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Marcello Pamio

I colossi della Silicon Valley stanno lavorando per la disumanizzazione dell’uomo...

Pixel 4 & Google
Il colosso di Mountain View in California Google ha pronto il nuovo Pixel 4, uno smartphone che si controllerà senza mani, con lo sblocco facciale ed una tecnologia basata sul Project Soli in stile «Minority Report»…
L’uscita è prevista per ottobre.

Il «Project Soli» è un piccolo radar in grado di leggere i movimenti delle mani e delle dita, interpretandoli grazie a programmi di intelligenza artificiale
Se con le dita nello spazio si imita la pressione di un tasto o lo spostamento su una mappa, senza toccare il cellulare, il radar è in grado di trasdurre questi movimenti in comandi («gesture»).
La FCC, Federal Communications Commission statunitense, si è pronunciata su questa tecnologia sviluppata presso i laboratori di Alphabet (di proprietà Google) dandone l’approvazione a capodanno, il 31 dicembre 2018.
A maggio Google aveva infatti sottoposto il progetto alla Commissione, chiedendone l’autorizzazione perché il microscopico radar a corto-raggio emette radiazioni nella banda di frequenze tra i 57 e i 64 GHz (miliardi di Hz)
Facebook ha fin da subito manifestato alla FCC preoccupazioni sui livelli di potenza richiesti da Google, non tanto per la salute pubblica (che non sia mai), ma perché potrebbero interferire con altre tecnologie attualmente esistenti.
Pixel 4 si potrà sbloccare attraverso il riconoscimento facciale esattamente come «Face ID» dell’iPhone, e si attiva anche con il telefono capovolto!

Risultato
Non bastano le onde elettromagnetiche emesse dai cellulari per la comunicazione e la connettività?
Non basta il 5G in arrivo, che sarà causa di devastazioni ambientali e salutari senza precedenti?
Ovviamente no, perché è in arrivo lo smartphone di ultima generazione con il radar che emette frequenze sulla banda dei radar militari!
Sappiamo bene che da quando è entrato in commercio lo smartphone, il telefono non è più un semplice telefono, ma un vero e proprio computer portatile (o fornetto a microonde) con tutti i rischi del caso.
Ora però con le emissioni elettromagnetiche abbiamo raggiunto il punto di non ritorno dalla pazzia.

A proposito di pazzia: siamo abituati a vedere per la strada persone che parlano da sole, perché collegate con il Bluetooth; come è normale vedere giovani e/o bambini che smanettano costantemente con la testa china in avanti e le dita anchilosate a forza di strisciare lo schermo. Ma da ottobre vedremo sempre più «Bimbiminkia» (come li definisce Giuseppe Povia) che gesticoleranno nell’aria, né più né meno come dei poveri malati di mente sotto trattamenti psichiatrici!
Ma questa è la tecnologia, bellezza!

Fiabe & Alexa
In tema di psichiatria non si può non citare Alexa, l’assistente vocale sviluppato da Amazon Lab126 che usa l’intelligenza artificiale.
Non importa se chi lo compra porta a casa una tecnologia che ascolta e impara dalle cose che diciamo.
Pochissimi lo sanno, ma Alexa sta imparando ad ascoltare, parlare e interpretare il linguaggio umano, catturando frasi e parole degli utenti. Queste vengono archiviate, e poi analizzate e ascoltate da umani, il tutto per interpretare quanto appreso dal sistema e per migliorarlo...

Nonostante questo, uno a casa propria può portare quello che vuole. Ma quando una simile diavoleria si intromette tra l’uomo e il bambino, quando una fredda e morta tecnologia si insinua tra il caldo mondo fiabesco e quello animico-spirituale, allora le cose diventano molto pericolose e bisogna intervenire!
Una ricerca inglese purtroppo avrebbe riscontrato che sempre più genitori si affidano ad Alexa per leggere le favole della buonanotte!

E’ stata la Charity Book trust a condurre il sondaggio su 1.000 genitori del Regno Unito con figli minori di 10 anni, con lo scopo di scoprire se l’abitudine di leggere fiabe facesse ancora parte della vita quotidiana di famiglia.
I risultati però hanno lasciato a bocca aperta: molti genitori si affidano alla tecnologia per questo tipo di attività! Uno su quattro, cioè il 26% circa, ha dichiarato di aver provato ad usare Alexa per le storie della buonanotte.
Mi auguro di cuore che tale ricerca sia stata finanziata da Amazon Lab…

E’ anche vero che se non abbiamo tempo e voglia di raccontare la fiaba a nostro figlio, Alexa diventa molto interessante. Ci pensa “lei” a questa incombenza.
Quanto è bello poter tornare a casa dal lavoro e mettere a letto il figlio accendendo Alexa e ordinando vocalmente di leggere «Cappuccetto Rosso» o la «Principessa sul pisello»?
Basta sprecare carta e soldi per comprare libri di fiabe e filastrocche!
Peccato che leggere una favola o meglio ancora raccontarla a voce, rimane una delle più importanti esperienze che un bambino e un genitore possano condividere.
Una condivisione che una tecnologia non potrà MAI sostituire!
Lo scopo infatti delle fiabe non è solo quello di far addormentare i bambini (questo lo può fare anche una fredda macchina), ma pure quello di creare un legame intimo tra chi racconta e chi ascolta!

Non è un caso infatti che nella pedagogia waldorf il racconto delle fiabe è uno degli elementi cardine della formazione dell’uomo.
Le fiabe non sono, come pensa la mente mediocre, dei raccontini scritti e buttati là, ma una vera e propria raccolta di immagini che dalla memoria orale e tradizionale dei popoli vengono sistemate e organizzate filologicamente (l’esempio dei fratelli Grimm è magistrale).
I bambini vivono in un mondo sognante dove tutto è sacro, in cui la logica non esiste e dove non servono pensiero e concetti, ma solo cuore e sentimento![1] Un computer o un assistente vocale hanno cuore e sentimento?
Le fiabe sono un dono artistico proveniente dal Mondo dello Spirito, da quella patria celeste dalla quale l’uomo stesso proviene. Il loro messaggio è occulto solo nella forma: la fiaba infatti parla per immagini, simboli, indica la ricerca degli immortali archetipi a cui l’essere umano deve sempre riferirsi per poter evolvere.[2]

Ma qual è lo scopo primario delle fiabe? Quello di stimolare le tre forze animiche dell’uomo: pensare, sentire e volere.
Ecco perché le fiabe non sono solo nutrimento per la fantasia dei bambini, sono anche cibo necessario per l’animo dell’adulto!
L’altro aspetto fondamentale è che dovrebbe sempre essere la viva voce umana, non una voce registrata a raccontare fiabe al bambino, perché come detto, la fiaba è nutrimento spirituale per l’anima, ma fa parte anche dell’educazione, quella che può passare solamente da persona a persona.
Solo un essere umano infatti possiede dei sentimenti e poiché sono i sentimenti che educano, le fiabe vanno raccontate da una persona e non da una macchina!
Ma forse Amazon quando creò Alexa voleva proprio partecipare al controllo e alla disumanizzazione dell’uomo… 

[1]  «Le fiabe, nutrimento per la crescita», http://www.scuolawaldorf.org/le-fiabe-nutrimento-per-la-crescita/

http://www.scuolawaldorf.org/le-fiabe-nutrimento-per-la-crescita/

[2] «La fiaba: un mondo di verità raccontate in immagini», Maddalena Lena, http://www.liberascuola-rudolfsteiner.it/2017/12/28/la-fiaba-immagini-di-realta-interiori/


Beatrice Cavalli, Marcello Pamio

Secondo i dati pubblicati da Greenpeace dall’inizio del 2019 in Siberia sono bruciati qualcosa come 15 milioni di ettari di bosco, e ne stanno bruciando altri 5,6 milioni.[1]
Attualmente vengono effettuati interventi di spegnimento solo per un miserrimo 10%.
Numerose sono le petizioni sottocritte per chiedere che vengano effettuati interventi necessari e urgenti[2].
Il 25 luglio scorso la Camera bassa del Parlamento russo si è rifiutata di approvare il mandato protocollare al proprio Comitato specializzato di rivolgersi al Governo della Federazione Russa con la proposta di dichiarare lo stato di emergenza nelle regioni della Siberia colpite dagli incendi boschivi[3].
Ovviamente si sono accese discussioni relative alla situazione, e diversi sono i punti di vista: qualcuno ritiene che si debba intervenire, altri che non si debba fare assolutamente nulla.
Proponiamo le due posizioni antitetiche, sfruttando i pareri di due tra i numerosi giornalisti che si sono espressi sul problema.

Il primo è il giornalista Sergej Mardan, il quale nell’articolo del 1 agosto scorso, pubblicato sulla “Komsomol’skaja Pravda[4] fa notare che gli incendi boschivi in Siberia non sarebbero una novità, in quanto la tajga brucia ogni estate.
Quindi l’allarme diffuso in internet e le petizioni sottoscritte costituirebbero per lui una isteria infondata, dato che le cifre statisticamente non si differenzierebbero di molto da quelle dell’anno scorso: al 31 luglio di quest’anno, infatti, dal Ministero per le situazioni di emergenza della Federazione Russa (MČS Rossii) sono stati effettuati interventi per lo spegnimento di incendi boschivi su 107.000 ettari di bosco, mentre altri 2,8 milioni di ettari di bosco che bruciano vengono solo tenuti sotto controllo visto che gli incendi non presentano pericolo per centri abitati. Mentre l’anno scorso sono stati effettuati interventi di spegnimento su 64.000 ettari, mentre 2,4 milioni di ettari incendiati sono stati solo tenuti sotto controllo.

Sempre per Sergej Mardan, assurdo e infondato sarebbe l’isterismo sull’allarme di catastrofe ecologica mondiale lanciato dopo la dichiarazione del Governatore di Krasnojarsk secondo il quale cercare di spegnere gli incendi boschivi sarebbe economicamente senza senso.            
Egli fa presente che soltanto lungo la ferrovia Transiberiana e la ferrovia Bajkal-Amur (BAM) si trovano città e aeroporti, ma più all’interno non ci sarebbe anima viva, quindi che bruci tutto il bosco senza problemi. Su quelle verdi distese - dice il giornalista - cresce la foresta vergine, esattamente come cresceva 100, 1000, 100 mila anni fa. Ogni anno questa foresta brucia e poi in un periodo (insignificante rispetto all’eternità), di 30-40 anni cresce quella nuova, per cui non ha senso, dal punto di vista economico, volare per 1000 km all’interno della tajga per spegnere gli incendi: il bosco non è di nessuno e per giunta è una risorsa rinnovabile, mentre il carburante costa 60 rubli al litro, per mandare un aereo antincendio ad una distanza di 1000 km servono 25 tonnellate di carburante, e di voli ne occorrono più di uno, ed anche più di 10 e perfino più di cento.
Alla fine cerca di indorare la pillola, dicendo che in Russia, su una superficie totale boschiva di 1,14 miliardi di ettari, ne stanno bruciando 2,5 milioni, quindi solo un ridicolo 0,2%...

Ma le cose staranno davvero così?
Sicuramente può essere che quest’anno gli incendi boschivi siano usati come distrazione di massa, cioè per distogliere l’attenzione della popolazione da altri problemi, basti pensare alla situazione relativa alle prossime elezioni, in particolare al rifiuto di registrare diversi candidati realmente indipendenti e alla registrazione dei candidati pseudo-indipendenti sostenuti dal partito di potere “Edinaja Rossija” con pretesti vari e spudorate violazioni della legge.
O peggio ancora, si pensi all’approvazione nel silenzio tombale del progetto di legge che prevede modifiche a tutta una serie di leggi e codici volte ad indebolire ulteriormente ed a cancellare il diritto di proprietà su immobili e terreni, e a legalizzare i programmi e le azioni già in essere dell’attuale potere di spoliazione e deportazione dei proprietari. Certamente gli incendi stanno distraendo la popolazione, ma significa forse questo che la preoccupazione sia infondata o non abbia ragione di essere?

Il secondo giornalista è Andrej Uglanov, redattore capo del settimanale «Argumenty nedeli»Argomenti della settimana»), il quale nel suo video intitolato «Lesnye požary: kto stoit za prestuplenijem veka»Incendi boschivi: chi c’è dietro al crimine del secolo»)[5] pone al mondo alcune interessanti domande.
Come mai bruciano i boschi al confine con la Cina? E come mai la gente ogni anno soffoca nel fumo degli incendi boschivi? Chi ha trasformato 12 anni fa il 70% dei boschi statali della Russia in lotti di bosco ceduo privati, dandoli in mano - guarda caso - alla mafia cinese?

Perché German Gref è in libertà e non in carcere per la lobbizzazione del Codice boschivo anti russo del 2007?
Come mai dopo 200 anni di prosperità boschiva della Russia le attuali autorità hanno tagliato alla radice il servizio di guardie forestale migliore al mondo e il servizio aereo di spegnimento incendi?

E la domanda più importante: di chi è la mano che ha dato fuoco ai boschi?
Il giornalista fa notare come i canali televisivi federali presentano la situazione. Per loro, brucia già tutto, e solo l’eccelso Putin e Medvedev sono i grandi salvatori: volano dappertutto, distribuiscono sberle a tutti, e hanno già trovato gli incendiari. Hanno spinto a spegnere il fuoco i militari, e nonostante tutto quanto, Medvedev si è lasciato sfuggire che “mancano guardie forestali!”.
Questo è, secondo il giornalista Andrej Uglanov, il punto cruciale che sta all’origine del problema e delle responsabilità.

