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Marco Della Luna

Le funzioni psichiche superiori, cognitive e metacognitive, possono essere sviluppate, mediante l’addestramento (famigliare, scolastico, professionale) e/o pratiche autonome, ma  anche impedite nel loro sviluppo, o danneggiate. Uno dei fattori più attivi in questo senso, sia per intensità che per quantità di persone colpite, è la televisione, assieme ai videogiochi.

Norman Doidge, in The Brain that Changes Itself (Penguin Books, 2007), espone allarmanti risultati di rilevamenti scientifici sugli effetti neuroplastici dell’esposizione alla televisione e ai video games. Preliminarmente, Doidge illustra come la neuroplasticità, di cui già abbiamo trattato, fa sì che, come il cervello foggia la cultura, così la cultura, le pratiche di vita (anche quelle che possono essere imposte a fini manipolatori) foggiano il cervello. Lo foggiano generando e potenziando reti neurali, collegamenti nervosi, innervazioni, che consentono di compiere prestazioni ritenute estranee alle facoltà dell’uomo, come aggiustare la vista alla visione subacquea senza l’uso di occhialini (osservato negli “zingari del mare”, una popolazione di pescatori di perle, e sperimentalmente  riprodotto in bambini svedesi – Doidge, cit., pag. 288).

Anche l’attività di meditazione muta il cervello, aumentando le dimensioni dell’insula (pag. 290).  Anche la pratica della lettura produce modificazioni espansive di alcune aree corticali (pag. 293). I nostri cervelli sono diversi da quelli dei nostri antenati. Principio basilare della neuroplasticità è che quando due aree cerebrali lavorano abitualmente assieme, si influenzano reciprocamente e a sviluppare connessioni, formando un’unità funzionale. Ciò può avvenire tra aree di livello evolutivo diverso: ad esempio, nel gioco degli scacchi, dove si punta a dare la caccia al re avversario, tra aree arcaiche esprimenti e organizzanti l’istinto della predazione, e aree corticali esprimenti l’intellettualità (297): in tal modo, l’attività predatoria viene temperata e trasfigurata.  Naturalmente, il condizionamento cerebrale, l’impianto di schemi neurali (valori, codici, inibizioni, fedi) è assai più agevole e rapido nell’infanzia e nella prima adolescenza, prima che si compia il processo di sfoltimento dei neuroni e delle loro connessioni (neuroplasticità sottrattiva) (pag. 288). Per tale ragione, tutte le istituzioni totalizzanti – religiose e politiche – tendono ad impadronirsi della gestione dell’infanzia; notevole è il caso del regime nordcoreano, che gestisce i bambini dai 5 anni in poi impegnando quasi tutto il loro tempo in attività di culto delle personalità del dittatore e di suo padre. Altresì per questa ragione, l’integrazione culturale e morale degli immigrati adulti è pressoché impossibile, se richiede estesi “ricablaggi” neurali. (pag. 299). Anche la percezione e l’analisi di eventi avviene in modi diversi a seconda dell’imprinting ricevuto, e non per effetto di differenze meramente culturali, ma a causa di diversità di reti neurali, come hanno confermato esperimenti di comparazione tra occidentali e orientali (pagg. 298-304).

Dopo tali premesse, Doidge spiega come la televisione, e gli schermi in generale, risultano esercitare un’importante influenza neuroplastica, soprattutto sui bambini, con dannose conseguenze, nel senso soprattutto di compromettere la facoltà dell’attenzione. Uno studio su oltre 2.500 bambini ha mostrato che l’esposizione alla tv tra 1 e 3 anni mina la capacità di prestare attenzione e di controllare gli impulsi nella successiva fanciullezza. Ogni ora passata alla tv a quell’età comportava una perdita del 10% della capacità attentiva all’età di 7 anni (pag. 307). La pratica di guardare la tv è molto diffusa tra i bambini sotto i 2 anni. Quindi la tv è verosimilmente un’importante causa del moltiplicarsi di sindromi di deficit attenzionale e di iperattività (ADD, ADHD) e della minore capacità di seguire le lezioni, di imparare, di capire – che si nota vistosamente nelle scuole anche italiane, dove la necessità di abbassare il livello dell’insegnamento per farsi capire ha già portato a una sostanziale dequalificazione. E l’introduzione di computers in classe, evidentemente, rischia di peggiorare le cose.

Notevole è che questi perniciosi effetti non sono dovuti ai contenuti delle trasmissioni televisive o dei videogiochi, bensì al veicolo stesso, allo schermo. Il mezzo è parte costitutiva del messaggio, come intuì per primo Marshall McLuan. Il medesimo testo è processato diversamente dal cervello, a seconda che arrivi dalla lettura del giornale o dalla televisione. I centri di comprensione attivati sono diversi, come mostrano scansioni cerebrali mirate (pag. 308).

“Molto del danno causato dalla televisione e da altri media elettronici, come i music videos e i computer games, viene dal loro effetto sull’attenzione. Bambini e adolescenti dediti a giochi di combattimento sono impegnati in un’attività concentrata e sono gratificati in misura crescente. Video games, come pure il porno in  Internet, hanno tutti i requisiti per mutare plasticamente la mappa cerebrale.” Un esperimento con un gioco di combattimento (sparare al nemico e schivare il suo fuoco) “mostrò che la dopamina – il neurotrasmettitore della gratificazione, rilasciato anche per effetto di droghe assuefacenti – è secreto dal cervello durante siffatti giochi. Coloro che sviluppano dipendenza dai giochi cibernetici mostrano tutti i segni delle altre dipendenze: bramosia quando cessano il gioco, trascuranza per altre attività, euforia quando sono al pc, tendenza a negare o minimizzare il loro coinvolgimento effettivo.

Televisione, video musicali, e videogiochi – tutti utilizzanti tecniche tv – operano a un ritmo assai più rapido che la vita reale, e vanno accelerando, così che la gente è costretta a sviluppare un crescente appetito per sequenze veloci in quei media.  E’ la forma del mezzo televisivo – tagli, inserti, zumate, panoramiche, improvvisi rumori – che alterano il cervello, attivando quella che Pavlov chiamava “reazione di orientamento”, che scatta ogniqualvolta avvertiamo un improvviso cambiamento nel mondo intorno a noi, soprattutto un movimento improvviso. Istintivamente interrompiamo checché stiamo facendo, focalizziamo l’attenzione, e facciamo il punto. La reazione di orientamento si è evoluta, senza dubbio, perché i nostri antenati erano sia predatori che prede e abbisognavamo di reagire a situazioni potenzialmente pericolose o tali da offrire opportunità per cose come il cibo o il sesso, o semplicemente a nuove circostanze. La reazione è fisiologica: il battito cardiaco cala per 4  – 6 secondi.

La tv fa scattare questa reazione con frequenza molto maggiore di quanto ci accada nella vita – ed è per questo che non riusciamo a staccare gli occhi dalla tv, persino nel mezzo di un’animata conversazione; ed è pure per questo che si finisce per passare alla tv più tempo di quanto si intende. Poiché i tipici video musicali, le sequenze di azione, e gli spot  pubblicitari fanno scattare la reazione in parola ogni secondo, stare a guardarli ti mette in uno stato di incessante reazione di orientamento senza recupero. Non c’è da stupirsi, quindi, se le persone si sentono svuotate dopo aver guardato la televisione. Però contraggono un gusto per essa e finiscono per trovare noiosi i ritmi di cambiamento più lenti. Il prezzo di ciò è che attività quali lettura, conversazioni complesse, e ascolto di lezioni divengono più difficili.” (pag. 309-310). In sostanza, la televisione rende la gente al contempo dipendenti da sé (quindi proni ai suoi input propagandistici e pubblicitari), e meno capaci di attenzione, dialettica e apprendimento. Diventa quindi uno strumento di “social control”, un tranquillante per le masse, e al contempo un veicolo per impiantare in esse la percezione della realtà che si vuole che abbia. Inoltre, la tv crea disturbi dell’attenzione e del controllo degli impulsi, che aprono un florido e rapidamente crescente mercato per le industrie farmaceutiche, la psichiatria, la psicologia clinica – come approfonditamente spiega l’Appendice di Regina Biondetti alla 2a edizione di Neuroschiavi.

Va inoltre evidenziato che la televisione abitua la mente a un rapporto unidirezionale, passivo, e non interattivo, in cui si può solo recepire senza replicare o criticare, e non vi è il tempo di analizzare e filtrare. Inoltre, abitua a seguire immagini e suoni, non i discorsi, i ragionamenti; inibisce la capacità di costruire o seguire sequenze logiche, con corrispondenti difficoltà o impossibilità di apprendimento attraverso lo studio di testi scritti.
Essenzialmente, la tv è il mass media per le classi mentalmente subalterne e inerti.

Ovvia misura protettiva contro questo mezzo di manipolazione mentale e neurale sarà quindi il non esporre, o esporre solo minimamente, i bambini alla televisione e ai video giochi, e il moderare assai anche l’esposizione degli adulti. Inoltre, è opportuno trovarsi tempi e ambienti idonei al recupero, alla riflessione solitaria, alla conversazione approfondita coi propri simili. Faccio presente che è importante, ma non è sufficiente, il selezionare i contenuti, cioè il tipo di programma che si guarda, perché il danno viene soprattutto dalla televisione o dal videogame in sé, come veicolo, come modo di trasmissione e ricezione


Marcello Pamio

Siamo stati - dicono - sulla Luna, abbiamo inviato sonde su alcuni pianeti del sistema solare e la tecnologia sta facendo letteralmente sognare l’uomo. Nonostante questi indubitabili passi da gigante, c’è una parte della scienza che è rimasta ferma al Medioevo e forse ancor prima: la ricerca in ambito medico.
Nell’epoca dei computer tascabili, ogni anno vengono uccisi milioni di animali per sperimentare farmaci, vaccini e nello sviluppo di apparecchiature! Centinaia di milioni di esseri viventi, tra cui topi, ratti, e cavie, ma anche conigli, cavalli, pecore, uccelli, cani, gatti e primati, vengono per così dire, immolati ogni anno, sull’altare della cosiddetta scienza, il tutto ovviamente per il nostro benessere, almeno questo è quello che ci dicono. Ma è proprio così?
Forse no, visto che, nonostante i 58.000 farmaci, gentilmente messi a disposizione dall’industria farmaceutica, per le 40.000 malattie diverse, continuiamo a morire per patologie cardiovascolari, tumorali e cronico-degenerative.
Per capirne di più, siamo andati ad intervistare il dottor Stefano Cagno, alla presentazione del suo ultimo libro Tutto quello che dovresti sapere sulla vivisezione, organizzata a Padova dalla Lav (Lega anti-vivisezione), con la presenza della d.ssa Maria Concetta Digiacomo.
Cagno è un medico chirurgo specializzato in psichiatria e lavora a Milano come dirigente ospedaliero.

Dottor Cagno, perché un libro simile? Com’è nata l’idea…
L’idea non è stata mia ma di Viviana Ribezzo, l’editrice delle Edizioni Cosmopolis. Un giorno mi propose di scrivere un libro semplice sull’argomento, ma all’inizio, per via dei troppi impegni, declinai. Poi col passare del tempo, mi sembrò una buona idea e alla fine accettai.
La sperimentazione animale - basata su preconcetti - è nata in tempi lontanissimi, dove la maggior parte delle persone non sapevano neanche leggere, ed è sopravvissuta grazie all’ignoranza, cioè alla non conoscenza delle persone. Perché non offrire a tutti uno strumento snello per cominciare ad informarsi correttamente sulla vivisezione?

Quanto è importante la conoscenza del fenomeno?
Se le persone sapessero realmente cosa accade nei laboratori di sperimentazione; se sapessero solo alcune cose, probabilmente sarebbero tutti contrari a tale abominio, e non mi riferiscono solo gli animalisti, ma a tutti quanti, anche a coloro che detestano gli animali.
Se queste persone venissero a sapere che il 92% delle sostanze chimiche che superano brillantemente la sperimentazione sugli animali NON superano poi la sperimentazione umana (obbligatoria per legge), come si comporterebbero?
Questi sono dati FDA (Food and Drug Administration).
Nel 92% dei casi, le sostanze chimiche che risultano ‘sicure’ per gli animali, non diventeranno MAI un farmaco, e questo perché nell’uomo risultano essere tossiche o non funzionano, o entrambe le cose.
Rimane un banale 8%.
Ma il 51% di questo 8%, cioè oltre la metà delle sostanze che superano la sperimentazione animale e anche quella umana, secondo l’Associazione dei medici americani, presentano gravi reazione avverse.
In pratica il 51% dei farmaci che vengono commercializzati inducono pericolosi problemi sanitari. Tradotto in numeri: 100.000 statunitensi muoiono ogni anno per quei farmaci che risultano essere sicuri negli animali!
Questo le persone devono sapere.

Perché parla di preconcetti?
La vivisezione sopravvive oggi grazie ai preconcetti che i mass-media hanno trasmesso nei decenni e nei secoli passati alle persone.
Uno di questi preconcetti è che grazie al “sacrificio” degli animali, si può procedere a scoperte scientifiche che potranno fare il bene della nostra specie. Quindi è giusto e doveroso sacrificare gli animali per il bene dell’uomo!
Questo è un vero e proprio preconcetto: non solo non c’è alcuna dimostrazione scientifica di questa affermazione, ma esistono sempre più studi che affermano il contrario, ossia che dal sacrificio degli animali si ottiene un danno agli animali stessi, e poi un danno all’uomo.

E’ più corretto parlare di vivisezione o sperimentazione animale?
Sperimentazione animale e vivisezione sono due sinonimi.
Paradossalmente molte persone che sperimentano su animali dicono di essere contrari alla vivisezione perché loro “sperimentano su animali”, “non sezionano gli animali da vivi”, quindi questo non li farebbe soffrire.
Ma la sofferenza di un animale non la si provoca solo sezionandolo dal vivo: ci sono mille modi diversi per farlo soffrire. Stare in una gabbia, spesso minuscola, senza relazioni sociali con la stessa specie, con la luce sempre accesa, e già questa una forma di sofferenza.
Altra cosa che dicono i ricercatori è che durante gli esperimenti “gli animali non soffrono perché vengono applicate tutte le precauzioni”...
Questo è molto interessante, perché gli stessi dati ufficiali britannici smentiscono tali affermazioni: nel 70% dei casi non viene dato né anestesia, né analgesia e nella maggioranza del rimanente 30% viene dato solo un antidolorifico.

Dopo quello che ha appena detto, come fanno i vivisettori a studiare sugli animali un farmaco contro il dolore senza farli soffrire?
Per studiare i farmaci antidolorifici, si deve studiare il dolore, e come si fa a studiare il dolore senza indurlo nell’animale?
E’ così ovvio che è perfino banale: se non fanno soffrire un animale, non riescono a valutare se il farmaco funziona oppure no! Per esempio, per studiare le fratture, vengono spezzate le zambe agli animali. Come si fa a dire che non soffrono?
Io faccio lo psichiatria e detto tra noi, psichiatri, psicologi e fisiologi sono le categorie peggiori, quelli che fanno gli esperimenti più perversi.
Uno degli esperimenti classici in psichiatria e psicologia consiste nel prendere un animale, di solito un gatto, e impiantargli elettrodi nella testa e successivamente fargli passare la corrente elettrica.
Possiamo ancora negare che quell’animale soffra?

I vivisettori per studiare gli antidolorifici inducono il dolore negli animali, ma cosa fanno per studiare gli psicofarmaci? Come possono estrapolare dati utili per l’uomo, studiando un farmaco per il disturbo bipolare, schizofrenia o depressione su dei poveri animali?
Gli scienziati odierni hanno la presunzione di estrapolare i dati dagli animali agli esseri umani, o da una specie ad un’altra. Questo è, per usare le parole del grande Pietro Croce, un ‘errore metodologico’.
Io in ambito psichiatrico parlo di doppio errore metodologico, perché non solo non si ha lo stesso substrato biologico, ma con gli animali non condividiamo neppure la stessa modalità di comunicazione. Non siamo in grado di comprendere il linguaggio degli animali, quindi non possiamo capire esattamente cosa vogliono comunicarci quando miagolano, ragliano, ecc.
Come fanno a studiare le patologie psichiatriche negli animali che non parlano?
Vi spiego un trucco da vero prestigiatore che finora ha funzionato bene…
Vengono date agli animali delle sostanze chimiche, per esempio allucinogeni, che fanno cambiare il loro comportamento, e poi si presume che tale cambiamento del comportamento sia indice di una malattia mentale paragonabile a quella umana.
Da sempre ci continuano a dire che i vivisettori utilizzano gli animali perché sono differenti da noi, perché non hanno lo stesso sviluppo cognitivo, ecc.
Ma quando studiano per esempio la depressione, schizofrenia, l’ansia negli animali non gli riconoscono un mondo emotivo? Se questi animali non hanno un mondo emotivo, non vivono emozioni e non soffrono, allora il discorso decade da solo. Viceversa, se ce l’hanno, allora bisogna anche porsi il problema della sofferenza.
Ma non finisce qua, perché la cosa veramente incredibile è che tutti gli psichiatri del mondo per fare una diagnosi usano il DSM, il Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali.
In tale manuale c’è scritto che per ogni diagnosi devono essere soddisfatti certi criteri. Alla fine sono riportati i cosiddetti “criteri di esclusione”. Questi criteri escludono la diagnosi quando vengono soddisfatti. Sapete qual è il criterio di esclusione uguale per tutte le patologie psichiatriche? “Bisogna escludere l’assunzione di sostanze psicoattive o malattie internistiche che possono essere responsabili di quei sintomi”.
E’ chiaro? In pratica, i criteri stessi attraverso i quali si creano degli animali psicotici, depressi o ansiosi, in realtà per i clinici, sono esattamente i criteri per escludere quelle stesse malattie!
In parole povere se un essere umano è allucinato perché ha assunto un allucinogeno dico che è drogato e non schizofrenico, se invece ad un animale somministro un allucinogeno dico che è schizofrenico.
Che tipo di rapporto, vicinanza o relazione c’è tra un modello che viene creato utilizzando dei criteri che sono escludenti la stessa condizione nell’uomo?
Questa, visto l’argomento, è follia pura o totale irrazionalità.

Per i farmaci tradizionali c’è la sperimentazione su animali e poi sull’uomo: vale la stessa cosa per gli psicofarmaci?
L’iter della sperimentazione degli psicofarmaci è identica a quella per i farmaci.
Se una casa farmaceutica vuole mettere sul mercato un nuova sostanza chimica, prima la sperimenta negli animali, dopo su persone che hanno un disturbo specifico e su volontari sani, che accettano di diventare “cavie umane” per denaro...

Alla fine la sperimentazione a chi serve?
La sperimentazione su animali serve soprattutto alle industrie farmaceutiche, perché possono cambiare specie animale e cambiando specie, ottengono tutto e il contrario di tutto, quindi selezionando la specie giusta possono sempre ottenere ciò che vogliono.
Possono dimostrare che la diossina è tossica, come nell’uomo, oppure totalmente innocua. Per il porcellino d’india per esempio la diossina è letale come per l’uomo, mentre per il criceto è innocua. Quale animale le case farmaceutiche utilizzeranno per studiare la diossina: il criceto o il porcellino?
Razionalmente e fisiologicamente siamo più vicino ad un porcellino d’India o a un criceto? Quando si hanno dati decisamente opposti, come si fa a stabilire qual é il modello per l’uomo? Si sperimenta sull’uomo che diventa così la vera “cavia” sulla quale otteniamo le informazioni corrette!

Dire NO alla sperimentazione animale ha quindi un valore etico e morale nei confronti del mondo animale, da una parte, e dall’altra salutare per l’essere umano. Ma quali sono le alternative alla vivisezione?
Gli strumenti sono moltissimi, la farmaco-genomica è una.
La farmaco-genomica è quella branca della scienza che associa l’assetto genetico di una persona ad una possibile risposta ad una determinata sostanza.
Se ho un gene di un tipo piuttosto che un altro, con questa tecnica posso capire se potrò avere un vantaggio o uno svantaggio da quella sostanza specifica. Attraverso la farmaco-genomica potrei stabilire a priori chi è allergico o no alla penicillina tanto per fare un banale esempio.

Ringraziamo il dottor Stefano Cagno per la gentile disponibilità, ma soprattutto per la competenza e semplicità con cui ha spiegato queste delicatissime tematiche.
Da questa intervista sorgono alcune domande: l’attuale crescita esponenziale di patologie è forse il prezzo che stiamo pagando per uno stile di vita innaturale? La sofferenza che infliggiamo a miliardi di innocenti esseri, sia tramite assurde abitudini alimentari, sia attraverso la sperimentazione e i prodotti di quest’ultima: i farmaci, ci sta tornando indietro come un boomerang?
Sembra proprio di sì: l’italiano medio in un anno mangia oltre 250 Kg di proteine di animali, tra cui carne, uova, pesce, latte e derivati, e ingolla oltre 30 scatole di medicinali (434 euro all’anno, dati Osmed 2011).
E’ arrivato il momento di prendere coscienza del gravissimo problema, iniziando a comportarsi di conseguenza, e cioè vivendo con coerenza, in maniera naturale e semplice, senza creare inutile sofferenza!


Marcello Pamio

Oggi, nel Terzo Millennio, un bambino nato ogni 100 è autistico!
Una vera e propria pandemia in crescita esponenziale, che in alcuni stati raggiunge addirittura numeri allarmanti, interessando 1 bambino ogni 50-80 nati.
L’autismo è un disordine neurologico dello sviluppo, e siccome è considerato “incurabile” dalla medicina allopatica, ai genitori non resta che la disperazione.

Ed ecco un libro scritto da un medico omeopata olandese, che invece porta un po’ di luce nella tenebra, da una qualche speranza parlando senza mezzi termini anche di guarigioni.
Con questo non si vuole illudere nessuno, soprattutto i genitori, anche se ci sono numerosi casi di bambini guariti: lo scopo di questo articolo-intervista, è far conoscere una strada, un percorso terapeutico, che sta dando risultanti straordinari.
Una strada che da speranza.

