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Maurizio Blondet  - 23 agosto 2018 

Allora,  sunteggiamo le iniziative della magistratura.
Il pm di Agrigento sale sulla «Diciotti» e apre un fascicolo «contro ignoti» per «sequestro di persona». Ha di mira Salvini, ovviamente.
Pm di Genova: manda la Finanza negli uffici di Autostrade a sequestrare «computer e telefonini» della dirigenza.
Otto giorni dopo il collasso del Ponte Morandi. Dicesi otto giorni.
Tanto tanto tempo per cancellare le email, far sparire i video (già fatto), azzerare i server, insomma far sparire prove?  Domando, mi limito a domandare.

Commento di uno che passa (io non c’entro, signor giudice):
«In un paese normale la magistratura avrebbe sigillato immediatamente uffici e server di Autostrade per l’Italia, per evitare manomissioni e distruzione di prove».
«Se durante lavori ristrutturazione di un condominio si stacca cornicione e ci scappa il passante morto giorno dopo sono indagati per omicidio colposo: Amministratore Condominio, Ing. Direttore dei lavori, Responsabile Sicurezza Cantiere, Titolare Impresa. A Genova ad oggi nessuno»: un ex amministratore di condomini. Lo perdoni, signor giudice.

Un altro: «Mi preoccupa molto come sta avendo la magistratura. Passata una settimana non abbiamo ancora un iscritto al registro degli indagati».
Una settimana, e nemmeno non solo un imputato, nemmeno formulato un capo d’imputazione. Non sanno di cosa accusare chi.

Titolo di giornale del 20 agosto:
Genova, la Procura: «Cerchiamo filmato del crollo. Per ora nessun indagato».
Il filmato del crollo che non c’è più. Hanno sequestrato le macerie, ma ancora non hanno perquisito la sede della concessionaria.
Passano i giorni.
Commento di uno che passa (io ne prendo vigorosamente le distanze, signor procuratore)
«Ovvero: stiamo disperatamente prendendo tempo per trovare un modo per salvare i Benetton».

Un altro (ma io mi dissocio):
«Come mai l’iscrizione nel registro degli indagati è sempre un ‘atto dovuto’ e stavolta dopo una settimana… Nessuno! Devono ancora capire come si chiama la società che gestiva, e gestisce tuttora, quella strada? Stanno cercando l’indirizzo?».

Un altro che passa: «Ho un orrendo presentimento».
Da questo commento non mi dissocio. Ho un orrendo presentimento anch’io. Dovuto alla mia esperienza di vecchio giornalista.
Rafforzato dal fatto che i Benetton non solo hanno offerto una cifra ridicola alle vittime del disastro, ma dopo qualche ora, hanno ripreso sicurezza e, stanno cominciando ad accusare il governo di aver fatto cadere il titolo. Non è stato il crollo del ponte a farlo cadere in Borsa, ma gli strilli di Salvini e Di Maio contro la società concessionaria, a cui il governo precedente ha abbandonato un monopolio naturale, lo libertà di fare profitti che emulano soltanto lo spaccio di droga, e l’autocontrollo sugli investimenti: che infatti sono un terzo di quelli pattuiti e necessari.

Insomma: sono loro, i Benetton, che pretendono i danni dallo Stato. Lo fanno con uno stuolo di avvocati potentissimi, fra cui la nota Paola Severino: quella che ha fatto la ministra della “giustizia” nel governo Monti, per sottolineare da che parte sta. Nessun sospetto di conflitto d’interesse, tutto legale. Ovvio, questi si sono fatti le leggi a loro vantaggio, dunque tutto ciò che fanno loro è legale per definizione.
Io ho un bruttissimo presentimento: non avrete mai più il vostro ponte, o genovesi. Non lo rifaranno certo i Benetton - perché dovrebbero spenderci un centesimo, ormai? - né potrà farlo il governo, perché dovrà rifondere i miliardi necessari agli “azionisti” di Atlantia, oltre che ai Benetton che sono stati così danneggiai dalle esternazioni di Salvini.
Tenete d’occhio soprattutto la class action americana, avviata dallo studio legale Bronstein, Gewirtz & Grossman” (jjj) il quale «sta esaminando potenziali rivendicazioni per conto di acquirenti» dopo che, sulla notizia della possibile revoca della concessione e di una sanzione «il prezzo delle azioni è sceso di 1,66 dollari, o del 13,7%, per chiudere a 10,45 dollari il 16 agosto».