Già dai tempi dell’Impero Russo tutto ciò che succedeva nei boschi veniva regolato dai codici boschivi.
Nel 1831 venne creato il corpo delle guardie forestali, e a quel tempo i boschi erano di proprietà sia statale che privata.
Nel 1918 tutto passò sotto il controllo dei comitati boschivi dei governatorati (gubernii), successivamente inziò la gestione dei boschi sulla base di un piano unico statale. Poi tutti i boschi dell’Unione Sovietica furono trasmessi al governo e successivamente al governo del Paese furono attribuite le funzioni di protezione dei boschi dagli incendi.

Nel 1947 fu creato il Ministero dell’economia boschiva dell’URSS, e l’anno seguente approvato l’elenco di tutte le aziende silvicole e di tutte le unità forestali territoriali che le componevano (lesničestva).
Si trattava di un enorme complesso diviso in unità forestali territoriali con ingressi e passaggi a ciascuno dei quali era assegnata una guardia forestale.
Il primo colpo ai boschi russi fu inferto subito dopo la morte di Stalin, quando la gestione dei boschi fu trasmessa al Minselchoz che fece uscire il decreto di cessazione dei lavori per la creazione delle linee forestali difensive statali, dei boschi di quercia a destinazione industriale e di abolizione della programmazione statale di rimboschimento e imboschimento obbligatoria per i kolchoz e i sovchoz.

Nei successivi 20 anni ne vennero fatte di cotte e di crude, ma si riuscì a non attentare al sistema di gestione dei boschi nelle unità territoriali amministrative più basse che risalivano al sistema di gestione di prima della rivoluzione.
La vera e propria gozzoviglia, spiega l’autore del video, incominciò con Boris Nikolaevič Eltsin sotto il quale vi furono una serie di codici boschivi, che peraltro perfino sotto di lui non intaccavano l’appartenenza statale dei boschi.
La devastazione definitiva del patrimonio boschivo è avvenuta sotto Putin ad opera dei suoi capi di Stato. Il codice boschivo del 2007 (definito già allora da Greepeace “criminale”) uccise i leschozy e lesničestva che si erano formati in 200 anni.

Il bosco tutto ad un tratto divenne bene mobile, i diritti sul quale non dovevano essere registrati.
Da quel momento si poteva vendere il bosco separatamente dalla terra, sicché il bosco lo poteva tagliare chiunque. Così hanno tagliato di tutto, cancellando l’unica cosa che poteva trattenere l’acqua, e così quello rimasto prende fuoco per una qualsiasi scintilla: perfino la lente formata dalla rugiada mattutina attraverso la quale passa un raggio di sole può incendiare l’erba secca.
I vari animali: orsi, alci, volpi e tutti gli altri esseri viventi, di punto in bianco sono stati scacciati dalla loro nicchia ecologica. Moltissimi orsi oggi capitano nelle città perché non sanno più dove vivere.
Hanno distrutto oltre i leschozy, anche il servizio di difesa aerea dei boschi: tutti i piccoli aerei che prima volavano e tenevano sotto controllo gli incendi, che potevano portare paracadutisti ed operai, sono stati soppressi. Adesso per spegnere gli incendi inviano l’enorme IL-76 del Ministero della difesa della Russia che costa uno sproposito.

Quindi dal 2007 rimasero senza lavoro 170.000 guardie forestali con le loro famiglie, tutte persone che difendevano il bosco e gli animali compresi.
Secondo il nuovo codice, la difesa dei boschi sarebbe dovuta ai nuovi padroni, che se ne infischiavano degli incendi, degli orsi e delle persone.
Non solo, incendiare i terreni improduttivi è diventato di moda.
Hanno iniziato a tagliare i boschi e la colpa è del Codice boschivo del 2007.
Il suo autore è stato il Ministero dello sviluppo economico, a capo del quale c’era una persona di etnia tedesca cresciuta in Kazachstan che non sapeva cos’è un bosco, oppure voleva vendicarsi del Paese che mandò i suoi genitori in esilio a causa della loro nazionalità.

Fu così che German Gref inventò questa sua azione criminale: privatizzare tutto (terra, acqua e boschi) trasmettendo questa carta al Presidente del Comitato per lo sfruttamento delle risorse naturali, Natalja Komarova, della Duma di Stato. Lei, assieme ai membri del suo comitato, benedisse l’infame documento. Alla Duma questo codice lo presentò l’allora capo del governo Fradkov. Nella Duma questo codice venne timbrato dall’allora presidente del parlamento Gryzlov, mentre nel Consiglio della Federazione dopo un breve colloquio con Putin dall’allora presidente Mironov.

E così oggi in Russia tutto brucia, mentre i principali colpevoli si godono la vita in libertà invece di stare in carcere e soffocare per il fumo.
Il taglio del legno in Russia è al primo posto nel mondo per commercio, ma anche le perdite di copertura boschiva in Russia hanno costituito solo l’anno scorso 5,5 milioni di ettari, tre volte di più che negli Stati Uniti.
L’autore fa il confronto con la situazione incendi negli Stati Uniti, dove non solo esiste un’organizzazione capillare che interviene prontamente alla prima segnalazione, ma anche tutte le spese relative allo spegnimento degli incendi sono a carico del centro federale.

In Russia, invece, grazie a Gref si obbligano le regioni a farsi carico di tutte le spese!
In America, inoltre, c’è un severo controllo sul taglio dei boschi per il quale è necessaria l’approvazione della commissione competente e il benestare della popolazione. Una volta effettuato il taglio, poi, vengono marchiati non solo gli alberi tagliati, ma anche i relativi ceppi, e se ai controlli qualcosa non quadra sono multe per mezzo milione di dollari e carcere per cinque anni.

In Russia tagliano i boschi fondamentalmente delle bande di criminali legati ai cinesi...
Viene portato in Cina legname per 6 miliardi di dollari all’anno (valutazione al prezzo stracciato del legname tondo).


Non è possibile immaginare le enormi masse di legname portate via ininterrottamente senza fine, accatastate ai confini con la Cina per poi essere trasportate tranquillamente durante l’anno nelle loro fabbriche di lavorazione. E sono quasi sempre tagli illegali!
Le poche guardie forestali rimaste non possono fare nulla, altrimenti finirebbero ammazzati tutti.
Riguardo alle dimensioni degli incendi boschivi in Russia: negli ultimi anni si usa misurare la superficie colpita dagli incendi in ettari. Risultato: milioni. Cifre impressionanti.

Ma la statistica ci dice che l’anno peggiore per incendi boschivi si ebbe in Russia nel 1915, quando era in corso la Prima Guerra Mondiale: 160.000 chilometri quadrati di boschi, in ettari pari a 16 milioni.
Nel terribile 2010, quando soprattutto a Mosca tutto era avvolto nel fumo, gli incendi hanno interessato 20.000 chilometri quadrati. Nel 2017 ben 14.000 chilometri quadrati.
Nel 2018 sono stati 30.000 chilometri quadrati.
Quest’anno 2,3 milioni di ettari, cioé 23.000 chilometri quadrati.
La Russia zarista negli anni di guerra è stata in grado di affrontare incendi di 160.000 chilometri quadrati, e oggi i sabotatori con il loro codice Gref non vengono a capo neanche della decima parte?
A differenza dell’epoca oggi abbiamo aerei, elicotteri, e satelliti. Ma tutto è stato annullato proprio da Gref.
Perché ogni giorno la televisione mostra sempre gli incendi? E come Medvedev e Putin stiano lottando col fuoco quasi da soli?  

Le varianti di risposta possono essere due.
La prima, come sempre la statistica mente, e gli incendi in realtà sono 10 volte di più.
La seconda, è, come detto prima, un sistema per distrarre l’attenzione della gente da qualche imbroglio politico: il crollo catastrofico delle entrate della popolazione o le imminenti elezioni a Mosca e San Pietroburgo o altro.
Così è meglio spaventare per bene tutti con gli incendi e le inondazioni.

L’analisi di Andrej Uglanov è decisamente la più approfondita e responsabile.
Chi parte dal presupposto che “tanto, in trenta o quarant’anni il bosco ricresce” non tiene in considerazione il fatto che non è detto che bastino trent’anni perché si ripristini tutto l’ecosistema, ammesso poi che si ripristini, con tutta la biodiversità iniziale; che in ogni caso bisognerebbe essere sicuri che non bruci più di quanto ricresce; che in Russia la distruzione dei boschi e delle foreste avviene non solo ad opera del fuoco: i boschi vengono tagliati illegalmente col pretesto dei “tagli sanitari”, vengono distrutti, inquinati, etc.
Sembra che per coprire questa distruzione si arrivi a “ritoccare” le immagini satellitari perché appaia “verde” ciò che ora è ormai deserto.

Riassumendo le cause principali che hanno portato a questa situazione:

- modifica a livello legislativo dello status giuridico dei boschi;
- sistematica distruzione del sistema di protezione dei boschi;
- favoreggiamento del taglio selvaggio con leggi a favore di “acquirenti” stranieri (cinesi);
- favoreggiamento della distruzione col mancato intervento immediato per lo spegnimento degli incendi con la scusa di questioni di finanziamento e che sarebbe economicamente non vantaggioso.

Considerazioni personali
Un’analisi approfondita del problema non può essere contenuta in qualche paginetta.
In Russia i boschi vengono sistematicamente distrutti ovunque e questo è particolarmente visibile nelle città. A Mosca per esempio, con la scusa di renderli “confortevoli” e “attivi” i boschi-parchi-riserve naturali vengono “diradati” e privati del sottobosco per far posto a piste ciclabili, a locali dove strafogarsi di panini e hamburger, ecc.
Questo in Russia. Ma vogliamo vedere cosa succede in Italia? Cosa ne è stato del Corpo Forestale dello Stato? Cosa succede a chi taglia alberi illegalmente? Vengono forse condannati a pagare, o messi in prigione come - secondo Andrej Uglanov - succederebbe negli Stati Uniti?

Non succede anche in Italia che i boschi vengano “diradati” e privati del sottobosco per far posto alle piste ciclabili, o ad altri vari “panem et circenses”, tipo poligoni di tiro con l’arco, o giochi ed intrattenimenti vari? Non ha forse anche l’Italia il suo Gref o simile?
Dove sono quelli che si adoperano per proteggere i boschi? Come possiamo aiutarli?
Molti anni fa un russo mi disse che in Italia, come del resto in tutta l’Europa, non ci sono più boschi.
Al momento quella affermazione mi lasciò perplessa: “Come non ci sono boschi? Certo che ci sono, in montagna, per esempio”.

Successivamente ho compreso cosa intendeva: in Italia non ci sono più boschi veramente naturali, vergini, ma solo parchi modellati dagli uomini. Parchi ridotti e aggiustati dall’uomo a propria misura.
E più l’essere umano degenera e si degrada fisicamente e mentalmente, più riduce e aggiusta (distrugge) a sua misura la natura - la fa diventare “comoda”.
Se vogliamo salvare il salvabile dobbiamo ritrovare il piacere e la soddisfazione di far fatica: di salire e scendere con le nostre gambe, non importa quanto ripide e lunghe siano la salita o la discesa, camminare con le nostre gambe, saltare, portare pesi con i nostri muscoli, sbarazzandoci di tutto il superfluo, e scopriremo che muoversi non è poi così faticoso. Muoversi è Vita.
Nel bosco non si può andare con le ruspe, neanche con quelle piccole, né con le moto, né con le biciclette, e neanche con le slitte trainate dai cani. Nel bosco si può andare solo a piedi, percorrendo sentieri il più stretti e meno visibili possibile, senza fare danno, senza lasciare traccia, facendo il minor rumore possibile, cercando di non disturbare la Natura neanche col rumore dei nostri pensieri.

Mosca, 20.08.2019

[1] https://greenpeace.ru/blogs/2019/08/14/17597/

https://greenpeace.ru/blogs/2019/08/16/kak-pozhary-sibiri-vlijajut-na-klimat-vo-vsjom-mire/

[2] https://www.change.org/p/требуем-ввести-режим-чс-на-всей-территории-сибири-по-лесным-пожарам-июль-2019г) questa petizione dal 22 luglio ha raccolto più di un milione di firme. Chiede di dichiarare lo stato di emergenza sul territorio della Siberia.

[3] https://www.youtube.com/watch?v=tz3VQrcKUKI&feature=youtu.be&fbclid=IwAR1rpRAFUelrdU6OP8VC3yZHYYfwn--VP4bgizhq0fDqzxYK2Xna34mXbxw

[4] https://www.kp.ru/daily/27010/4072087/

[5] https://www.youtube.com/watch?v=9Bz1m6anTRk


M.P.

