione indiscutibile! 


Attualmente la zona ospita 30.000 scrofe su un’area di 11 ettari e produce fino a 840.000 suinetti all’anno: si tratta dell’allevamento più grande e più intensivo a livello globale.

Stile di vita inaccettabile
Possiamo noi occidentali, con il nostro stile di vita incentrato nella sofferenza animale, criticare simili oscenità? Ovviamente no.
Quello che stanno facendo le popolazioni orientali è esattamente quello che abbiamo fatto noi dopo la Seconda guerra mondale, e cioè dopo le ricostruzioni e il successivo boom economico.
Da un’alimentazione parca e sana, costituita esclusivamente dai prodotti che la terra donava, siamo passati infatti a un regime innaturale, in cui i prodotti animali non rappresentavano solo una proteina (tra le più tossiche e acidificanti), ma un vero e proprio simbolo di benessere sociale! Il superamento di un periodo difficile dove le privazioni erano la “normalità”.
Ma così facendo, persone sane e soprattutto longeve, si sono lentamente trasformate nei sudditi ideali per le industrie alimentari e farmaceutiche! La conferma di ciò è nella crescita esponenziale di tutte le malattie infiammatorie, croniche e degenerative…

Il punto nodale è che attualmente un uomo occidentale (americano o europeo) mangia mediamente 100 kg di carne all’anno. Essendo una media, e tenendo conto che sempre più persone consapevoli abbracciano regimi come quello vegetariano o vegano, significa che in circolazione ci sono individui che ingurgitano 150 o 200 kg di carne all’anno
Ricordo che attualmente i 2/3 delle terre fertili sono usate per coltivare mangimi per animali o per allevare direttamente bestiame, anziché per produrre cibo per gli umani.[1]
La metà dei cereali (in Europa il 77% e in USA l’87%) e il 90% della soia coltivati nel mondo non va a nutrire persone, ma animali da macello[2].
Anche un bambino capirebbe che uno stile di vita del genere è destinato al totale fallimento perché impossibile da conciliare con un solo pianeta.

Se infatti simili aberrazioni venissero praticate dal miliardo e mezzo di cinesi, il pianeta Terra non sarebbe in grado di sostenere l’impatto ecologico di una simile alimentazione, neppure con i Pig Hotels.
Non a caso il Dragone per assicurarsi le materie prime ha investito 60 miliardi di euro in Africa, in pratica il Continente nero è diventato una colonia cinese
Questa operazione si esprime con il termine «Land Grabbing»: accaparramento di terre.


A cosa servono tutte queste terre? Innanzitutto per le materie prime come petrolio, oro, diamanti, uranio, coltan, ecc. che servono alle industrie, ma poi anche per coltivare legumi e cereali che finiranno nello stomaco degli animali da “smontaggio”, le quali carni finiranno nello stomaco di umani.
Cosa appunto potrà mai succedere al mondo se i cinesi vorranno ingozzarsi, come noi, di proteine animali? Qualcuno, per il bene proprio, lo impedirebbe…
«Il nostro stile di vita non è in discussione» continuavano a ripetere prima di ogni guerra George W. H. Bush senior, il povero figliuolo George W. Bush e anche Tony Blair.
Ma se il nostro stile di vita NON è in discussione, e se in siffatta maniera non possiamo andare avanti ancora tanto, cosa potrà succedere, o meglio, come si potrà impedire ai cinesi di dare il colpo di grazia al mondo?
Sistemi in realtà ce ne sono tantissimi per chi gioca con il clima e con i batteri…
Prima di arrivare ad assistere a sconvolgimenti provocati da guerre climatiche e/o guerre batteriologiche, sarebbe meglio iniziare a modificare in meglio il nostro attuale stile di vita, abbracciando quei regimi che rispettano l’ambiente e gli animali, e che ci predispongono in un terreno di salute ottimale.

 

https://www.nonsoloanimali.com/prosperano-in-cina-i-pigs-hotels-edifici-di-sette-piani-con-1-000-maiali-per-piano-da-macellare/

[1] Fonte: FAO e USA Agency for International Development

[2] Fonte: Database FAO, Food Balance Sheet, 2001


Marcello Pamio

Marie-Claire Springham è una studentessa britannica di design e durante la trasmissione televisiva Good Morning Britain, ha dichiarato di aver sviluppato un prototipo di kit per consentire agli uomini di allattare al seno il proprio figlio. Si avete letto benissimo.
Non esiste ancora nulla di concreto, perché il prodotto finito potrebbe (forse) essere disponibile al pubblico tra cinque anni, ma nonostante questo ha vinto, guarda caso, il premio «Design Centered Award»…

La folle invenzione consisterebbe in una dose massiccia, in grado di coprire almeno nove mesi, di farmaci come la progestina, una specie di pillola anticoncezionale a base non-estrogenica.
Questi delicatissimi ormoni stimolerebbero «la produzione di ghiandole lattifere» negli uomini che la assumono. Il kit comprenderebbe tutto anche il dosaggio, per le sei settimane antecedenti alla nascita del bambino, di un altro ormone il domperidone, che stimola la prolattina, a sua volta l’ormone che induce nella donna la produzione di latte.