Questa è una intervista molto particolare perché, ahinoi, il dr. Tinus Smits, autore del libro “Autismo. Oltre la disperazione” (edizioni Salus Infirmorum), è morto due anni fa.
Nonostante questo intoppo, ho ritenuto così importante far conoscere la sua opera, che ho deciso di preparare una serie di domande e risposte, dove queste ultime, sono state estrapolate direttamente dal suo libro e dal materiale pubblicato nel sito ufficiale gestito dai colleghi medici che ancora oggi portano avanti il suo lavoro www.cease-therapy.com.
Dopo questa intervista, per completare il quadro, ho chiesto aiuto al dottor , medico tossicologo, farmacologo e omeopata di Padova che, oltre ad avere curato la revisione scientifica del libro in oggetto, ne ha scritto anche la prefazione.

D: Gentile dottor Tinus Smits quando è iniziato il suo interesse verso l’autismo?
R: Il mio interesse verso l’autismo è scaturito dalle prime esperienze di disintossicazione di bambini danneggiati dai vaccini pediatrici.
Molti disturbi comportamentali - quando si otteneva la disintossicazione dai vaccini - scomparivano completamente.
Ho visto nella mia pratica clinica che disturbi dell’attenzione (ADD), iperattività (ADHD), alterazioni dell’umore e aggressività erano spesso correlati alle vaccinazioni pediatriche. E quando effettuavo la disintossicazione dai vaccini ricevuti, si ottenevano miglioramenti incredibili e anche vere e proprie guarigioni.

D: Quando è giunto alla incredibile e straordinaria conclusione che l’autismo si può curare? E soprattutto, secondo lei quali sono le cause dell’autismo?
R: Sono giunto a tale conclusione dopo aver usato la terapia C.E.A.S.E. in più di 300 persone affette da autismo ai diversi livelli di gravità.
La mia esperienza mi ha portato a dedurre che l’autismo è una patologia ad eziologia multifattoriale. Tra queste cause, secondo la mia esperienza, il 70% è da imputare ai vaccini, il 25% alla somministrazione di farmaci o di altre sostanze tossiche, soprattutto durante la gravidanza, e il 5% è causato da patologie organiche.
L’autismo, quindi, è determinato da un accumulo di differenti sostanze tossiche, ma anche da traumi. Dirò di più: l’autismo non è il risultato di un danno permanente del tessuto cerebrale, è soltanto un blocco che rende impossibile il normale e corretto funzionamento del cervello stesso. L’autismo, quindi, non è una patologia fisica, ma è una patologia da squilibrio del normale funzionamento cerebrale, uno squilibrio reversibile!

D: Ha parlato di Terapia C.E.A.S.E.: cosa significa esattamente?
R: Letteralmente, in italiano C.E.A.S.E. Therapy (Complete Elimination of Autistic Spectrum Expression) significa “Completa Eliminazione delle Espressioni dello Spettro Autistico”. Questa terapia - quando si sospetta che una determinata sostanza chimica abbia contribuito o sia la causa principale dello sviluppo dell’autismo - consiste nell’impiego di questo stesso prodotto tossico in diluizioni omeopatiche.

D: Lei sta dicendo che se la causa dell’autismo è stata per esempio il vaccino trivalente M.P.R. (Morbillo-Parotite-Rosolia), lei somministrerà a quel bambino il vaccino M.P.R. omeopatizzato? Ho capito bene?
R: Esatto. Questa metodica è conosciuta in omeopatia come Isoterapia.
L’Isoterapia consiste nell’utilizzare quella sostanza (resa omeopatica grazie a specifici processi di diluizione e succussione) che in una determinata persona ha causato un danno tossicologico.
Per capire come agisca la disintossicazione, dobbiamo considerare che le malattie non sono solo provocate da sostanze come batteri, virus, funghi come crede la medicina convenzionale, ma che OGNI sostanza può lasciare un’impronta nel campo energetico di una persona.

D: In pratica, il prodotto Isoterapico specifico andrebbe a cancellare l’impronta energetica della sostanza che ha causato il danno?
R: Proprio così. Una volta cancellata l’impronta energetica, la guarigione è una spontanea conseguenza.
A questo punto però va ricordato che queste impronte energetiche non derivano solo da un danno diretto e fisico alla persona, come le vaccinazioni, una malattia, i traumi emotivi ecc., ma possono anche essere trasmessi dai genitori al feto. Ecco perché è importantissimo lo stile di vita della donna in gravidanza…

D: Quali sono le potenze omeopatiche utilizzate nella Isoterapia?
R: Se abbiamo il dubbio che un determinato vaccino, farmaco o sostanza chimica abbia provocato un danno (come l’autismo, ma non solo questo), possiamo somministrare il vaccino, il farmaco o la sostanza chimica incriminata alle seguenti potenze: 30ch, 200ch, 1M e 10M.

D: Come si fa a capire se il rimedio somministrato è quello corretto?
R: E’ importante osservare attentamente le reazioni del bambino. Se un vaccino o un altro farmaco hanno effettivamente causato un danno al bambino, ci saranno delle reazioni molto significative al trattamento isoterapico (omeopatico).
Il bambino, per esempio, potrebbe sperimentare un’altra volta gli stessi sintomi che ha avuto quando ha ricevuto per la prima volta quel vaccino e/o farmaco. Si può avere una secrezione mucosa da naso, orecchi, occhi e/o gola, ma anche diarrea, urine torbide e di cattivo odore, sudorazione, eruzioni cutanee e febbre.
Queste importantissime eliminazioni non dovrebbero mai essere trattate (cioè soppresse farmacologicamente), perché fanno parte del processo fondamentale di guarigione.

D: Cosa può consigliare alle persone che stanno leggendo questo articolo?
R: In base alla mia comprensione di come si sviluppa l’autismo, è di grande importanza evitare OGNI farmaco in gravidanza e nei primi due anni di vita del bambino. Il feto e il neonato non sono in grado di metabolizzare in modo adeguato le sostanze tossiche. Perciò i bambini non dovrebbero essere vaccinati, almeno nei primi anni di vita, mentre dobbiamo fare in modo che crescano nel modo più sano possibile.

D: Quanto importante è lo stile di vita in generale e l’alimentazione in particolare?
R: Una dieta sana e corretta dovrebbe contemplare l’apporto di acidi grassi polinsaturi (Omega-3 e Omega-6), perché essi svolgono un ruolo fondamentale nella formazione e nel buon funzionamento del cervello, ma anche un ruolo nel conseguimento di una normale salute mentale ed emozionale.
Dovremmo eliminare tutte le sostanze tossiche come il glutammato monopodico e lo zucchero.
Il glutammato, per esempio, fa aumentare di 3 volte l’insulina prodotta dal pancreas e crea una dipendenza enorme perché spinge le persone a mangiare di più. Anche lo zucchero raffinato produce sia dipendenza, che stress ossidativo e alimenta la crescita di un lievito onnipresente nei bambini autistici: la Candida Albicans. La Candida è responsabile di un’ampia gamma di disturbi, tra cui il malassorbimento intestinale di vitamine e minerali.

D: Può dirci qualcosa di più sui pericoli dello zucchero raffinato?
R: Intorno al 1900, usavamo solo un chilogrammo di zucchero supplementare a persona ogni anno. Oggi, usiamo in media 70 kg di zucchero raffinato a persona.
Tutti i bambini, autistici, con problemi di comportamento (ADHD), i bambini aggressivi, ecc. dovrebbero eliminare completamente lo zucchero dal loro regime alimentare.
Il solo zucchero che il corpo può digerire è il glucosio. Perciò tutti gli altri zuccheri che entrano nel corpo devono essere prima cosa trasformati in glucosio. Questo processo è possibile soltanto grazie a degli enzimi prodotti dal corpo.
I disaccaridi come lo zucchero da barbabietola, il saccarosio, il lattosio, l’iso-maltosio e i polisaccaridi non possono essere assorbiti nell’intestino tenue ed entrano quindi nel colon dove nutrono batteri ‘zucchero-dipendenti’, che a loro volta proliferando, alterano l’equilibrio degli utili e indispensabili batteri dell’apparato digerente. Questi batteri che si nutrono di zuccheri entrano in massa nell’intestino tenue e causano irritazione intestinale (tra cui malassorbimento), che provoca la produzione di muco, con funzione protettiva, e diarrea. I disaccaridi non entrano in contatto con le cellule del colon deputate all’assorbimento e diventano cibo per batteri che si nutrono di zucchero (funghi ma non solo).

D: Cos’è e quanto è importante la metallotioneina?
R: E’ una proteina e rappresenta la nostra prima linea di difesa contro i metalli pesanti.
E’ presente nella bocca, nello stomaco e in grandi quantità nell’intestino.
Se è presente in quantità sufficienti nell’intestino, i metalli pesanti come mercurio, alluminio o il piombo si legano a questa proteina scambiandosi con lo zinco!
Anche gli enzimi che metabolizzano la caseina e il glutine hanno bisogno, per il loro funzionamento, dello zinco. Perciò una carenza di metallotioneina porterà una carenza dell’enzima che scompone caseina e glutine.
Se la proteina metallotioneina non funziona per una mancanza di zinco, il mercurio, piombo o alluminio e altri metalli pesanti finiscono nel sangue e quindi anche nel cervello!
Non solo, ma la metallotioneina protegge anche dalle infezioni intestinali – diffusissime nei bambini autistici - e contrasta la Candida e gli altri funghi.
Secondo il Pfeiffer Institute, una metallotioneina mal funzionante spiegherebbe perché i maschi sarebbero più propensi a sviluppare l’autismo quattro volte più delle femmine. Le femmine infatti sarebbero più protette dalle sostanze tossiche esterne perché gli estrogeni e il progesterone stimolano la produzione di metallotioneina.

D: Anche se è evidente dalle sue risposte: cosa pensa dei vaccini pediatrici?
R: Il problema dei metalli pesanti nei vaccini è enorme.
I metalli pesanti, come alluminio e mercurio, iniettati tramite i vaccini, superano le barriere di difesa del nostro organismo e intossicano il corpo direttamente.
Tali metalli, bypassando la metallotioneina, possono entrare direttamente nel cervello, nonostante la barriera emato-encefalica che protegge.
A tutto questo, vanno aggiunti i metalli che entrano nell’organismo tramite l’alimentazione, l’aria e l’acqua. L’apporto giornaliero di mercurio presente nel cibo, sempre secondo il Pfeiffer Institute, è di circa 20 mcg (microgrammi) e se i denti sono otturati con amalgama, viene ceduto all’organismo molto mercurio ogni giorno (1mcg/giorno per una amalgama vecchia, e fino a 450mcg/giorno per una amalgama recente).
Per i vaccini posso dire che uno dei cambiamenti più positivi che la medicina potrebbe fare, allo scopo di fermare la piaga del’autismo e di molti altri problemi comportamentali e di salute dei nostri figli, sarebbe quello di posticipare i vaccini dopo i due anni di età.
La conferma di questo arriva dal Giappone.
Nel 1975 il Giappone ha interrotto le vaccinazioni nei bambini sotto i due anni di età. Questo ha fatto sì che questo paese avesse la più bassa incidenza di mortalità infantile al mondo, mentre prima era collocato al 17mo posto.
Con 300 casi di bambini autistici, sono arrivato alla conclusione che nella maggioranza dei casi sono coinvolte le vaccinazioni, ma questo non significa che siano l’unica causa.
Più farmaci un bambino ha assunto nei primi due anni di vita e maggiore è la probabilità che un bambino diventi autistico. Questo vale anche e soprattutto per il periodo di gravidanza e per il parto. Più farmaci prende la mamma, maggiore è la possibilità di avere un figlio autistico e non solo.
Nella mia esperienza, l’autismo è un disturbo tipicamente da accumulo.
Tutti i vaccini possono contribuire allo sviluppo dell’autismo, ma anche altre sostanze come gli spray nasali, antibiotici, antiepilettici, antiacidi, il fumo, l’anestesia del parto, e forse anche altre sostanze ancora sotto esame, come aspartame, glutammato, ftalati e bisfenolo A.

D: In conclusione, dottor Smits, i bambini autistici sono condannati a rimanere tali per tutta la vita? Avranno bisogno di una assistenza?
R: I numerosi casi clinici che ho seguito mi permettono di affermare che i bambini autistici possono essere guariti al 100% e avere una vita normale senza aver bisogno di una particolare assistenza!

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Non è possibile ringraziare personalmente il dottor Smits, ma questa intervista è un doveroso riconoscimento per il testamento medico e anche spirituale che ha lasciato, per la sua grande opera volta ad aiutare centinaia di migliaia di bambini danneggiati da uno stile di vita e una società innaturali e soprattutto per dare speranza ai rispettivi genitori.
Si consiglia la lettura del libro del dottor di Tinus Smits: “Autismo. Oltre la disperazione” della casa editrice Salus Infirmorum.
Ma per approfondire ulteriormente questo argomento, abbiamo scomodato anche il dottor Roberto Gava, che ne ha curato la revisione e sta assistendo personalmente alcuni bambini autistici.

D: Dottor Gava, dalla tua esperienza in ambito clinico e dalla vasta conoscenza in ambito vaccinale pediatrico, cosa ci puoi dire della crescita esponenziale dell’autismo, dell’Isoterapia e della CEASE Therapy in questo delicato ambito?
R: "L’autismo è un disordine neurologico dello sviluppo che compromette la comunicazione e le relazioni sociali della persona e che causa comportamenti ripetitivi. I più recenti studi epidemiologici rilevano un tasso di incidenza dell’autismo pari ad 1 caso ogni 100 nascite, con una crescita annuale di circa il 10-17%.
Questa patologia, pertanto, oltre ad essere estremamente grave, sta diventando anche drammaticamente comune. Sappiamo tutti che attualmente non esiste alcuna terapia capace di far regredire la sindrome autistica, ma questo libro di Tinus Smits sta veramente dando speranza a quei genitori che sono nella disperazione.
Personalmente, conosco la tecnica messa a punto da Smits da circa 6-7 anni, ma solo da un anno la sto utilizzando sistematicamente in tutti i bambini, autistici o meno, nei quali sospetto l’esistenza di un danno causato o dalle vaccinazioni pediatriche o da qualche altro farmaco.
Ho in cura più di 50 bambini ma, data la delicatezza dell’argomento, preferisco non esprimere giudizi affrettati; comunque, nel corso di quest’anno ho intenzione di esaminare ed elaborare statisticamente tutte le informazioni che i genitori dei miei piccoli pazienti mi stanno facendo gradualmente pervenire.
Per ora, comunque, posso dire che la terapia C.E.A.S.E. non è assolutamente priva di effetti.
Nella quasi totalità dei casi in cui c’è stato effettivamente un danno vaccinale emergono evidenti reazioni in diretta connessione causale con l’isovaccino omeopatico somministrato. In genere, la reazione si manifesta 1-2 giorni dopo l’assunzione delle potenze 30ch o 200ch e solo in un numero minore di casi inizia dopo l’assunzione delle due potenze maggiori. Le reazioni non sono di solito intense, durano circa 4-10 giorni e possono consistere in molti disturbi: dermatiti, febbre, patologie delle prime vie respiratorie, disturbi intestinali e spesso nervosismo e disturbi caratteriali. Queste reazioni, comunque, sono quasi sempre prevedibili, perché tendono praticamente sempre a ripresentarsi gli stessi sintomi che sono stati causati nel bambino dal vaccino o da qualche altro farmaco, come effettivamente può accadere con un qualsiasi rimedio omeopatico. Queste reazioni sono molto importanti, perché sono la prova che quel vaccino che il bambino ha assunto (e per il quale abbiamo somministrato il rimedio omeopatico ottenuto dinamizzando quella stessa sostanza) è realmente la causa del suo danno organico. Quindi, la terapia omeopatica C.E.A.S.E. di Tinus Smits permette sia di diagnosticare che di curare nello stesso tempo un danno vaccinale o un qualsiasi danno farmacologico.
Va inoltre detto che le reazioni che avvengono dopo la somministrazione dei vaccini omeopaticizzati non sono intense, sono qualsiasi sempre sopportabili dal bambino e dai suoi genitori e solo saltuariamente è necessario intervenire con qualche rimedio omeopatico classico per smorzarne l’intensità.
Gli effetti che l’uso di questa terapia ha indotto nei miei pazienti, come ho detto prima, non sono ancora chiaramente definibili, ma i dati di cui dispongo mi portano ad affermare che i bambini che hanno avuto una reazione sintomatologica dopo la somministrazione dei vaccini omeopaticizzati sono poi quasi sempre migliorati dal punto di vista caratteriale e mentale: alcuni che prima non parlavano hanno iniziato a parlare, alcuni che non camminavano hanno iniziato a camminare e in ogni caso sono migliorati a livello comportamentale con una maggior acquisizione del loro autocontrollo e della loro capacità di relazionarsi con gli altri.
Alcuni, invece, non hanno avuto alcun effetto dalla terapia, né in senso reattivo né in senso migliorativo, ed è quindi probabile che in questi soggetti non ci fosse un danno vaccinale ma, come dice Tinus Smits nel suo libro, sia da riesaminare l’intera storia del bambino in modo da individuare il vero fattore causale che, prima o dopo la sua nascita, ha alterato il suo equilibrio psico-neuro-endocrino-immunologico. A tale scopo, credo sia di grande utilità acquisire le conoscenze che Harry van der Zee, un amico di Tinus Smits, ha sintetizzato in un suo recente libro: L’Omeopatia nella cura dei traumi del parto: Capire, proteggere e curare i nostri bambini prima e durante la loro nascita.
Per quanto la mia esperienza con questa terapia sia per ora ancora parziale, posso però dire con tranquillità che la conoscenza di questa nuova tecnica di terapia omeopatica può veramente portare “oltre la disperazione” i genitori dei bambini diventati autistici o epilettici o A.D.H.D. o con disturbi caratteriali o comportamentali a causa delle vaccinazioni e dovrebbe essere conosciuta e utilizzata da tutti gli omeopati".

Nel suo ultimo libro (“Colesterolo: menzogne e propaganda”), un cardiologo e ricercatore al CNRS, il dottor Michel de Lorgeril mette un bastone tra le ruote. Secondo lui, far abbassare il colesterolo non serve a niente, buono e cattivo non avrebbe alcun senso e le statine sarebbero addirittura inutili.
In breve secondo lui, il colesterolo permetterebbe soprattutto alle industrie di fare un sacco di soldi...

  1. Colesterolo redditizio per i laboratori

D: Perché il colesterolo è così diffamato?
R: Dr. Michel de Lorgeril:  "Il colesterolo è diventato il nemico numero uno nella prevenzione delle malattie cardiovascolari, perché fa comodo a tutti. Gli interessi economici in gioco sono enormi, soprattutto dopo l’arrivo delle statine. Le aziende farmaceutiche hanno fatto di gran lunga i loro conti. I farmaci anti colesterolo rappresentano uno dei più grandi affari del mercato mondiale.
Contribuiscono a oltre 1 miliardo di euro nel deficit della previdenza sociale.
Anche le industrie agroalimentari beneficiano di questo, con le loro margarine e yogurt presumibilmente anticolesterolo.
Interessa anche molti medici che così possono praticare una medicina per così dire sistematica"

2. Colesterolo buono e cattivo "di altezza"

D: I termini buono e cattivo, o tasso normale che senso hanno?
R: Dr. Michel de Lorgeril:  "Il concetto di colesterolo 'buono' e 'cattivo' è una panzana.
Pure Walt Disney con la strega cattiva e la fata bella cercano di nascondere le debolezze della teoria del colesterolo. Vi sono studi clinici come Illuminate del 2007, che mostrano come l'aumento del colesterolo buono e l’abbassamento di quello cattivo non proteggono dalle malattie cardiovascolari!
Quanto al tasso normale di colesterolo, si parla sempre di una media. Per i parametri biologici o fisiologici, ci sono le medie e delle differenze. Una persona può avere dei valori medi verso l’alto odei valori medi verso il basso, senza avere per questo un problema di salute.
"

  1. I pericoli del colesterolo sono una credenza?

D: Perché siete contrari alla teoria comunemente accettata sui pericoli del colesterolo?
R: Dr. Michel de Lorgeril: "Secondo questa teoria, il colesterolo è tossico per le arterie.
Rappresenterebbe  la principale causa di infarti, ictus e complicanze cardiovascolari.
Più il colesterolo aumenta e maggiore è il rischio. Viceversa più il suo tasso è basso e più il pericolo diminuisce. Alcuni fautori di questa teoria, raccomandano quindi di abbassare al massimo il colesterolo. Ma queste sono solo delle ipotesi senza validazione scientifica. Sono credenze indotte  dalle industrie farmaceutiche e alimentari. E non hanno una base razionale.
"

  1. Colesterolo e infarto: nessun rapporto?

D: Il colesterolo alto non è sinonimo di malattia cardiovascolare?
R: Dr. Michel de Lorgeril: "L’aumento del colesterolo non è di per sé una causa di problemi cardiovascolari. Esso può per contro essere letto come una alterazione dello stile di vita nei parametri biologici, vera e unica cause della malattie cardiovascolari.
Chiaramente, il colesterolo è un semplice indicatore di rischio.
Numerosi studi vanno in questa direzione.
Dagli anni '70, i dati mostrano che la mortalità cardiaca rimane generalmente la stessa, a prescindere dal livello di colesterolo nel sangue.
Il nostro stile di vita e le nostre condizioni di esistenza, diminuiscono l’aspettativa e speranza di vita, non il colesterolo.
"

  1. Far abbassare il colesterolo non serve a niente

D: Il livello di colesterolo non fornisce alcuna protezione?
R: Dr. Michel de Lorgeril:  "No, far abbassare il tasso di colesterolo non serve a niente.
Tutti gli studi clinici pubblicati dopo il 2005 sono stati negativi sulla questione. Il tasso di colesterolo si può ridurre con la dieta o l'assunzione di farmaci. Ma se contemporaneamente, lo stile di vita non cambia, il rischio rimane lo stesso. Se per esempio una persona continua a fumare, pensando di essere protetto dalla statina, essa andrà verso il disastro"

  1. Statine: nessuna prevenzione

D: Le statine aiutano a proteggere dalle malattie cardiovascolari?
R: Dr. Michel de Lorgeril: "No, non forniscono alcuna protezione. Abbassano il colesterolo ma senza alcun effetto sulla mortalità. Molti studi su questi farmaci restano sospetti a causa del coinvolgimento delle industrie farmaceutiche.
Il programma ALLHAT del 2002, il solo sponsorizzato da istituzioni pubbliche indipendenti, non mostra alcuna protezione malgrado il colesterolo basso.
Tutti gli studi dopo il 2005 non mostrano alcun effetto sulla mortalità, a parte il recente e molto controverso studio Jupiter. Sul rischio di ictus, non c’è nessuna prova o dato scientifico dell’utilità delle statine. Stessa cosa nell’insufficienza cardiaca
"

  1. Gli effetti collaterali delle statine

D: Ci sono rischi per i pazienti che assumono le statine?
R: Dr. Michel de Lorgeril: "Le statine hanno numerosi effetti collaterali. Per le persone attive, sembrano influenzare la qualità della vita causando dolori muscolari e depressione.
A lungo termine, esiste anche un aumentato rischio di cancro, specialmente nelle persone con più di 60 anni. Lo studio PROSPER del 2002 mostra maggior incidenza di cancro e numero di morti per cancro nei pazienti che usavano la pravastatina, rispetto alle persone senza trattamento.
Attenzione però, i pazienti non devono interrompere il trattamento farmacologico senza prima parlarne con il loro medico.
Ma la prescrizione di statine sembra peggiore del sangue infetto in termini di numeri. Ben 7 milioni di francesi prendono questi farmaci inutilmente
. "

  1. Le vere cause delle malattie cardiovascolari

D: Se il colesterolo non c’entra, cosa provoca gli infarti?
R: Dr. Michel de Lorgeril: "L’infarto viene quando c’è un’arteria coronaria completamente bloccata. Nella maggioranza dei casi, la causa è un coagulo di sangue. La formazione del coagulo dipende da tre fattori: l'aggregazione delle piastrine sanguigne, la coagulazione e la fibrinolisi, un meccanismo anti coagulo. Il colesterolo interviene in uno di questi fenomeni.
Quanto alle lesioni aterosclerotiche, esse intasano le arterie in parte, ma mai completamente. Il colesterolo rappresenta al massimo il 10% di queste lesioni. Quindi 10% di una parziale ostruzione, che non è essa stessa responsabile dell’infarto. "

  1. Come proteggere il cuore e le arterie

D: Quali misure dovrebbero essere prese per proteggersi dalle malattie cardiovascolari?
R: Dr. Michel de Lorgeril: "Tutte le malattie cardiovascolari sono malattie legate allo stile di vita. Da qui l'importanza di agire in particolare su tre fattori: fumo, esercizio fisico e dieta.
Chiaramente, non fumare e cercare di respirare aria pulita. Si dovrebbe anche effettuare una adeguata attività fisica.
Per l’alimentazione, la dieta mediterranea ha dimostrato la sua efficacia clinica. In sintesi, una dieta ricca di cereali non raffinati, frutta e legumi freschi, legumi secchi, noci e frutta essiccata, olio d'oliva e erbe aromatiche
.