E’ così difficile da comprendere che il cervello è appiccicato, adeso, attaccato, connesso e legato indissolubilmente al corpo? Sembra proprio di sì, e per qualcuno è quasi impossibile da concepire.
Del resto può essere comprensibile nel caso non venga usato se non per soddisfare i «bisogni vitali e fisiologici» in una sopravvivenza simile a quella di un animale in cattività: oppure potrebbe balenare il “sospetto”, ma solo momentaneo, che forse il cervello possa servire anche ad altro.
Anche chi nega questa ipotesi deve ammettere che l’uomo si può permettere il lusso di non pensare di respirare, bere, mangiare, digerire, defecare, dormire, ecc., perché qualcuno lo fa al suo posto.
Questo qualcuno è appunto il cervello! E’ il cervello infatti che genera il desiderio di “mangiare” (“fame”), di “dormire” (“sonno”), ecc., in maniera “autonoma” e soprattutto gratuita.

Ma l’uomo, nella sua stupidità e avidità, ha deciso che questo sistema “perfetto”, questo motore che pilota alla perfezione la nostra evoluzione da oltre 4 milioni di anni, non controlla alcune parti del corpo o se le controlla, questo avviene solo in alcuni momenti. Sembra cioè che il cervello sia in relazione e controlli solo “una parte”, ma non tutto, lasciando il resto al “caso”.
Esattamente come se la CPU di un computer decidesse di gestire il modem ma non la stampante, il monitor, ma non il mouse. Sarebbe follia allo stato puro in un organismo vivente.

Ed ecco che ad un certo punto arriva la cosiddetta «malattia», questa sconosciuta.
Tutti d’accordo, per esempio, che il cervello regola la funzione cardiaca, ma, se per caso il cuore inizia a «battere male» allora non è più il cervello l’origine dell’alterazione, ma il cuore stesso.
Tutti d’accordo che è il pancreas a produrre insulina e/o glucagone su “comando” del cervello, ma se si sviluppa il diabete la colpa è del malfunzionamento della ghiandola, per cui viene infusa insulina di sintesi, senza preoccuparci dell’organo supremo di comando.
E così via all'infinito, tanti sono gli esempi.

Se a questo punto qualcuno prova ad ipotizzare e dimostrare che è il cervello a comandare ogni singola cellula, organo e apparato del corpo, viene deriso e attaccato come fosse uno scemo o un ciarlatano.
Eppure…il Sistema Nervoso Autonomo CONTROLLA TUTTO, raggiunge ogni più piccola parte dell’organismo, perfino il sistema immunitario attraverso il torrente circolatorio.
Certamente non può essere un caso che la glia e il sistema immunitario derivano entrambi dallo stesso tessuto embrionale! La glia costituisce il 60% almeno del Sistema Nervoso e di quello immunitario, il quale produce citochine e altre sostanze che possono scatenare l’inferno o generare il paradiso.
Già il compagno di Candace Pert ipotizzò negli anni ’90 che il sistema immunitario fosse una specie di “digitazione” del cervello funzionale, sempre pronto ad informare il cervello di quello che accade in periferia, per poi inviare ordini di conseguenza.

Dovrebbe essere ovvio, ma non lo è, che nell'organismo umano prima vi sono i «segnali elettrici» poi quelli «chimici», e che senza corrente elettrica nel cervello il corpo sarebbe un cadavere!
Però se ti ammali, per esempio di leucemia (o di una qualunque altra malattia) il problema sta nel linfocita ovviamente, piuttosto che nel fegato o nel polmone (per le altre patologie) ...
Tutto funzionava perfettamente sino a pochi istanti prima, poi all'improvviso qualcosa cambia funzione e questo qualcosa deve essere combattuto con ogni mezzo a disposizione.

Il linfocita, che rappresenta la cellula che «ci mette in relazione» con tutto ciò che l’organismo conosce, ad un certo punto si «ammala», cambia forma e numero.
Risultato per la medicina: si è malati!
Anzi, il tessuto malato è il midollo, la centrale da cui si originano i linfociti.
E noi cosa facciamo? Senza ancora aver compreso la causa, senza saperne il perché, lo disintegriamo!
Oppure, come nelle nuovissime e costosissime terapie, si preleva il linfocita, si modifica il DNA (di cui non conosciamo nulla), si aggiungono dei recettori vari, e poi si «rimette» dentro il sangue del malato…
Ma quanto vive uno di questi linfociti? Non si sa.
Quello che però gli esperti sanno è la percentuale di successo: da 35 a 40 % nel migliore dei casi. Questo ovviamente nei pazienti che rispondono alla cura (cosiddetti «responder»), cioè quelli che reagiscono bene, ma in quelli «no responder» come la mettiamo?

Come mai invece, stando agli studi sempre decantati e osannati dai media, la sopravvivenza della leucemia linfoblastica acuta dopo la chemioterapia rasenta il 95%? Mistero.
Ci saranno recidive? Nessuno lo sa.
E’ una terapia definitiva? Nessuno lo può stabilire.
L’unica certezza è il costo: circa 1 milione di euro a terapia. Stiamo parlando della nuovissima terapia CAR-T.
Non è un po’ strano che l’establishment medico-scientifica sperimenti su cavie volontarie delle nuove terapie (costosissime) quando hanno a disposizione la chemio che (secondo loro) garantisce il 95 % di remissione della malattia? Forse qualcosa non torna…

Un’altra cosa che non torna è il fatto che tranne pochissimi casi, nessuno indaghi seriamente sull'unità centrale di controllo: il cervello appunto.
Tornando alla leucemia linfoblastica acuta, come mai è tipica dell’età pediatrica? E’ un caso che sia il tumore più frequente nei giovani.
Non potrebbe essere che sia il cervello a decidere di aumentare, diminuire, modificare i linfociti perché c’è «qualcosa da sistemare» nel modo che ha il bambino di «relazionarsi»? Proprio nel periodo in cui il piccolo dell’uomo impara a «relazionarsi», ad «esistere», e lo fa nella relazione e dalla relazione con i genitori. Sono infatti i genitori che danno al figlio il «diritto di esistere», il «diritto di vivere», permettendogli e insegnandogli a relazionarsi.
Perché prima di intossicare una creatura con chemioterapie varie, i luminari o i baroni di turno non si prendono la briga di indagare cosa stesse succedendo in famiglia, e cosa stesse vivendo quel bambino? Si sentiva amato, desiderato e voluto, oppure no? Si sentiva in «diritto di esserci» e di «esistere»? Sono semplici domande, ovviamente.
Se non mi sento in «relazione» con qualcuno, non potrebbe essere il cervello che ordina la produzione maggiore di quelle cellule che casualmente creano proprio la «relazione»?


Marcello Pamio

«Il cervello è in grado di modificare la propria mappa neuronale
e il proprio funzionamento, in risposta all’attività fisica e
all’esperienza mentale»
"Le guarigioni del cervello", N. Doidge

«Mens sana in corpore sano», è la famosissima frase scritta nel I secolo d.C. dal poeta latino Giovenale.
Ma non tutti conoscono la frase completa riportata nelle Satire (X, 356): «Orandum est ut sit mens sana in corpore sano», che tradotto significa «Bisogna pregare affinché ci sia una mente sana in un corpo sano».
Aveva ragione da vendere Giovenale, oggi più che mai, anche se sono passati quasi duemila anni, infatti bisogna pregare tantissimo e con molta intensità perché il livello di salute mentale è gravemente minacciato. E non solo quello mentale, ma anche quello del fisico.
Il riferimento è all’attuale situazione della società moderna.

Una volta l’attività lavorativa principale consisteva nel curare la terra e i campi, per cui si stava sempre all’aperto sotto le intemperie e il sole, costringendo il corpo a muoversi e a sudare.
Oggi le persone sono rinchiuse come carcerati in piccoli uffici illuminati da neon, per cui gli unici movimenti che fanno consistono nell’usare il braccio per portare alla bocca il caffè della macchinetta durante la pausa, e da seduti polso e indice per azionare il mouse.
Il sole, se questi lo vedono, è a scacchi, oppure in qualche film.
Possiamo quindi stupirci del livello di salute medio della popolazione?
Assolutamente no… e questo purtroppo riguarda tanto più i giovani.

Sempre fino a pochi anni fa, i bambini potevano fare le classiche cose da bambino: correre e giocare per le strade e le vie delle città, volare giù dagli scalini della chiesa con lo skateboard finendo, per scappare dalle ire del prete, con una slogatura ad una caviglia o un braccio rotto.
Ma erano liberi e felici. L’unico modo per bloccare un bambino sano e tenerlo chiuso in casa era un febbrone da cavallo o una malattia esantematica: tutto il resto non era un impedimento, e pur di uscire si facevano carte false...
Oggi i bambini (ipervaccinati) non possono più scendere per le strade a giocare liberamente perché tra automobili, virus, buco dell’ozono, smog, espiantatori di organi e pedofili il rischio è troppo grande. Ma anche se volessero non possono perché sono quotidianamente oberati di compiti, letture, esami, ricerche, tesine e quando finalmente mettono il naso fuori da casa è per andare a ripetizione di inglese, a lezione di karate o pianoforte, al saggio di danza o partecipare a qualche concorso di bellezza.

Questa è la giornata tipo del giovane del Terzo Millennio: movimento fisico pressoché zero!
Per la verità non è proprio zero, perché le dita della mano sono diventate negli ultimi anni molto prensili per poter navigare meglio nel web e scrivere velocemente messaggi con whatsapp…
Il paradosso è che i bambini di oggi non sanno camminare e neppure correre, ma smanettano con lo smartphone alla velocità della luce.
La cosa più incredibile è che la nostra società, invece di cercare di compensare questi gravissimi squilibri, è strutturata proprio per perpetrare simili abomini.
Mi riferisco allo sviluppo e all’evoluzione tecnologica in merito ai giochi di movimento.

Come detto prima: skateboard, monopattini e pattini a rotelle permettevano ai giovani di fare un’attività fisica ottimale. Oggi invece non è più così perché in commercio troviamo diavolerie assolutamente folli e disumane come l’overboard, il monopattino elettrico e addirittura lo skateboard elettrico!
L’overboard è quella specie di tavoletta con due ruote laterali sulla quale basta starci sopra in equilibrio per muoversi. Tecnologia stupenda, direbbe un cervello poco sveglio o il proprietario della ditta che li produce, ma la Natura ha strutturato l’uomo per muoversi!
Se non ci si muove, verranno perse le funzioni: tutto quello che in Natura non viene usato infatti, la Natura lo abbandona. Sono leggi ferree.
Per cui oggi è abbastanza frequente vedere in giro per le città bambini e ragazzi immobili come mummie muoversi sopra queste follie tecnologiche, per non parlare delle altre diavolerie come monopattino e skateboard elettrici!

Da che mondo e mondo, sia il monopattino che lo skateboard sono sempre stati attività eccelse per quanto riguarda il movimento, e non è un caso infatti che esistano gare sportive dedicate.

Ma vedere giovani che montano sopra uno skateboard elettrico e invece di spingersi con tutta la forza che hanno nelle gambe, l’unico movimento che riescono a fare è quello di accendere il telecomando wifi che comanda il motorino elettrico agganciato alle rotelle, è come bestemmiare in chiesa durante la comunione.

Movimento & cervello
Grandissimi illuminati del mondo della pedagogia, come Maria Montessori e Rudolf Steiner, hanno sempre sottolineato l’importanza del movimento (delle mani ma non solo) per un sano sviluppo del cervello, e quindi del mondo dei pensieri.
Ce lo confermano oggi i più recenti studi di neuropsichiatria e neuroscienze.
La dimensione motoria, cioè il movimento in generale, è fondamentale per lo sviluppo cognitivo: l’apprendimento è infatti collegato all’esperienza diretta, sensoriale. 
Attraverso l’osservazione e soprattutto il movimento, vengono elaborati principi necessari per lo sviluppo cognitivo.
Tramite il movimento il bambino apprende e memorizza informazioni che altrimenti sarebbe impossibile per lui interiorizzare. Questo è il motivo per cui in alcuni Paesi come Francia e Germania, da alcuni anni si insegnano le lingue proprio attraverso il movimento: a lezione i piccoli ripetono i vocaboli muovendosi, facendo delle azioni concrete, delle scene anche teatrali…
Infine va ricordato anche che il cervello per attivare i propri circuiti nervosi ha bisogno che il corpo si muova, solo così riceve quei principi nutritivi di cui ha bisogno! 

Conclusione
Se il movimento del corpo struttura e sviluppa i delicatissimi e complessi processi cognitivi: che tipo di mondo stiamo creando? Un mondo costituito da giovani immobili e bloccati sia nel corpo che nella mente? Viene in mente la visione di George Romero: un mondo fatto di morti viventi che si spostano dentro i centri commerciali con le rotelle elettriche.

Giovani che non sono più in grado di muovere il proprio corpo in modo naturale, se non attraverso ausili e apparecchiature elettriche; che non escono da casa perché sono connessi e immersi costantemente nel web…
Il mondo ideale per chi brama il Potere e il controllo globale…


Marcello Pamio

Il numero crescente di bambini strappati dalle loro famiglie in Italia indica una cosa sola: esiste un vero e proprio Sistema Organizzato di Abusi!
Un Sistema in grado di speculare sulla vita di innocenti creature, in cui tantissime persone e professionisti, anche i più insospettabili, sono coinvolti: medici, psichiatri, psicologi, assistenti sociali, avvocati, magistrati, giudici, ecc.
I numeri sono a dir poco inquietanti.
Da una interrogazione parlamentare[1] del 2014 è emerso che nel solo anno 2010 i minorenni sottratti alle famiglie hanno raggiunto quota 40 mila (39.698)!
Queste creature sono state poi collocate dai Tribunali dei Minori in Centri di Affido Temporaneo o in altre famiglie (spesso amici degli amici), con un trend di crescita del 24% in più rispetto a 10 anni precedenti.