Il motivo (sulla carta) di questa invenzione è che, secondo l’esperta in erba, uno dei principali fattori scatenanti la depressione postnatale negli uomini è il sentirsi escluso dall’allattamento al seno.
Ebbene sì, l’uomo entrerebbe in depressione perché il neonato si attacca alla tetta della mamma e non alla sua! Pertanto questa invenzione avrà benefici sia per la madre che per il padre.
Che dire se non eccezionale?!
Il mondo ringrazia Marie Claire Springham, perché è riuscita a colmare la «disparità di genere» dell’allattamento. Basta infatti con le disparità sessuali: perché lo stress, il dolore ai capezzoli e la stanchezza dell’allattamento deve essere caricato sulle spalle, o meglio sulle mammelle della donna?

Ecco che diventa necessario una più equa spartizione dei ruoli.
Oggi la studentessa ci ha fatto prendere coscienza che la Natura sbaglia di continuo. E’ infatti un gravissimo errore discriminatorio e limitante quello di dare solo alla donna un utero per far crescere la vita, due ghiandole mammarie con due dotti e due capezzoli, per allattare quella creatura.
Ma per fortuna un domani anche i padri potranno farsi crescere le poppe.
Finalmente anche l’uomo saprà cosa vuol dire avere le perdite di latte dal seno che macchiano costantemente le magliette, o le fastidiosissime ragadi ai capezzoli, per non parlare delle allucinanti mastiti. Un colpo al cerchio e uno alla botte.

L’ironia è d’obbligo perché l’allattamento al seno rappresenta uno dei momenti più delicati e importanti nel rapporto mamma-bambino. Il latte materno non è solo il primo nutrimento per la creatura venuta al mondo, ma è pura comunicazione empatica: amore distillato!
Nelle prime due ore dopo il parto avvengono degli scambi emozionali e spirituali che non avverranno mai più nel resto di tutta la vita. Un imprinting spirituale unico nel suo genere.
Per tanto, le gratificazioni e gli scambi psicologici, emozionali e spirituali dell’allattamento al seno non possono venire sminuiti e ridicolizzati da progetti sfornati dalla mente malata di qualche squinternato. La donna è procreatrice e quindi madre nutrice della vita che porta in grembo; l’uomo protegge il nido e dà l’orientamento alla genìa. Confondere volutamente - come sta avvenendo - le differenze biologiche, mentali ed emozionali che esistono tra l’uomo e la donna, sostenendo che l’unica divergenza sia culturale, è una devianza pericolosissima!

La cosa inquietante è che il progetto è funzionale al Sistema, e infatti nonostante non vi sia nulla di concreto, la Springham è già stata premiata con uno dei Meaning Centred Design Awards per avere «sfidato coraggiosamente il significato di maschio e femmina, madre e padre, genitore o figlio». Chiaro il messaggio?
In conclusione secondo Marie Claire «il kit ha il potere di prendere quello che pensavamo di sapere sulla genitorialità e di rovesciarlo, rompendo i rigidi ruoli sociali e di genere che abbiamo creato per i nuovi genitori». Infine si augura che le discussioni sollevate dal suo progetto vengano portate avanti da qualcuno. Non si sa bene da chi…

Però tutto ciò che è previsto in natura e viene artificialmente rovesciato, non ha mai un destino tanto roseo….

Per pura casualità, in una puntata dei Griffin si vede Peter Griffin che allatta al seno un piccolo...

 

Per maggiori informazioni
https://www.ilprimatonazionale.it/esteri/kit-ormoni-permettera-uomini-allattare-inghilterra-106283/ 


Marcello Pamio

Nel Medioevo gli alchimisti erano alla perenne ricerca della «pietra filosofale», cioè di quella sostanza catalizzatrice capace di risanare la materia per poter giungere all’immortalità e trasformare i vili metalli in pregiato oro.
Oggi Bill Gates fa la supercazzola a Paracelso, perché il patron della Microsoft è andato oltre l’alchimia: è riuscito infatti a trasformare la merda in oro!
All’inizio di novembre 2018 è volato a Pechino, alla fiera di tre giorni chiamata «Reinveted Toilet Expo», per parlare di acqua potabile ricavata da feci e urine umane.

Molto interessante è scoprire che il miliardario oltre a lavorare alacremente per vaccinare miliardi di persone all’interno del progetto di depopolazione, s’interessa di cacca!
All’«Expo cinese dei cessi» ha infatti presentato «Omniprocessor»: il suo water, capace di purificare l’acqua e fertilizzare i campi con le deiezioni umane.
La «Fondazione Bill & Melissa Gates» ha investito la modica cifra di 200 milioni di dollari per sette anni di lavoro per sfornare un bel cesso fotovoltaico, che non necessita di allacciamento fognario né tanto meno di acqua. Viene appunto alimentato da un solo pannello solare ed è in grado di trasformare le feci in acqua pulita e fertilizzanti solidi!