  1. Perché il mondo medico rimane in silenzio

D: Perché molti medici non condividono i loro dubbi sul colesterolo e statine?
R: Dr. Michel de Lorgeril: "In primo luogo, non hanno accesso ai media. Ma se molti medici non dicono nulla, è anche per paura. Uno dei più grandi epidemiologi mondiali ha appena letto il mio lavoro sullo studio Giove, che riguarda l'uso preventivo delle statine. Ha detto che approva e mi sostiene. Ma si rifiuta di co-firmare il mio articolo. Il motivo: l'università per cui lavora ha contratti con l'industria farmaceutica…
Per quanto riguarda i medici di base, molti non hanno il coraggio di esprimere i loro dubbi a pazienti per paura di essere criticati dal cardiologo dell’ospedale. "

Fonti:

-  Colesterolo, bugie e la propaganda, il dottor Michel de Lorgeril, ed. Thierry Souccar 2008 delorgerilm20071001ent1

- Effetti del Torcetrapib nei pazienti ad alto rischio di eventi coronarici, Barter PJ et al, N Engl J Med 2007 ..

- colesterolo HDL, livelli molto bassi di colesterolo LDL ed eventi cardiovascolari, Barter PJ et al, N Engl J Med, 2007.

- i risultati principali in pazienti ipertesi moderatamente ipercolesterolemici randomizzati a pravastatina vs consueta attenzione: l'ALLHAT-LLT, ALLHAT Collaborative Research Group, JAMA, 2002.

- Rosuvastatina nei pazienti anziani con insufficienza cardiaca sistolica, Kjekhus J et al, N Engl J Med 2007

- Pravastatin in individui anziani a rischio di malattia vascolare (PROSPER): un trial randomizzato controllato, Pastore J et al, Lancet, 2002 ..

- Alte dosi di atorvastatina vs simvastatina a dosaggio standard per la prevenzione secondaria efficace infarto del miocardio. Lo studio IDEAL: uno studio controllato randomizzato, Pedersen TR et al, JAMA, 2005 ..

- è relazione betweens colesterolo e rischio di morte prematura per malattia coronarica continuo e graduale? Accertamenti 356,222 screenees primarie del MRFIT, Stamler J et al, JAMA, 1986 ..

- Dieta mediterranea, tradizionale factoring rischio e il tasso di complicanze cardiovascolari efficace infarto del miocardio - Relazione finale del Lyon Diet Heart Study, De Lorgeril M et al ., Circulation, 1999


Dottor Dwight Lundell

Durante 25 anni come chirurgo toracico, la mia vita è stata dedicata con passione a trattare le malattie del cuore; ho dato a diverse migliaia di pazienti una seconda possibilità di vita.
Poi qualche anno fa ho preso la decisione più difficile della mia carriera di medico. Ho lasciato la chirurgia che amavo, per avere la libertà necessaria di dire la verità sulle malattie cardiache, l'infiammazione, le statine e gli attuali metodi di trattamento di tali malattie.

E’ stato un momento emozionante per un giovane cardiochirurgo negli anni Ottanta. Una nuova tecnica chirurgica, la chirurgia di bypass è stata l'unico trattamento efficace per le persone con grave malattia coronarica. La nostra capacità di salvare vite umane aumentando i rischi di un intervento chirurgico, è diminuita con il miglioramento delle tecniche e delle tecnologie.
Durante la mia carriera come chirurgo ho eseguito più di 5000 interventi di bypass coronarico.

Il consenso ufficiale al tempo (e anche oggi) era che alti livelli di colesterolo nel sangue erano la causa del deposito graduale (colesterolo) nei vasi sanguigni.
Come medici avevamo (e abbiamo) due strade terapeutiche: abbassare il livelli di colesterolo nel sangue o eseguire una operazione per deviare il sangue intorno alla placca accumulata nelle arterie, ristabilendo così il flusso sanguigno e la funzione del muscolo cardiaco.
A parte la ricerca del mezzo più efficace nel ridurre il colesterolo nel sangue, non vi era praticamente ricerca per determinare la vera causa della placca. All’interno della comunità medica si era installata la semplice idea che è sufficiente il controllo dei grassi saturi e del colesterolo.

Le statine - i farmaci che il medico prescrive enfaticamente se il vostro colesterolo è leggermente alto - e Bernie Madoff (il famigerato truffatore finanziario) hanno lasciato nella loro scia molte vittime innocenti, e molti seguaci sinceri ma illusi.
Ed entrambi sono enormi truffe perpetrate sui creduloni.

Le statine rappresentano un mercato globale di oltre 30 miliardi di dollari l'anno, e questo da numerosi anni. Inoltre, lo screening e il trattamento per il colesterolo costano circa 100 miliardi di dollari l'anno, senza alcun beneficio evidente per le vittime, voglio dire i pazienti.
Non so se Madoff ha avuto l'intento di frodare fin dall’inizio, ma dalla lettura dei rapporti, sembra che le cose gli sono sfuggite di mano, e ha continuato a mentire per tenere il denaro che circolava nelle sue casse e per perpetuare il suo stile di vita molto sontuoso.
Anche per i produttori di statine non sono sicuro se avevano o meno intenzione di frodare dall'inizio, ma non erano certo disposti a rinunciare a un mercato annuale di 30 miliardi dollari tanto facilmente.

Ci sono molti medici sinceri, ben intenzionati e profondamente convinti che continueranno a sostenere la teoria che il colesterolo alimentare e di grassi saturi sono la causa della malattia cardiaca. Essi continueranno a credere che i farmaci per abbassare il colesterolo sono il trattamento di successo per prevenire le malattie cardiache, nonostante uno studio pubblicato sull'American Heart Journal (gennaio 2009) che ha analizzato ben 137.000 pazienti ricoverati presso gli ospedali degli Stati Uniti con un attacco di cuore. Nel 75% dei casi queste persone avevano un colesterolo "normale".

Questa visione ha continuato a darmi fastidio durante tutta la mia carriera chirurgica ospedaliera. L'idea che una sostanza naturale, vale a dire il colesterolo, possa causare la malattia cardiaca non mi ha mai convinto. Vedo pazienti che ritornano per un secondo intervento chirurgico di bypass a pochi anni di distanza dal primo, nonostante un normale tasso di colesterolo in tutto il periodo.
In sala operatoria, avevo sempre osservato l'infiammazione attorno all'arteria coronaria...

Grazie ad un marketing massiccio, i produttori di statine hanno sapientemente influenzato e  controllato la politica pubblica sulla prescrizione di statine facendola diventare il protocollo ufficiale di cura. Chiunque critica queste politiche o è in disaccordo viene etichettato come un eretico, ignorante e ridicolizzato.
La U.S. Food and Drug Administration (FDA), il National Cholesterol Education Program, l'American Heart Association e molti centri accademici sono diretti e influenzati da medici che ricevono benefit diretti o indiretti da parte dei produttori di statine. La loro influenza è così forte che di recente la FDA ha approvato il Crestor®, una statina per il trattamento di pazienti con colesterolo normale. Alcuni di questi universitari sono stati chiamati a trattare bambini con le statine.
Purtroppo il marketing ha davvero trionfato nella medicina.

Trattare o tentare di prevenire le malattie cardiache con le statine è pericoloso e fraudolento per due motivi:

1)  Gli effetti secondari gravi, mortali e invalidanti sono in gran parte ignorati dalla professione medica e taciuti dai produttori di statine. Questi effetti secondari sono stati brillantemente documentati dal Dr. Duane Graveline e da altri medici coraggiosi che hanno osato parlare contro la religione ufficiale del colesterolo e dei grassi saturi.

2) Continuare a concentrarsi sul trattamento inefficace distoglie l'attenzione dalla reale comprensione della malattia di cuore, e dà ai pazienti un falso senso di sicurezza che impedisce loro di fare cambiamenti nello stile di vita che potrebbero davvero prevenire e invertire malattie cardiache.

Si considerare anche gli elementi seguenti:

1) Non c’è alcuna prova che le statine aiutino le donne di qualunque età!

2) Non c’è alcuna prova che le statine aiutino le persone con più di 65 anni

3) L'unico gruppo di pazienti che possono - e  sottolineo "possono" - ottenere un beneficio, sono uomini di mezza età che hanno già avuto un infarto. E' incredibile vedere tutta la letteratura medica che è finanziata dai produttori di statine, e distribuito negli uffici dei medici da parte dei giovani rappresentanti entusiasti che sostengono che le statine sono utili.

Il molto pubblicizzato studio JUPITER - che ha portato la FDA ad approvare il Crestor ® per le persone con livelli di colesterolo normali - ha mostrato che il trattamento di 100 persone per 3 anni con Crestor ® "può" aver impedito un infarto.
Tuttavia, l'approvazione che è stata concessa e diversi milioni di persone sono state esposte ai rischi delle statine senza alcun beneficio, fatta eccezione per il produttore di Crestor®.
Ecco il motivo per cui ho chiamato la terapia con le statine la truffa più grande e pericolosa di quella di Bernie Madoff, almeno le sue vittime hanno solamente perso denaro, non la salute.

Benché Direttore del Gabinetto e capo della Chirurgia in un grande ospedale cardiologico, ho scoperto che non potevo cambiare la medicina, poco importa quanto ho denunciato e dichiarato, non importa quante prove ho raccolte in merito al colesterolo che non è un problema e che il trattamento del colesterolo con farmaci era contro-producente.
Così ho preso quella decisione difficile di lasciare la mia pratica chirurgica per avere la libertà di parlare, scrivere e insegnare la verità sulle malattie cardiache. Ho scritto un libro  “La guarigione della malattia cardiaca”, nel quale spiego che la vera causa della malattia cardiaca è l'infiammazione. Infatti senza infiammazione, il colesterolo non si accumula nella parete del vaso sanguigno per causare la placca con la conseguenza eventuale di un infarto e morte.


di Mike Adams

Studio shock: Le mammografie sono una bufala medica, oltre un milione di donne americane danneggiate da “trattamenti” non necessari per tumori che non hanno mai avuto.
La mammografia è una crudele bufala medica. Come ho descritto qui su Natural News più di una volta, lo scopo principale della mammografia non è “salvare” donne dal cancro, ma reclutarle come falsi positivi per spaventarle e portarle a sottoporsi a trattamenti costosi e tossici come la chemioterapia, le radiazioni e la chirurgia.
Il “piccolo sporco segreto” dell'industria del cancro è che proprio gli stessi oncologi che terrorizzano le donne con la falsa credenza di avere un cancro sono quelli che realizzano enormi profitti vendendo loro i chemioterapici. Il conflitto di interessi e l'abbandono dell'etica nell'industria del cancro lascia senza fiato.
Ora, un nuovo studio scientifico ha confermato esattamente quello da cui ho messo in guardia i lettori per anni: la maggior parte delle donne con “diagnosi” di cancro tramite mammografia non hanno mai avuto il cancro, ed è solo l'inizio.
Il 93% delle “diagnosi precoci” non ha alcun beneficio per il paziente
Questa è la conclusione del pionieristico studio pubblicato sul New England Journal of Medicine. (1)

“Abbiamo riscontrato che l'introduzione dello screening ha portato 1,5 milioni di donne alla diagnosi di cancro alla mammella in fase iniziale” scrive il co-autore dello studio Dr. Gilbert Welch.
Ora, a prima vista questa potrebbe sembrare una buona notizia. Potreste pensare “Beh, la diagnosi precoce salva delle vite, proprio come ci hanno detto Komen e le associazioni no-profit riguardo il cancro”. Ma sbagliereste. Come scoperto dal team del Dr. Welch, virtualmente non vi è stata riduzione degli stadi terminali del cancro alla mammella a partire da tutte queste diagnosi precoci, e questo significa che alla maggior parte delle donne a cui è stato detto di avere il cancro alla mammella dopo una mammografia è stato mentito.

Così continua il dottore:
“Abbiamo scoperto che ci sono state solo 0,1 milioni di donne in meno con una diagnosi di cancro alla mammella in fase terminale. La discrepanza significa che c'è stata molta diagnosi inutile ed esagerata: a più di un milione di donne è stato detto di avere un cancro in fase iniziale –molte delle quali hanno subito chirurgia, chemioterapia o radiazioni per un cancro che non le avrebbe mai fatte stare male. Anche se è impossibile sapere chi siano queste donne, il danno è evidente e serio".

Si, lo è. Infatti, se fate il calcolo, 0,1 milioni di donne in meno con un cancro in fase terminale rispetto ad 1,5 milioni di diagnosi precoci significa che si ha avuto un falso positivo nel 93% dei casi; questo significa che non si sarebbe in ogni caso arrivati alla fase di cancro terminale.

Chemioterapia, radiazioni e chirurgia oncologica sono in gran parte bufale

Secondo quanto detto dagli scienziati, “il cancro alla mammella è stato over-diagnosticato (cioè sono stati trovati tumori in fase di screening ma questi non avrebbero mai portato a sintomi clinici) in almeno 1,3 milioni di donne americane negli ultimi 30 anni.”

Gli oncologi di queste donne hanno mentito: “se non acconsentite al trattamento, morirete entro sei mesi” (o due anni, o qualsiasi tipo di scansione fraudolenta essi usino).

Sotto la minaccia di questa paura, la maggior parte delle donne si piegava e acconsentiva a iniziare il trattamento – spesso nello stesso giorno della falsa diagnosi. Questo cosiddetto trattamento consiste in una iniezione di sostanze chimiche mortali che fanno la fortuna degli oncologi che le vendono ai loro stessi pazienti. Si, è così: le cliniche oncologiche e i centri di trattamento del cancro fanno profitti enormi sui chemioterapici che vendono ai loro pazienti – gli stessi pazienti che spaventano e dirigono verso il trattamento con mammografie falsamente positive.

Ignorando il quasi totale fallimento della mammografia da un punto di vista scientifico, la propaganda continua a spingere verso questa tecnica in maniera assordante. Come il Dr. Welch spiega in questo articolo del New York Times (2):

Nessun altro test clinico è stato tanto pubblicizzato come la mammografia – gli sforzi sono andati oltre la persuasione e sono arrivati alla coercizione. E chi la proponeva ha usato le più fuorvianti statistiche di screening a disposizione: i tassi di sopravvivenza. Una recente campagna Komen esemplifica questo aspetto: in breve, dite a chiunque che ha il cancro, e i tassi di sopravvivenza aumenteranno a dismisura.

Komen for the cure, ovviamente, è stata scoperta a mentire sui presunti “benefici” della mammografia (3). Il loro trucco statistico frega la maggior parte delle donne, tristemente, e le convince a subire chemioterapie tossiche per un cancro alla mammella che non hanno mai avuto.

Lo starnazzare dell'oncologia moderna

Quando le donne iniziano una chemioterapia per un cancro che non hanno iniziano anche a sperimentare quello che gli oncologi chiamano “sintomi del cancro”. I capelli cadono. L'appetito scompare. I muscoli si atrofizzano. Diventano deboli, confuse e cronicamente stanche. Il dottore del cancro dice poi loro “devi essere forte per sopportare tutto questo mentre le medicine fanno effetto”

Pure chiacchiere! Potreste fare meglio invocando il voodoo o semplicemente sperando di guarire. Perché tutto quel che gira attorno all'esperienza del cancro nella medicina moderna –la diagnosi, il trattamento, le autorità sanitarie-- è maliziosamente fabbricato per generare un profitto all'industria del cancro.

“Migliori” tecnologie portano a più falsi positivi

Non c'è miglior esempio delle chiacchiere della medicina moderna che quello dell'industria del cancro. Armato con le ancora-più-precise macchine per la mammografia, il tasso di falsi positivi ha sfondato il soffitto.

Come il Dr. Welch scrive sul New York Times (4):

Sei anni fa, un follow up a lungo termine di un trial randomizzato mostrò come un quarto dei tumori riscontrati con lo screening fosse un caso di over-diagnosi. Questo studio rifletteva le potenzialità dei macchinari degli anni 80. I nuovi macchinari digitali riscontrano molte più anormalità e le stime dell'over-diagnosi sono salite compatibilmente: ora siamo probabilmente tra un terzo e metà dei tumori diagnosticati con questa metodica.

Capito la storia? Molte delle diagnosi di cancro da mammografia sono false. Ma sono un'ottima tecnica di terrorismo per trovare donne-adepte a quello che può solo che esser chiamato “culto del cancro” dove vengono manipolate fino ad auto avvelenarsi con le medicine. Verranno più tardi chiamate “sopravvissute al cancro”, se il veleno non riuscirà ad ucciderle.

Queste sopravvissute al cancro, ovviamente, sono vittime di un malizioso culto medico che io chiamo “culto di Komen”. In quasi tutti i casi non è stato il cancro ad ucciderle, ma il trattamento!

Il culto di Komen

Le persone di oggi storcono il naso al suicidio di massa del 1978 del culto di Jim Jones pensando “come è possibile che i membri siano stati tanto stupidi da avvelenarsi a morte da soli?”

Guardatevi attorno gente, perché l'industria del cancro ha preso la stessa formula di quel culto e l'ha moltiplicata per un milione. Il “culto di Komen” è una versione moderna del culto suicida di Jim Jones. Si tratta di un culto dove le persone “credono” nella promessa di salvezza di un indottrinamento chimico ma che in realtà si vedono dare morte, dolore, sofferenza e umiliazione. (Molti chirurghi oncologici hanno letteralmente amputato mammelle a seguito di diagnosi falsamente positive, sfigurando quelle donne per il resto della vita).

Una delle caratteristiche chiave di questo culto è l'adorazione dell'auto-mutilazione. Non si tratta solo di donne che vengono manipolate fino a farsi amputare le mammelle dai chirurghi; si tratta anche di donne manipolate fino a farsi iniettare veleni mortali che distruggono i loro reni, i loro fegati e i loro cervelli. L'effetto collaterale numero 1 della chemioterapia, peraltro, è il cancro.

Come ogni culto, quello dell'industria del cancro spinge su una propaganda carica di contenuto emotivo e su simboli potenti (i fiocchi rosa). Milioni di donne vengono innocentemente intrappolate in manifestazioni e raccolte fondi, apparentemente senza indizio del fatto che la maggior parte dei soldi per le “cure” finisce col pagare altre mammografie e quindi altre false diagnosi che costringeranno ancora più donne a cadere nel racket.

Così, le stesse donne che partecipano alle raccolte fondi in questi eventi promossi dal culto dei fiocchi rosa, stanno partecipando a pagare le macchine per le mammografie che recluteranno altre donne nello stesso culto tramite diagnosi inutili seguite da “campagne di paura e terrore” portate avanti dagli oncologi. Quel che oggi l'industria del cancro sta facendo è, senza mezze misure, un crimine contro le donne. Si tratta anche di una forma di mutilazione culturale nei confronti delle donne, più o meno come abbiamo visto con gli Aztechi, i Maya e varie culture africane durante il corso della storia.

Il culto di Komen è un'operazione criminale? Quasi certamente. Su base scientifica? Neanche per sogno. Non esiste nulla di scientifico nella moderna industria del cancro se non la scientifica manipolazione delle paure e delle emozioni femminili. Quel che manca a Komen e all'industria in campo etico, scientifico o dei fatti viene ampiamente bilanciato dalle tattiche di influenzamento linguistico, di coercizione e di deliberata menzogna sui benefici della mammografia.

L'industria del cancro non è un business della cura del cancro, in fin dei conti; di fatto è il business della propaganda del culto del cancro. Come spiega il Dr.Welch:

I sostenitori dello screening incoraggiano il pubblico a credere in due cose false e conosciute come tali. Primo, che ogni donna che ha avuto il cancro diagnosticato con una mammografia ha avuto la sua vita salvata (pensate a quelle T-shirt con scritto “La mammografia salva le vite. Io ne sono la prova”). La verità è che queste “sopravvissute” sono molto più probabilmente vittime di over-diagnosi.