Si tratta di un business enorme: comuni e aziende sanitarie locali pagano per ciascun minore affidato una retta minima giornaliera che parte da 200 euro e spesso arriva a superare i 400 euro!
Tenendo conto di una media di 30.000 bambini all’anno strappati alle famiglie e una diaria di 200 euro (prendendo solo il valore più basso), il risultato è un affare colossale da oltre 2 miliardi di euro ogni anno.
Con cifre a nove zeri, il numero degli avvoltoi pronti a spolpare le piccole prede, cresce...Poco importa se in questo caso le vittime sacrificali sono delle innocenti creature.
Soldi che vengono spartiti appunto da una banda a delinquere in giacca, cravatta e camice bianco…

Gli unici a rimetterci, come sempre, sono i bambini e le famiglie alle quali queste creature vengono strappate con la forza e l’inganno, e il recentissimo caso di Bibbiano è esemplare.
Prima però di capire cosa è successo, si riportano altri casi precedenti molto rilevanti e probabilmente interconnessi: Veleno e Il Forteto.
La prima è un’inchiesta giornalistica di Pablo Trincia e Alessia Rafanelli, che ha ricostruito le vicende di una presunta banda di pedofili (chiamati «Diavoli della bassa modenese») che alla fine degli anni Novanta portò all’allontanamento di 16 bambini dalle loro famiglie.
Molti dei genitori non hanno più rivisto i loro figli, alcuni si sono suicidati, altri sono espatriati, insomma, una storia terribile sotto ogni punto di vista. Nelle sette puntate pubblicate da Repubblica.it a partire dall’autunno 2017, Trincia e Rafanelli ricostruivano i fatti, mettendo in luce i molti dubbi sul ruolo svolto da assistenti sociali, psicologi e ginecologi durante le indagini, criticandone i metodi e ponendo pesantissime domande sulle conclusioni.

Il Forteto del Mugello
Le stesse domande le avremo anche dopo l’ultimo atroce scandalo avvenuto a Bibbiano e quello più datato accaduto a Il Forteto nel Mugello.
Questo ultimo si tratta di una comunità finita al centro di processi per «maltrattamenti» e «abusi sessuali» che hanno coinvolto il fondatore Rodolfo Fiesoli e parecchi suoi collaboratori.


Per moltissimo tempo, dagli anni Settanta in poi, è stata considerata una delle principali comunità di recupero per minori provenienti da famiglie disagiate, che venivano inviati dal Tribunale dei Minori di Firenze.

A questo punto va precisato che In Italia l’organico della giustizia minorile è composto da 782 magistrati, di cui 600 onorari (possono essere psicologi, medici, assistenti sociali, ecc.) che spesso risultano essere anche soci o collaboratori delle strutture di affido che percepiscono una retribuzione dallo Stato.
Quindi non è così strano quello che è emerso dalle indagini e cioè che l’allontanamento dei minori dalla famiglia era stato deciso da giudici onorari che ricoprivano anche la carica di presidente o vicepresidente delle associazioni alle quali tali minori venivano affidati, in un conflitto d’interessi a dir poco spaventoso!
Sapere che un giudice guadagna dal numero di bambini che vengono sequestrati è assai preoccupante per la società.

Tornando a Il Forteto, diverse volte questo centro è finito sotto la lente di scabrose vicende giudiziarie, con tanto di condanne pesantissime, ma nonostante questo ha sempre proseguito la sua attività, ricevendo continuamente fondi dallo Stato.
Come mai un centro in cui accadevano cose orripilanti («rapporti omosessuali obbligatori e disabili costretti a mangiare il proprio vomito»[2]) continuava ad essere sovvenzionato con denaro pubblico?

I politici e i magistrati non potevano non saperlo, eppure hanno taciuto, perché? Forse perché le “orecchie da mercante” fanno intascare soldi?
Non ci sono altre spiegazioni plausibili se non quella che il Sistema è ben ramificato e compenetra i punti nevralgici della politica, dei media, della magistratura, della finanza e ovviamente della sanità.
Non per dare una connotazione partitica, anche perché un ladro o un delinquente lo è di natura o lo diventa a prescindere dal colore della tessera partitica che ha in tasca, ma va detto che le regioni in cui sono avvenuti gli scandali citati sono tutte a gestione della cosiddetta sinistra…
Quindi non è ammissibile e soprattutto accettabile che i dirigenti del Partito Democratico non sapessero nulla, anche perché il detto “in Emilia non si muove foglia che PD non voglia” non l'ho certo inventato io...
Purtroppo il comportamento dei dirigenti del PD in questi ultimi giorni rinforza i cattivi pensieri. Invece di sguinzagliare i cani da guardia alla ricerca delle mele marce all’interno delle sezioni (se ovviamente ce ne sono) vogliono pagare (con i soldi degli iscritti) un pool di avvocati per intraprendere azioni legali nei confronti di chi li critica! Avete capito? Non rischia una denuncia chi maltratta, violenta, stupra i bambini, ma chi scrive in Rete dello scandalo di Bibbiano o del Forteto.
Sembra che a qualcuno non interessi proprio difendere i bambini, ma solo l’immagine del partito.

In effetti i parlamentari chiamati a esaminare le ragioni che hanno portato Il Forteto ad essere accreditato nonostante i provvedimenti giudiziari sono stati ben 40. Risultato? Come sempre il nulla cosmico, a parte la classica Commissione.
Dopo l’ok del Senato a settembre 2018, la Camera ha dato infatti il via libera all’istituzione di una Commissione Parlamentare di inchiesta sui fatti accaduti a “Il Forteto”.
I media mainstream, come sempre accade su questi temi, ne hanno parlato solo marginalmente! Anche in queste ultime settimane, solo pochissimi quotidiani nazionali ne hanno parlato, uno tra tutti "La Verità" che ha riempito pagine e pagine sul vergognoso accadimento a Bibbiano. Mentre i grandi giornaloni, da "Il Corriere della sera" alla "Repubblica", passando per "La Stampa", erano troppo occupati a osannare la mirabolanti manovre della nave See Wacth-3, per dare spazio alle violenze sui bambini.

Dulcis in fundo, lunedì 1 luglio 2019 alle ore 21:23, qualcuno si è preso la briga di cancellare da Wikipedia il file in pdf della «Commissione Inchiesta Forteto», per cui oggi il documento ufficiale nella banca dati non esiste più!

Per quale motivo ci si deve scomodare a cancellare un’inchiesta ufficiale su Forteto?
Forse perché il recente scandalo di Bibbiano potrebbe riportarlo alla memoria? Ma se per qualcuno è un problema riportarlo in luce significa che i delinquenti che stanno dietro a Bibbiano sono gli stessi - o ne usano il medesimo sistema - di quelli che stavano dietro al primo!

Lo scandalo di Bibbiano
Per comprendere il caso di Bibbiano, è necessario fare un salto indietro nel tempo fino al 2015, perché già in quell’anno in Commissione Parità l’allora Garante per l’infanzia e l’adolescenza Luigi Fadiga mise in evidenza numeri che dimostravano come la situazione delle vittime di violenza in Val d’Enza fosse «fortemente critica». Val d’Enza e Bibbiano sono sempre in Reggio Emilia.
Nonostante queste «criticità» sottolineate dal garante, la Regione NON si attivò per risolvere nulla e neppure il successore alla carica di Garante regionale approfondì la questione. Come mai, nonostante le segnalazioni, nessuno mosse un dito?

Lo denuncia forte e chiaro l’interrogazione in Regione di Silvia Piccinini del Movimento 5 Stelle.
In pratica i rappresentanti istituzionali della Regione avevano preso a modello il sistema dell’Unione Val d’Enza per le politiche sociali per i minori.
E chi troviamo a dirigere questi delicatissimi servizi sociali dell’Unione?
Una certa Federica Anghinolfi, sulla quale la Procura sta indagando e che sembra aver giocato un ruolo centrale in tutto il perverso meccanismo.
Sentita in Commissione Parlamentare per l’Infanzia e l’Adolescenza il 14 luglio 2016, la Anghinolfi dice: «Per quanto riguarda la Val d’Enza, è un’Unione che ha 62.000 abitanti, 12.000 dei quali minorenni; in carico come area della tutela ne abbiamo circa 900, di questi circa 90 sono vittime di abusi sessuali, gravi maltrattamenti, violenza assistita e violenza psicologica».[3]
Una percentuale incredibilmente alta di bambini sotto tutela.
Troppo alta per essere vera!

Nel 2015 - si legge sempre nell’interrogazione - il Garante delineò in Commissione una situazione problematica sul distretto, con 13 minorenni vittime di violenza. Presenti a quella seduta c’erano il sindaco di Bibbiano Andrea Carletti, la responsabile dei servizi sociali Federica Anghinolfi e l’assistente sociale Francesco Monopoli, tutti e tre oggi agli arresti domiciliari.
Quindi coloro che avrebbero (usiamo il condizionale nell'attesa della Procura) commesso attività illecite a danno dei minori sono gli illustri rappresentanti del settore sociale invitati ad affrontare proprio il tema della violenza sui minori!
Se il controllore e il controllato sono la medesima persona, siamo di fronte alla classica follia all’italiana.

«C’era qualcosa che non andava nei servizi, ma noi avevamo le mani legate», a parlare Natascia Cersosimo infermiera e capogruppo del Movimento 5 stelle nell’Unione Comuni Val d’Enza.
Sia come politico che come infermiera aveva ricevuto segnalazioni da parte di madri e nonne, ma «purtroppo non avevamo prove concrete», racconta.
«Nel luglio 2018 in Consiglio ci è stata sottoposta una variazione di bilancio in cui si spostavano 200mila euro sul capitolo di spesa affidi e case-famiglia. Controllammo i dati e ci sembrò strana l’esplosione negli ultimi due anni dei casi di abuso e dei costi per gli affidi».

La macchina aveva iniziato a macinare strada, cioè a reperire «carne da macello» per essere poi “lavorata”. L’aumento dei casi di abuso nella regione ne era la prova: o di punto in bianco le famiglie emiliane erano diventate tutte violente, oppure qualcuno stava creando ad arte questa violenza...
Ma veniamo alla cronaca vera e propria: cos’è realmente successo a Bibbiano?
In pratica il Sistema metteva in atto un meccanismo diabolico: accusavano i genitori di pedofilia e/o violenza e/o maltrattamenti, con lo scopo di portare via i loro figli, usandoli come merce negli affidi.

Il copione
Il copione era sempre il medesimo: ad una banale segnalazione o ad una minima «rivelazione del bambino all’insegnante» relativa ad una difficile situazione in famiglia seguivano immediatamente una serie di accertamenti e provvedimenti volti a separare definitivamente il minore dalla famiglia.
Il primo passo era quindi l’allontanamento del piccolo per opera dei servizi sociali, poi partivano a raffica le relazioni (false e tendenziose) da parte di assistenti sociali all’autorità giudiziaria minorile e alla Procura della Repubblica.
Una volta messa in moto la locomotiva è assai difficile fermarla, per via della forza inerziale.

Ma affinché il treno corra lungo i binari, cioè tutto proceda nella direzione giusta, il Sistema per forza di cose deve poter contare sull’appoggio e la collusione di molte persone: medici, psicologi, assistenti sociali, avvocati, giudici e magistrati del tribunale dei minori.
La stazione termine è l’orrore, ma durante il lungo viaggio devono dimostrare che i bambini hanno realmente subito violenze: serve quindi una diagnosi di «Disturbo post traumatico da stress» (DPTS), dove lo stress sta per «abuso sessuale», «violenza», «maltrattamenti», ecc.
Una “diagnosi” psichiatrica ufficiale rende il Sistema pressoché perfetto, ed è proprio per questo motivo che nella cerchia devono far parte anche medici, psichiatri, psicologi…

Sottratto il minore in modo illegittimo e violento alle loro famiglie, necessitava fare il lavaggio del cervello ai piccoli, e cioè convincerli della cattiveria e degli abusi subiti dai loro genitori.
Essendo le violenze inesistenti, il lavoro degli esperti psicologici era proprio quello di farglielo credere, di inculcarglielo con le buone o con le cattive.
Intanto falsificavano i disegni dei bambini, creando mostri dove non c’erano e scene raccapriccianti come quella del papà che tocca i genitali alla figlia.
Solo i disegni però non possono bastare, e allora gli psicoterapeuti eseguivano sui bambini delle vere e proprie torture psicologiche: le sedute individuali erano alternate a «lavaggi del cervello mediante l’uso di impulsi elettrici», e lo scopo era «alterare lo stato della memoria in prossimità dei colloqui giudiziari». Si travestivano da personaggi cattivi delle fiabe per creare il massimo del terrore nella psiche e nell’inconscio così da far sembrare mamma e papà i mostri cattivi sempre pronti a far loro del male.