Ecco come funziona: feci e urine vengono stipate in un contenitore sotto il pavimento e un pannello fotovoltaico attiva un reattore biochimico che purifica i rifiuti attraverso degli elettrodi.
Una reazione elettrochimica scompone le deiezioni nei vari componenti, separando l’idrogeno, la componente fertilizzante e l’acqua, resa pulita. Un altro meccanismo immagazzina l’idrogeno come energia nelle celle a combustibile. Il fertilizzante viene raccolto per scopi agricoli e l’acqua finisce in un serbatoio per essere riutilizzata, cioè bevuta, dice lui.
Bill Gates alla fiera ha parlato brandendo un bel vasetto ripieno di escrementi.
Tranquilli non le ha mangiate in pubblico, le ha semplicemente usate a scopo educativo, per spiegare agli attoniti spettatori che quella piccola quantità di feci potrebbe «contenere fino a 200 trilioni di cellule di rotavirus, 20 miliardi di batteri di Shigella e 100mila uova di vermi parassiti».

Come sempre le (ossimoriche) promesse sono quelle di cambiare in meglio il mondo, di risolvere il problema dei servizi sanitari, ridurre la mortalità per scarsa igiene….
Viene sinceramente un po’ da ridere, sapendo che quelle parole escono dalla bocca di chi da decenni propugna le teorie del cambiamento climatico (la cui causa primaria sono le attività del “cancro” chiamato uomo), della sovrappopolazione mondiale e di come il numero delle persone dovrebbe essere ridotto drasticamente. D’altronde le sue parole non lasciano spazio a molti dubbi: «Il mondo oggi ospita 6,8 miliardi di abitanti, e tale cifra sta crescendo speditamente verso i 9 miliardi. Ora, se davvero facessimo uno splendido lavoro in relazione a nuovi vaccini, sanità e servizi sanitari orientati alla riproduzione (aborti s’intende), noi potremo probabilmente ridurre quest’ultimo numero di una percentuale valutabile intorno al 15[1]

Ora con un cesso solare, Bill Gates vorrebbe farci credere di voler ridurre la mortalità per infezioni (sarebbero infatti oltre 500 mila bambini che ogni anno ne muoiono).


Ma per fortuna oggi esiste il «solar water»: lo metti dove vuoi perché non necessità di scarichi fognari. Ti siedi comodamente sopra, caghi, urini e poi se hai sete ti abbeveri.
Ovviamente se ti scappa di sera, bisogna stringere le chiappe almeno fino a mattina, perché il pannello funziona col sole…

Nessun genio ha calcolato che se una persona beve poco, esattamente come quel miliardo di sfortunati che non hanno accesso nemmeno all’acqua, urinerà anche poco, e quindi non potrà bere la sua urina depurata.
La realtà dei fatti è che per risolvere il problema alla radice non servono vaccini e nemmeno bidet futuristici, ma è necessario permettere alle popolazioni di estrarre acqua pulita dal sottosuolo, autoprodursi cibo sano e sfruttare le risorse che possiedono.
Miliardi di persone muoiono ogni anno infatti per serie carenze nutrizionali e per la mancanza di acqua corrente!
Tutto viene scientemente mantenuto in tale stato, perché non fa comodo a nessuno liberare quelle popolazioni dalle schiavitù economiche, finanziarie e dittatoriali. Tantomeno ai falsi profeti della filantropia.

Se le popolazioni africane riuscissero a scrollarsi di dosso le colonizzazioni e le dittature eterodirette dall’Occidente (francesi, olandesi, inglesi, americani, ecc.), che li stanno spolpando e violentando da secoli, il continente nero diventerebbe la potenza economica numero uno al mondo!
La terra sotto i loro magri e neri piedi è pregna di oro, diamanti, uranio, gas, acqua, minerali come il coltan, ecc. Esattamente tutto il bendidio che serve al benessere e alla tecnologia dell’obeso e ingordo bianco occidentale…
Quindi Bill Gates non potendo fare soldi vendendo pozzi per l’acqua o sistemi per l’irrigazione e la coltivazione dei terreni, si è inventato il water per meglio schiavizzare le popolazioni, dando loro una tecnologia alla quale non possono certamente accedere. Cosa faranno infatti i negretti quando l’elettronica, sotto il loro culo, si romperà? O quando il pannello solare non funzionerà bene o sarà da sostituire? Andranno direttamente Bill e la mogliettina Melinda con il kit del piccolo elettricista?
Faranno corsi di aggiornamento on-line per quelli che nelle capanne di fango del Mali hanno un accesso a internet con Skype? Per non parlare dell’inquinamento provocato da milioni di cessi che finiranno buttati per la strada.