Così, tutte quelle donne che marciano indossando le T-Shirt rosa che dicono “la mammografia salva la vita” stanno in realtà dichiarandosi come vittime incoscienti di una campagna scientifica mirata alle donne e tesa a spaventarle e portarle verso trattamenti che non necessitano e che le mutileranno con farmaci tossici o bisturi chirurgici.

Se quelle magliette dicessero la verità, dovrebbero dire “Sono sopravvissuta all'industria del cancro”.

La grande domanda in tutto questo, ovviamente, è: per quanto tempo la cultura occidentale continuerà a vivere sotto l'influenza del culto di Komen? Quanti altri milioni di donne dovranno sacrificarsi sotto le chiacchiere della mammografia e la truffa dell'oncologia moderna?

Ma soprattutto, perché le famiglie consentono alle loro madri, figlie, zie e nonne di essere avvelenate e mutilate proprio davanti ai loro occhi standosene sedute ascoltando le finte autorità mediche che di fatto praticano nulla più che chiacchiere?

L'oncologia moderna è il medioevo della medicina occidentale

Verrà il giorno, come ho predetto più volte, in cui la moderna pratica della chemioterapia verrà relegata nei libri di storia come malasanità insieme al respirare vapori di mercurio o al rimuovere chirurgicamente organi del corpo per curare malattie psichiatriche. Fino a quel giorno, un numero incalcolabile di donne innocenti verrà ingannato e portato alla mutilazione, all'intossicazione chimica e alle radiazioni da dottori malvagi che francamente non si interessano minimamente di quante donne mutilano o uccidono fintanto che questo viene loro rimborsato.

Questa è la verità sull'industria del cancro che non sentirete da Komen (né da qualsiasi altro adepto del culto del fiocco rosa).

La conclusione dagli autori dello studio

Nonostante il sostanziale incremento delle diagnosi di cancro alla mammella in fase iniziale, lo screening mammografico ha solo marginalmente ridotto il numero di donne che si presentano con un cancro avanzato. Anche se non è chiaro quali fossero le donne realmente affette, questo squilibrio suggerisce una sostanziale over-diagnosi in circa un terzo delle nuove diagnosi e che lo screening ha, nella migliore delle ipotesi, solo un minimo effetto sui tassi di morte da carcinoma alla mammella.

Mike Adams

Fonte: www.naturalnews.com

Link: http://www.naturalnews.com/038099_mammograms_false_positives_overdiagnosis.html

NOTE

1) http://www.nejm.org/doi/full/10.1056/NEJMoa1206809?query=featured_home&&

2) http://www.nytimes.com/2012/11/22/opinion/cancer-survivor-or-victim-of-overdiagnosis.html?_r=1&

3) http://www.naturalnews.com/036711_Komen_for_the_Cure_mammography_fraud.html

4) http://www.nytimes.com/2012/11/22/opinion/cancer-survivor-or-victim-of-overdiagnosis.html?_r=0


Marcello Pamio

Un medico illuminato. Un ebreo scampato all’Olocausto. Un’emicrania invalidante. Una dieta in grado di curare tutto, anche il tumore.
Qual è il comun denominatore di tutte queste cose? Max Gerson, un medico tedesco nato nel 1881 in Polonia e morto a New York nel 1959.
Per parlare dello straordinario Metodo Gerson approfitto di una recente intervista radiofonica che ho fatto su Gamma 5 a Margaret Straus, una delle poche persone al mondo che più hanno diritto di parlare del Metodo: Gerson era suo nonno!

Gentile Margaret cosa ci può dire di suo nonno?
Mio nonno Max Gerson aveva una grande istruzione classica di medicina.
Ricordiamo che all’inizio del Novecento la Germania era un paese leader nel campo medico e scientifico.
Quindi ha avuto una delle migliori istruzioni dell’epoca, con grandi professori.
Sicuramente Gerson avrebbe preso la strada dell’insegnamento universitario se non fossero accadute nella sua vita fondamentalmente due cose. La prima è stata la Grande Guerra, la seconda è che dall’età di 25 anni soffriva di allergie e tremende emicranie a grappolo così intense che doveva chiudersi una stanza buia per qualche giorno ogni settimana, con nausee e vomito.
Siccome non poteva vivere in quella maniera, leggeva, studiava, chiedendo anche ai suoi professori, ma il tutto inutilmente. Fino al giorno in cui lesse un articolo di una signora che aveva risolto il suo stesso problema con la dieta. A questo punto Gerson s’illuminò e volle provare sulla sua pelle, anche perché tutto il discorso aveva una sua logica: quello che mettiamo dentro il nostro corpo sotto forma di alimenti, tutto quello che digeriamo, determina l’equilibrio biochimico interno.
Quindi eliminò tutto iniziando con quello che all’epoca era considerato l’alimento più leggero: il latte! Prese solo latte vaccino per alcuni giorni, e il suo problema di salute invece di migliorare si aggravò. Da questa esperienza, e ragionando fino in fondo, prese coscienza che infatti nessun animale in natura beve latte dopo lo svezzamento, e quello che bevono non è mai latte di un’altra specie animale. Così eliminò il latte dalla sua dieta per sempre. E’ bene precisare che nella Terapia Gerson (come del resto in quella molto valida di Johanna Budwig) viene aggiunta, dopo circa 6-12 settimane, una piccola dose di yogurt e quark biologico senza grassi. Secondo la sua ricerca questo era importante per evitare carenze del sistema immunitario.
Il Dottor Gerson era allergico al latte e in ogni caso una dieta di solo latte vaccino non poteva che essere dannosa.
A questo punto ragionò sulla dieta degli animali più vicini all’uomo, i primati. Le scimmie si nutrono esclusivamente di frutta e verdura.
Siccome nella Germania del XX secolo il frutto più comune era la mela, il dottor Gerson iniziò a mangiare solo questo frutto.
Incredibilmente e forse inaspettatamente, mangiare mele gli fece sparire completamente l’emicrania! A questo punto, a poco a poco, alle mele aggiunse lentamente un alimento alla volta, e tutto quello che gli dava fastidio lo eliminava per sempre.
Alla fine è rimasto solo con una dieta a base di frutta e verdura.
Il dottor Gerson, oltre ad essere felice, era finalmente rinato: la sua emicrania era sparita.
Quando dei pazienti andavano da lui con il problema del mal di testa, Gerson consigliava la strada che aveva guarito lui e ogni volta, la sua dieta per l’emicrania funzionava anche per le altre persone. In particolare un paziente che soffriva di emicrania e di tubercolosi della pelle, dopo qualche settimana della dieta Gerson, tornò e oltre all’emicrania gli era sparito anche il problema alla pelle.
Fu così che lentamente Gerson, giorno dopo giorno, paziente dopo paziente, estese la sua dieta a qualsiasi altro problema di salute, anche alla tubercolosi polmonare, che in quegli anni mieteva tantissime vittime.
Mio nonno guarì dalla tubercolosi polmonare la moglie del grande dottor Albert Schweitzer, medico, musicista, filantropo, filosofo, biblista e Premio Nobel per la pace.
Già all’epoca furono pubblicati oltre 500 articoli sulla cura della tubercolosi con la dieta di Gerson.
A questo punto mio nonno comprese una cosa importantissima: la dieta non curava una malattia, ma dava al corpo il necessario per ripristinare il meccanismo di autoguarigione. Era per così dire una terapia metabolica, in grado di ripristinare tutti i sistemi del corpo, in grado di curare tutte le altre patologie (diabete, ipertensione, ipercolesterolemia, ecc.).
L’organismo umano ha molti sistemi all’interno del corpo: immunitario, ormonale, nervoso, ecc. e se questi funzionano bene, perché nutriti bene e non intossicati, l’uomo torna in perfetta salute.
Il corpo quindi non guarisce selettivamente, il corpo guarisce tutto. Se viene alimentato bene e soprattutto disintossicato da veleni e tossine, è in grado di guarire praticamente da tutto.

In pratica cos’è il Metodo Gerson?
La terapia agisce simultaneamente su quattro livelli. La prima fase è una alimentazione a base di vegetali biologici in grado di fornire tutto quello che serve all’organismo. La seconda è la disintossicazione che si realizza somministrando ai pazienti notevoli quantità di succhi di frutta e verdura biologica fresca che stimolano l’eliminazione attraverso i reni e un gran numero di clisteri al caffè. I succhi freschi contribuiscono anche alla terza parte della terapia, perché aiutano il corpo a ottenere tutte le sostanze nutrienti essenziali, i minerali, le vitamine.
Per le prime sei settimane vengono eliminate tutte le proteine di origine animale e tutti gli alimenti industriali, quelli conservati e pieni di additivi e chimica varia, per permettere al pancreas di tentare di sopprimere e digerire il tessuto canceroso. I succhi inoltre stimolano il fegato e reni ad eliminare le tossine accumulate. La quarta fase è l’integrazione: trattamento epatico di sostegno sotto forma di ioduro organico e inorganico, notevoli quantitativi di una combinazione di tre sali di potassio in soluzione al 10% (acetato, gluconato e fosfato monobasico di potassio), enzimi pancreatici e vitamina B3.
Nell’alimentazione una cosa molto importante da sapere è il rapporto tra sodio e potassio.
Noi abbiamo bisogno di una alimentazione molto alta in potassio e bassa in sodio. Il cervello per esempio richiede molto potassio perché questo favorisce lo sviluppo differenziato, mentre il sodio promuove la crescita rapida.
La frutta e la verdura coltivate in un terreno ottimale (biologico) contengono molto potassio e poco sodio, esattamente quello che serve al corpo umano. Mentre nei terreni fertilizzati e pregni di chimica i frutti, oltre ad essere tossici e pieni di veleni, sono gonfi di acqua perché il terreno è ricco di sodio e povero di potassio…
L’industrializzazione fa il resto: ad ogni passaggio viene aggiunto sodio.

Parliamo dei clisteri: quando suo nonno iniziò a sperimentare l’enteroclisma al caffè?
Non tutti sanno che nel famoso Manuale della Merck, la cosiddetta bibbia della medicina ufficiale, almeno fino agli Settanta esisteva la voce “clisteri di caffè”. Quindi la tecnica era considerata anche dalla medicina. Poi stranamente (dicono ‘per problemi di spazio’) la voce è stata fatta sparire… e oggi non se ne parla più.
I clisteri di caffè si conoscono da ben prima della Grande Guerra.
Non è una leggenda metropolitana che durante la guerra, i soldati feriti che avevano bisogno di antidolorifici usavano la morfina tramite i clisteri, con l’aggiunta di caffè. Il caffè che non mancava al fronte, arrivava con i treni, e i poveri medici per stare svegli ne bevevano a litri.
Quando la morfina per via della guerra iniziò a scarseggiare, i clisteri vennero fatti, forse per disperazione, solo con acqua e caffè. Ma incredibilmente l’effetto antidolorifico rimaneva.
Fu a questo punto che due medici incuriositi, ne studiarono l’effetto, pubblicando uno studio.
Il dottor Gerson lesse esattamente questo studio…
In pratica scoprirono che la caffeina, presa per via emorroidale apre i dotti biliari permettendo una espulsione di bile, che depura profondamente l’organismo.

Facciamo un po’ di gossip: quanti clistere al caffè si fece il dottor Gerson?
Questa è una cosa molto simpatica che non dico spesso, ma il dottor Gerson non si fece mai un clistere al caffè! Anche perché con la sua dieta andava in bagno già molte volte.
Ha iniziato ad usare i clisteri al caffè nei casi di cancro perché clinicamente notava che le persone cancerose avevano sempre un fegato assai intossicato. Il regime che usava mio nonno a base di succhi di frutta e verdura fresche (circa dieci succhi suddivisi nell’arco della giornata), provoca il rilascio di tossine dalle cellule e dai tessuti e queste tossine devono uscire il più velocemente possibile dal fegato. I clisteri servono proprio a questo: far uscire con la scarica le tossine rapidamente.
Recenti scoperte, che mio nonno non poteva conoscere, hanno dimostrato che la caffeina introdotta nel retto aumenta del 600% la produzione di un enzima chiamato glutatione. Questo enzima è una delle sostanze più potenti dal punto di vista antiossidante: combatte i radicali liberi e distrugge le cellule tumorali.

Le scoperte del dottor Gerson hanno oramai oltre 80 anni, eppure oggi la medicina ufficiale non considera l’alimentazione. Perché secondo lei nelle università non si studia nutrizione in maniera corretta?
E’ semplice: tutte le scuole di medicina sono nelle mani dell’industria farmaceutica. Grosse fondazioni finanziano la ricerca privata ma non la prevenzione.
Vi racconto un aneddoto curioso: qualche anno fa c’è stata una grossa fondazione in Texas che avrebbe donato 1 miliardo di dollari a chi avesse trovato una cura efficace per cancro e diabete.
Subito mia mamma Charlotte Gerson e mio fratello Howard Straus raccolsero tutto il materiale e inviarono la documentazione, riportando numerosi casi di persone con tumore e diabete guariti. All’inizio i responsabili della fondazione sembravano interessati e incuriositi, a tal punto da invitarli nella sede texana, ma quello che venne fuori ha dell’incredibile: nel bando del concorso c’era scritto che la cura non poteva essere dovuta ad un ‘cambiamento di stile di vita’.
In pratica stavano cercando una sostanza chimica da brevettare per poter guadagnare molti miliardi di dollari...
La realtà è questa: a nessuno interessa una cura dietetica e di stile di vita, perché non è brevettabile e quindi non si può vendere.

Parliamo degli importantissimi succhi di frutta e verdura.
I succhi giocano un giocano un ruolo fondamentale nel Metodo Gerson.
Il dottor Gerson era convinto che se le verdure venivano macinate e mescolate prima di essere pressate, spremute, i nutrienti venivano esaltati dalla presenza della mela.
L’acido malico presente nelle mele aumenta la potenza dei nutrienti delle verdure.
Questo è il motivo per cui nei 10 succhi che ogni giorno la persona deve bere vi è sempre questo importante frutto.

Quante persone sono guarite con il Metodo Gerson?
Il numero esatto non lo sappiamo ma si tratta di migliaia. Nelle cliniche gersoniane che si trovano in Messico e a Budapest, le cartelle cliniche parlano chiaro.
Mio nonno guarì, oltre a persone normalissime, anche personaggi come Giorgio V, il dottor Albert Schweitzer, Marlene Dietrich, la Signora Clemenceau, il Cancelliere Dollfuss, ecc.
Perché questi grandi personaggi della storia sono andati a chiedere aiuto a Gerson invece di andare dalla medicina ufficiale?

Domanda retorica quest’ultima, la cui risposta è scontata.
Un grazie di cuore a Margaret Straus perché la sua missione di far conoscere al mondo il Metodo scoperto da suo nonno è importantissima per tutti noi.
Infine, un grazie di cuore al grandissimo Medico Max Gerson, il quale invece di ricevere l’onorificenza e il riconoscimento universale come genio e benefattore dell’umanità, prima è stato stritolato dalla macchina nazista e poi in America ha subìto una congiura senza precedenti. Gerson è stato isolato, deriso e poi boicottato dai colleghi medici, per invidie e rivalità accademiche e dalle industrie farmaceutiche per gli enormi interessi economici messi a rischio dalla sua scoperta non brevettabile.

Prima ti ignorano,
poi ti deridono,
poi ti combattono.
Infine tu vinci

Gandhi

Per maggiori informazioni “Il Dottor Max”, Giuliano Dego, ed. Aedel e “Guarire con il Metodo Gerson”, Charlotte Gerson e Beata Bishop, ed. Macro

Tratto da www.laleva.org

INTRODUZIONE

1) Aids la strategia del terrore

2) L’HIV non causa l’Aids

3) La quintessenza della truffa: i test sull’Aids

4) Le "cure" ufficiali
a. Un po’ di storia "WELLCOME TO DEATH"
b. La "cura" dell’AZT
c. Le altre "cure" ufficiali

5) Alcune domande
a. Ma l’aids esiste si o no?
b. Cos’è il sistema immunitario e come funziona?
c. E’ l’Aids (o meglio il virus hiv che "causerebbe" l’Aids) contagioso?
d. Ma allora chi si prende l’Aids come se lo becca?
e. Ma se l’Aids non si trasmette attraverso il sangue, sono pericolose si o no le trasfusioni?
f. E’ vero che le categorie più "a rischio" sono tossicomani e omosessuali?
h. E’ l’Aids una malattia mortale?
i. Sono stati colpiti dall’Aids in egual misura entrambi i sessi?
j. La prevenzione è servita a qualcosa sinora?
k. Cosa bisogna fare per non prendersi l’Aids?
l. Esistono cure alternative?
m.Terapie non convenzionali utilizzate nei casi di Aids
n. E il famoso vaccino?
o. Chi sono questi scienziati (medici, ecc.) scettici o "dissidenti" che avversano la teoria ufficiale? Sono essi credibili?

INTRODUZIONE

Vi sono molti medici, scienziati, ricercatori illustri, alcuni persino premi nobel, che affermano che la teoria ufficiale dell’AIDS, per cui sarebbe “il retrovirus HIV che causa l’AIDS”, è falsa e inconsistente, non verificata né provata in laboratorio, ma funzionale ai profitti multimiliardari delle case farmaceutiche e a politiche di controllo e discriminazione di intere categorie sociali, in particolar modo tossicomani e omosessuali.
Molti di essi fanno parte del gruppo di cooperazione internazionale denominato REGIMED “REsearch Group for Investigative MEDicine and journalism”, che si occupa dei problemi etici connessi alla ricerca medica ed alla pericolosità di certe sue applicazioni pratiche, fondato nel 1996 dai dottori Heinrich Kremer e Stefan Lanka.

Heinrich Kremer - dottore in medicina, psichiatria e neurologia, studioso di sociologia, psicologia e politica, ricercatore, esperto in riabilitazione psicosomatica, investigazione clinica su AIDS ed epatiti, trattamento della tossicodipendenza e profilassi delle infezioni - è stato per anni promotore ed organizzatore di progetti di medicina sociale in Germania, fino a quando, nel 1988, si dimise dagli incarichi ufficiali per disaccordi con le politiche del governo federale in materia di droga ed AIDS, e per l’ostracismo manifestatogli dall’establishment medico-farmaceutico nei confronti delle sue prese di posizione in contrasto con le tesi ufficiali sul meccanismo per cui “l’HIV causa l’AIDS”. Negli anni seguenti furono sospesi i finanziamenti per le sue ricerche e i risultati dei suoi studi da tempo vengono ignorati dai media, che stendono una cortina di silenzio sul suo lavoro e sulle sue conclusioni teoriche e pratiche. Dalla fine degli anni ’80 diventa ricercatore indipendente e si dedica alla diffusione di controinformazione su teorie e prassi mediche ufficiali. Dal 1996 diventa anche membro del “Study Group on Nutrition and Immunity” guidato dall’immunologo Alfred Hassing di Berna.

Stefan Lanka - biologo, virologo e genetista, laureatosi in scienze naturali presso l'Università di Costanza - si sta facendo conoscere in tutto il mondo per le sue ricerche scientifiche, in particolar modo nel campo dell'AIDS.
Lanka porta avanti anche un'attività scientifico-legale con Karl Krafeld ed altri collaboratori a Dortmund, per l'abrogazione dei cosiddetti test dell'AIDS, in quanto inaffidabili.
Stefan Lanka si è presentato spontaneamente in un processo per sangue "contaminato da HIV" a Goettingen (Germania), dichiarando sotto giuramento che l'HIV non esiste. Il Tribunale NON HA TROVATO UN SOLO SCIENZIATO UFFICIALE in grado di dimostrare scientificamente l'esistenza del virus in questione.
Il 24/2/97 il tribunale emise la sentenza (censurata dai mass-media): assoluzione totale del medico che era accusato di 14 omicidi e 5800 tentati omicidi. [....]

Va comunque sottolineato che il fronte dei “dissidenti” sulla teoria ufficiale dell’AIDS è molto vasto - ancorché sottoposto a censura e repressione sistematica - e di esso fanno parte anche figure slegate dal gruppo REGIMED che vanno da premi Nobel a medici, psicologi, ricercatori, biomedici, scienziati, politici, scrittori, intellettuali, e gente comune politicizzata, non “televisata” e con gli occhi aperti. Fra questi: Peter Duesberg, virologo esperto in retrovirus, biologo molecolare di fama mondiale; Kary Mullis, premio Nobel nel 1993 per la chimica per aver inventato uno strumento fondamentale di analisi del DNA, la PCR (Polymerase Chain Reaction).

Il sito internet di Duesberg http://www.duesberg.com – in inglese ovviamente – ed il sito Info AIDS – “Tutto quello che non vi hanno mai detto circa l'AIDS” http://infoaids.freeweb.supereva.it/index.htm?p – veramente ottimo ed in italiano – contengono moltissime informazioni (e collegamenti) su quanto affermato, scritto e prodotto da chi avversa la teoria ufficiale dell’AIDS.
Altra controinformazione AIDS in italiano: http://www.laleva.cc/cura/truffa_aids.html

Ma il sito fondamentale è “Rethinking AIDS” (Ripensare l’AIDS) http://www.virusmyth.net/aids/, che contiene collegamenti ad una quantità enorme di documenti.
Il dissenso in Italia è guidato principalmente da Luigi De Marchi (psicologo clinico e sociale) e Fabio Franchi (infettivologo, studioso di teoria e tecnica della metodologia), autori del libro "AIDS la grande truffa" (Edizioni SEAM) in cui vengono demolite le mistificazioni pseudo-scientifiche dell'ipotesi HIV/AIDS.
Va segnalato anche il dottor Elio Rossi - medico chirurgo - patologo clinico e dottore in psicologia – autore del libro "HIV e AIDS: Fine degli opposti estremismi" Edizioni Lombardo editore in Roma, un’altra denuncia contro l’inganno e l’assurdità della teoria ufficiale sull’AIDS.

Altri libri particolarmente interessanti tradotti in italiano (in inglese ce ne sono un casino) sono:

"Inventando il virus dell'AIDS" di P. Duesberg - Edizioni Baldini e Castoldi.

"L'AIDS è causato dall'uso di farmaci e da altri fattori di rischio non contagiosi", P. Duesberg, Ed. Andromeda Inediti, n. 78.