Un lavoro con i controfiocchi se il tuo scopo è quello di far apparire agli occhi dei figli i propri genitori come il male assoluto! Male da estirpare con la morte, e infatti per devastare ulteriormente la psiche già labilizzata, facevano elaborare il lutto del padre con simbolici funerali. 
Come può un essere umano arrivare a tanto? Costringere con la forza e la violenza delle creature innocenti a vivere la morte di suo padre o di sua madre?
E' intervenuto Lorenzo Fontana il Ministro per le politiche famigliari, dicendo che non ci sono parole per definire quanto accaduto: «siamo di fronte a fatti agghiaccianti, di una gravità inaudita».
Un simile scandalo, di una gravità inaudita, per usare le parole del Ministro, non meritava uno spazio pubblicitario nei media mainstream? Macché, è più importante la nave pirata che sfonda il blocco militare.

La Lega ha presentato una proposta di legge che prevede, tra le altre cose, l’istituzione di una commissione d’inchiesta sulle case famiglia. Speriamo non rimanga la classica Commissione di carta, il solito porto delle nebbie dove tutto lentamente sfuma e svanisce nel dimenticatoio…
Le sofferenze dei bambini, di qualunque minore, non possono essere cancellate dalla nebbia che il Sistema genera, e neppure con un colpetto di gomma.
Il dovere morale di tutti quanti - a prescindere dalle ridicole bandierine partitiche - è proteggere il presente, per creare un futuro sano alle piccole creature, la cui unica colpa è quella di essere il bersaglio ideale per lo smembramento della famiglia.
Una volta distrutta la famiglia, i bambini sequestrati a norma di “legge” venivano spediti nelle case famiglia o affidati a qualche amico degli amici (individui che gestiscono sexy shop) o a qualche amica lesbica...

Il caso di Katia, la bambina affidata ad una coppia di “amichette” è magistrale.
Di mezzo sempre lei, la psicologa Anghinolfi, la quale dopo aver sottratto la piccola ai genitori naturali, l’aveva affidata ad una coppia di donne, Daniela Bedogni e Fadia Bassmaji (quest’ultima in passato aveva avuto una relazione sentimentale proprio con la Anghinolfi, e oggi è indagata).[4]
Ora la povera Katia è stata allontanata dai giudici per «vessazione» e «maltrattamenti»[5]: si legge nell’ordinanza che le donne avrebbero «imposto un orientamento sessuale» alla bimba, e il Gip descrive questo atteggiamento come un «comportamento ideologicamente e ossessivamente orientato».[6]
Ovviamente nel mondo LGBT tutto tace…

E veniamo al punto cruciale, perché lo scopo di un simile meccanismo non è solo economico ma anche ideologico!
Disintegrare l’ultimo sacro baluardo rimasto: la famiglia come valore, come centro nevralgico della società. Questo significa condannare un intero popolo alla schiavitù assoluta.
Dietrologia? Certo, come l’intervista del 2016 alla Anghinolfi nella quale sosteneva che «in questo paese è ancora troppo forte l’dea della famiglia patriarcale padrona dei figli».
Sottilmente la dirigente ci ricorda che i figli non sono dei genitori ma dello Stato.
Poi si viene a sapere che la dirigente dell’assistenza sociale, dichiaratamente lesbica, è un’attivista del movimento LGBT (Lesbiche, Gay, Bisessuali, Transessuali) e tutto torna nell’ordine delle cose.
E’ in atto una vera e propria guerra in cui i bambini sono usati come arma e bersaglio. Dall’utero in affitto alla compravendita di ovuli; dall’ideologia di gender all’ipersessualizzazione dei minori; dall’amore per tutti alla pedofilia.
Alla base c’è sempre una ideologia, una visione dell’uomo altamente distorta, disumanizzata e soprattutto disorientante!

 

Note

[1] Interrogazione parlamentare presentata Francesca Businarolo (Movimento 5 stelle), Tiziana Ciprini (Movimento 5 stelle) e Mara Mucci (Gruppo Misto) il 17 luglio 2014

https://parlamento17.openpolis.it/atto/documento/id/54521

[2] «Rapporti omosessuali obbligatori e disabili costretti a ingoiare il proprio vomito: vi racconto i miei 12 anni nella ‘setta’ del Forteto», parla Sergio Pietracito un “fuoriuscito” dopo 12 anni della setta del Forteto

https://www.tpi.it/2018/10/08/forteto-orrori-setta-intervista/

[3] http://documenti.camera.it/leg17/resoconti/commissioni/stenografici/html/36/indag/c36_fuori/2016/07/14/indice_stenografico.0028.html

[4] «Attivista lgbt, dava i bimbi a coppie gay: ecco chi è la psicologa degli affidi illeciti», Cristina Gauri, “Il Primato Nazionale”,  https://www.ilprimatonazionale.it/cronaca/attivista-lgbt-coppie-gay-psicologa-affidi-illeciti-123073/

[5] «La piccola Katia “liberata” dalle due mamme che la prendevano a insulti», Francesco Borgonovo, “La Verità”, 2 luglio 2019

[6] «Attivista lgbt, dava i bimbi a coppie gay: ecco chi è la psicologa degli affidi illeciti», Cristina Gauri, “Il Primato Nazionale”,  https://www.ilprimatonazionale.it/cronaca/attivista-lgbt-coppie-gay-psicologa-affidi-illeciti-123073/

 


Marcello Pamio

I promotori della SCIENZA, quella con la esse maiuscola o cikappiana per intendersi, stanno ultimamente passando notti assai movimentate e non certo per il caldo africano o le zanzare.
Difficile immaginare anche la situazione di quei poveretti che hanno firmato il ridicolo «Patto trasversale per la Scienza», perdendo tempo e denari per costituire un’associazione il cui scopo è - pensate -  la «promozione e la diffusione della scienza e del metodo scientifico sperimentale in Italia al fine di superare ogni ostacolo e/o azione che generi disinformazione su temi scientifici».
Scrivono nello Statuto: «Scienza e Metodo Scientifico», avete letto bene? Quella che va sotto il nome di «Scienza basata sulle evidenze».

Ma cos’è successo in questi giorni? E’ arrivato l’ennesimo scandalo nella ricerca scientifica, proprio quella «Evidence-based Medicine».
La Procura di Milano ha infatti appena concluso un’indagine giudiziaria che fornisce un quadro a dir poco allucinante: mega direttori galattici (con l’abat-jour fantocciana in pelle umana), super professoroni e luminari della scienza, manipolavano i dati e documenti ufficiali per intascare milioni di euro da fondi pubblici, donazioni private e raccolta del 5 per mille.
Anche se le dita erano quasi totalmente immerse nella dolce marmellata vedremo purtroppo, alla fine, che i manigoldi se le sono leccate e ripulite prima dell’arrivo della magistratura…
La cosa ancor più incredibile è gli studi “taroccati” e “falsificati”, sono stati pubblicati dalle più prestigiose riviste scientifiche del mondo! Chiaro? Ecco qua la SCIENZA DELLE EVIDENZE.

Cosa comunque non rara, stando alle parole del dottor Richard Horton, capo-redattore della rivista «Lancet», in merito alle pubblicazioni scientifiche, in pratica ridotte ad una mera «operazione di marketing travestita da scienza legittima. Le società farmaceutiche hanno trovato il modo di eludere le norme di controllo della revisione paritaria. In troppi casi riescono a seminare letteratura settoriale di lavori scientifici di bassa qualità che possono poi usare per promuovere i loro prodotti presso i medici. Le case farmaceutiche ci stanno imbrogliando. Ci arrivano articoli con su i nomi dei medici e spesso scopriamo che alcuni di loro sanno poco o niente di quanto hanno scritto».

Qualche nome
Gli ultimi luminari indagati sono: Pier Paolo Di Fiore (dell’IFOM, il centro di ricerca dedicato allo studio della formazione e dello sviluppo dei tumori a livello molecolare), Alberto Mantovani (dell’Humanitas, l’istituto di ricerca e cura della famiglia Rocca, già trattato nell’articolo precedente), Pier Giuseppe Pelicci (dello IEO, l’Istituto Europeo di Oncologia fondato da Umberto Veronesi), Marco Pierotti, Maria Angela Greco, Elena Tamburini e Silvana Pilotti (dell’Istituto Nazionale dei Tumori).

Le milionate provenivano dal Ministero della Ricerca, dal Ministero della Salute, dall’Istituto Superiore di Sanità e dal CNR (Consiglio Nazionale delle Ricerche), quindi dalle nostre tasche, dai nostri risparmi!
Soltanto nel periodo tra il 2005 e il 2012, le cifre movimentate sono state decine di milioni: 9,37 milioni Di Fiore; 3,06 milioni Mantovani; 1,48 milioni Pelicci e 3,60 milioni Pierotti.

«Dalla prima analisi di polizia giudiziaria sui centri di ricerca milanesi», scrivono i PM, «emergevano nove pubblicazioni, consultabili liberamente, che contengono manipolazioni, più o meno gravi, delle immagini attestanti i presunti esperimenti». Altre indagini scoprivano «ulteriori 17 pubblicazioni che contenevano manipolazioni delle immagini».
La conclusione è shoccante: «sulle 32 analizzate, 25 pubblicazioni scientifiche sono risultate oggetto di manipolazione». Stiamo parlando di una percentuale attorno al 78%: a dir poco sconvolgente.

Ma in Italia non esiste il reato
Gli scienziati iscritti nei registri dei reati dai PM Francesco Cajani e Paolo Filippini sono stati indagati per «falso in scrittura privata, falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico e truffa».
Dopo tre anni di inchiesta, i PM hanno concluso che i fatti sono stati accertati, le manipolazioni sono state provate, ma NON esiste in Italia un reato che permetta di mandarli a giudizio.
Quindi hanno dovuto chiedere al giudice dell’indagine preliminare, Sofia Fioretta, l’archiviazione del caso!

L’Italia è colonia dell’Impero, e difatti negli States, i giudici hanno spesso condannato e mandato in carcere ricercatori che avevano manipolato gli studi. Non a caso le più pesanti multe comminate alle case farmaceutiche sono state firmate da giudici americani. Da noi invece i delinquenti accademici, quelli esperti in “matematica creativa”, non solo non vengono licenziati, ma ricevono premi andando ad occupare posizioni professionali e sociali migliori di prima.
Scrivono in chiusura i due PM: «Le accertate manipolazioni, sia pure preoccupanti dal punto di vista dell’impatto scientifico, rimangono per l’attuale legislazione prive di rilevanza penale».
Sarà priva di rilevanza per l’attuale legislazione, ma queste sono gravità altamente rilevanti per la società umana: gli studi falsificati infatti permettono a Big Pharma di far entrare in commercio farmaci e veleni pericolosi.

Il caso del dottor Scott Reuben
Quello che la Procura ha scoperto è semplicemente il classico giochetto o meccanismo di truffa scientifica, e queste sono cose risapute e sempre accadute. Dire “normalità” è una parola grossa, ma non siamo tanto distanti...
Il caso del dottor Scott S. Reuben è l’emblema di tutto questo.

Scott Reuben è stato professore di anestesiologia e medicina del dolore alla Tuft University di Boston, e capo del Dipartimento per il dolore acuto al Baystate Medical Center di Springfield prima di essere condannato al carcere per frode sanitaria.
Il 7 gennaio 2010 ha ammesso candidamente di NON aver mai effettuato nessuna delle ricerche pubblicate a suo nome. La cosa strana è che ne ha pubblicate moltissime!
La Pfizer per esempio ha dato al medico ben 5 borse di ricerca tra il 2002 e il 2007, e i suoi studi hanno sostenuto l’antidepressivo Efexor come antidolorifico...
Si stima che i suoi “articoli scientifici” e le sue “ricerche” (mai fatte, ma) pubblicate dalle principali riviste scientifiche del globo, abbiano fatto da una parte incassare alle case farmaceutiche miliardi di dollari per farmaci come Vioxx, Celebrex, Efexor, Bextra, Arcoxia, Lyrica, Neurontin, e dall’altra milioni di morti per complicanze cardiache e non solo...
La rivista Scientific American ha chiamato Reuben, il Bernie Madoff in camice bianco (Madoff è il banchiere americano condannato per una delle più grandi frodi finanziarie di tutti i tempi: 65 miliardi di dollari).

E’ questa la Scienza basata sulle evidenze? Ma evidenze di chi?
L’unica cosa ampiamente evidente è che la «ricerca scientifica» è gestita e controllata da chi ha i soldi per farla: le società private. Solo queste a livello planetario hanno i denari per finanziare la maggior parte degli studi, i cui risultati saranno successivamente pubblicati nelle riviste che contano, quelle con il più alto “fattore d’impatto”.
Ma se la lobby paga, i risultati non potranno discostare dalla linea generale: dovranno infatti allinearsi al volere dei padroni…
Quindi sarebbe più corretto passare dalla «Scienza basata sulle evidenze», alla «Scienza basata sulle convenienze», dove però la convenienza non è nostra, ma di qualcun altro!

 

Per approfondire

“Ricerca sul cancro, risultati ritoccati per ottenere milioni”, Gianni Barbacetto, “Il fatto Quotidiano”, 30 giugno 2019


Marcello Pamio

I Carabinieri del nucleo investigativo di Reggio Emilia stanno procedendo con una operazione dal nome inquietante: «Angeli e Demoni». Purtroppo ad inquietare non è solo il nome…
Si tratta dell’esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di politici, medici, assistenti sociali e liberi professionisti che, da diversi anni, avevano messo in piedi una macchina economica molto redditizia sul sistema di «gestione minori».
Agli arresti anche un sindaco del PD, vari assistenti sociali e pure psicoterapeuti di una nota associazione onlus (Centro Studi Hansel e Gretel di Moncalieri).