La Class action non lascerà che le briciole in Italia
Questo studio legale vanta speciale «competenza nella ricerca aggressiva di richieste di contenzioso».  Chi conosce queste capacità aggressive, sa già cosa accadrà: si prenderanno tutti i miliardi gli americani per conto dei loro azionisti, poi Atlantia opportunamente «fallirà», ossia resterà senza un soldo insomma; ai genovesi e alle vittime non resteranno nemmeno le briciole.
Anche perché era fin dall’inizio chiaro che i Benetton, di soldi loro, non ne hanno messo uno. «Non hanno investito niente, comprarono Autostrade con i soldi di Autostrade», come ha spiegato il trader Gianni Zibordi.
Hanno creato una società apposta che ha fatto un debito immane, poi - ottenuta la concessione da Prodi, D’Alema e soci - l’hanno fusa con Autostrade, a cui hanno accollato l’immane debito: «Hanno fatto il debito e lo stanno ripagando coi profitti del pedaggio - queste sono vere rapine, non quelle in banca», commenta Zibordi. Che non lo senta un PM, perché potrebbe aprire un fascicolo contro di lui per diffamazione: tutto ciò che i Benetton hanno fatto è perfettamente legale. Per forza. Dimostra chiaramente che stavano ancora pagando il debito coi pedaggi; finita la concessione, finiti i pedaggi, eccoli nullatenenti.
Naturalmente, restano miliardari. «Chiunque legga bilanci di Atlantia e Autostrade sa che i profitti netti sono stati più di 12 miliardi dal 2001 e le tasse che pagano sono circa un 24%….».
Ma andate pure a reclamare i loro possedimenti fra i Mapuche. O in Lussemburgo il paradiso fiscale nel centro della UE.

Manifesto: sempre dalla parte dell’azionista
Uno che passa: «E’ la procura di Genova, ragazzi» (mi dissocio).
Claudio Borghi «il PM che ha disposto il sequestro dei conti della Lega».
http://www.ansa.it/sito/notizie/topnews/2017/09/15/pm-genova-non-contro-lega-ma-pro-camere_8f26623a-9697-4da9-a67b-2a95ce3dafbb.html

Francesco Cozzi, il PM che ha aspettato otto giorni prima di far perquisire gli uffici di Autostrade ed elevare un’imputazione, risulta dalla sua biografia ufficiale, è stato «direttore dell’Ufficio rapporti con il Parlamento nel Gabinetto del Ministro della Giustizia prof G.M. Flick».
Insomma, il pm Cozzi ha avuto un incarico altamente politico e di parte nel governo Prodi. Uno (maggio ’96-ottobre ’98), ed ora stava occupandosi di colpire la Lega “dando la caccia” ai suoi miliardi scomparsi, quando è crollato il ponte: proprio in tempo, era stato appena nominato procuratore capo a Genova.
Non c’è qui un conflitto d’interesse? Non ha dato prova, il dottor Cozzi, di militare politicamente  per la parte politica avversa all’attuale governo, quella che ha tutto da perdere se un giudice solleva il segreto di Stato sulla concessione di Autostrade, e lo scambio di favori che non può non nascondere?