Ma chissenefrega, basta fare soldi, mantenendo la schiavitù...
E di soldi ce ne sono tanti che girano. Gates ha infatti spiegato che i servizi igienici reinventati, in piccoli volumi, potrebbero costare fino a 10.000 dollari, ma ha aggiunto che il prezzo si abbasserà rapidamente.
Più crescerà la domanda meno costerà, e quando i costi diminuiranno, potrà diventare accessibile alle singole famiglie a un prezzo finale che si aggirerà sui 500 dollari!
Capito? Centinaia di milioni di cessi da 500/1000 $ acquistati cadauno, magari da qualche organizzazione sovranazionale caritatevole e/o umanitaria (unicef, fao, ecc.) per gli sfortunati del mondo.
Chi ha detto che con la merda non si possono fare i soldi?

 

Note:

[1] Intervento di Bill Gates a TED nel febbraio del 2010


Marcello Pamio

"Se non capiamo le immagini dell'inconscio
o rifiutiamo la responsabilità morale che abbiamo dei loro confronti
vivremo una vita dolorosa"
C.G. Jung

La paura è una emozione importantissima che ci avverte di un pericolo.
In Natura la sua funzione è basilare perché, avvertendoci di una situazione rischiosa, dà l’opportunità per sopravvivere.
Ma mentre negli animali, una volta superato il pericolo, dopo aver lottato o essere fuggiti, la paura non serve più, nell’uomo avviene qualcosa di paradossale.
L’uomo infatti è l’unico animale al mondo che 24 ore su 24 respira e trasuda paura da ogni mitocondrio cellulare.

I «pericoli» per l’uomo moderno però non sono le belve feroci nascoste nella foresta e pronte a saltargli addosso, bensì semplici pensieri originati dal cervello: paura dei virus, delle malattie, anche la semplice guida dell’auto può diventare fonte di tensioni; per non parlare del lavoro, del terribile titolare, degli esami a scuola o degli esami in ospedale. Proprio questi ultimi saranno il tema del presente lavoro.
Va ricordato che per il cervello umano pensare e immaginare una situazione o viverla realmente è la medesima cosa. Questo fa sì che la paura reale o la paura immaginaria attivi nell’encefalo le aree corrispondenti all’attacco o alla fuga, con cascate ematiche di adrenalina, cortisolo, glucosio e ormoni vari, come l’antidiuretico Adh.

La paura per esistere ha bisogno di un pericolo
Negli animali, come detto, la paura per esistere deve corrispondere ad un pericolo reale, altrimenti non ha senso per la Natura! Nel bipede umano invece, la paura può esistere anche se il pericolo è solo immaginato.
Quella che sembra una banalità risulta invece il punto nodale di tutto: se abbiamo timore di qualcosa (inesistente), creiamo noi stessi il pericolo (reale) così da giustificare il nostro timore!

Forse un esempio aiuterà a capire meglio questa situazione.
La medicina si avvale di esami specifici chiamati marker tumorali, i cui valori aumentano - secondo la visione ortodossa - quando c’è un cancro. I marcatori (spesso ormoni, enzimi o proteine dosate nel sangue) sono dei parametri fissi stabiliti da qualche comitato (i cui membri sono quasi sempre collusi con le industrie del farmaco) e per la medicina allopatica indicano la presenza o meno di un tumore.
Il genio Pitagora insegnava la magia dei numeri, ma sicuramente non avrebbe mai immaginato che essi sarebbero stati usati dopo venticinque secoli per decidere la vita o la morte di milioni di persone: è proprio quello che sta accadendo al giorno d’oggi. 

Un uomo di cinquant’anni in piena salute e con la gioia di vivere, consigliato dal proprio medico di fiducia, fa l’esame del Psa. L’esito da come valore 5 (il limite di «normalità» è 4).
Di punto in bianco la salute ferrea dell’uomo inizia a vacillare sotto i colpi devastanti del dubbio e della paura del cancro e in men che non si dica egli si ritroverà a girovagare terrorizzato tra ospedali, urologi e radiologi. La sua tragedia umana finirà con un dito medio nel didietro, oppure con la sua povera prostata massacrata da un ago lungo 18 cm (vedere foto sotto), usato per prelevare campioni di tessuto, eseguendo dozzine di piccoli buchi.

In questo ultimo caso la sua esistenza è stata letteralmente sconvolta da un semplice numero!
Paradossalmente se il Psa fosse stato 3, la sua vita sarebbe continuata alla perfezione e in totale salute…

Se infatti una persona con la paura del cancro crede in tali parametri, sta letteralmente mettendo a rischio la sua stessa esistenza.
Come dimostro nel libro «La fabbrica dei malati» i marker sono esami fallaci che non dicono nulla e proprio per questo non dovrebbero essere usati come screening di massa.
Ma per il pensiero collettivo dei medici e dei sudditi, i marcatori sono affidabili.
Questo per dire che se una persona ha PAURA del cancro e si sottopone agli esami di rito, potrebbe vedere i marker tumorali salire!