"Dossier AZT, la verità sul farmaco più tossico mai utilizzato per una terapia a lungo termine", basato sulle pubblicazioni di John Lauritsen, Ed. Andromeda Inediti, n. 90.

"Atti del convegno internazionale "Ripensare l'AIDS" ", Ed. Andromeda Inediti, n. 91.

“AIDS: e se fosse tutto sbagliato?” di Christine Maggiore – Ed. Macro Edizioni – settembre 2000. Questo libro è particolarmente interessante perché contiene molte testimonianze di sieropositivi rispetto alle cure alternative e a quelle ufficiali, ed al rifiuto di queste ultime, con relativi enormi benefici in termini di salute. In appendice si trova un ricchissimo indirizzario di associazioni e gruppi che si occupano di AIDS/HIV da punti di vista alternativi, di terapeuti che praticano terapie non convenzionali rispetto a problemi di deficienze del sistema immunitario, e una lista di siti internet su cui è reperibile una gran quantità di informazioni.

Infine nel 1992 uscì un libro visionario e profetico, anticipatore dei tempi, e con una lacerante profondità di analisi sociale e politica: “La Mal’aria – AIDS e società capitalista neomoderna” a cura del gruppo T4/T8 di Milano (edito da Calusca City Lights – Via Conchetta 18 – 20123 Milano). Una vera coltellata al cuore del delirio omicida capitalista in cui, tra l’altro, nel capitolo “L’AIDS come equivalente generale delle pesti neomoderne ed accumulazione forzata di medicina” Riccardo d’Este sosteneva la teoria sovversiva radicale del “Realizzare la salute attraverso l’abolizione della medicina”, e dopo una lunga analisi concludeva così:
“L’AIDS cammina con la società, con il capitale, con i sacerdoti medici. Siamo noi a doverci rifiutare di camminare con loro. Anche a costo della vita, che peraltro già ci fanno scontare nella sopravvivenza. Come si è detto un tempo, e va costantemente ripetuto, “meglio una fine nell’abisso che un abisso senza fine”. E forse, chissà, riusciremo a non farci male. Giocandocela tutta subito, oggi, in rivolta”.

Un altro libro assolutamente imperdibile è “Il tempo dell’AIDS” di Michel Bounan pubblicato in Italia da QUATTROCENTOQUINDICI - Torino 1993 (Ed. originale “Le temps du Sida”, Ed. Allia, Parigi, 1991).

LA STRATEGIA DEL TERRORE (1)
“E’ piaciuto a Dio, ai nostri giorni, di inviarci malattie che (come è da osservare) ai nostri avi erano sconosciute. Hanno detto, coloro che sono incaricati di interpretare le sacre scritture, che la lue è segno dell’ira divina e che così Dio punisce e flagella le nostre cattive azioni.”
(Ulrich von Hutten, Cavaliere tedesco, “Von den Franzosen oder blatteren”, 1519).

Nel 1981 il Dr. Michael Gottlieb (immunologo) individuò cinque persone malate, fra cui non era intercorsa relazione alcuna, caratterizzate da un sistema immunitario fortemente indebolito. Questa malattia venne battezzata con il nome generico di AIDS, Sindrome da Immunodeficienza Acquisita.
Nello stesso anno Ronald Reagan viene eletto presidente degli Stati Uniti.

Nel 1984, l'allora Ministro della Sanità statunitense Margaret Heckler ed il virologo Robert Gallo dell'Istituto Superiore di Sanità annunciarono in una conferenza stampa che l’AIDS era una nuova malattia virale, trasmessa attraverso il sangue o i rapporti sessuali. Fu detto che il virus che causava la malattia era l'HIV (Human Immunodeficiency Virus), e che sarebbero occorsi circa due anni per individuare un vaccino e sconfiggerlo. A distanza di ben sedici anni e miliardi di dollari spesi in ricerca, nessun vaccino è stato scoperto né ci sono indizi che siamo in procinto di averlo; e neppure è stata individuata una cura efficace.
Il principale accusato da parte dei "dissidenti" è proprio lui, Robert Gallo, il quale nel frattempo è diventato multimiliardario grazie al test dell'HIV da lui brevettato ai tempi dell'annuncio dell''84, ed anche potentissimo, dato che gestisce ingenti fondi stanziati per la ricerca sull'AIDS. Anche se Gallo sosteneva di aver isolato lui il virus HIV, l'Istituto Pasteur di Parigi lo denunciò sostenendo che il virus era lo stesso già scoperto da un ricercatore francese, Luc Montagner, che aveva inviato alcuni campioni a Gallo. Fu in seguito deciso (da Reagan e Chirac) che i due fossero considerati co-scopritori, dividendosi i proventi della scoperta. Un'indagine successiva sempre connessa alla vicenda ha addebitato a Gallo altri comportamenti poco encomiabili, ma non ha danneggiato più di tanto il "padre" di una teoria così importante.

Ma cosa avevano scoperto questi due signori?
Un gruppo di scienziati australiani, guidato dalla Dott.ssa Eleni Papadopulos-Eleopulos dopo aver condotto per anni esperimenti e studi di laboratorio è arrivato alla conclusione che non si può provare che l’HIV esista, lo si può solo supporre; ma quello che è realmente impossibile affermare è che questo sia un virus (o un retrovirus).
I dottori Stefan Lanka e Heinrich Kremer sostengono anch’essi che l’esistenza dell’HIV è una pura supposizione di laboratorio. Mai dimostrata e non dimostrabile la sua esistenza, mai prodotta una fotografia di una particella HIV, ma soprattutto mai pubblicati gli esperimenti di laboratorio che ne avrebbero provato l’esistenza.

La tesi di Lanka sulla supposta indiscutibile esistenza dell’HIV è molto acuta ed intelligente. Egli sostiene che il gran polverone “mediatico” suscitato dalla diatriba tra Gallo e Montagner, protrattosi per anni con scambi di accuse, scorrettezze e colpi bassi da telenovela (troppi soldi in gioco), su chi fosse il reale scopritore dell’HIV, è servito ad oscurare l’attenzione sul fondamento della cosa più importante: l’oggetto della contesa, cioè la scoperta stessa. Viene mica in mente a nessuno di mettere in discussione cosa abbiano scoperto due scienziati che litigano così furiosamente per la paternità di una scoperta tanto importante.
Quindi non v’è nessuna prova che esista il virus HIV, presunto portatore della sindrome da immunodeficienza acquisita.

Il prof. Duesberg, dal canto suo, sostiene che pur essendo indiscutibilmente vere le affermazioni di Lanka & Co., è verosimilmente presumibile che questo virus esista. Qui non ci dilunghiamo, perché la questione è supertecnica e superscientifica, e per i non addetti ai lavori difficilmente comprensibile. Chi ha voglia di farsi venire mal di testa su questa faccenda si può andare a leggere la tesi di Duesberg su http://www.duesberg.com
Dunque Duesberg sostiene sia ragionevole supporre che questo virus esista, ma, e questa è la cosa più importante, esso non potrebbe in nessun caso attaccare il sistema immunitario umano, poiché da esso ne sarebbe distrutto in breve tempo, perciò anche nel caso esso esista è praticamente inoffensivo (anche qui stesso discorso di prima; leggersi le info su http://www.duesberg.com)

In ogni caso quello che salta definitivamente è l’equazione HIV = AIDS =  morte.

“L’HIV è solo un latente, e perfettamente inoffensivo retrovirus di cui molti, ma non tutti, i malati di AIDS, possono essere portatori. Dire che l’HIV è la causa dell’AIDS significa mettere da parte tutto ciò che sappiamo sui retrovirus... La teoria dell’HIV è inconsistente, assurda e paradossale.”
Peter Duesberg

HIV NON CAUSA L'AIDS (2)
Kary Mullis - premio Nobel nel 1993 per la chimica per aver inventato uno strumento fondamentale di analisi del DNA, la PRC - racconta che nel 1988 stava preparando una relazione in cui doveva giustificare l'affermazione "l'HIV causa l'AIDS". Essendo un'affermazione importante, decise di citare il lavoro che lo dimostrava, e domandò ai suoi colleghi quale fosse il riferimento bibliografico più opportuno. Gli risposero che era una cosa nota, e che non era necessario citare riferimenti. Ma lui non desistette, e lo cercò nella biblioteca. Nulla. Allora cominciò a chiederlo a tutti i congressi a cui andava, ma nessuno seppe rispondergli; finché non gli capitò di domandarlo a Luc Montagner, il co-scopritore (assieme a Robert Gallo) dell'HIV. Montagner, sorpreso, gli disse di citare un certo studio.

Mullis rispose che quello studio non si occupava di quella dimostrazione. "No, in effetti", disse Montagner. Guardandosi attorno per trovare una via d'uscita, disse "perché non cita quel lavoro sul retrovirus della scimmia?" – "Ma quello che succede alle scimmie non prova quello che cerco io. E poi si tratta di un lavoro uscito pochi mesi fa. Io cercavo il lavoro originale che dimostrò per la prima volta il legame tra AIDS e HIV nell'uomo". A quel punto Montagner corse a salutare un collega che aveva visto da un'altra parte della sala. Nemmeno lo “scopritore” dell'HIV sapeva indicare chi avesse dimostrato che esso causava l'AIDS; non lo hanno mai fatto né lui né Gallo.
Le confutazioni alla teoria HIV = AIDS vengono comunque suggerite anche solo dal buon senso (e da un minimo di informazione) perché sono troppe le stranezze che rimangono insolute, e che la teoria virale non riesce a spiegare.

Tanto per cominciare, la presunta infezione da HIV non somiglia affatto a quello di un contagio generalizzato. Le prime stime parlavano di 200.000 sieropositivi in Italia, con un tempo di raddoppio dell'ordine dei 10 mesi: oggi tutti gli italiani dovrebbero essere sieropositivi. Invece, non solo i sieropositivi non sono aumentati, ma sono persino diminuiti, fino a dimezzarsi: 200.000 sieropositivi nel 1988, 150.000 nel 1991, 100.000 nel 1996.
E poi se questo virus così infettivo si trasmette attraverso il sangue e lo sperma e i liquidi vaginali, perché allora non dovrebbe trasmettersi attraverso la saliva, le lacrime, il sudore? La medicina ufficiale non ha mai dato una risposta concreta, salvo trovare l’escamotage (mai provato scientificamente) di sostenere che in questi liquidi la concentrazione di virus è così bassa da non poter essere infettiva (?).

Inoltre vi è il famoso discorso sulla presunta incubazione per l'AIDS (periodo intercorrente tra infezione e malattia), che ha subito sostanziali modifiche nel tempo: da 10,4 mesi nel 1984, è aumentata di un anno all'anno fino agli attuali 16 anni. Ogni anno che passa e i sieropositivi storici cioè quelli trovati infetti da HIV quando si approntò il primo test nel 1984, non si ammalano di AIDS, viene aggiunto un anno al periodo di incubazione dalla medicina ufficiale. Assurdo. L’incubazione del morbillo continua ad essere di 9 giorni da secoli. I sieropositivi di lunga data che non si ammalano di AIDS dovrebbero suggerire una riflessione sulla teoria HIV = AIDS, invece vengono semplicemente denominati “lunghi sopravviventi”, e la medicina ufficiale sta ferma lì a guardare ed aspettare che si ammalino.

In ogni caso le statistiche parlano chiaro: circa il 50% dei sieropositivi all’HIV non si ammala di AIDS; nondimeno ci sono casi di AIDS con tutti i test per l'AIDS negativi e ci sono sempre stati, fin dall'inizio dell'uso dei test. Per esempio nel novembre 1984, Montagner trovava il test negativo nel 32% dei pazienti con AIDS esaminati.
In Africa la metà / un terzo dei casi diagnosticati come AIDS avevano un test negativo. Duesberg ne aveva contati moltissimi, a livello mondiale, descritti nella letteratura scientifica fino al 1993.
Da notare che, dal punto di vista logico, affermare che l'unica causa dell'AIDS è l'HIV ed ammettere che vi sono casi in cui quello non è presente è una contraddizione madornale. Per tale motivo gli esperti si sono sempre premurati di negare l'evidenza, fino al punto di coniare un nuovo nome per i casi di AIDS senza virus (Idiophatic CD4 Lymphocitopenia), in modo da liberarsi con questo trucco dello scomodo argomento.

In generale, comunque, il numero delle persone infettate da HIV si è stabilizzato ed è in costante diminuzione da anni in tutto il mondo, invece di aumentare rapidamente come era stato predetto, e questo suggerisce che l’HIV sia un virus vecchio, che è stato con noi secoli senza causare nessuna epidemia.

"...L’AIDS non è né nuovo né unico, ma è stato inventato come parola-ombrello per coprire un complesso di malattie, alcune delle quali erano già state descritte dalla medicina nel 1539."
John Lauritsen, autore di “The Great AIDS Hoax” (la grande beffa dell’AIDS)

L' "establishment" obbietta che la mancata diffusione epidemica della malattia è dovuto ai risultati positivi della campagna di prevenzione. Rispondono i dissidenti che i risultati delle campagne di prevenzione non ci sono stati affatto.
Prova ne è il fatto che le prostitute, che dovrebbero essere particolarmente colpite da una malattia a trasmissione sessuale, sono invece praticamente immuni dall'AIDS (in Italia, nel 1993 soli 6 (!) casi di malate di AIDS, 22 nel '95), mentre altre malattie veneree risultano invece in aumento, smentendo che sia cresciuta l'attenzione alla profilassi.
E poi, ad esempio in Africa, le campagne di prevenzione attuate dai governi sono state veramente irrisorie, praticamente nulle. E allora come mai non c’è stata la tanto temuta e paventata epidemia, spesso descritta come un autentico flagello che stava per abbattersi sul continente nero?

Durante il 1989, Philippe ed Evelyne Kryen, responsabili di un'organizzazione medica di cooperazione con 230 impiegati a Kagera, Tanzania, diffusero le prime informazioni relative alla presenza dell'AIDS in Africa. Pubblicarono un dossier, illustrato, in cui veniva ipotizzato un futuro assai buio per il continente africano, flagellato dalla piaga dell'AIDS.
La stampa degli USA riprese ed amplificò questo dossier.

Ad esempio, nel marzo del 1992, il Washington Post scrisse che il continente africano stava soffrendo “una immensa catastrofe nel campo della salute pubblica” e che Kagera era “una delle aree più duramente colpite del mondo”.
Questo giornale attribuì a Philippe Kryen frasi del tipo: “sarebbe stato preferibile un terremoto” alla piaga dell'AIDS, dato che essa colpiva il gruppo più produttivo, quello delle persone più sessualmente attive.
Il 3 ottobre del 1993, il Sunday Times pubblicò un lungo articolo del suo reporter scientifico Neville Hodgkinson. In questo articolo, e dopo quattro anni di esperienza con pazienti africani, Philippe Kryen dichiarava: “L'AIDS non esiste. È una cosa che è stata inventata. Non ci sono basi epidemiologiche. Per noi non esiste.”
Ma il Washington Post non si fece eco di questa mutata opinione. E nessun altro giornale.

"Hanno considerato il gran numero di persone sieropositive (in Africa) prima di accorgersi che gli anticorpi della malaria - che in Africa hanno tutti - si mostrano nei test come ‘positivi all’HIV’."
Kary Mullis

La situazione dell’AIDS è assolutamente anomala rispetto a qualsiasi malattia che pretende di essere di origine virale, come sostiene Michael Martinez, sul documento "Why HIV Does Not Cause AIDS" (Perché l'HIV non causa l'AIDS).
Spiega Martinez: perché si possa parlare di infezione da germi, debbono essere verificati i cosiddetti "postulati di Koch": ovvero i microbi devono essere presenti in tutti i casi di malattia, e devono essere biologicamente attivi; devono poter essere isolati e accresciuti in coltura; i microbi in coltura devono riprodurre la stessa malattia se introdotti in un altro ospite; e devono essere di nuovo trovati nell'organismo ospite. Come si vede, anche se si tratta di microbi e non di virus, siamo di fronte a regole più che altro dettate dal buon senso.
Gallo invece sovverte totalmente queste regole, perché è possibile ritrovarsi malati anche senza virus!

E ancora: l’infezione da HIV, come ci è stato insegnato, debilita le difese immunitarie, spianando la strada ad altre malattie; sono queste, e non l'HIV, a portare alla morte il paziente. Queste malattie "complicanti" sono attualmente enumerate in una trentina. Ma, cosa strana, tra esse c'è il carcinoma uterino, che è a tutti gli effetti un tumore, e che di conseguenza non si capisce cosa abbia a che fare con il sistema immunitario... Un'altra, il sarcoma di Kaposi, è per ammissione degli stessi CDC (centri epidemiologici) statunitensi, "non causata dall'HIV ed indipendente da esso"!

Negli ultimi anni lo stesso Luc Montagner, co-scopritore del virus, ha iniziato nel corso di svariate conferenze in giro per il mondo una lenta e progressiva marcia indietro rispetto alla teoria HIV = AIDS, sostenendo che i suoi studi rivelano sempre più l’HIV come un semplice co-fattore scatenante la malattia, e non come l’unica causa determinante. Una vera e propria presa di distanza dal “fondamentalismo” di Gallo e seguaci.
Va detto che, comunque, il sapere ufficiale è ancora saldamente arroccato sulla posizione della teoria virale e sui miliardi “a pioggia” che questa garantisce, ed usa tutti gli strumenti di pressione e persuasione a sua disposizione.

Sul numero di settembre 1998 del mensile “Le Scienze” (edizione italiana di Scientific American), è stata pubblicata una lunga “indagine” dal titolo molto significativo: “Speciale AIDS: quali sono le prospettive nella battaglia contro l’HIV”.
Una trentina di pagine in cui non viene mai messo minimamente in dubbio che l’HIV sia l’unica ed esclusiva causa dell’AIDS, né che i test siano del tutto inaffidabili, ed in cui vengono elogiati trionfalmente i successi della medicina in questo campo. La tesi è tuttora quella che l’AIDS rappresenta una epidemia a livello mondiale (pandemia), la cui espansione esponenziale viene contenuta dagli strabilianti successi della scienza medica, soprattutto attraverso l’uso dei nuovi farmaci (gli inibitori della proteasi), combinati con i vecchi farmaci (AZT) e con l’aggiunta di altri farmaci ancora.

Vedremo più avanti l’assurdità di queste affermazioni.

E’ in ogni caso stupefacente l’autorevolezza con cui questi pennivendoli prezzolati (che si spacciano per “scienziati”) sostengono una simile quantità di menzogne e nefandezze. Questa è realmente quella che Kary Mullis definisce “la manipolazione informativa in azione”.

“Non vi è potente fregnaccia, che la tecnica moderna non sia lì pronta ad avallare, e rivestire di plastiche verginali, quando ciò risponde alla pressione irresistibile del capitale e ai suoi sinistri appetiti.”
Amadeo Bordiga (Politica e Costruzione, da “Prometeo” n. 4, luglio-settembre 1952)

LA QUINTAESSENZA DELLA TRUFFA: I TEST DELL'AIDS (3)
Bene, assodato che non è nemmeno certo che l’HIV esista, prendiamo ora in considerazione il perno su cui tutto ruota: i test.
La diagnosi d'infezione da HIV viene fatta sulla base dei risultati d'un test di screening (Elisa) e d'un test di conferma (Western Blot, WB) che rivelerebbero la presenza di anticorpi specifici. Vi sono anche altri test, meno diffusi e quasi tutti considerati “meno affidabili”(!).
Nei due test, il siero del paziente viene messo a contatto con le proteine virali (antigeni); se vi sono anticorpi contro le stesse proteine, questi si legheranno e saranno poi evidenziati con una seconda reazione; nel WB le proteine sono separate in bande con elettroforesi, in modo da riconoscerle separatamente.

Il test Elisa è molto più economico, ancorché più inaffidabile, se mai è possibile. In Italia è l’unico “passato” dalla sanità “pubblica” ed è considerato sufficiente per essere dichiarati “appestati” o meno.
Ma non è così in tutti i paesi, anzi, metodi e criteri sono parecchio diversificati.
L'affidabilità di questi test avrebbe dovuto essere valutata molto scrupolosamente, date le pesanti ripercussioni psicologiche, affettive, sociali e professionali che un responso positivo comporta per la persona (e spesso anche per chi la circonda). Purtroppo, sebbene tutti i test usati (come vedremo) non siano per niente affidabili, le "autorità" e gli "esperti" hanno operato ed operano "come se" lo fossero.

Va ricordato che, secondo gli stessi dati ufficiali, essi segnalano spesso molti "falsi positivi": in altre parole, molte persone sono erroneamente identificate come sieropositive, con effetti disastrosi per loro e per chi gli sta vicino, dato il clima di terrore mediaticamente creato.
Lo conferma Robin Weiss, noto virologo che detiene un brevetto proprio in questo campo: “In popolazioni in cui la diffusione della malattia (AIDS) è scarsa (quelle europee), questi falsi positivi costituiscono una percentuale consistente di tutti i sieropositivi. E le conseguenze d'un falso allarme in questa materia sono note: grave angoscia, depressione, spesso perdita del lavoro, rifiuto di assicurazioni sulla vita e contro le malattie (ahi ahi … - N.d.R. -) e, talvolta, tentati suicidi. La gravità del danno prodotto è enorme: quando i due test combinati (Elisa e WB) vengono applicati alla popolazione generale, producono un tasso di falsi positivi 5 volte maggiore dei presunti "veri positivi"”.

E' stato anche dimostrato che alcune malattie e fattori banali quale una semplice vaccinazione anti-influenzale possono rendere positivo il risultato.
Va alla già citata scienziata australiana, Eleni Eleopulos ed ai suoi colleghi il merito d'aver dimostrato in modo rigoroso l'attuale vergognosa situazione prendendo in esame le assurde molteplicità dei criteri diagnostici (che avrebbero dovuto essere uguali dovunque) e valutando i singoli aspetti dei test utilizzati.
In consonanza con quanto affermato anche da molti altri scienziati ed équipes di ricerca, la Eleopulos ricorda come i criteri di diagnosi siano profondamente diversi da Paese a Paese e come, quindi, i dati raccolti in base ad essi non siano né comparabili né cumulabili (sebbene vengano regolarmente comparati e cumulati) ai fini di una seria valutazione statistica internazionale.