Non lo chiedete però, perché aprono un fascicolo contro di voi perché avete mancato di rispetto. E sono un sacco di spese, anche nel caso (improbabile) che veniate assolti.
Chiedere lo spostamento dell’istruttoria per legittima suspicione? Non scherzate - e non mancate di rispetto. Per queste cose, la magistratura ha tutto il tempo.
Per la mia diretta esperienza (avevo intervistato il tassista Cornelio Rolandi appena tornato da Roma dove aveva riconosciuta Valpreda come il passeggero che aveva portato a Banca dell’Agricoltura il 12 dicembre 1969), fui chiamato a Catanzaro dove l’ennesimo processo era stato spostato “per legittima suspicione”, dopo sentenze di Cassazione: dieci anni dopo. Il tassista Rolandi era morto da anni, anche se aveva lasciato una dichiarazione giurata sul letto di morte in cui confermava che il passeggero era Valpreda. Vista la convocazione con le solite minacce se non mi presentavo, mi feci il viaggio in treno da Milano a Catanzaro. Confermai ciò che avevo scritto nell’articolo, apparso su «La Domenica del Corriere», sotto il Natale 1969. Il presidente della Corte mi intimò di esibire il taccuino degli appunti di allora: di dieci anni prima. Dissi che non l’avevo tenuto, avendo però scritto l’articolo su «La Domenica del Corriere». «Bel giornalista è lei!», mi disse. Io avrei dovuto rispondere: «Bei giudici siete voi, che in dieci anni ancora non avete dato un colpevole alla strage di piazza Fontana».  Ma naturalmente tacqui.

Per il motivo che Pierpaolo Pasolini aveva scritto sul «Corriere» il 28 settembre 1975, dopo aver esordito: «Gli italiani vogliono consapevolmente sapere quale sia la realtà dei cosiddetti golpe fascisti.
Gli italiani vogliono consapevolmente sapere da quali menti e in quale sede sia stato varato il progetto della «strategia della tensione» (prima anticomunista e poi antifascista, indifferentemente).
Gli italiani vogliono consapevolmente sapere chi ha creato il caso Valpreda.
Gli italiani vogliono consapevolmente sapere chi sono gli esecutori materiali e i mandanti, connazionali, delle stragi di Milano, di Brescia, di Bologna.
….concludeva:
«Ma, mentre contro gli uomini politici, tutti noi, cari colleghi della ‘Stampa’, abbiamo coraggio di parlare, perché in fondo gli uomini politici sono cinici, disponibili, pazienti, furbi, grandi incassatori, e conoscono un sia pur provinciale e grossolano fair play, a proposito dei Magistrati tutti stiamo zitti, civicamente e seriamente zitti.
Perché?
Ecco l’ultima atrocità da dire: perché abbiamo paura».
http://videotecapasolini.blogspot.com/2015/11/pasolini-il-mondo-28-agosto-1975-il.html

Un mese più tardi, Pasolini venne ucciso.

Sarà così anche stavolta. Fra dieci anni, forse, la “giustizia” rifarà il processo che Cozzi ha cominciato, mandandolo per legittima suspicione che so, a Potenza, a Roccella Jonica, in un posto del Sud difficile da raggiungere. Nel frattempo, Salvini sarà in galera, i Benetton liberi, e liberi i Delrio, i Letta che stanno nei loro consigli, i Renzi e i Gentiloni, tutti quelli che hanno stipulato loro la concessione senza  che spendessero un soldo dei loro, prolungando la concessione per decenni (perché potessero pagare il debito). Sarà libero Mario Draghi che ha comprato per la Banca Centrale azioni di Atlantia…
«Nel conto mettere anche i bond Atlantia ed autostrade comprati dalla #ECB stampando moneta per acquistare debito corporate …il 25% degli acquisti totali è fatto sul primario. ‘funding secure’».
La BCE che non compra titoli di debito pubblico direttamente dagli Stati, sul primario, (perché sono corrotti), però compra titoli di debito privati direttamente da privati che lucrano indebitamente da un monopolio naturale.
Ci ha investito anche Draghi…l’Europa…
Ma non mettiamo troppa carne al fuoco.