LA PAURA HA BISOGNO DI UN PERICOLO: la paura del cancro trova giustificazione quando i marker crescono…

Ed ecco il vero motivo per cui sono cresciuti esponenzialmente negli ultimi anni esami, screening e tutta la diagnostica per immagini. Non servono mica a prevenire i malanni, anzi, lo scopo è proprio il contrario: più esami infatti producono più diagnosi, e quindi più malati, il tutto per la gioia delle lobbies farmaceutiche!
Non si tratta di medicina, ma di matematica e statistica: siamo nel marketing e non nella prevenzione.
Ed è per questo che i vari gruppi “panel” di esperti abbassano regolarmente i cosiddetti «valori di normalità»: colesterolo, ipertensione, trigliceridi, glicemia, psa, ecc.
Più li abbassano e più persone oggettivamente sane diventano malate!

Cosa sono realmente gli esami
Non entro nel merito dei singoli esami e/o screening perché sono stati dettagliatamente trattati nel mio libro citato prima, qui vedremo alcuni esami sotto la lente delle Leggi biologiche.
Prima però cerchiamo di rispondere alla domanda: come mai vengono eseguiti tali esami, non dal punto di vista biologico, ma da quello ufficiale.
Vengono eseguiti perché «definiscono» le alterazioni (colesterolo, glicemia, ecc.) biochimiche dell’organismo, ma essendo questo un banale fotogramma, una foto istantanea di un momento, non possono dire assolutamente nulla sulle cause o sullo stato emozionale della persona.
Poi «definiscono» lo stadio della patologia, ma in quanto istantanea, non possono dire nulla anche sullo sviluppo futuro. Infine stabiliscono la prognosi e «definiscono» la terapia, che ovviamente sarà a base di farmaci tossici (una delle prime tre cause di morte al mondo).
Da questo si può evincere che gli esami massificati, esattamente come vengono fatti oggi, NON possono prevenire alcuna «malattia», ma semmai aiutano a trovare il malato nel sano, facendo aumentare a dismisura le diagnosi.

Esami del sangue e il senso biologico di alcune «alterazioni»
Non si vuole dare nessuna indicazione sull’utilità o meno degli esami, a questo scopo rimando al mio libro. In questa sede si vuole solo osservare le «alterazioni» (chiamate malattie) dal punto di vista del senso biologico.

Colesterolo alto
Siamo nelle cosiddette «dislipidemie», cioè nelle alterazioni dei lipidi circolanti.
Come detto prima i «valori di normalità» per il colesterolo hanno subito infinite modifiche a ribasso. Basti sapere per esempio che negli anni Ottanta il colesterolo totale era considerato “normale” sui 280 mg/dL, mentre oggi si viaggia tra i 180 e i 190 mg/dL.
Valori a parte, il senso biologico dell’innalzamento del colesterolo risponde a precise esigenze e richieste biologiche del cervello.
Durante un forte stress, nel pieno di un conflitto, l’encefalo richiede sostanze basilari per superare l’enpasse, come l’ormone cortisolo (detto ormone dello stress e secreto dalle ghiandole surrenali), e quindi è biologicamente sensato l’aumento del colesterolo, visto che i due sono collegati.

Una delle funzioni del colesterolo è anche quella di riparare le alterazioni dell’endotelio vascolare di coronarie e tutti i vasi arteriosi.
Per le coronarie il conflitto è legato alla «perdita di territorio», dove nella fase attiva si ha ulcerazione dell’endotelio vascolare con lo scopo magistrale di aumentare l’afflusso vascolare al miocardio.
La lotta per la difesa del proprio territorio (lavorativo, casalingo, ecc.) è vitale in Natura e necessita di tanto sangue, ossigeno, glucosio, adrenalina, cortisolo (e quindi colesterolo)!
Una volta risolto il conflitto, l’intima delle coronarie viene riparata e interviene, tra le varie sostanze, anche il colesterolo che serve ad incollare e ridare robustezza alle arterie.

Per tanto il colesterolo non è la causa delle placche e dell’arteriosclerosi, ma è solo una componente riparativa. Ma la medicina, come spesso accade, confonde la causa con l’effetto.
Il colesterolo quindi non si alza a causa dell’alimentazione, ma per altri motivi, e non a caso interessa persone un po’ aggressive, ambiziose e competitive. Persone spesso abituate al comando, al dover prendere decisioni e quindi sottoposte a pressioni e tensioni durature. La competitività per esempio nell’ambito lavorativo è un buon motivo per far crescere il “pericoloso” grasso.
Ma le pressioni esterne possono dipendere da problemi economici, separazioni, perdita di una persona cara (che interessa sempre il territorio), attività lavorative ad alta tensione, sport molto competitivi, ecc.
In pratica dove c’è conquista e competizione, il colesterolo è alto, perché è funzionale alla situazione stessa!