In Africa, per esempio, la diagnosi di AIDS viene fatta nella maggior parte dei casi in termini puramente clinici, cioè sulla base dei sintomi (ma si tratta di sintomi comuni a malattie diffusissime ed antiche in quel continente, per esempio la malaria). In America meridionale, invece, tale diagnosi viene fatta quando il paziente, oltre a presentare certi sintomi, risulta positivo a uno di due test: il test Elisa o il "test dell'antigene" (i più economici e imprecisi).
In Europa e negli Stati Uniti, viceversa, questi due test non sono considerati sufficientemente affidabili: essi devono essere suffragati da un test detto di conferma, il Western Blot (WB).

Le cose non stanno così in Italia, dove come già visto basta l’Elisa, e vanno ancora diversamente in Gran Bretagna, ove frequentemente ci si affida al solo test Elisa, ma ripetuto più volte.
Approfondendo la ricerca sulla concordanza o meno tra test Elisa, WB e diagnosi clinica, Eleni Eleopulos ha constatato che la confusione cresceva ancora.
In Africa, la corrispondenza tra test Elisa positivo e diagnosi clinica è risultata del 50% circa, secondo la letteratura scientifica. Inoltre, come ammesso dagli epidemiologi Robert Biggar nel 1985 e Myron Essex nel 1994, in Africa "la reattività sia nell'analisi ELISA sia nella Western Blot possono essere non-specifiche " a causa di malattie diffuse ed endemiche (malaria, lebbra).

In Russia, la concordanza tra test Elisa e test di conferma (WB) è risultata minima. Stando ad informazioni pubblicate sull'autorevole rivista medica inglese The Lancet, nel 1990, in Russia vennero fatti 20,2 milioni di test ELISA, di cui 20.000 risultarono positivi, ma solo 112 vennero confermati con il WB; nel 1991, su 30 milioni di test ELISA, ben 30.000 risultarono positivi, ma di questi solo 66 risultarono confermati dal Western Blot cioè soltanto 1 ogni 455.
Negli Stati Uniti, su un totale di 1.200.000 militari di leva sottoposti al test Elisa 12.000 risultarono positivi, ma alla fine dei 3 controlli previsti, ne vennero confermati meno di 1/6 (1.920). Quale risultato ci sarebbe stato, si domanda la Eleopulos, se i controlli, invece di 3, fossero stati 2 o 5 e il loro ordine di esecuzione (Elisa e WB) diverso?

Quali sono i criteri per un test "di conferma" (WB) positivo? Quanto è standardizzato?
Nei soli Stati Uniti vi sono ben 4 criteri ufficiali, e solo uno (indicato nel kit diagnostico della Du Pont) è stato approvato dalla FDA (Food and Drug Administration) nel 1987. Questo è il più restrittivo ed è usato da pochi laboratori. Se solo questo test fosse usato, negli Stati Uniti sarebbero confermati solo il 50% dei sieropositivi!
Ma in questo come in altri Paesi, continuano ad essere utilizzati kit differenti praticamente in ogni laboratorio (in Italia nel 1992 i kit in commercio erano almeno 18 e su nessuno di questi era stata fatta alcuna verifica di affidabilità da parte delle autorità sanitarie!).

Sono aspetti sconcertanti che vengono tenuti nascosti alla popolazione ma ben noti a molti ricercatori. Ecco il commento del Dr. Zolla-Pazner: "Confusione sulla identificazione di queste bande (i risultati del test Western Blot) è risultata in conclusioni scorrette negli studi sperimentali. [...] potrebbe essere necessaria la reinterpretazione dei risultati già pubblicati". Un altro gruppo così si è espresso nel 1989: "La sua tecnica (del Western Blot) non è stata standardizzata, l'importanza e le conseguenze delle variazioni verificatesi nei laboratori non sono ancora state misurate. I suoi risultati richiedono d'essere interpretati; i criteri per queste interpretazioni variano non solo da laboratorio a laboratorio, ma anche di mese in mese."

Alcune domande sui test:

E' un test riproducibile?

  • No, la risposta è negativa. In controlli di qualità effettuati in Laboratori di riferimento, al massimo livello, frazioni dello stesso siero davano risultati differenti in diversi laboratori e persino risultati differenti nello stesso laboratorio in tempi diversi!
  • Le stesse Autorità Sanitarie talvolta se ne sono accorte, ma la loro tendenza è sempre stata quella di occultare e minimizzare. Per esempio, a Parigi, nel 1993, sono stati ritirati dal commercio 9 kit diagnostici su un totale di 31 esaminati. E si trattava di kit per il WB prodotti da alcune delle più stimate aziende farmaceutiche tedesche, svizzere, francesi e americane.

E' un test specifico?

  • La Eleopulos e colleghi analizzano singolarmente ogni proteina ritenuta specifica del virus ed utilizzata nei test: nessuna supera l'esame, poiché proteine delle stesse dimensioni e caratteristiche sono presenti in cellule normali. Anticorpi diretti contro di esse sono rilevabili frequentemente in varie malattie: lebbra, tubercolosi, malattie autoimmuni, malaria, la stessa comunissima influenza, condizioni che provocano la formazione di grandi quantità di anticorpi.
  • Da quanto sopra emerge che anche il "test di conferma" (WB) sul quale, per definizione, non dovrebbero esserci dubbi, non rivela affatto la presenza di anticorpi specifici diretti contro l'HIV.

E gli altri test?

  • Neanche gli altri test dell'AIDS si salvano dalla critica impietosa della Eleopulos: né quello per l'isolamento del virus, né quello per l'individuazione di "particelle virali", o per la "ricerca dell'antigene" o per la "transcriptasi inversa" né la famosa PCR (Reazione Polimerasica a Catena).
  • Quest'ultimo test viene considerato insuperabile per sensibilità e specificità in quanto sarebbe in grado, si dice, di individuare un singolo virus in mezzo a milioni di cellule non infette (però costa!). Tuttavia Eleni Eleopulos ha constatato che molti ricercatori contestano l'affidabilità della PCR a causa dell'alto numero di falsi positivi che questo test produrrebbe e per l'impossibilità, lamentata da vari altri ricercatori, di ottenere risultati ripetibili.

“L’età capitalista è più carica di superstizioni di tutte quelle che l’hanno preceduta. La storia rivoluzionaria non la definirà età del razionale, ma età della magagna. Di tutti gli idoli che ha conosciuto l’uomo, sarà quello del progresso moderno della tecnica che cadrà dagli altari col più tremendo fragore”
Amadeo Bordiga (scritti, 1952)

LE CURE UFFICIALI (4)
“L’AIDS non è una malattia, non è un’epidemia, non è un’infezione: è morte da farmaci”.
Peter Duesberg

L’azienda leader nel mondo nella produzione di farmaci e “cure” per l’AIDS è la Glaxo Wellcome.
Un po’ di storia: “WELLCOME TO DEATH”
L'antica Burroughs-Wellcome venne creata nel 1880 da due farmacisti: Henry Wellcome e Silas Burroughs.
Nel 1936 venne fondata la Wellcome Trust. La Wellcome e la Rockefeller iniziarono ad associarsi.
L’orientamento politico è quello della destra bianca intollerante e reazionaria. L’élite finanziaria è l’alta borghesia ebraica.
Durante gli anni '30 rappresentante legale della Wellcome Trust fu la firma Sullivan & Cromwell, una delle più influenti di New York ed uno dei pilastri della Rockefeller. I suoi due avvocati, John Foster ed Allen Dulles sarebbero divenuti, rispettivamente, Segretario di Stato americano e direttore della CIA durante la guerra fredda.

Sin dagli anni 50 si preparano i suoi quadri tecnici, e in seguito il trust Wellcome partecipa al complesso universitario londinese fondato da Rockefeller. La sua influenza si estende nel campo dell'educazione sanitaria inglese e americana.
Negli anni 70, David Rockefeller crea la famosa Commissione Trilaterale, formata da industriali, accademici e uomini politici esperti in politica internazionale. Il nocciolo duro della Trilaterale è composto da dirigenti di un gruppo di aziende multinazionali il cui scopo è il mantenimento del potere economico (plutocrazia) in tutto il mondo. Fra queste multinazionali un posto preminente spetta alla Wellcome Trust Corporation. L’ombra lunga della Trilaterale condizionerà per anni governi e servizi segreti di mezzo mondo.
Nel 1981 Ronald Wilson Reagan vince le elezioni presidenziali degli Stati Uniti. Nella “lobby” che finanziò la sua campagna elettorale troviamo in posizione predominante la Wellcome Trust Corporation.

Nello stesso anno, viene “scoperta” una nuova malattia, con patologia caratterizzata dall’indebolimento del sistema immunitario. Questa malattia sarà ben presto battezzata con il nome molto generico di AIDS, Sindrome da Immunodeficienza Acquisita.
Il 23 aprile 1984, con la presentazione dell'allora segretaria di Stato della Sanità e Assistenza Sociale degli USA, Margaret Heckler, il Dr. Robert Gallo annunciò nel corso di una conferenza stampa che aveva scoperto il retrovirus produttore dell'AIDS, che denominò HTLV-III (meglio conosciuto come HIV).
Nello stesso giorno veniva registrato un brevetto americano del test dell'HTLV-III sviluppato dallo stesso Gallo.

Fino al 1986, Wellcome Trust controllava il 100% della Wellcome Inc., produttrice di farmaci. Vendette il 25% delle proprie azioni e assunse la denominazione di Wellcome Foundation.
Da questo momento in poi assistiamo ad un cambiamento di rotta da parte delle istituzioni della Wellcome che rinunciano ad atteggiamenti etici populistici ed accademici per un mercantilismo d’assalto duro e puro.
Dopo il clamoroso insuccesso come trattamento anticancro, la Wellcome ottenne l'autorizzazione per ripresentare sul mercato l'AZT, ribattezzato Retrovir, per trattare i malati di AIDS.

Il 24 giugno del 1988, Duncan Campbell, in un articolo intitolato “The amazing AIDS scam”, sulla rivista “New Stateman and Society”, affermò che molti risultati clinici vengono nascosti dietro risultati commerciali. Affermò inoltre che il costo dell'AZT si era quintuplicato o decuplicato. Il costo mensile di un malato di AIDS è attualmente di circa due milioni di lire (all’inizio del 1997 era valutato statisticamente in circa 1650 dollari mensili).
Nel luglio del 1992, la Wellcome Trust ridusse la propria quota di partecipazione nella Wellcome Foundation ad un 40%, portando la sua quota annua di profitto a circa 2,3 miliardi di dollari.
Nel 1995 la Wellcome Inc. si unisce con la Glaxo Inc., colosso farmaceutico americano: nasce la Glaxo Wellcome Inc., potentissima supermultinazionale presente in ogni parte del mondo.

La Glaxo Wellcome chiude l’esercizio finanziario del 1997 con un fatturato di 13,8 miliardi di dollari.
Tutte le informazioni su questa spett.le azienda le trovate su http://www.glaxowellcome.com su cui potrete ammirare il logo animato: “disease has no greater enemy than Glaxo Wellcome” (la malattia non ha nemico più grande della Glaxo Wellcome). Amen.

LA "CURA" DELL'AZT
"L’AZT non aveva prospettive per due ragioni: i miei studi hanno mostrato che era cancerogeno in ogni dosaggio e che era troppo tossico anche per usi di breve periodo."
Dr. Richard Beltz - inventore dell’AZT (azidotimina)

L’AZT, sostanza contenuta nello sperma delle aringhe, fu sintetizzato come composto chimico di laboratorio dal chimico della Burroughs Wellcome  Richard Beltz nel 1964 nel tentativo di trovare una cura contro il cancro.
Data la sua elevatissima tossicità è impiegato come base per il veleno per topi.
Quindi, per anni, la medicina ha sperimentato sugli esseri umani un potentissimo topicida, e continua a farlo tuttora.
Non staremo qui a scendere nel “tecnico” su come agisce (per chi volesse saperne di più: “AIDS Gate” http://aliveandwell-eugene.dreamhost.com/aidsgate/ ), comunque l’AZT era stato utilizzato in medicina per distruggere le cellule malate, cancerose, ed impedirne la riproduzione. Fu un fiasco clamoroso. Innanzi tutto si scoprì subito che causava altri cancri, e successivamente che tutti i pazienti trattati con AZT morivano molto prima rispetto a quelli che non avevano ricevuto il trattamento (infatti, ripetiamo, si tratta di VELENO PER TOPI). Anzi, impediva anche di studiare l’evoluzione dei tumori, perché i pazienti morivano precocemente di avvelenamento da AZT. E la ragione è proprio abbastanza semplice: l’AZT non è come i moderni missili “intelligenti” americani, che lanciati contro obiettivi militari, vanno a colpire infallibilmente gli asili e gli ospedali iracheni. Esso non sa quali sono le cellule buone e quelle cattive, le attacca tutte quante e basta. Ovviamente la spiegazione scientifica è ben più complessa e articolata, ma più o meno questo è quello che succede con l’AZT.

Si disse allora che era una questione di dosaggi. Alte dosi uccidevano in breve tempo, ma dosaggi più bassi erano presumibilmente “benefici”. Così vennero fatte altre sperimentazioni su svariate patologie, fra cui soprattutto psoriasi e malattie della pelle. Roba da matti. Inutile dire che fu ben presto accantonato.
Va detto che le case farmaceutiche, siccome ricevono parecchi finanziamenti anche in denaro pubblico per le ricerche, spendono ogni anno montagne di soldi nella ricerca e creazione di nuovi farmaci. Ma molti di questi sono puramente speculativi. Il composto chimico magari funziona, produce alterazioni a vari livelli, e viene anche sperimentato su uomini (carcerati, malati di mente …) e animali, ma non ha malattie specifiche da curare, non si sa a cosa possa servire, così viene messo nel cassetto, in attesa che salti fuori la malattia o la scusa buona per tirarlo fuori.

Così è stato per l’AZT.

Vent’anni dopo, con l’avvento di una malattia così “mortifera e terrificante” come l’AIDS, la Wellcome rimise prontamente mano alla sua mirabile invenzione, affermando teorie folli, per cui l’AZT, prima di ammazzare le cellule, ammazzava i virus, ed essendo la recentissima scoperta di Gallo causata da un virus (l’HIV), terapie brevi e mirate sarebbero state efficacissime. La FDA (Food and Drug Administration, l'ente statunitense che verifica l'efficacia dei farmaci) lo approvò ufficialmente solo nel 1987, ma ne consentì l’uso in via sperimentale fin dalla “scoperta” dell’HIV (1984), anche in associazione con altri farmaci, come del resto, aveva già fatto in precedenza autorizzandone l’uso per altre patologie (cancri, ecc.), sin dal 1964.
Ricomincia la storia. La gente trattata con AZT sebbene in alcuni casi sembri avere un temporaneo, brevissimo miglioramento, si ammala definitivamente e muore.
Ma invece di sospenderne l’uso, arriva la teoria più demenziale: non bisogna usarlo da solo, ma associato ad altri farmaci che ne limitino i danni e ne integrino l’azione.

Chissà quanti malcapitati si sono ritrovati a dover prendere dosi incredibili di farmaci di ogni genere, fra cui l’AZT, nella speranza di curare una malattia che neanche esiste nei termini in cui viene presentata, morendo di intossicazione da farmaci.
L’AZT è stato usato indiscriminatamente su soggetti già debilitati, donne in gravidanza, neonati.
Moltissimi sono i casi di persone che accortesi del rapido peggioramento con l’AZT, hanno smesso di prendere ogni farmaco, salvandosi dalla morte, e creando quella casistica che la medicina ufficiale non sa spiegare, di soggetti che pur essendo sieropositivi non si ammalano e non muoiono.

Come cresce la voce del dissenso e l’informazione (controinformazione), sempre di più sono le persone che si salvano da una morte imminente annunciata come inevitabile.
A Londra, i superstiti pubblicano la rivista “Continuum”. In Olanda collaborano con la Fondazione per la Ricerca Alternativa sull'AIDS (SAAO), in Svizzera da anni sono attivi gruppi di auto aiuto e controinformazione sull’AIDS che hanno preso piede un po’ in tutta Europa.
La maggioranza delle persone colpite dall'AIDS che sono sopravvissute alla malattia lo hanno fatto grazie a grandi dosi di volontà e di senso critico, assumendo costumi di vita coscienti e responsabili, e perché no, anche antagonisti.

Il famoso campione Earvin "Magic" Johnson, risultato sieropositivo nel 1991, pare abbia assunto AZT per pochi giorni, risultandone debilitato, e che abbia subito smesso.
La sua salute migliorò subito, tanto che vinse alle Olimpiadi del 1992. In una recente conferenza stampa Magic ha dichiarato di non essere più malato di AIDS.

Un altro dei tanti misteri dell’AIDS.
“Il mistero di questo virus è stato generato dai duemila miliardi all'anno che vi sono stati spesi. Se prendi un altro virus e ci spendi duemila miliardi di dollari potrai ricamarci sopra tutti i misteri che vuoi”.
Kary Mullis - (“la manipolazione informativa in azione”).

LE ALTRE "CURE" UFFICIALI
Terapie convenzionali (farmaci antiretrovirali).

I primi ad essere impiegati sono stati i cosiddetti “inibitori della trascrittasi inversa”.
Gli ultimi, più recenti, gli “inibitori della proteasi”.

Trascrittasi inversa:
Processo di replicazione virale in cellule non precedentemente infettate, nel quale RNA virale ad un solo filamento viene trascritto in DNA virale a doppio filamento, consentendo la conversione del genoma virale in forma che si integra nel DNA della cellula ospite, infettandola.
L’inibizione della trascrittasi inversa non ha tuttavia effetto sulla produzione di virus da parte di cellule nelle quali l’integrazione ha già avuto luogo, quelle con infezione cronica.

Proteasi:
Le proteasi sono enzimi essenziali nel processo di trasformazione dei precursori virali in assemblaggio e formazione dei virus maturi. Questo processo avviene durante o subito dopo la gemmazione dei virioni dalla membrana della cellula ospite.

Inibitori della Trascrittasi inversa:
Zidovudina (AZT, Retrovir) – il primo antiretrovirale utilizzato, dapprima in monoterapia, attualmente in associazione con altri antiretrovirali. Presenta effetti tossici con effetti collaterali più frequenti all’inizio del trattamento.

Didanosina (DDI, Videx) – il secondo antiretrovirale utilizzato. Comporta la frequente insorgenza di neuropatie periferiche.

Zalcitabina (DDC, HIVid) – Stavudina (D4T, Zerit) – Lamivudina (3TC, Epivir)

Presentano effetti tossici con effetti collaterali in genere reversibili con sospensione del trattamento.

Nevirapina (Viramune) – Delavirdina (Rescriptor)

Hanno azione sinergica con AZT e DDI.

Inibitori della Proteasi:

Ritonavir (Norvir) – Gli effetti collaterali osservati più di frequente sono: nausea, diarrea, vomito, astenia, vasodilatazione, alterazione del gusto. Produce interazione con altri farmaci (antibiotici, antidepressivi, antistaminici).

Indinavir (Crixivan) – le principali complicazioni descritte sono state secchezza della cute e alterazione del gusto.

Saquinavir (Invirase) – appare come l’inibitore della proteasi meglio tollerato. Viene spesso somministrato in combinazione con il Ritonavir. Può provocare aumento delle transaminasi.

Nelfinavir (Viracept) – uno dei più recenti. Non presenta interazioni farmacologiche di particolare rilevanza. L’evento avverso più frequente è la diarrea.

Le terapie antiretrovirali comunemente utilizzate sono estremamente complesse, ed il regime terapeutico attualmente più utilizzato è quello che prevede l’associazione di più farmaci antiretrovirali, in genere due inibitori della trascrittasi inversa e un inibitore della proteasi, i cosiddetti “cocktail” antiretrovirali. Essi richiedono una rigorosa adesione del paziente al trattamento, al fine di prevenire l’insorgenza di resistenze.
Uno dei problemi più comuni nella pratica clinica di questi trattamenti è quello di decidere tempi e modi di somministrazione, ovvero quando iniziare, cambiare, sospendere o interrompere una terapia e come definire i costanti insuccessi.
Si noti bene che alla base di tutte queste “terapie” vi è l’accettazione passiva e acritica che L’HIV esista.

Ma siccome la sua esistenza non è mai stata dimostrata si somministrano veleni tossici per debellare un qualcosa di inventato.
A questo punto sorge obbligatoria la domanda “cui prodest?” (a chi giova?).
Quelle elencate fin qui sono le “cure” standard, quelle più diffuse, usate e abusate finora. Esistono comunque numerose altre terapie, misture e cocktail di farmaci usate e suggerite qua e là da medici, stregoni e sciamani ospedalieri. Chi da anni sta vivendo la vicenda AIDS sulla sua pelle ne sa qualcosa!

E’ da osservare ancora che la medicina ufficiale tende sempre a negare la palese tossicità dei farmaci impiegati, e ad attribuire la responsabilità della mortalità “per AIDS” al fatto che il virus HIV sarebbe un virus mutante, che in breve tempo diviene resistente ai farmaci, per cui bisogna introdurre sempre nuove terapie, associandole magari con quelle vecchie. Gli scienziati “dissidenti” sostengono che queste affermazioni sono totalmente a-scientifiche, in contrasto con tutti i postulati su cui si regge la medicina occidentale, quindi prive di qualsiasi fondamento sia scientifico che culturale, e soprattutto prive di verifiche, studi e sperimentazioni di laboratorio. Ma non c’è bisogno di essere scienziati per capire che simili teorie non possono che ignorare la salute della popolazione, tese come sono a garantire business miliardari per l’industria farmaceutica, e finanziamenti da capogiro per la ricerca.