[Nel logo della onlus si legge: "Dalla parte dei bambini"...
Forse non hanno letto con attenzione la fiaba dei fratelli Grimm]

Tutti, chi più chi meno, banchettavano nella stessa torta, e a rimetterci decine e decine di bambini dai 5 agli 11 anni, con le loro famiglie!
Gli psicoterapeuti della onlus eseguivano sui bambini delle vere e proprie torture tali da far impallidire i medici nazisti dei lager, nonché i primi psichiatri dei manicomi.
Le sedute di psicoterapia erano alternate a «lavaggi del cervello mediante l’uso di impulsi elettrici», non sappiamo se si sia trattato di «terapia elettroconvulsivante», meglio nota come «elettroshock», ma la cosa certa è che il sistema serviva per «alterare lo stato della memoria in prossimità dei colloqui giudiziari». La memoria dei bambini s’intende.

Gli psicologi e gli operatori arrivavano al punto da travestirsi da personaggi cattivi delle fiabe per meglio spaventare la psiche e l’inconscio, così da far sembrare mamma e papà i mostri e gli orchi cattivi pronti a far loro del male.
Per meglio creare l’atmosfera da film horror, usavano un macchinario collegato alla testa dei bambini tramite degli elettrodi, in grado di “leggere il pensiero”. Lo scopo era quello di raccontare a fine seduta, le cose orribili che “vedevano” nella loro mente, come violenze, soprusi, ecc.
Tutto esisteva solo nella mente malata di questi criminali pervertiti.

Molto interessante è venire a sapere che un mese fa circa, esattamente il 23 maggio 2019, il Movimento 5 Stelle Piemonte, consegnò 195.000 euro, come donazione a 11 associazioni locali, tra cui la onlus incriminata...

La tecnica usata dagli psicoterapeuti è precisa: si tratta infatti di indurre uno shock (anche mediante l’elettroshock) per riprogrammare la mente a piacimento!
Qualcuno potrebbe tirare in ballo la fantascienza, ma si tratta invece di conoscenze scientifiche sviluppate prima dagli psichiatri tedeschi, e poi proseguite fin dagli anni Cinquanta da psichiatri americani in collaborazione con la CIA, nel progetto che va sotto il nome di MK-Ultra.

[documento ufficiale desecretato del 1956,
che dimostra l'esistenza del Progetto MK-ULTRA]

A portare avanti le ricerche su queste tecniche di controllo mentale ci pensa l’Istituto Tavistock, con sede a Londra, dove i bambini con il disturbo di «Disforia di genere» finiscono per diventare cavie inconsapevoli di una sperimentazione dal vivo. La «cura» per il loro “disturbo” è la castrazione chimica…

Il piano dei «demoni»
Tornando a noi, il piano diabolico era quello di allontanare i bambini in modo illegittimo dalle loro famiglie, per poi lavargli il cervello, convincendoli della cattiveria dei genitori e/o di inesistenti abusi subiti.
Arrivavano anche a falsificare i disegni dei piccoli come prova certa degli abusi sessuali, perché per consolidare il loro business i bambini dovevano soffrire del «Disturbo post traumatico da stress» (DPTS), in questo caso lo stress sarebbe stato appunto «l’abuso sessuale». Senza una “diagnosi” il sistema non avrebbe retto.

Alla fine intascavano i fondi pubblici, per poi affidare queste piccole creature, frantumate nella mente e nell’anima, togliendole alla famiglia di appartenenza e "destinandole" ad amici e conoscenti degli operatori dei servizi sociali, tra cui titolari di sexy shop, persone con problematiche psichiche o con figli suicidi.

Secondo i Carabinieri, si registrano anche due casi accertati di stupro nelle famiglie affidatarie ed in comunità, quindi non venivano perpetrate solo violenze psichiche a dir poco atroci, ma anche violenze fisiche.
Sedici le misure cautelari emesse, 27 in tutto le persone indagate tra cui il sindaco PD di Bibbiano (Reggio Emilia) Andrea Carletti, politici, medici, assistenti sociali, liberi professionisti, psicologi, psicoterapeuti e dipendenti dell'Unione.
Tra i destinatari di altri provvedimenti cautelari anche psicologi dell’ASL reggiana.

Sono accusati, a vario titolo, di frode processuale, depistaggio, abuso d’ufficio, falso in atto pubblico, violenza privata, tentata estorsione, peculato d’uso, ma quella più infamante e vergognosa è “maltrattamenti su minori” e “lesioni gravissime”.
Vedremo se anche in questo caso, le indagini della magistratura finiranno nel dimenticatoio (come la maggior parte dei fascicoli aperti che riguardavano abusi su minori, violenze e pedofilia) per poi far tornare tutto nell’ordine delle cose…

La Vita oramai non vale più nulla, lo sappiamo bene. Tutto è stato mercificato: dall’embrione ai feti, all’utero in affitto, agli organi espiantati, ecc. ma in questo caso, se si torturano dei bambini sottraendoli alle famiglie, con tutte le ripercussioni psicologiche/emotive che non possiamo nemmeno lontanamente immaginare, non possono esistere attenuanti.
Può il carcere fare giustizia dinanzi a simili abomini? Le cicatrici inflitte nel corpo e nella mente si possono cancellare? Non lo so, la cosa certa è che a questi «demoni» in carne e ossa, va ricordato che «il vostro peccato, vi troverà». Sempre!

 

Per maggiori informazioni

«Istituto Tavistock e il mutamento di paradigma»

«Curano per cambio di sesso bambini di 3 anni…»

«Scosse elettriche, abusi e manipolazione mentale sui minori per allontanarli dalle famiglie: 18 arresti»

 

Nel seguente articolo, tutti i nomi degli indagati.

Bufera sui servizi sociali in Val d’Enza, i nomi di arrestati e indagati
27 giugno 2019 Margherita Grassi

 

Dall’estate 2018 gli inquirenti sono al lavoro su un presunto business da centinaia di migliaia di euro attorno alla gestione e all’affidamento dei minori in carico ai servizi sociali. Decine e decine di bambini dai 5 agli 11 anni

BIBBIANO (Reggio Emilia) – I carabinieri sono arrivati in Comune molto presto. Si sono mossi discretamente, ma la gente li ha visti bene. “Cosa succede?” chiedevano i cittadini ai cronisti. Succede che dalla fine dell’estate 2018 gli inquirenti sono al lavoro su un presunto business da centinaia di migliaia di euro attorno alla gestione e all’affidamento dei minori in carico ai servizi sociali. Decine e decine di bambini dai 5 agli 11 anni.

Un’indagine che è arrivata a un primo sbocco: 16 le misure cautelari emesse, 27 in tutto le persone indagate tra medici, assistenti sociali, psicologi, dipendenti dell’Unione, decine di perquisizioni, anche domiciliari, con l’impiego di un centinaio di militari. Sei persone sono finite ai domiciliari e tra loro c’è l’arresto eccellente: quello del sindaco di Bibbiano da poco rieletto, il 46enne Andrea Carletti, che nell’Unione della Val d’Enza ha la delega alle Politiche sociali e che è accusato di abuso d’ufficio in concorso, tra gli altri, per alcuni episodi, con il direttore generale dell’Ausl reggiana, Fausto Nicolini, e l’avvocato Marco Scarpati, non destinatari di misure cautelari.

Ai domiciliari anche Federica Anghinolfi di Montecchio, 57 anni, responsabile del servizio sociale dell’Unione della Val d’Enza; Marietta Veltri, 63 anni di Quattro Castella, coordinatrice dello stesso servizio; l’assistente sociale di 35 anni Francesco Monopoli, di Correggio; i due psicoterapeuti di una onlus torinese, Claudio Foti di 68 anni e la moglie Nadia Bolognini, 50 anni.

Per altre otto persone c’è il divieto per sei mesi di esercitare attività professionali – è il caso di Nadia Campani, coordinatrice dell’Unione -, infine a Daniela Bedogni e Fadia Bassmaji è fatto divieto di avvicinarsi a una ragazzina che gli era stata affidata. Perché tra le tante ipotesi di reato a carico, a vario titolo, degli indagati c’è quella di maltrattamenti su minori oltre a frode processuale, depistaggio, abuso d’ufficio, lesioni gravissime in relazione ai presunti danni provocati ai bambini, alcuni dei quali sono andati incontro a dipendenze e atti di autolesionismo.

Anghinolfi e Foti, per gli inquirenti, erano le figure di spicco della presunta rete. I bambini sarebbero stati indotti a riferire cose in realtà non accadute e a raccontare di abusi non subiti con ore e ore di sedute di psicoterapie e con suggestioni provocate anche con l’uso di impulsi elettrici; sarebbero stati sottoposti alle cure private della onlus torinese, la Hansel e Gretel, senza che ci fosse evidenza pubblica di questi affidamenti. Proprio gli interessi economici sarebbero al centro di questo presunto sistema che per la Procura, si legge nell’ordinanza, è “consolidato”.

Interessi che a vario titolo avrebbero legato gli indagati ai responsabili di questa onlus, come reciproci affidamenti di incarichi o consulenze o docenze, approfittando anche dei finanziamenti regionali per organizzare corsi. La Cura, centro sperimentale specialistico inaugurato a Barco nel settembre del 2016 e diventato punto di riferimento in Regione per la presa in carico dei minori, sarebbe stata una sorta di costola della Hansel e Gretel.

La Procura, col sostituto Valentina Salvi e il procuratore capo Marco Mescolini, ha notato come, meno di un anno fa, le segnalazioni da parte del servizio sociale dell’Unione di minori vittime di abusi fossero tante, e che quasi tutte finissero poi in un’archiviazione. Da lì l’inizio delle indagini e la scoperta di questi presunti falsi abusi

 

   


Marcello Pamio

Oramai è sulla bocca di tutti il caso della paziente ricoverata in un ospedale di Verona in condizioni definite «gravi ma stabili».
Paziente, che a detta degli “informatissimi” giornalisti, sarebbe una bambina di 10 anni finita in rianimazione per un’infezione da tetano.
La bambina, sempre secondo i media, non sarebbe stata vaccinata, e questo ha spinto i magistrati ad aprire un fascicolo per «lesioni colpose» nei confronti dei genitori!
In tutta questa triste storia, però rimangono molti dubbi irrisolti:

  • Chi ha violato la privacy, diffondendo le generalità (sesso, età, diagnosi) della paziente ricoverata? E con quale diritto?
    Stranamente il Direttore Generale dell’Azienda Ospedaliera di Verona durante la conferenza stampa di martedì 25 giugno, si è affrettato a precisare che dalla sua Azienda NULLA è trapelato alla stampa. Per quale motivo ha fatto questa precisazione? Forse perché violare la privacy è assolutamente illegale? E se non è stato qualcuno dell’ASL, chi ha fatto uscire le informazioni?
  • Chi ha formulato la diagnosi di tetano?
    Sempre durante la medesima conferenza stampa il Direttore Generale parla ufficialmente di «caso di tetano», come se avessero stabilito la causa, e poi, rivolgendosi al Primario della Terapia Intensiva Pediatrica (quindi palesando che si tratta in effetti di un paziente pediatrico), lo definisce come un medico che «potrebbe scrivere un libro sul tetano». Ma qualche secondo dopo però, di fronte alla domanda di un giornalista, il Direttore afferma che sia lui che il preparatissimo primario NON hanno «MAI VISTO UN CASO DI TETANO». Per fortuna che poteva scrivere un libro sull’argomento…

Ora il mistero si infittisce perché non tutti sanno che la diagnosi del tetano è praticamente solo clinica (vedi Harrison, “Principi di Medicina Interna”), cioè la diagnosi la fa un medico in base alla visita e alla sintomatologia. Ma se nessuno di questi grandi “esperti” ha mai visto un solo caso di tetano, come hanno fatto a stabilire con assoluta certezza che si tratta di tetano? Non sarebbe stato più intelligente chiedere un secondo parere a qualcuno che magari ne ha già visti di casi?
Quindi tornando alla domanda centrale: chi ha fatto la diagnosi? Se un medico l’ha fatta deve anche aver firmato un documento ufficiale assumendosi tutte le responsabilità.
O dobbiamo pensare che tutta la gogna mediatica, come pure il fascicolo depositato in Procura, si basano solo su «ipotesi» di lavoro.
Hanno eseguito altri accertamenti per escludere patologie diverse dal tetano, come una TAC cerebrale, puntura lombare, ecc.?
Clostridium a parte, la realtà è che al momento attuale nessuno dei famigliari e neppure l’avvocato ha visto un solo documento firmato in cui sia scritto chiaramente la diagnosi di tetano!

  • Il problema dell’incubazione?
    Il tetano ha una latenza di 3-8 giorni: com’è possibile che la paziente si è ferita, e il giorno successivo aveva già sviluppato i sintomi gravissimi del tetano?
    L’infezione da tetano, sempre secondo la Verità dei media mainstream, sarebbe stata provocata da una banalissima sbucciata al ginocchio (cosa veramente risibile) avvenuta nello stesso luogo dove giocano ogni giorno moltissimi bambini senza alcun problema.
  • Come mai sta accadendo tutto ciò?
    Perché aggredire i genitori accusandoli addirittura di «lesione colpose»?
    La magistratura ha 90 giorni di tempo per depositare l’atto: era proprio necessario farlo nel momento in cui tutta la famiglia ha altre e più serie preoccupazioni?
    Come mai tutta questa fretta? E su cosa si basa il fascicolo, sul fatto che forse non è stata vaccinata o su una diagnosi che ancora ufficialmente non esiste?