Psa alto
Nell’esempio dell’uomo di mezza età fatto prima, non ho specificato che l’esame del Psa non è un esame qualsiasi, come la glicemia o l'ipertensione, ma un vero e proprio marcatore tumorale. Quindi ogni variazione del parametro fa accendere l’allarme rosso….
Il Psa indica l’attività metabolica della piccola e sensibilissima ghiandola prostatica e varia moltissimo in base a condizioni soggettive come l’età, l’attività fisica e quella sessuale.
Esistono anche altre condizioni che influenzano negativamente il suo valore: per esempio una recente eiaculazione, una esplorazione o una ecografia rettale, l’uso prolungato della bicicletta o della moto.
Il medico normalmente non prendendo in considerazione queste condizioni che non c’entrano nulla con la patologia, quando osserva l’innalzamento del Psa, parte con approfondimenti e accertamenti invasivi (biopsie, prostatectomie, ecc.).
Il senso biologico della prostata e quindi di qualsiasi sua manifestazione patologica, ha a che fare con il conflitto detto del «boccone sessuale».
Per cui impotenza o infertilità; disfunzione erettile; sentirsi rifiutato e/o indesiderato dalla compagna; tradito o solo il sospetto di tradimento, ecc.
Tutte queste condizioni, se vissute in maniera conflittuale, possono mettere sotto pressione l’identità e l’orgoglio maschile, andando a modificare la struttura fisica dell’organo in oggetto.
Il tutto perché la prostata è la ghiandola simbolo della "potenza" maschile…

Ferritina
La ferritina è una proteina che può contenere fino a 4.500 ioni di ferro, per cui la sua funzione principale è l’immagazzinamento del prezioso metallo.
Il sangue rappresenta simbolicamente il “clan familiare”, il nucleo della propria famiglia, e non a caso si dice «sangue del mio sangue» riferendosi ai figli…
Questa proteina è presente ampiamente in fegato, milza, midollo osseo e tessuto scheletrico.
Il livello di ferritina nel sangue permette di valutare le riserve di ferro presenti nell’organismo: il patrimonio del sangue!
Simbolicamente il ferro rappresenta la «solidità», la «durezza».
Il senso biologico della ferritina alta ci dice che siamo in fase riparativa, cioè abbiamo risolto un conflitto di inadeguatezza o svalutazione, il cui “sentito” è per esempio: «non riuscire ad essere abbastanza solidi e inflessibili», oppure «non riuscire ad essere tutti d’un pezzo». L’inconscio usa la metafora del «ferro» per comunicare al cervello e al corpo qualcosa che ha che fare con il «duro metallo».
Se la ferritina invece è bassa indica seria e importante svalutazione, ma in fase attiva, quindi in pieno conflitto: le riserve di ferro sono state svuotate, per cui non c’è più la capacità di resistere e/o combattere.

Conclusione
Gli esami proposti dalla medicina, con la scusa fittizia della prevenzione, sono sempre di più, ma il concetto di base è riuscire a comprendere il senso biologico delle alterazioni.
Detto questo va assolutamente ricordato che un esame non è l’Oracolo di Delfi.
Un freddo esame o un semplice numero nel cancro, è completamente diverso dal fatto di averlo il cancro, di viverlo!
Non esiste un solo test affidabile e perfetto nel cento per cento dei casi, e la dimostrazione sono le percentuali altissime di «falsi positivi» (l’apparecchio cioè vede qualcosa che in realtà non c’è) e di «falsi negativi» (la macchina non vede qualcosa che invece c’è).
I «valori di normalità» sono decisi a tavolino da “esperti” sulla busta paga delle case farmaceutiche, quindi in pieno conflitto d’interessi, e una serie di numeri non possono stabilire con esattezza matematica il nostro stato di salute o di malattia.
Le strumentazioni elettroniche per le misurazioni sono macchine costruite dall’uomo, per cui imperfette, con un tasso di errore intrinsecamente onnipresente. Un errore però, come spiegato prima, ha il potere di rovinare e sconvolgere la vita di una persona.
Infine ricordiamo che «LA PAURA UCCIDE PIU’ DELLA MALATTIA».

Per questo motivo a febbraio 2019 partirà un corso in 5 serate, organizzato dall’Associazione «Scienza e Arte della Salute», dedicato alla «Decodifica Biologica di organi e malattie», con l’intento di vedere le diagnosi e le malattie sotto una nuova luce, quella della consapevolezza.
Lo scopo quindi è fornire informazioni e conoscenze utili per diventare uomini liberi…
Per maggiori informazioni sul corso visita il sito www.artedellasalute.it

 

Per approfondire l’argomento “Attivazioni Biologiche”
http://www.attivazionibiologiche.info/articoli/esami-e-referti.html

 

 


Nassim K. Langrudi e Marcello Pamio

A partire dal 2002 è iniziata una seria e importante sorveglianza delle reazioni avverse da parte dell’Istituto Superiore di Sanità
Detta così, sembra una grande cosa. Ma purtroppo è l’ennesima manifestazione dell’arroganza inarrestabile di un Sistema che ha raggiunto oggi livelli parossistici e proprio per questo sta collassando su sé stesso!
Tale sorveglianza riguarda i «potenziali rischi associati all’uso dei prodotti “naturali”».  
Avete purtroppo letto bene: non farmaci, non vaccini o droghe, ma piante!