Una cosa posso dirvi per certo: che il ponte non sarà mai ricostruito, le famiglie mai risarcite, e voi genovesi - metterete ore per andare da ponente a levante. Se ci sarete ancora dei genovesi, chiaro: il porto ovviamente avrà perso il suo traffico, a vantaggio di Marsiglia, e non avrete più decine di migliaia di posti di lavoro (non mi dispiace per via dei camalli, pagatissima lobby rossa, avrà quel che si merita).  Vi conviene migrare.
Ovviamente il 60% della popolazione italiana sarà composta da negri - pardon, di immigrati e bambini che fuggono dalle guerre e dalla fame, perché la Diciotti sarà stata rimessa ad emulare «Open Arms» ed «Aquarius». Ogni giorno, i media vi ricorderanno quanto siete razzisti, perché uno avrà lanciato un uovo contro un “rifugiato” o un controllore reagito dopo essere stato picchiato dalle bande di nigeriani….

Ma è colpa vostra, italiani.
Perché non avete ascoltato il consiglio urgente di Danilo Quinto, fuoriuscito dai Radicali perché convertito alla fede, e rimasto grande animale politico:
«Di fronte all’ennesima iniziativa della magistratura contro Salvini, ai processi mediatici che ogni giorno Salvini subisce, a una Guardia Costiera che non obbedisce agli ordini ricevuti, bisogna agire nell’immediatezza, convocando il popolo italiano ad una grande, immensa manifestazione di piazza. Fatelo subito ed azzerate le responsabilità a tutti i livelli nei Ministeri, prima che sia troppo tardi».
Forse è già tardi.
Come sempre, quando l’oligarchia sinistra perde, a fare il lavoro entra “la giustizia”. Frase che immediatamente mi rimangio, mi scusino le procure.

(Avrei solo una domanda. Al dottor Piercamillo.  Quello che voleva rivoltare l’Italia come un calzino, l’eroe di Mani Pulite, quello per cui la magistratura è pura e la politica è corrotta, oggi capo dell’ANM il potentissimo sindacato dei giudici. Ma non oso fargliela: perché ho paura, dottor Piercamillo.

Si faccia i complimenti da solo)

 

Tratto dal sito di Maurizio Blondet https://www.maurizioblondet.it/ho-un-orribile-presentimento-nessuno-ricostruira-il-ponte-morandi-e-salvini-in-galera/ 


I primi a lanciare l’allarme sul Ponte Morandi sono stati i responsabili di «Autostrade per l’Italia» nel 1994. La società all’epoca era pubblica.
Motivo dell’allarme: il ponte era stato progettato per sostenere un traffico giornaliero di 20 mila automezzi, mentre già nel 1994 ne passavano 60 mila.
A seguito dell’allarme il governo di Silvio Berlusconi (1994-1995) stanzia 40 miliardi di lire per interventi di urgenza, e subito dopo approva il progetto chiamato «Passante di Genova».
Cominciano così bandi, commesse, appalti e tutto ciò che serviva per iniziare i lavori.
Ma il governo Berlusconi cade nel 1995, e arriva per un solo anno quello di Lamberto Dini (1995-1996), per poi lasciare il posto a Romano Prodi (1996-1998).
Il ministro dei Trasporti e della navigazione (1996-1998) è un certo Claudio Burlando del PD, ex sindaco di Genova (1992-1993) ed ex governatore della Regione (2005-2015).
Iniziano così le prime forti opposizioni al progetto che arrivano dalla sinistra radicale, con in testa Rifondazione Comunista, che nel governo aveva un certo peso.
Il Ministro, per salvare il governo Prodi, boccia il progetto.
Quindi la prima bocciatura del cosiddetto «Passante di Genova» fu opera della sinistra!