“Checché ne dicano i professionisti della salute, la malattia non è un fenomeno negativo per l’individuo. Tutt’altro. E’ la risposta dell’organismo all’aggressione di agenti patogeni esterni e, talvolta, interni, scatenati però da condizioni esterne. Poiché si tratta di una risposta, la malattia significa resistenza, autodifesa. Scaricata la fase acutamente morbosa, l’organismo vivente tende (anzi tenderebbe, date le sollecitazioni farmacologiche cui tutti siamo sottoposti che appiattiscono le reazioni e le loro forme) a ritrovare il suo equilibrio biologico. Un po’ come la febbre: guai se non ci fosse, perché in questo caso significherebbe che l’organismo non ha più alcuna forza autodifensiva. (Un esempio per tutti: nel caso di epatopatie, di malattie del fegato, sinché la parte, il fegato, è dolorante significa che sta opponendo una resistenza agli agenti patogeni; quando ormai tace, vuol dire che l’organismo si è arreso, come nel caso di epatiti o cirrosi.) Ma la medicina, invece di assecondare la malattia e di condurla a un esito positivo, cioè ad un superamento della malattia stessa, vuole intervenire immediatamente con il bombardamento farmacologico (in specie con antibiotici e “bios”, ben si sa, vuol dire vita). Perché il tempo dell’uomo (essere organico) deve essere scandito dal tempo del capitale (essere inorganico). Il tempo della merce, del suo supporto fattivo, il lavoro, e della sua protesi gestionaria, la circolazione e l’amministrazione, deve essere totale. Il corpo umano, dunque, depauperato delle sue esigenze organiche vitali, non può funzionare che come una macchina. La medicina contemporanea si occupa per l’appunto di questo ed il suo apogeo sta proprio nella tecnica dei trapianti: sostituire i pezzi della macchina, cambiare le parti difettose del burattino, di Pinocchio.”
Riccardo d’Este (da “L’AIDS come equivalente generale delle pesti neomoderne ed accumulazione forzata di medicina” – La Mal’aria …, 1992)

ALCUNE DOMANDE (5)

- MA L'AIDS ESISTE O NO?
Si, esiste.

Esiste sicuramente una patologia che porta ad una grossa deficienza del sistema immunitario e talvolta anche alla morte. Anzi ce ne sono molte, non si sa nemmeno quante, ed alcune esistono probabilmente da secoli. E possiamo anche tranquillamente chiamarle tutte AIDS. Il primo caso di “sindrome da immunodeficienza” viene comunque descritto nella letteratura medica nel 1912.
L’unica cosa certa è che l’AIDS non è nulla di ciò che ci è stato raccontato finora.

- COS'E' IL SISTEMA IMMUNITARIO E COME FUNZIONA?
Vediamo di spiegarlo in poche parole. Per chi vuole saperne di più esiste una bibliografia vastissima.
Il sistema immunitario è la seconda linea di difesa dalle malattie del nostro organismo (la prima è la pelle). Essa è costituita dai globuli bianchi, chiamati linfociti, prodotti dal midollo osseo.
A seconda della loro funzione alcune di queste cellule sono dette cellule “B”, altre cellule “T”. Esistono più tipi di cellule ”T”. Per esempio le cellule T4 sono meglio conosciute come T4 Helper (aiutanti, che danno aiuto). Esse sono i cani da guardia del nostro organismo, e al sopravvenire di ogni minaccia esterna danno l’allarme e attivano il sistema immunitario. Dopodiché le cellule “B” si mettono immediatamente al lavoro e producono anticorpi per combattere ogni possibile tentativo futuro di attacco da parte della stessa causa.

Questo è il principio che sta dietro a tutti i vaccini: introdurre piccolissime quantità di agenti scatenanti una determinata malattia per fare in modo che le cellule B creino gli anticorpi, cosicché l’organismo conosca già quella affezione e sia pronto a difendersi e sconfiggerla in futuro.
Mentre le cellule B producono gli anticorpi per i futuri attacchi, sempre per effetto dell’allarme dato dai T4 Helper, il sistema immunitario scatena le cellule T Killer che hanno il compito di annientare e distruggere le cellule infettate dall’agente esterno.
Scusate la terminologia guerresca, ma la medicina occidentale è nata, cresciuta e sviluppatasi con le guerre, ed ogni descrizione ufficiale sembra sempre un campo di battaglia. (La medicina cinese o quelle orientali non si esprimono mai in questi termini).

Il guaio è che dopo la battaglia le cellule T Killer vanno richiamate e fermate, perché queste sono idiote come i Rambo americani, e se non le si ferma esse cominciano ad attaccare le cellule sane.
Qui entrano in gioco le cellule T8 Suppressor (soppressori), una sorta di polizia militare che si occupa di eliminare gli yankees  impazziti e far così cessare l’allarme immunitario.
In un organismo sano sono presenti circa da 800 a 1000 cellule T4 per microlitro di sangue, e circa la metà di cellule T8.

Le malattie del sistema immunitario (AIDS compreso, ovviamente) minano o “inceppano” questo meccanismo in molte maniere differenti.
E soprattutto sono sempre esistite, solo che non se ne era a conoscenza.
Prima della “scoperta” dell’AIDS, una persona con sistema immunitario debilitato poteva morire ad esempio di polmonite. E la diagnosi era di morte per polmonite. Oggigiorno se una persona è sieropositiva all’HIV una morte per polmonite è diagnosticata come morte per AIDS. Ma se una persona con sistema immunitario debilitato muore di polmonite e non è positiva all’HIV, la diagnosi rimane di morte per polmonite. Questo viene fatto per avvalorare la teoria HIV = AIDS, ma è un assurdo: o una persona muore di polmonite e basta, o se aveva il sistema immunitario debilitato la polmonite è stata l’esito di una patologia da immunodeficienza, HIV o non HIV.

- E' l'AIDS (o meglio il virus HIV che "causerebbe" l'AIDS) contagioso?
No, l’HIV non è contagioso. In primo luogo non si sa nemmeno se esista: la sua esistenza non è mai stata provata. In secondo luogo se anche esiste è veramente impossibile provare che sia un virus, come dichiarato dalla Dr. Eleopulos. In terzo luogo, nel caso che esista, e che malauguratamente sia proprio un virus, esso non sarebbe in grado di intaccare il sistema immunitario umano, come dimostrato da Duesberg seguendo una serie di postulati su cui si basa l’intero edificio della medicina occidentale, ed anche solo adoperando il buon senso.
Ormai un numero molto vasto di scienziati e ricercatori comincia ad ammettere che le teorie di Gallo e Montagner sono demenziali, anche se menzogna e mistificazione sono davvero dure a morire.
Riassumendo l’AIDS non è una malattia infettiva.
L’AIDS non si trasmette né attraverso i rapporti sessuali né attraverso il sangue.

Questo non significa che non sia saggio avere rapporti “protetti”: sifilide e malattie veneree sono statisticamente in aumento (alla faccia della cosiddetta “prevenzione”). Così come bisogna evitare lo scambio di siringhe: le epatiti sono anch’esse in forte aumento, e pare, sempre più aggressive, assieme a svariate altre malattie trasmissibili attraverso il sangue.

- Ma allora chi si prende l'AIDS come se lo becca?
Non esiste un singolo fattore scatenante (ad esempio un virus) come affermano i sostenitori dell’HIV e della teoria virale. E’ molto più verosimile pensare ad una serie di concause che interagiscono, indebolendo, a volte in maniera irreversibile, il sistema immunitario.
L’uso e l’abuso massiccio di farmaci è sicuramente la causa principale. L’enorme diffusione degli antibiotici, usati a dismisura anche quando non ce n’è proprio bisogno (ed è la maggioranza dei casi), ha indebolito enormemente il sistema immunitario umano.

Stesso discorso per i cortisonici (dannosissimi per tutto l’organismo, in particolar modo per il sistema immunitario), per gli psicofarmaci, ed in generale per tutti i farmaci.
Se al primo sintomo di un raffreddore o di un’influenza uno comincia immediatamente ad imbottirsi di farmaci (soprattutto antibiotici), egli mette subito fuori gioco il suo sistema immunitario, facendo combattere la malattia da un agente esterno. In tal modo il sistema immunitario si indebolisce fortemente, non impara più a “riconoscere” le malattie, e soprattutto perde la capacità di combatterle da solo. Un luogo comune inglese dice “use it or lose it”, cioè “usalo o perdilo”; se ad esempio faccio una vita sedentaria e non faccio mai esercizio fisico, cioè non uso mai il mio sistema muscolare, esso tenderà ad atrofizzarsi.

Lo stesso vale per il sistema immunitario. Se non lo uso mai, se non lo tengo in esercizio e lascio che siano esclusivamente i farmaci a combattere le malattie, esso tenderà inevitabilmente ad atrofizzarsi..
Sono dannosissimi anche i vaccini, che obbligano il sistema immunitario ad uno sforzo enorme e logorante.

Un vaccino contro l’influenza o contro l’epatite significa né più né meno che beccarsi queste malattie e per così dire “guarire” senza accorgersene.
Bisogna assolutamente evitare di fare vaccini di qualsiasi tipo, a meno che questo non sia veramente indispensabile, cioè si corra un rischio concreto e davvero probabile di contrarre una malattia grave.
Le vaccinazioni di massa sono sicuramente responsabili di un grosso indebolimento del sistema immunitario umano.

Le trasfusioni sono un altro enorme fattore di rischio. Abbiamo già visto che l’AIDS non è un virus, e non si trasmette attraverso il sangue. Ma attraverso le trasfusioni si possono contrarre una quantità di malattie debilitanti, ed inoltre le trasfusioni sono di solito accompagnate da terapie di farmaci immunodepressivi per evitare fenomeni di “rigetto”, poiché una trasfusione di sangue è a tutti gli effetti un trapianto (vedi più avanti). Peggio ancora, ovviamente, per i trapianti di organi.

Anche l’uso di droghe, soprattutto quelle pesanti (eroina, anfetamina, cocaina, alcool, ma anche tabacco, caffè, ecc…) contribuisce indiscutibilmente all’indebolimento del sistema immunitario, piaccia o non piaccia.

La cattiva alimentazione è un’altra concausa di debilitazione dell’organismo in generale. Tutti sanno che oggigiorno ci alimentiamo con cibi sofisticati ed adulterati, e spesso anche in maniera scorretta, troppi grassi, troppe calorie. Bisognerebbe cercare di tendere ad una alimentazione “sana” e corretta (per quanto possibile). Senza dilungarsi troppo, perché è evidente, altre cause di indebolimento fisico e psichico (e quindi anche del sistema immunitario) sono: la vita sedentaria, l’inquinamento, il degrado ambientale, lo stress, l’ansia, l’angoscia, la perdita del senso della realtà tipica del mondo mediatico e “mediato”, gli esperimenti medici, chimici e militari fatti segretamente sulla popolazione …

Marcello Pamio

Il diabete in cifre
Nel mondo ogni 10 secondi una persona muore per cause legate al diabete e 2 si ammalano.
Negli ultimi 20 anni la malattia è aumentata di ben 7 volte e questo è il motivo che ha spinto le Nazioni Unite a definire il diabete una vera e propria epidemia.
I dati effettivamente non lasciano spazio a dubbi: nel mondo oltre 285 milioni di persone ne soffrono e 344 milioni sarebbero potenzialmente a rischio di svilupparlo.
Secondo le previsioni ufficiali dell’OMS entro il 2030 i diabetici raggiungeranno l’astronomica cifra di 520 milioni di persone!
Oltre mezzo miliardo di persone nel mondo Occidentale soffriranno per una malattia legata ad una alimentazione errata e soprattutto abbondante, e nel Sud del mondo oltre 1 miliardo di persone non hanno accesso al cibo e all’acqua.
Loro muoiono per mancanza di cibo e noi stiamo morendo per eccesso di cibo.
Qui da noi in Italia, secondo l’International Diabetes Federation (Idf), il 6% della popolazione sarebbe diabetica, il che corrisponde a oltre 4.000.000 di persone!
La spesa sanitaria per il diabete ovviamente è colossale e  varia tra i 202 e i 422 miliardi di dollari ogni anno, ma potrebbe, entro il 2025, superare il tetto dei 559 miliardi di dollari.
Sorge a questo punto una domanda spontanea: con cifre a undici zeri ogni anno, è veramente possibile e credibile che l’Industria del farmaco voglia veramente guarire il diabete?

Creazione di malati
Sapendo che per l’Industria del farmaco il diabete rappresenta un guadagno tra i più importanti, è bene chiedersi quanti di questi milioni di persone sono realmente malati e quanti invece sono stati convinti di esserlo.
Fino all’anno 2000 il “valore normale” della glicemia, cioè la quantità di zucchero libero nel sangue era di 140 mg/dL, poi un gruppo di esperti con a capo un consulente di Aventis, Eli Lilly, Glaxo, Novartis, Merck e Pfizer (tutte ditte che ci guadagnano molto nel diabete) abbassarono la glicemia a 126 mg/dL.
Si è “normali” se la glicemia è al di sotto di 100 mg/dL; si parla di alterata glicemia a digiuno se i valori sono compresi tra 100 e 126 mg/dL. Oltre il valore di 126 mg/dL si parla di diabete.
Un apparente e banale abbassamento di soli 14 mg/dL (da 140 a 126) comportò la creazione di decine di milioni di nuovi malati: persone sane il giorno prima e dopo a rischio serio di diabete.
E’ indubbia la degenerazione dello stile di vita basato su alimenti morti, raffinati, pastorizzati che sta provocando inequivocabilmente la crescita del diabete e di tutte le cosiddette malattie da progresso, ma dall’altra c’è la ferrea volontà di far aumentare il numero di malati per un tornaconto economico.

Diabete gestazionale
Sempre più donne gravide si vedono affibbiare la diagnosi di diabete gestazionale o gravidico.
Tale diabete consiste in un’alterazione del metabolismo del glucosio che viene diagnosticata per la prima volta durante la gravidanza.
E’ risaputo che durante i nove mesi tutto l’equilibrio ormonale viene messo a dura prova. In questo ambito alcuni ormoni prodotti dalla placenta ostacolano l’azione dell’insulina, l’ormone secreto dal pancreas che ha il compito di abbassare la concentrazione di glucosio nel sangue.
Non a caso verso la fine della gravidanza, a parità di calorie introdotte con il cibo, una donna produce una quantità di insulina 3 volte superiore alla quantità prodotta da una donna della stessa età ma non gravida.
Tra la 24ma e la 28ma settimana di gravidanza i medici di norma prescrivono esami del sangue per la maggior parte delle donne che potrebbero essere soggette a diabete.
Se il valore glicemico a digiuno alla prima visita è compreso tra 92 mg/dL (anche se qualche laboratorio mette l’asterisco già a 90 mg/dL) e 126 mg/dL si parla di diabete gestazionale.
Le donne con valori glicemici superiori a 90-92 mg/dL dovranno essere sottoposte al test da carico con 75 g di glucosio con verifica dei valori glicemici all’inizio, dopo un’ora e dopo due ore.
Abbassando costantemente la glicemia a digiuno (in questo caso da 100 mg/dL a 90 mg/dL) il risultato è che aumentano le diagnosi di diabete gestazionale. Non è un caso infatti se oggi a sempre più mamme viene diagnosticato tale squilibrio metabolico, con rischi enormi non tanto per la disturbo in sé ma soprattutto per la paura della mamma il cui riverbero negativo sulla creatura che sta crescendo è oggettivo e fuori da ogni discussione.

Dall’insulina ai farmaci antidiabete
Nel 1922 a Stoccolma venne conferito ai ricercatori Barting, Best e Macleod il premio Nobel per la scoperta dell’insulina.
La commercializzazione di questo ormone di sintesi, dal 1923 in poi, è opera della casa farmaceutica statunitense Eli Lilly che, alla fine della seconda Guerra Mondiale, importò dalla Germania il metadone inventato dai nazisti con il nome di Dolophine, in onore di Adolf Hitler, e prodotto dall’enorme colosso dell’industria chimica IG Farben.
E’ la stessa casa farmaceutica che ha prodotto l’elisir di eroina, l’LSD una delle più potenti sostanze psichedeliche conosciute e il Prozac.
La Lilly lanciò nel 1982 la prima insulina da DNA ricombinante: fu il primo farmaco al mondo creato con questa tecnologia.
Oggi per il diabete, oltre alla nota insulina esistono prodotti come: Tolbutamide, Tolazamide, Clorpropramide, Acetoesamide, Gliburide, Glipizide, Glimepride, Metformina, Fenformina, Buformina, Repaglanide, Acarbosio, Miglitol, Glucagone…
Poche corporazioni della chimica e farmaceutica, tra loro interconnesse da fili economici e azionari, gestiscono l’intero mercato del diabete.
Gruppi potentissimi come Eli Lilly, Pfizer, Merck, Roche, Sanofi-Aventis e Bayer  ogni anno, guadagnando miliardi di dollari, controllano la vita di centinaia di milioni di persone.

Epidemiologia docet
Il “Bollettino dell’Accademia di Medicina di New York” del settembre 1933, riporta i dati ufficiali dal 1871 al 1932, e scrive: “…per le persone di entrambi i sessi, il tasso di mortalità del diabete a New York è passato dal 2,1 per 100.000 abitanti nel 1866, a 29,2 nel 1932”. Il numero totale delle morti perciò “è aumentato da 15 nel 1866 a 2.116 nel 1932”.
Il rapporto continua dicendo che “ …un aumento distinto nel numero di morti per diabete si sta verificando non solo al Nord Ovest, ma in tutti gli Stati Uniti, come dimostrano le statistiche di mortalità delle altre città
In poco meno di sessant’anni perciò, dal 1866 al 1932, i pochissimi e sporadici casi di diabete sono diventati qualche migliaio solamente nella città di New York per diventare, con una terribile accelerazione negli ulteriori 70 anni, 1 morto ogni 10 secondi!
Questi sono dati epidemiologici importanti che inquadrano una crescita esponenziale del fenomeno.
Cos’è successo nella società tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo per aggravare così drasticamente  la situazione?
Le due guerre mondiali certamente non hanno giovato al benessere psicofisico e sociale di centinaia di milioni di persone ma non ne sono state la vera causa.

Zuccheri, cereali raffinati e grassi idrogenati
Sempre più medici e ricercatori seri sono concordi nel ritenere che la degenerazione dello stile di vita, nonché l’industrializzazione dell’alimentazione, sono tra le cause principali del diabete.
La nascita e la commercializzazione dei cereali raffinati da una parte e dei grassi idrogenati dall’altra è avvenuta proprio agli inizi del XX secolo, parallelamente all’aumento dei casi di diabete.
Al medico russo Chaterine Kousmine (1904-1992) va il merito di aver compreso che gran parte delle malattie cronico-degenerative erano conseguenza indiretta di un’alimentazione degradatasi progressivamente nel tempo, soprattutto a seguito dell’introduzione nella catena alimentare di alimenti innaturali come lo zucchero bianco, i cereali raffinati e i grassi idrogenati.
All’inizio del secolo scorso l’industria ha iniziato per scopi commerciali a raffinare lo zucchero e  i cereali, andando così ad eliminare tutte quelle sostanze che risultano essere basilari e fondamentali per la vita: vitamine, minerali, enzimi, fibra, ormoni...
Quindi i cereali da alimento importante e completo sono stati trasformati in zucchero (amido allo stato puro) per cui mangiarli significa non solo non apportare nulla all’organismo (calorie vuote) ma anzi deprivarlo delle proprie riserve di sali minerali (ossa, denti, unghie, capelli, ecc.) perché fortemente acidificanti.
La medesima industria, non contenta, ha creato letteralmente ex novo i famosi e tristemente grassi idrogenati.
Il motivo è sempre lo stesso: commerciale.

Essendo solidi a temperatura ambiente si possono trasportare con estrema facilità, possono essere facilmente lavorati, sono inalterabili dall’ambiente esterno, non irrancidiscono e durano a lungo nel tempo. Cosa si può desiderare di più da un grasso?
La tecnica dell’idrogenazione venne introdotta nel 1912 proprio allo scopo di rendere solidi e commerciabili gli oli liquidi.
Tra i grassi idrogenati estremamente pericolosi per la salute, vanno annoverate le margarine, gli oli industriali prodotti ad alte temperature (quelli che riempiono le mensole nei supermercati) che trasformano la struttura molecolare dell’acido linoleico da cis-cis a cis-trans. La cis é una forma utilizzabile per l’organismo umano, la trans una forma non utilizzabile o utilizzabile con danni.
Purtroppo per tutti noi i grassi idrogenati sono ubiquitari e si trovano ovunque nei prodotti da forno di tipo industriale: merendine, pastine, biscotti, dolci, ecc., nelle pietanze precotte, pollo o pesce impanato, patatine fritte, pizze pronte, minestre in scatola, miscele per torte, ecc.
Secondo l’OMS, l’Organizzazione Mondiale della Sanità una persona adulta dovrebbe ingerire meno di 2 grammi al giorno di grassi cis-trans per non rischiare seriamente la salute.
Sappiamo bene il ruolo giocato da questa associazione negli interessi delle lobbies…
Il punto è che tale soglia massima non dovrebbe esistere perché i grassi idrogenati creano danni anche in quantità molto inferiore.
Quali sono le conseguenze per la salute? Disturbi cardiocircolatori, obesità, danni alle cellule con rischio di tumore, malattie autoimmuni, insulino-resistenza e diabete.
Uno dei principali problemi dei grassi idrogenati è che non possono essere riconosciuti correttamente dall’organismo e quindi per le cellule sono letteralmente tossici.
Non è un caso che fanno diminuire le HDL, il colesterolo buono e alzano quello cattivo (LDL), interferiscono sia con l’insulina aumentando il rischio diabete che con il sistema immunitario e la detossificazione epatica; aumentano anche le patologie infiammatorie.
Agiscono negativamente sulla importantissima membrana delle 70 trilioni di cellule predisponendo non solo alla resistenza insulinica ma anche a qualsiasi patologia infiammatoria e degenerativa.

Di Olivier Bonnet - Tuttouno.blogspot.it.
Originale pubblicato su alterinfo.net con il titolo “La grande escroquerie du Téléthon. Le professeur Testard dénonce une mystification”. Traduzione a cura di Giuditta

Sono 20 anni che questa “grande fiera” televisiva continua… Ecco cosa ne pensa un ricercatore, uno specialista in biologia della riproduzione.