Sono questi infatti gli obiettivi del sistema di sorveglianza messo in atto, a partire dal 2002, dall’Iss in collaborazione con l’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) e il ministero della Salute. 
Per l’establishment quindi «è fondamentale implementare le conoscenze sul profilo del rapporto beneficio-rischio per l’uso salutistico di una pianta» .
Il risultato è «un attento monitoraggio delle reazioni avverse a questi prodotti che deve necessariamente passare attraverso sistemi di “segnalazione spontanea”». 

Oggi a tal proposito è nato il portale VigiErbe.it dove operatori sanitari e semplici cittadini potranno segnalare possibili reazioni avverse.  
La home page è chiarissima: «Segnalaci le reazioni avverse ai prodotti naturali». 
E poi la domanda di rito: «Hai avuto qualche problema dopo l’assunzione di un integratore alimentare, vitamine, probiotici, prodotti erboristici, tisane, medicinali omeopatici, preparazioni galeniche e/o magistrali, preparati della medicina tradizionale cinese o ayurvedica?».

Dopo gli ultimi vergognosi attacchi all’omeopatia, era ovvio e scontato che venissero scatenate le forze - come preannunciato più volte da queste pagine - contro tutto quello che è naturale, non brevettabile e che funziona.
Ricordiamo che i farmaci sono una delle prime tre cause di morte accertate, nel mondo occidentale. Non parliamo dei danni indotti dai vaccini, come pure del fatto che ogni anno oltre 7000 persone muoiono per infezioni ospedaliere evitabili. E questi cosa fanno? Spendono soldi pubblici e risorse per accanirsi contro le erbe, gli integratori e gli omeopatici.

Farmacovigilanza oggi
La questione della farmacovigilanza è affare serissimo, in quanto i dati raccolti dalle segnalazioni di sospette reazioni avverse ai farmaci sono l’unico mezzo a disposizione per valutare la sicurezza degli stessi ed un loro eventuale ritiro dal commercio, quindi sono fondamentali per verificare che, dopo l’immissione sul mercato di questi prodotti, non si verifichino effetti collaterali sulla popolazione che non erano stati previsti o che erano stati sottostimati…ed accade spessissimo, purtroppo.
Nel sito Aifa leggiamo: «la farmacovigilanza è l’insieme delle attività finalizzate all'identificazione, valutazione, comprensione e prevenzione degli effetti avversi o di qualsiasi altro problema correlato all'uso dei medicinali, al fine di assicurare un rapporto beneficio/rischio favorevole per la popolazione». 

Purtroppo però, come testimoniato dalla scarsa attendibilità della vaccinovigilanza, questo sistema non funziona come dovrebbe. Infatti basta approfondire anche di poco i dati che emergono dagli annuali rapporti Aifa per rendersi conto che qualcosa non va per il verso giusto: nel 2017 ben 1952 casi segnalati di sospetta reazione avversa ai vaccini provenivano dal Veneto, su un totale di 6696 casi segnalati a livello nazionale, testimoniando una discrepanza che sottolinea la scarsa attendibilità dei dati… Ma anziché concentrarsi sull’implementazione ed incoraggiamento delle fondamentali segnalazioni relative a reazioni da farmaci e vaccini, che sono responsabili di gravi problemi di salute, si pensa bene di concentrare le già scarse attenzioni su altro…

Dal nuovo sito VigiErbe.it si evince che la segnalazione «verrà inviata all’Istituto Superiore di Sanità e sarà valutata da un Comitato Scientifico composto da esperti di farmacologia, farmacognosia, fitoterapia, botanica, tossicologia ed omeopatia e verrà condivisa a livello nazionale ed internazionale contribuendo alla migliore conoscenza del profilo di rischio di questi prodotti». 
Non si fa cenno dunque al se e come verranno messi a disposizione del pubblico questi dati.
Una domanda sorge spontanea: come verranno valutate le effettive «responsabilità» di tali preparati dinanzi a disturbi più o meno comuni e possibilmente dovuti ad una quantità di fattori (inclusi l’assunzione di farmaci)? 
Oggi sappiamo che i vaccini sono - tristemente - la più frequente causa di «coincidenze» temporali con eventi avversi di svariata entità, gravità e natura: vengono regolarmente scagionati dal nesso di causalità. Come possiamo aspettarci che vengano valutati gli episodi conseguenti all’assunzione di prodotti che la natura ci mette a disposizione da millenni? Speriamo di non ritrovarci a breve con qualche divieto nell’utilizzo di questo o quel rimedio erboristico, in ragione della tutela della salute pubblica…

La sicurezza sanitaria dei sudditi è una squallida scusante mediatica, perché quello che stiamo vedendo è un attacco premeditato a tutto quello che non è protocollabile, brevettabile e che viene usato dalla popolazione dalla notte dei tempi.
Forse è arrivato il momento di svegliarsi dal letargo cerebrale…

 


Marcello Pamio

I dogmi ufficiali stanno saltando uno alla volta.
Nella nutrizione collegata allo sport era impensabile, fino all’altro giorno, un atleta professionista che non si nutrisse esclusivamente di proteine e grassi animali. Fantascienza.
Nulla di nuovo, d’altronde all’università il mantra è sempre lo stesso: l’uomo è una macchina proteica, una specie di caldaia dove si mette dentro il carburante per produrre dell’energia.
Semplice matematica.