Una volta bocciato il progetto la società Autostrade bloccò tutto pagando perfino le penali alle imprese che avevano vinto gli appalti e iniziato i lavori.
Ritorna in carica il governo Berlusconi (2001-2006) e nella «Legge Obiettivo», tra le grandi opere necessarie, reinserisce il progetto che però nel frattempo cambia nome e diventa la «Gronda di Genova».
Autostrade presenta ben 5 diversi progetti.
Quando finalmente sembra sia tutto pronto per partire, si mette in mezzo Marta Vincenzi (futura PD) che all’epoca è Presidente della Provincia di Genova (1993-2002), poi sindaco dal 2007 al 2012, dicendo che quei progetti non vanno bene. Il parere della Provincia è vincolante!     
Di nuovo un esponente di quello che sarebbe diventato il Partito Democratico si mette di traverso alla grande opera.
Le opposizioni arrivano anche a livello imprenditoriale. Il gruppo che più si oppone fu Ansaldo Energie di Finmeccanica, perché la «Gronda», secondo loro, avrebbe messo a rischio 2800 posti di lavoro in quanto i loro fabbricati avrebbero dovuti essere spostati di centinaia di metri.


L’umorismo cosmico non ha rivali: ora il Ponte gli è praticamente quasi crollato sulla testa (foto qui sopra).
Quindi le responsabilità di aver bloccato e impedito il «Passante» e/o «Gronda» hanno nomi e cognomi ben precisi, e tutto ciò è avvenuto in un momento in cui il Movimento 5 stelle non esisteva neppure.

La madre delle privatizzazioni
Ma per comprendere meglio il quadro e tutti i vari passaggi, è necessario fare un saltino indietro nel tempo, agli inizi degli anni Novanta.
In pratica è l’anno cruciale in cui un manipolo di uomini palesemente al servizio del cartello finanziario internazionale ha ceduto ogni nostra sovranità.
Tutto infatti ebbe inizio nel 1992 quando il cartello finanziario internazionale mise gli occhi e le mani sul nostro paese con la complicità e la sudditanza di una nuova classe politica imposta dal cartello stesso.
Per esempio l’operazione Tangentopoli (casualmente in quell’anno) servì proprio da spartiacque, e cioè a togliere il vecchio per far posto ai nuovi «camerieri dei banchieri» (Ezra Pound).

Sono momenti storici importantissimi.
E’ l’anno in cui in soli 7 giorni cambia il sistema monetario italiano, che viene sottratto dal controllo del governo e messo nelle mani della finanza speculativa. Privatizzano gli istituti di credito e gli enti pubblici; è l’anno in cui viene impedito al ministero del Tesoro di concordare con la Banca d’Italia il tasso ufficiale di sconto (costo del denaro alla sua emissione), che viene quindi ceduto a privati. E’ l’anno della firma del Trattato di Maastricht (7 febbraio).
Il 12 marzo viene assassinato il parlamentare siciliano Salvo Lima (1928-1992)
L’anno dell’attacco speculativo di George Soros.


L’ebreo ungaro-statunitense mediante due banche, la tedesca Deutsche Bank e la statunitense Goldman Sachs (il cui consigliere italiano era Romano Prodi) attaccò l’Italia, e i due picchi speculativi si ebbero, casualmente, in corrispondenza delle due stragi: 23 maggio (Capaci) e 19 luglio (Via D’Amelio). Il governatore di Banca d’Italia era Carlo Azeglio Ciampi, che riuscì a far vaporizzare 60.000 miliardi di lire, in pratica tutte le riserve dell’istituto centrale, acquistando marchi inutilmente. Per i suoi servigi Ciampi divenne Presidente della Repubblica….
L’attacco speculativo del «terrorista finanziario» Soros (attualmente guru e consigliere della sinistra italiana), riuscì a deprezzare la lira di quasi il 30%, permettendo l’acquisto da parte degli avvoltoi dei nostri gioielli di Stato a prezzi di saldo.
L’11 luglio 1992 Giuliano Amato prelevò forzatamente, con un decreto retroattivo al 9 luglio, dai conti correnti degli italiani il 6 per mille.
Il 2 giugno 1992 (in spregio alla festa della Repubblica) e a pochi giorni dalla strage di Capaci, avvenne una delle più eclatanti cospirazioni mai avvenute: la riunione sul «Britannia», il panfilo della Regina Elisabetta II.
Scopo: cedere banche e gioielli dello Stato ai potentati finanziari internazionali.
Tutto il Gotha della finanza internazionale attracca a Civitavecchia con lo yacht della Corona inglese. Sono venuti fino a qui a fare incetta delle migliori aziende e ad arruolare quelli che saranno i loro fedeli servitori al governo del paese, a cui garantiranno incarichi di prestigio.
Il maggior beneficiario è Mario Draghi e tra i più benemeriti Romano Prodi, Beniamino Andreatta, Carlo Azeglio Ciampi, Giuliano Amato, Massimo D’Alema.
Più o meno personaggi che bazzicano dentro e fuori alle riunioni del Club Bilderberg, Commissione Trilaterale, Aspen Institute e in altre organizzazioni del capitalismo speculativo angloamericano.
Presenti ovviamente le banche d’affari tipo Goldman Sachs ma non solo.
Il resto è storia…