È scandaloso. Il Telethon raccoglie annualmente tanti euro quanto il bilancio di funzionamento di tutto l’Inserm. La gente pensa di donare soldi per la cura. Ma la terapia genica non è efficace. Se i donatori sapessero che il loro denaro, prima di tutto è utilizzato per finanziare le pubblicazioni scientifiche, ma anche i brevetti di poche imprese, o per eliminare gli embrioni dai geni deficienti, cambierebbero di parere.
Il professor Marc Peschanski, uno dei architetti di questa terapia genica, ha dichiarato che abbiamo intrapreso una strada sbagliata. Si stanno facendo progressi nella diagnosi, ma non per guarire. Inoltre, anche se progrediamo tecnicamente, noi non comprendiamo molto di più la complessità della vita. Poiché non possiamo guarire le malattie, sarebbe preferibile cercare di scoprirne l’origine, prima che si verifichino. Ciò consentirebbe l’assoluta comprensione dell’uomo, di una certa definizione di uomo”. Da un’intervista con Medicina-Douces.com

Jacques Testard, è direttore della ricerca presso l’Istituto Nazionale della Sanità e della Ricerca Medica (Inserm), specialista in biologia della riproduzione, “padre scientifico” del primo bebè-provetta francese, e autore di numerose pubblicazioni scientifiche che dimostrano il suo impegno per una “scienza contenuta entro i limiti della dignità umana”.
Testard scrive sul suo blog, fra l’altro:
Gli OGM (organismi geneticamente modificati) sono disseminati inutilmente, perché non hanno dimostrato il loro potenziale, e presentano un reale rischio per l’ambiente, la salute e l’economia. Essi non sono che degli avatar dell’agricoltura intensiva che consentono ai produttori di fare fruttificare i brevetti sulla Natura e la Vita.
Al contrario, i test terapeutici sugli esseri umani sono giustificati quando sono l’unica possibilità, anche piccola, per salvare una vita. Ma è assolutamente contraria all’etica scientifica (e medica) far credere a dei successi imminenti di uno o di un altro farmaco. Nonostante i numerosi errori, i fautori della terapia genica (spesso gli stessi fra quelli degli OGM) sostengono che “finiremo per arrivarci”, e hanno creato un tale aspettativa sociale che il “misticismo del gene” si impone ovunque, sino nell’immaginario collettivo.
Il successo costante del Telethon dimostra questo effetto, poiché a forza di ripetute promesse, e grazie alla complicità di personalità mediatiche e scientifiche, questa operazione raccoglie donazioni per un importo vicino al bilancio di funzionamento di qualsiasi ricerca medica in Francia. Questa manna influisce drammaticamente sulla ricerca biologica in quanto la lobby del DNA dispone del quasi monopolio dei mezzi finanziari (finanziamenti pubblici, dell’industria e della beneficenza) e intellettuali (riviste mediche, convenzioni, contratti, man bassa sugli studenti…).
Quindi, la maggior parte delle altre ricerche sono gravemente impoverite – un risultato che sembra sfuggire ai generosi donatori di questa enorme operazione caritativa…

Per completare, ultima citazione estratta dal libro di Testard “La bicicletta, il muro e il cittadino”:

Tecnoscienza e mistificazione: il Telethon
Da due decenni, ogni anno, due giorni di programmazione della televisione pubblica sono esclusivamente riservati ad un’operazione orchestrata, alla quale contribuiscono tutti gli altri mezzi di comunicazione: il Telethon. Col risultato che, delle patologie, certamente drammatiche ma che, per fortuna, interessano relativamente poche persone (due o tre volte inferiore alla sola trisomia 21, per esempio), mobilitano molto di più la popolazione e raccolgono molti più soldi rispetto ad altrettante terribili malattie, un centinaio o un migliaio di volte più frequenti.

Possiamo solo constatare un meritato successo di una efficace attività di lobbying e consigliare a tutte le vittime, di tutte le malattie, di organizzarsi per fare altrettanto.
Ma si dimenticherebbe, per esempio, che:

  • il potenziale caritativo non è illimitato. Quello che ci donano oggi contro la distrofia muscolare, non lo doneranno domani contro la malaria (2 milioni di decessi ogni anno, quasi tutti in Africa);
  • quasi la metà dei fondi raccolti (che sono equivalenti al bilancio annuale di funzionamento di tutta la ricerca medica francese) alimentano innumerevoli laboratori che influenzano fortemente le linee guida. Contribuendo in tal modo alla supremazia finanziaria dell’Associazione francese contro la distrofia muscolare (l’AFM che raccoglie e ridistribuisce a suo piacimento i fondi raccolti), sarebbe anche e soprattutto impedire ai ricercatori (statutari per la maggior parte, e quindi pagati dallo Stato, ma anche laureati e, soprattutto, studenti, sicuramente raccomandati, post-dottorato che vivono sul finanziamento della AFM) di contribuire alla lotta contro altre malattie, e/o di aprire nuove strade;
  • non è sufficiente disporre di mezzi finanziari per guarire tutte le patologie. Lasciar credere a questo strapotere della medicina, come lo fa il Telethon è indurre in errore i pazienti e le loro famiglie;
  • dopo venti anni di promesse, la terapia genica, non sembra essere la buona strategia per curare la maggior parte delle malattie genetiche;
  • quando delle somme così importanti sono raccolte, e portano a tali conseguenze, il loro utilizzo dovrebbe essere deciso da un comitato scientifico e sociale che non sia sottomesso all’organismo che le colletta.

Ma anche, come non domandarsi sul contenuto di una “magica” operazione in cui le persone, illuminate dalla fede scientifica, corrono fino ad esaurimento o fanno nuotare i loro cani nella piscina comunale… per “vincere la miopatia”? Alla fine della tecnoscienza, spuntano gli oracoli e i sacrifici di un tempo che credevamo finito…
In conclusione: Non fate donazioni al Telethon!

"Comitato giù le mani dai bambini" - www.giulemanidaibambini.org

Paroxetina è il nome del principio attivo, della molecola chimica, mentre il nome commerciale è: Daparox, Dapagut, Dropaxin, Eutimil, Sereupin, Seroxat, Stiliden e generici!

Nell’assordante silenzio di molti specialisti, una delle più autorevoli riviste mediche del mondo conferma i sospetti di parte della comunità scientifica: a fini di business, la multinazionale farmaceutica GlaxoSmithKline aveva alterato i dati sullo psicofarmaco. Appello al Ministro Lorenzin: serve un registro per monitorare queste prescrizioni.

La recente revisione sistematica[1] promossa da una delle più autorevole riviste mediche del mondo non lascia spazio a dubbi: i dati che finora hanno giustificato la prescrizione a bambini e adolescenti del potente antidepressivo paroxetina – usato anche in Italia – erano stati falsati dal produttore, la multinazionale farmaceutica GSK – GlaxoSmithKline, e quella molecola è “inefficace e pericolosa”.  Lo studio cosiddetto “329”[2] era stato pubblicato nel 2001, a firma di 22 ricercatori, e originariamente pareva confermare l’appropriatezza d’uso di questa molecola nei casi di depressione. In realtà la ricerca fu redatta da Sally K. Laden, una ghostwriter pagata dalla casa farmaceutica che aveva finanziato la ricerca allo scopo di dimostrare l’efficacia della molecola. Ci sono voluti poi 14 anni – e la tenacia di validi ricercatori – per ribaltare i risultati dello studio, e dimostrare che la paroxetina aumenta il rischio di suicidio per i minori che la assumono.

Dopo lo Studio 329 del 2001, le vendite della paroxetina e di altri SSRI subirono una fortissima impennata, grazie anche a prescrizioni di medici generici e pediatri, con il risultato che molti adolescenti subirono effetti negativi e alcuni morirono. La paroxetina divenne l’antidepressivo più venduto, con guadagni per centinaia di milioni di dollari e più di due milioni di ricette emesse ogni anno per i soli bambini e adolescenti”, ha commentato[3] Paolo Migone, Medico specializzato in Psichiatria in Italia e in USA[4]. “Mentre la GlaxoSmithKline continuava a utilizzare lo Studio 329 come dimostrazione dell’efficacia e sicurezza della paroxetina – prosegue Migone – già nel 2004 la Procura Generale di New York denunciò la multinazionale per frode contro i consumatori per aver contraffatto i dati e diffuso informazioni false. La causa si concluse con un accordo: la GSK doveva pagava 2,5 milioni di dollari di sanzione e si impegnava a pubblicizzare sul suo sito internet i dati effettivi dello Studio 329. Successivamente, anche il Dipartimento di Giustizia americano denunciò la GSK per truffa nei confronti di Medicare e Medicaid – le principali agenzie assicuratrici pubbliche che finanziano la Sanità in America – in quanto aveva diffuso affermazioni false o fraudolente. La GSK si dichiarò colpevole e accettò di pagare 3 miliardi di dollari – conclude Migone -  ovvero la multa più alta comminata a una azienda farmaceutica nella storia americana”.

La GlaxoSmithKline fu allora definitivamente obbligata a rendere noti i dati relativi alla paroxetina, “Ma lo fece a modo suo” – commenta Luca Poma, giornalista membro dell’Unione Nazionale Medico-Scientifica d’Informazione e portavoce nazionale di “Giù le Mani dai Bambini”®, il più rappresentativo comitato italiano per la farmacovigilanza pediatrica[5]: “La multinazionale pubblicò infatti oltre 77.000 pagine di resoconti clinici visibili solo in remoto a video, senza che i file potessero essere scaricati o stampati. Una scelta ridicola e aggiungo anche dannosa sia dal punto di vista reputazionale che sostanziale: di fatto questi manager intralciarono deliberatamente le verifiche scientifiche, danneggiando la salute di bambini e adolescenti pur di continuare a fare soldi”.

Il team guidato dal professor Jon Jureidini presso l’Università di Adelaide ha successivamente identificato lo studio finanziato da GlaxoSmithKline come un esempio di un processo autorizzativo da rivedere, e utilizzando documenti in precedenza riservati ha rianalizzato i dati originali e ha scoperto che i dati all’epoca forniti dalla casa farmaceutica erano fortemente fuorvianti, e che il pericolo per i minori che utilizzano questo psicofarmaco è “clinicamente significativo”.[6]

L’articolo pubblicato ora sul BMJ – reso accessibile a tutti senza restrizioni, in virtù dell’assoluta importanza del tema trattato – è accompagnato da un editoriale di Fiona Godlee, editor-in-chief del BMJ, da un duro intervento di Peter Doshi, editor del giornale, e da altri contributi tra i quali un editoriale di David Henry e Tiffany Fitzpatrick e una ricerca di Ingrid Torjesen sull’aumento di crimini violenti nei giovani che assumono farmaci antidepressivi SSRI, cioè gli “inibitori selettivi del re-uptake della serotonina”, categoria farmacologica cui appartiene sia la paroxetina – commercializzata come “Daparox”, “Dropaxin”, “Eutimil”, “Sereupin” e “Seroxat” - che l’altrettanto tristemente famoso “Prozac”, cioè la fluoxetina.

“Ciò che sconcerta di più – prosegue Poma – è l’assordante silenzio di una parte significativa della neuropsichiatria infantile, anche italiana: risultati così sconcertanti – e per certi versi sconvolgenti – non hanno meritato neanche una dichiarazione da parte del SINPIA, la società scientifica che raggruppa gli specialisti in disturbi mentali dei minori; anche l’Istituto Mario Negri tace, sul loro sito neanche un comunicato; stesso dicasi dello Stella Maris, come della maggior parte dei centri più attivi nella somministrazione di psicofarmaci ai bambini nel nostro paese. D’altra parte non stupisce: all’associazione gemella del SIMPIA in USA, l’American Academy of Child and Adolescent Psychiatry, è stato chiesto per anni di ritrattare lo Studio 329, ma inutilmente. Tutte queste realtà dovrebbero vigilare sulla salute mentale dei più piccoli. Dovrebbero, appunto – conclude Poma – mai condizionale fu più appropriato.”

“Giù le Mani dai Bambini”® ha lanciato un appello al Ministro della Salute Beatrice Lorenzin, da sempre molto sensibile al tema del diritto alla salute dell’infanzia, affinché valuti l’istituzione di un registro per il controllo e monitoraggio delle somministrazioni di antidepressivi ai minori, molto diffusi anche in Italia, come già in vigore per gli psicofarmaci per i bimbi iperattivi.

[1] Joanna Le Noury, John M Nardo, David Healy, Jon Jureidini, Melissa Raven, Catalin Tufanaru & Elia Abi-Jaoude, «Restoring Study 329: Efficacy and harms of paroxetine and imipramine in treatment of major depression in adolescence». BMJ, 351: h4320. DOI: 10.1136/bmj.h4320.
[2] Lo studio contestato è Efficacy of paroxetine in the treatment of adolescent major depression: A randomized, controller trial. JAACAP, 2001, 40, 7: 762-772, di Martin B. Keller e altri. (DOI: 10.1097/00004583-200107000-00010), scaricabile dal sito Internet www.justice.gov/sites/default/files/opa/legacy/2012/07/02/complaint-ex2.pdf.
[3] in un articolo sulla rivista Psicoterapia e Scienze Umane, 2015, volume 49, n. 4; www.psicoterapiaescienzeumane.it
[4] Medico e ricercatore, autore di oltre 300 pubblicazioni, tra le altre cose è fondatore della sezione italiana della Society for Psychotherapy Research (SPR) e condirettore della rivista Psicoterapia e Scienze Umane. Ha insegnato alle Università di Bologna, Parma, San Raffaele di Milano, Torino e Aosta.
[5] www.giulemanidaibambini.org
[6] link diretto: www.bmj.com/content/bmj/351/bmj.h4320.full.pdf

Marcello Pamio

Cochrane Collaboration è una iniziativa internazionale no-profit indipendente, nata con lo scopo di raccogliere, valutare criticamente e diffondere le informazioni relative all’efficacia e alla sicurezza degli interventi sanitari.
Ho sempre ammirato il gruppo Cochrane per via dell’oggettività e imparzialità nei loro rapporti.
Un lavoro certosino portato avanti da circa 280.000 tra operatori sanitari (medici, epidemiologi, ecc.), ricercatori e rappresentanti di associazioni di pazienti in oltre 100 paesi del mondo.
Non avendo fondi per fare ricerca laboratoristica producono e sviluppano documenti di sintesi, denominati “revisioni sistematiche” sulla efficacia e sicurezza degli interventi sanitari di tipo preventivo, terapeutico e riabilitativo. In pratica analizzano, facendo pelo e contropelo, tutti gli studi pubblicati su un determinato argomento. Alla fine i risultati di queste revisioni sistematiche vengono pubblicate in un database elettronico chiamato «Cochrane Library».
I lavori sono eccezionali per via dell’assoluta trasparenza e indipendenza dai capitali privati, come per esempio quelli delle industrie farmaceutiche. Questo almeno fino a ieri…

Il 22 settembre 2016 nel sito ufficiale il Cochrane si annuncia che hanno ricevuto «una sovvenzione di $1,15 milioni dalla Fondazione Bill & Melinda Gates» (1).
In pratica la donazione servirà per sostenere le attività del gruppo, con un focus specifico però sulla salute materna e infantile. Mark Wilson, CEO di Cochrane ha dichiarato che sono «lieti e onorati di ricevere questa concessione». (2)
Forse ad essere più felici saranno le lobbies che con quattro spiccioli sono riuscite finalmente a togliersi una spina dal fianco. Una enorme spina che avevano impiantata da molti anni.
Cochrane infatti ha sempre dato molto fastidio al Sistema, proprio per la sua imparzialità e per le revisioni sistematiche, che guarda caso, sistematicamente dimostravano l’incompletezza e la fallacità di tanti studi scientifici pubblicati. Non ci sono molte istituzioni al mondo in grado di eseguire tali revisioni. Purtroppo da oggi c’è né una in meno…

Bill & Melissa Gates
Da molti anni la Fondazione Bill & Melissa Gates sotto la falsa veste della filantropia sostiene la campagna di depopolazione e le vaccinazioni di massa.
Non è dietrologia questa, perché basterebbe leggere e/o ascoltare attentamente le sconcertanti dichiarazioni di William Henry Gates III, meglio noto come Bill Gates, per prenderne coscienza.

Per esempio un suo intervento a TED nel febbraio del 2010 fa letteralmente impallidire.
Sul palco ha trattato il classico tema molto caro ai neo-eugenetisti: il riscaldamento globale.
Ovviamente sono le attività umane a causare l’innalzamento del livello di anidride carbonica, e quindi del Global Warming, per cui è l’uomo (visto come un cancro) che sta portando alla distruzione l’intero pianeta!
Se l’ipotesi di partenza è questa ovviamente la soluzione per risolvere questo gravoso problema e salvare il globo intero è la riduzione della popolazione mondiale. Il discorso non fa una piega, anche se sappiamo benissimo che il global warming è un’invenzione sinarchica per scopi demografici e di controllo sociale.
Il patron della Microsoft oltre alla semplice analisi fornisce pure una sintesi, cioè gli strumenti da adottare: vaccinazioni di massa e “servizi sanitari orientati alla riproduzione”, che tradotto farebbe più o meno “controllo delle nascite e aborti”.

Le sue parole esatte non lasciano spazio a dubbi:
«Prima di tutto, abbiamo la popolazione. Il mondo oggi ospita 6,8 miliardi di abitanti, e tale cifra sta crescendo speditamente verso i 9 miliardi. Ora, se davvero facessimo uno splendido lavoro in relazione a nuovi vaccini, sanità e servizi sanitari orientati alla riproduzione (aborti), noi potremo probabilmente ridurre quest’ultimo numero di una percentuale valutabile intorno al 15%»

Come detto per evitare il gravissimo riscaldamento globale è necessario ridurre la popolazione mondiale con farmaci/vaccini e aborti.
Se fanno impallidire e scandalizzare ancora oggi i discorsi di Adolf Hitler sulla razza, cosa dovremo dire nell’ascoltare un miliardario che riprende in mano le teorie malthusiane sulla depopolazione?
Colui che ha costruito un impero miliardario sulla Silicon Valley, su computer che non sono certo ad impatto zero nell’ambiente, oggi è il paladino dell’ambientalismo radical chic. La realtà è molto diversa: abbiamo a che fare con un vero e proprio eugenetista con la fissa per il controllo delle nascite.

Domenica 13 maggio 2018 vari quotidiani hanno pubblicato a pagina intera il suo accorato appello: «SOS pandemia. Sistema globale per difenderci». (3)
Bill Gates si è rivolto ai grandi del mondo dicendo che si devono «creare in fretta vaccini e cure». (4) Ma per cosa?
Le sue farneticazioni sono state riportate pari-pari dai media mainstream totalmente prostrati al Sistema. Nessuna intervista (con qualche domanda scomoda) di qualche giornalista, solo banale traduzione delle sue parole. Neanche fosse il Dalai Lama.
«Se la storia ci ha insegnato qualcosa è che ci sarà un’altra pandemia globale che seminerà la morte. Quest’anno ricorre il centenario dell’influenza del 1918, che uccise circa 50 milioni di persone in tutto il mondo (…). Se oggi si diffondesse nell’aria un agente patogeno altamente contagioso e letale come quello dell’influenza nel 1918, nel giro di sei mesi morirebbero quasi 33 milioni di persone in tutto il mondo». (5)

E’ necessario investire su altri approcci «come farmaci antivirali e terapie con anticorpi».
Il messaggio è chiarissimo!

«L’anno scorso alla conferenza sulla sicurezza di Monaco di Baviera ho chiesto ai leader mondiali di immaginare che da qualche parte nel mondo ci sia un’arma, che esiste già, in grado di uccidere milioni di persone» (6)

L’oracolo di Seattle oltre ad uno scenario apocalittico fornisce la solita soluzione trita e ritrita: «sviluppare, testare e rilasciare nuovi vaccini nel giro di pochi mesi, invece che anni». (7)
Della serie: a che servono i test di sicurezza di un farmaco/vaccino? E’ tempo perso e milioni di persone rischiano la pellaccia nel frattempo. Meglio saltare i test e sperimentare direttamente sulle persone: tutto tempo risparmiato.

Conclusione
Il filantropo ha finalmente gettato la maschera…
Innanzitutto come fa Gates a prevedere che arriverà una nuova pandemia, calcolando con esattezza non solo i tempi (6 mesi) ma anche il numero di morti (33 milioni di persone)? Forse con i suoi 90 miliardi di dollari di patrimonio personale si è fatto costruire una sfera di cristallo che gli permette la chiaroveggenza?
Oppure ha accesso a informazioni che noi comuni mortali non possiamo immaginare? Informazioni per esempio sulla guerra biologica e/o batteriologica. Solo chi mette volutamente in circolazione agenti patogeni è in grado di sapere in anticipo le cose che accadranno…
A Monaco ha detto ai leader che “esiste già un’arma in grado di uccidere milioni di persone”, più che un appello sembra una vera e propria minaccia…
Dovremo seriamente preoccuparci per qualche epidemia causata da agenti patogeni coltivati nei laboratori militari di massima sicurezza? O rientra nel terrorismo mediatico il cui scopo è proseguire con le campagna di vaccinazioni di massa

Paradossalmente se fosse vero il primo caso, stona alquanto la sua falsa preoccupazione per le sorti del mondo in preda ad un virus letale, visto che propugna la riduzione della popolazione. Per Bill Gates infatti gli abitanti del pianeta sarebbero cresciuti troppo causando il riscaldamento globale, quindi ben venga l’influenza Spagnola 2018 o qualche altro virus a decimare la popolazione…
Tornando alla Cochrane: quanto tempo impiegheranno per occuparsi anche loro di denatalità? Magari con una bella revisione che dimostri l’importanza dei vaccini per il controllo delle nascite…
Nel frattempo si sono messi in perfetta armonia con le nuove direttive. Qualche giorno fa, esattamente il 9 maggio 2018, hanno infatti pubblicato i risultati di uno studio controllato e randomizzato secondo il quale vi sarebbero «nuove prove che mostrano come i vaccini contro il papilloma virus umani (HPV) proteggono dalle lesioni cervicali le giovani donne in particolare tra i 15 e i 26 anni» (8)
Quindi secondo il Cochrane Collaboration i vaccini anti-HPV sono utilissimi perché proteggono le giovani donne dalle lesioni alla cervice uterina.
Poco importa se questi vaccini possono manifestare effetti collaterali gravissimi e devastanti; come pure poco importa se due tra i cinque autori dello studio sono stati consulenti delle industrie che spacciano farmaci e vaccini come la GlaxoSmithKline, Merck, e Janssen. (9)

Note

(1)   http://www.cochrane.org/news/cochrane-announces-support-new-donor
(2)   Idem
(3)   «Il Piccolo», 13 maggio 2018
(4)   Idem
(5)   Idem
(6) Idem
(7) Idem
(8) http://www.cochrane.org/news/scientific-expert-reaction-new-cochrane-review-hpv-vaccine-cervical-cancer-prevention-girls-and
(9) Idem