Se con l’attività e lo sport consumiamo le riserve proteiche (aminoacidi), queste le troviamo nelle nobili proteine che gli animali sacrificandosi ci mettono gentilmente a disposizione. Il discorso non fa una piega, anche se tale discorso è completamente falsato all’origine.
A causa di queste devianze la maggior parte degli sportivi agonistici ingollano quantità industriali di zozzerie inenarrabili, solo perché il loro nutrizionista e/o preparatore trasuda ortodossia.
Per fortuna nel mondo sempre più persone (per scelta o per necessità) e sempre più atleti hanno capito che qualcosa non torna in questa visione materialista e nichilista e lo stanno dimostrando al mondo.

Ironman Triathlon
Una delle competizioni più disumane che esista è il cosiddetto Ironman.
Si tratta di un triathlon che contempla tre sport: nuoto, ciclismo e corsa. Stiamo parlando di quasi 4 km a nuoto, 180 km in bici e 42 km a piedi: tutto nella stessa gara!
Alle Hawaii si disputano dal 1978 i Campionati del mondo di Ironman.
Quest’anno a vincerlo è stato il superman Patrick Lange che ha frantumato il record del 2017, con un tempo di 7h 52min e 39s contro le 8h 1min e 40s della precedente edizione.
Fin qui la notizia non c’è, anche perché ogni anno qualcuno vince il trofeo; la cosa interessante è che Lange non mangia carne! Ebbene sì, l’atleta tedesco è vegetariano da oltre 8 anni!

«Quando scopri - ha dichiarato in una recente intervista - gli effetti di una dieta sana sul tuo corpo, non hai bisogno di nient’altro». E i risultati gli danno ragione.
A colazione, invece di ingurgitare bacon fritto con uova strapazzate, il tutto irrorato da un bicchiere di latte vaccino, Lange mangia «fiocchi di grano e avena, noci, cocco tritato e semi di girasole» irrorati da latte di mandorla.
Nel periodo prima delle preparazioni alle Hawaii, cioè quando si doveva allenare duramente per sei o sette ore di fila ogni giorno, ha usato molti «frullati, barrette energetiche e integratori di proteine», ovviamente vegetali.
Alla stampa ha spiegato i motivi della sua scelta di vita: «mio zio ha una macelleria dove lavoravo spesso durante le vacanze e quindi vedevo macellare i maiali. E - come diceva Paul McCartney - chiunque abbia mai visto l’interno di un macello prima o poi diventa vegetariano».
Anche il grande Leone Tolstoi soleva dire che se i macelli avessero le pareti di vetro, quindi trasparenti, tutti diventerebbero vegetariani. Ma siccome l’industria della morte non ci fa vedere nulla, e trasmuta degli animali in pezzi che non ricordano la loro origine, l’uomo miope continua imperterrito con l’ecatombe, ammalando se stesso e la Natura…

Il caso di Peter Lange però non è certo l’unico.
Come non ricordare il grandissimo Dave Scott, chiamato la “leggenda sportiva” perché per ben sei volte (1980-1982-1983-1984-1986-1987) vinse la competizione alle Hawaii dell’Ironman.

Si dà il caso che pure Scott in quel periodo era vegetariano!
Come la mettiamo a questo punto? Rimaniamo fermi e ancorati alle idiozie di una scienza della nutrizione di stampo medioevale che considera primario il conteggio delle calorie e delle proteine? Ci mettiamo col bilancino radicati in una visione disumanizzante che ancora distingue i 21 aminoacidi in essenziali e non essenziali, collocando guarda caso i primi nelle proteine animali?
Oppure iniziamo a cestinare le bilance comprendendo che l’organismo umano non è una pentola a pressione statica ma un organismo dinamico complessissimo; che in Natura c’è tutto quello che serve all’uomo e all’animale per stare bene e in salute. I casi (emblematici per la scienza) di Dave Scott e Peter Lange rappresentano la prova vivente, la dimostrazione inequivocabile che l’uomo nutrendosi a base vegetale non solo è in grado di raggiungere uno stato di salute e benessere ottimali, ma è in grado anche di vincere la più massacrante gara sportiva che esista al mondo!
Ovviamente questo per Big Pharma e Big Food non è una buona notizia…
La bella notizia invece è che dopo aver smantellato il record mondiale, pochi metri dopo il traguardo, Lange ha avuto ancora il fiato per chiedere alla fidanzata di sposarlo.