Infine ricordiamo il caso analogo a questo accaduto un paio di anni fa a Torino. Dopo l’iter giudiziario, la diagnosi di tetano è stata sconfessata e i genitori prosciolti da ogni accusa.


Dobbiamo attendere anche qui due anni per fare un po’ di chiarezza e giustizia?
Esiste in Italia un solo magistrato mentalmente e moralmente sano in grado di far luce su questo caso? In fin dei conti lo scopo è tutelare la bambina e la sua famiglia evitando le squallide aggressioni sia mediatiche che giudiziarie.


Marcello Pamio

L’oncologia, si sa, è il settore che più tira nel business farmaceutico.
Non c’è terapia farmacologica che possa competere con quella per il cancro: non a caso le spese oncologiche sono al primo posto per qualsiasi sistema sanitario nazionale.
Cancro a parte, a livello mondiale negli ultimi anni stiamo assistendo a mega fusioni, incredibili acquisizioni che stanno di fatto riducendo il numero degli attori in gioco a beneficio di una pericolosissima centralizzazione di tutto il business della malattia nelle mani di uno sparuto gruppo di multinazionali. Una manciata di lobbies stanno controllando e gestendo la salute e la vita di miliardi di persone.

Megafusioni
A giugno 2019 il colosso americano Pfizer, per la modica cifra di 10,64 miliardi di dollari, si è comprato la Array BioPharma. Calcolando anche il debito, la transazione è stata di ben 11,4 miliardi.
Il motivo dell’acquisizione è allargare il business del cancro, visto che la Array lavora nel «biofarmaceutico innovativo» e possiede brevetti per farmaci oncologici.
Il portfolio di Array comprende l’uso combinato di encorafenib e binimetinib per il trattamento del melanoma non operabile o metastatico, tra le altre cose.

Ma l’attuale periodo è assai interessante per tutte le acquisizioni delle grandi case farmaceutiche nel comparto oncologico.
Nel 2015 la Novartis si è accaparrata dalla GSK il reparto oncologico, così facendo la Novartis Oncology possiede un portfolio di 22 farmaci oncologici per il trattamento di oltre 25 patologie.
L’anno scorso è avvenuta una delle più grandi fusioni mai realizzate, quella tra Bayer e Monsanto.
Il colosso chimico-farmaceutico tedesco, per 63 miliardi di dollari ha inglobato il più grande gruppo mondiale nel campo delle sementi, dei fertilizzanti chimici, degli erbicidi e pesticidi.
Oggi una sola farmaceutica ha il monopolio delle sementi!
Lo scorso mese Merck&Co ha annunciato l’acquisizione di Peloton Therapeutics per 1,05 miliardi di dollari e in precedenza la Eli Lilly ha acquisito Loxo Oncology per circa 8 miliardi; mentre la Bristol-Myers ha annunciato che acquisterà Celgene in un deal da ben 74 miliardi.

Conclusioni
In futuro vedremo ancora fusione tra corporation, e lo scopo è giungere a due, massimo tre colossi che gestiranno i settori più importanti: ricerca, energia, informazione, farmaci, genetica, hi-tech e sementi (alimentazione).
Tutto questo sta avvenendo sotto l’egida delle istituzioni ufficiali e sotto l’occhio (poco attento) di quei gruppi che dovrebbero invece sorvegliare e impedire proprio la creazione di simili strutture globali.
Un tale oligopolio è molto preoccupante perché in grado di controllare la salute e la vita di miliardi di persone nel mondo.
Possono fare il bello e cattivo tempo, non solo nella commercializzazione di farmaci (visto che li producono devono ovviamente anche venderli), ma soprattutto nella R&D: Research & Development, Ricerca e Sviluppo.
Oggi infatti solo loro hanno i soldi necessari a finanziare la ricerca scientifica.
Gli Stati vengono mantenuti in crisi, proprio per averne il controllo, così i vari governi-fantoccio tagliano le spese sanitarie, quelle per la ricerca e il sociale, il tutto per la gioia immensa delle lobbies…
Ha ancora senso parlare di ricerca scientifica indipendente, quando quelli che finanziano gli studi sono gli stessi che producono i farmaci?
E’ così difficile da capire che le ricerche che loro finanziano, determinano le linee guida (i famosi protocolli) per l’utilizzo dei loro prodotti (farmaci) e servizi?
Nemmeno una mente aperta come quella di George Orwell poteva immaginare un futuro così distopico…


Marcello Pamio

La sanità privata è un bocconcino prelibato ed invitante da 39,7 miliardi di euro all’anno, pari quasi al 24% della spesa sanitaria nazionale totale.
Per scoprire a chi appartengono le dita che si impiastrano di questa marmellata deliziosa, c'è il report pubblicato da Mediobanca sulla classifica della Sanità privata italiana.
Ricordiamo che la malattia è diventata il business per eccellenza, dove si guadagna a prescindere: non a caso i dieci maggiori gruppi ospedalieri privati mettono insieme un giro di affari di ben 3,8 miliardi di euro, all’anno.
Guidano la classifica il Gruppo San Donato, seguono Humanitas, GVM, KOS, IEO, Servisan, Multimedica, Giomi-Fingemi, Eurosanità, Raffaele Garofalo & Co.

Performance ospedaliere
Il rapporto R&S-Mediobanca ha analizzato le performance della sanità privata nel quinquennio 2010-2014.
Considerando solo i cinque maggiori gruppi (San Donato, Humanitas, GVM, IEO e Servisan) i posti letto sono in totale 10.144, di cui 5.382 solo del Gruppo San Donato.
Il fatturato medio per posto letto, calcolato sui soli ricavi per prestazioni ospedaliere, è pari a 186 mila euro, con differenze che vanno da 156 mila euro per il Gruppo San Donato a 240 per l’Humanitas e 276 per l’IEO
Quanto ai dipendenti, sono in totale 28.940; i cinque maggiori gruppi, da soli, ne contano 18.867, il 73% dei quali è rappresentato da personale sanitario.

Nel complesso è l’Humanitas il più potente.
Il gruppo Humanitas è quello che mostra infatti (nel 2010-2014) andamenti economici «di gran lunga migliori» rispetto agli altri gruppi esaminati, con utili cumulati tra il 2010 e il 2014 per 146,4 milioni di euro e dividendi distribuiti per 53,6 milioni.
Il gruppo, che gestisce sette cliniche è di proprietà della famiglia Rocca (l’attuale presidente Gianfelice è per Forbes l’ottavo uomo più ricco d’Italia), una delle dinastie industriali che ha fatto la storia d’Italia.
Anche se pochissimi conoscono la San Faustin, si tratta della holding presieduta da Gianfelice Rocca, che insieme al fratello Paolo guida il gruppo Techint, un colosso industriale da 30 miliardi di patrimonio e 16 miliardi di giro d’affari. La Techint comprende oggi Tenaris (fabbriche siderurgiche), Ternium (laminati), Tenova (macchinari) e appunto Humanitas (ospedali). Il fatturato di quest’ultimo gruppo nel 2014, è stato di 548 milioni, il totale attivo di 445 milioni.

Il gruppo ospedaliero San Donato (holding della famiglia Rotelli), che fa capo alla holding Papiniano (Gruppo San Donato e Ospedale San Raffaele) ha invece messo a consuntivo nel quinquennio risultati netti cumulati per circa 28 milioni, nonostante la perdita di 53 milioni realizzata nel 2012 in concomitanza all’acquisizione del San Raffaele. L’impero formato da 18 ospedali, nel 2014 ha fatturato quasi 1.4 miliardi (+1,2% rispetto al 2013), con un totale attivo di 1,6 miliardi di euro
Nel 2012 il gruppo ha rilevato dalla Fondazione Monte Tabor la titolarità delle quote dell’Ospedale San Raffaele, diventando di fatto l’unico proprietario del nosocomio fondato nel 1958 dal controverso don Luigi Verzè.
Il gruppo Papiniano è, peraltro, il primo operatore privato accreditato in Lombardia e ad esso fa capo circa l’11% dei posti letto della Regione.

Il fatturato del GVM (Gruppo Villa Maria fondato e diretto da Ettore Sansavini) nel 2014 è stato di 462 milioni di euro, con utili per 4 milioni e un totale attivo di 850.
Per KOS (primo operatore italiano nel settore delle residenze per anziani non autosufficienti per ricavi e posti letto) i dati sono rispettivamente 392 e 631.
Nel 2014 l’IEO (Istituto Europeo di Oncologia, fondato da Umberto Veronesi) registra un fatturato di 260 milioni, utili per 6,8 milioni, e un totale attivo di 230.
Per Servisan il fatturato è stato di 211 milioni (di cui 3 realizzati in Romania, dove il gruppo ha creato un ospedale a Bucarest con 140 posti letto) e 350 di totale attivo.
L’azienda Servisan è controllata dalla famiglia De Salvo che gestisce anche il Novara calcio.
Fatturato di 201 milioni per Multimedica, che registra un totale attivo di 213 milioni. GIOMI-Fingemi registra, nel 2014, un fatturato di 159 milioni e un totale attivo di 347.
Per Eurosanità i dati sono pari a 156 e 147.
Chiude la classifica il gruppo Raffaele Garofalo & Co, con un fatturato (relativo però al 2013) di 96 milioni e un totale attivo di 143.

Disease the business
La salute non fa crescere il PIL, mentre la malattia - tanto più se è cronica - sviluppa utili
Va specificato che la sanità convenzionata è una industria che solo nel 2017 ha prodotto un giro di affari di 40 miliardi di euro! Da questo forziere, tutti traggono vantaggio (i grandi gruppi privati, case farmaceutiche, finanziarie e assicurazioni). L’unico che paga è l’uomo malato che si vede sempre più come una mucca da mungere.
Tanto per capire il quadro, nel 2019 il 44% della popolazione è andato a pagare di tasca propria una prestazione sanitaria, senza neppure provare a prenotarla tramite il SSN. Si sa infatti che prenotare un esame laboratoristico spesso costa meno da privati che tramite ricetta del medico. Non parliamo delle attese per una visita specialistica convenzionata, quando invece pagando la si ottiene dopo pochi giorni.
Per i malati cronici la situazione è allucinante, perché quasi uno su due, ha dovuto fare delle rinunce per potersi pagare le cure. Molti addirittura arrivano ad indebitarsi, per la gioia delle finanziarie e delle banche.
La direzione presa dall’Italia è una strada che scivola sempre più lungo la pericolosissima china della privatizzazione tout court, con tutti i rischi che ne possono conseguire.
A breve infatti solo chi ha i soldi potrà permettersi delle cure serie, mentre tutti gli altri…
Per la gioia dei neomalthusiani.

Marcello Pamio

«Siamo sempre più sani», è il mantra che viene continuamente ripetuto dai portavoce del pensiero unico. Poi ti giri, guardi in famiglia, dentro casa, tra gli amici e ti accorgi che forse ti stanno prendendo per il culo.
In effetti, se tiriamo fuori la testa da sotto la terra, e la alziamo per osservare i dati ufficiali sulla vendita di farmaci e sulle spese sanitarie, ci accorgeremo che l’italiano medio è sempre più devastato e ammalato! Ma questo non si deve dire, perché esce dal “politicamente corretto”.
Vediamo le dieci categorie terapeutiche più prescritte nel 2018, secondo Federfarma:

-           Inibitori pompa protonica: problemi gastrici
-           Inibitori della hmg coa reduttasi: ipercolesterolemia
-           Ace inibitori non associati: ipertensione arteriosa
-           Betabloccanti: antipertensivi e antiaritmici
-           Antiaggreganti piastrinici: fluidificare il sangue
-           Vitamina D
-           Derivati diidropiridinici: ipertensione arteriosa
-           Antagonisti dell’angiotensina: ipertensione arteriosa
-           Biguanidi: diabete
-           Antagonisti dell’angiotensina e diuretici: ipertensione arteriosa

Mentre le dieci specialità più prescritte nel 2018, sempre secondo Federfarma:

-           Cardioaspirin: fluidificante sanguigno
-           Dibase: vitamina D sintetica
-           Lasix: diuretico per ipertensione
-           Eutirox: ormoni tiroidei
-           Triatec: antipertensivo
-           Norvasc: antipertensivo
-           Pantorc: inibitore pompa protonica
-           Omeprazen: ulcere duodenali
-           Augmentin: antibiotico
-           Bisoprololo Sandoz: antipertensivo, antiaritmico

Il quadro che ne esce è allucinante, in pratica, stando ai farmaci più venduti in Italia, il suddito medio manifesta sempre più problemi all’apparato gastro-intestinale (inibitori di pompa protonica), cardio-circolatorio (ipertensione e sangue denso), dismetabolico (diabete e colesterolo).

Discorso a parte quello della Vitamina D: fino a qualche anno fa nessun medico sano di mente avrebbe mai prescritto in maniera routinaria il dosaggio ormonale nel sangue (anche perché tale valore da solo NON INDICA NULLA, ma andrebbe sempre letto assieme al Paratormone e al Calcio libero nel sangue…), ma da quando la Abiogen Pharma spa (controllata dalla MDM Holding spa) ha commercializzato il DIBASE, miracolosamente la carenza della vitamina D è diventata un problema sanitario globale gravissimo.

Dai dati la conclusione è semplice: i protettori gastrici o inibitori di pompa protonica (PPI) sono i farmaci maggiormente prescritti!
Ufficialmente sono una classe di droghe usate per la cura di ulcera e/o reflusso gastrico, con FANS per ridurre il rischio di emorragie gastriche, ma nonostante il nome che ingannevolmente sembra “proteggere” la mucosa gastrica, nascondono effetti collaterali e insidie a dir poco inquietanti…

Effetti collaterali
Già nel 2016 l’Università di Bonn e Rostock avevano lanciato un avvertimento sulla probabile correlazione tra gli inibitori e la demenza. Lo studio intitolato: «German Study on Aging, Cognition and Dementia in Primary Care Patients», è stato pubblicato su JAMA Neurology nell’aprile dello stesso anno.
Sono stati tenuti sotto osservazione circa 74.000 anziani con una età minima di 75 anni, e la cosa importante è che questi non avevano nessun sintomo di demenza.
L’analisi è stata osservazionale retrospettiva, cioè hanno valutato gli anni tra il 2004 e il 2011.
Tra i nonnetti che assumevano regolarmente protettori gastrici (un totale di 2950) vi è stato un significativo aumento di rischio di insorgenza di demenza rispetto ai pazienti non trattati.
Entrando nello specifico: l’uso di PPI è associato a un’aumentata incidenza di tutte le forme di demenza (+38%) e soprattutto di Alzheimer (+44%).
Stiamo parlando di aumenti molto significativi, e purtroppo non è l’unico studio che ha fatto emergere enormi preoccupazioni.

Non solo demenza…
Della famiglia degli inibitori fanno parte: omeprazolo, pantoprazolo, lanzoprazolo, esomeprazolo e rabeprazolo.
Nel lavoro sulla demenza, i ricercatori hanno notato che il lanzoprazolo aumenterebbe la produzione della Proteina Beta-amiloide, che secondo le conoscenze odierne sarebbe la responsabile dell’Alzheimer.

Altri studi invece puntano il dito al cattivo assorbimento di ferro, magnesio e soprattutto di vitamina B12.
La spiegazione è che alterando i livelli di pH gastrico si riduce l’assorbimento della vitamina B12 e del ferro non-eme.
La revisione sistematica degli studi osservazionali suggerisce che l’impiego dei PPI a lungo termine (oltre 2 anni) si associa ad un rischio aumentato dell’83% di deficit di vitamina B12!
Tale rischio, con il trattamento prolungato con PPI, riguarda anche l’assorbimento del magnesio.
Una ipomagnesemia grave può causare una serie di problemi, dalla tetania, alle convulsioni, alle aritmie.

Il dottor Todd C. Lee, che ha seguito attentamente lo studio sugli effetti collaterali dei PPI è andato giù pesante sul giornale dell’Associazione medica canadese (Canadian Medical Association Journal): «La somministrazione di PPI si può associare a un numero di effetti avversi rari, ma potenzialmente molto seri». Anche se si tratta di eventi non frequenti, «se rapportati alla moltitudine di persone in trattamento con questi farmaci, decine di milioni nel mondo, il loro impatto diventa decisamente rilevante».

La loro assunzione prolungata può aggravare gli effetti collaterali, al punto che sia la FDA che Health Canada (Ministero della salute canadese) hanno lanciato degli allarmi (warning) sulla loro sicurezza (safety), soprattutto per quanto riguarda il rischio di infezioni da Clostridium difficile (69% del rischio di infezione), fratture e gravi ipomagnesemie (carenza di magnesio).
I problemi con le infezioni comunque non riguardano solo il Clostridium: aumenterebbe anche il rischio di infezioni intestinali da Campylobacter e Salmonella.

Poi c’è il rischio fratture, perché diverse metanalisi e revisioni sistematiche hanno dimostrato un’associazione tra impiego recente e cronico di PPI e il rischio di fratture, sia negli uomini che nelle donne. Alla base di questo effetto potrebbe esserci la ridotta biodisponibilità orale di calcio indotta dai PPI; ipergastrinemia e lieve ipomagnesemia inoltre stimolano la produzione di PTH che induce un maggior riassorbimento dell’osso.

Tra le più preoccupanti interazioni farmacologiche con i PPI, è quella relativa al clopidogrel
Uno studio su 13.636 pazienti in trattamento con clopidogrel dopo un infarto del miocardio ha evidenziato che l’uso concomitante di omeprazolo si associava ad un aumentato rischio di recidiva di infarto. Questa associazione non veniva osservata per esempio con il pantoprazolo.
Una revisione e metanalisi di 25 studi su 159.138 pazienti ha confermato che l’uso concomitante di PPI e di clopidogrel si associava ad un aumento del rischio di eventi cardiovascolari maggiori del 29% e ad un aumentato rischio di infarto del 31%.
Quante persone nel mondo hanno avuto (o avranno) un infarto senza sapere che forse sono stati proprio i farmaci che il medico ha prescritto loro?

Conclusioni
Ce n’è abbastanza per riflettere sull’opportunità di continuare o meno a prescrivere i PPI in maniera così indiscriminata, spesso senza una corretta indicazione e a tempo indefinito.
Ma questo farmaco rientra in un protocollo, per cui se il paziente ci lascia poi le penne, nessuno mai andrà ad indagare o incriminare il medico che lo ha prescritto.
Ricordiamo sempre che NON esiste un solo farmaco (o vaccino) privo di effetti collaterali. In questo caso però, essendo una delle molecole più vendute non solo in Italia ma nel mondo intero, il numero di persone che avranno dei danni è elevatissimo!
Fortuna vuole, in questo caso, perché se al vecchietto verrà l’Alzheimer a seguito dell’interazione dei PPI, sicuramente si dimenticherà di denunciare il medico che glielo ha ignorantemente prescritto…


Prof. Roberto Fantini

Queste le tesi sostenute nel Convegno internazionale JAHLF del 20-21.05.2019 a Roma

Una delle tante errate convinzioni intorno alla pratica dei trapianti è quella che, in merito ad essa ed al suo necessario presupposto teorico-pratico rappresentato dalla morte cerebrale, ci sia, all’interno della comunità scientifica, come all’interno del mondo religioso, un consenso totale e universale.
Le cose, in realtà, sono ben diverse. Numerosi sono gli scienziati, i teologi e i filosofi che, da sempre (a cominciare dagli scritti di Hans Jonas), avanzano riserve, sollevano dubbi ed esprimono ferme obiezioni e critiche decise nei confronti sia del criterio della morte cerebrale, sia nei confronti della pratica di espianto-trapianto di organi. Ma di queste voci, molte delle quali di indubbia autorevolezza, si preferisce non parlare. L’intera grancassa mediatica è infatti compattamente impegnata in una inesausta apologia della donazione degli organi e nell’esaltazione delle imprese chirurgiche attuate dalle équipes trapiantistiche. Per i perplessi, i dubbiosi e gli oppositori, sul palcoscenico mediatico non risulta esserci posto, neppure sottoforma di fugace comparsata.

Un importante tentativo di incrinare le alte muraglie che difendono le (presunte) certezze dei sostenitori dell’indiscutibilità dei trapianti di organi ha avuto luogo in questi giorni (20-21/05) a Roma, ad opera della John Paul II Academy for Human life and the Family (fondata da ex docenti dell’Accademia pontificia per la Vita), che ha dato vita ad un convegno internazionale (“La morte cerebrale”. Un’invenzione medico-legale: evidenze scientifiche e filosofiche) a cui hanno preso parte importanti scienziati, filosofi e teologi di fede cattolica, accomunati dal fermo rifiuto nei confronti della morte cerebrale.
Tutte di grosso spessore le relazioni di entrambe le giornate, vere miniere di puntuali informazioni scientifiche e di corpose argomentazioni filosofiche e teologiche.

Il filosofo Josef Seifert, uno dei padri spirituali dell’iniziativa, ha aperto i lavori dedicandosi, in particolar modo, a denunciare l’assoluta mancanza di giustificazioni di ordine scientifico alla base della decisione del Comitato ad hoc di Harvard che, nel 1968, propose-impose il nuovo criterio di definizione di morte, sganciandolo dalle attività respiratoria e circolatoria, e fondandolo unicamente sul riconoscimento della cessazione delle funzioni cerebrali.

Le uniche due motivazioni addotte dal Comitato, infatti, furono esclusivamente di carattere pragmatico ed utilitaristico:

- sollevare la collettività dal peso di numerosi pazienti mantenuti nelle strutture ospedaliere in condizioni di assenza di coscienza;

- sollevare i medici espiantatori dal rischio di essere accusati di omicidio nei confronti dei pazienti “donatori”.

«La morte cerebrale - ha detto Seifert - è una delle maggiori vergogne della medicina», responsabile dell’uccisione di migliaia di persone a cui vengono tolti gli organi “da vive”.

Il neurologo Thomas Zabiega ha sottolineato, poi, come la morte cerebrale non sia altro che una diversa definizione di quella condizione denominata da Mollaret e Goulon, nel 1959, coma dépassé (ossia coma irreversibile), mettendo anche in luce che i criteri adottati per la morte cerebrale, invece che rafforzarsi, sarebbero stati indeboliti rispetto a quelli precedentemente adottati.
Con particolare incisività, poi, il neurologo si è soffermato nel sostenere l’inaccettabilità morale di criteri di ordine utilitaristico ed emozionale, esulanti da adeguate valutazioni di natura rigorosamente razionale.

Di estremo interesse la relazione di Cicero G. Coimbra, neurologo e docente di neuroscienze dell'Università Federale di Sao Paulo (Brasile).
Coimbra si è soffermato sulla nozione di «penumbra ischemica globale» che si verifica quando il flusso di sangue al cervello è ridotto tra il 20 e il 50 percento dell’apporto normale, allora il cervello risulta silente all'esame neurologico, perché non ha sufficiente energia per sostenere l'attività sinaptica, ovvero la comunicazione tra i neuroni. Si tratta di silenzio neuronale ma non di morte del cervello, il cervello se curato può riprendersi perché i neuroni sono vivi. Quindi il problema sorge con i test invasivi per la dichiarazione di “morte cerebrale” il più pernicioso dei quali è il test dell'apnea, ovvero lo spegnimento del respiratore, in genere per 10 minuti, effettuato per dimostrare che il paziente non può respirare da solo e quindi è morto. Invece la realtà è che i centri respiratori silenti non possono funzionare perché sono in penumbra ischemica. Con lo spegnimento del respiratore il 40% dei pazienti ha un crollo del flusso sanguigno che distrugge i centri respiratori e produce un danno cerebrale irreversibile, pertanto il test dell'apnea deve essere abbandonato.

Particolarmente coinvolgenti sono risultati i contributi di Paul Byrne, neonatologo statunitense, il quale, anche utilizzando numerose immagini e filmati, ha operato una variegata rassegna di casi (da lui seguiti in prima persona) di individui strappati alle procedure di espianto, grazie ad una serie di circostanze propizie, prima fra tutte l’opposizione dei familiari. Toccantissima, fra le tante, la vicenda di Joseph, nato prematuro nel 1975 che, nonostante l’EEC piatto e la conseguente dichiarazione di morte cerebrale, continuò ad essere curato con eroica caparbietà, potendo così sopravvivere, godere di una vita normale, essere, oggi, felice padre di famiglia.

«Quante altre persone - si è chiesto Byrne, vero indomabile combattente a favore degli individui più fragili e vulnerabili - avrebbero potuto essere salvate qualora le cure non fossero state troppo frettolosamente interrotte

L’anziano pediatra è stato categorico:
«Non ha senso - ha detto - essere “donatori”: ogni organo è preso da un essere vivente
«Nel caso di persone veramente morte - ha poi aggiunto - le si porta in obitorio, non in sala operatoria, somministrandole accuratamente farmaci immobilizzanti. Questa si chiama vivisezione

Molto interessanti, infine, gli interventi densissimi di Doyen Nguyen, ematopatologa e teologa morale, soprattutto per quanto concerne l’analisi condotta, con rara perizia ermeneutica, delle parole pronunciate da papa Giovanni Paolo II in uno storico discorso al 18° Congresso Internazionale della Società dei trapianti, del 29 agosto 2000.
La Nguyen ha evidenziato che il pontefice si trovò ad insistere chiaramente nel sottolineare come l’eventualità del prelevamento degli organi dovrebbe essere sempre inderogabilmente subordinata al rispetto di ben precise pre-condizioni che, nella realtà vigente, non sono mai rispettate e che, nel caso lo fossero davvero, verrebbero a rendere pressoché nulle le reali possibilità di espianto-trapianto di organi.

A cura del Prof. Roberto Fantini - Lega Nazionale Contro la Predazione di Organi e la Morte a Cuore Battente - www.antipredazione.org

COMUNICATO STAMPA
ANNO XXXV n. 13
20 Giugno 2019
24121 BERGAMO Pass. Canonici Lateranensi, 22
Tel. 035-219255 - Telefax 035-235660
lega.nazionale@antipredazione.org