Come l’eclatante svendita dell’Iri (Istituto di Ricostruzione Industriale) che aveva circa 1.000 società, fiore all’occhiello del nostro paese. Fu smembrato e svenduto, sotto la presidenza di Romano Prodi (dal 1982 al 1989 e durante un periodo tra il 1993 ed il 1994). Prodi che per questi servigi venne premiato con l’ascesa alla presidenza del Consiglio e poi alla Commissione Europea...
A proseguire l’opera di smembramento delle aziende di Stato ci penserà Massimo D’Alema, che nel 1999 favorirà la cessione, tra le altre, di Autostrade per l’Italia e Autogrill alla famiglia Benetton, che di fatto hanno così assunto il monopolio assoluto nel settore del pedaggio e della ristorazione autostradale.
Un’operazione che farà perdere allo Stato italiano miliardi di fatturato ogni anno.
In quegli anni il presidente dell’Iri era Gian Maria Gros-Pietro, uno che nel 2001 venne convocato alla riunione del Bilderberg in Svezia, insieme a Mario Draghi e un certo Mario Monti.
Entrambi saranno ampiamente ripagati dal cartello stesso…
Gian Maria Gros-Pietro, che nel 1992 era presidente della Commissione per le strategie industriali nelle privatizzazioni del ministero dell’industria, nel 1994 diviene membro della Commissione per le privatizzazioni, istituita, guarda caso da Mario Draghi…

Per maggiori informazioni

La prima parte dell’articolo è la trascrizione del seguente video di Social TV
«Volete nomi e cognomi dei responsabili politici per Genova?» Social TV, video
https://www.youtube.com/watch?v=CdkYMREuYMA

La seconda parte dell’articolo è tratta dal seguente articolo
«Prodi, Draghi & C: chi ha regalato l’Italia, autostrade incluse»
http://www.libreidee.org/2018/08/prodi-draghi-c-chi-ha-regalato-litalia-autostrade-incluse/

 

 

Marcello Pamio 

Il nuovo pericolo per l’informazione italiana di Regime ha finalmente un nome e cognome.
A sorpresa dal cilindro magico del governo giallo-verde, nell’elenco dei papabili per dirigere la Rai di Viale Mazzini, è saltato fuori il suo nome, e questo ha fatto tremare il terreno sotto i piedi dell’establishment.
Al Sistema, le cose non programmate, cioè quelle che escono dalla loro agenda irritano non poco, figuriamoci se poi al comando dei canali nazionali, cioè della Rai - Radiotelevisione Italiana - viene proposto Marcello Foa.
Quando è troppo è troppo, e mettere a capo dell’informazione un uomo libero non è ammissibile e accettabile nel Paese delle banane.

La sincronicità ha sempre il suo fascino: con l’apparizione del suo nome a livello mediatico è partita una campagna vergognosamente faziosa con lo scopo di demolire la figura professionale del giornalista italo-svizzero. Stiamo parlando di uno che ha lavorato sotto Indro Montanelli come capo redattore agli Esteri, una delle redazioni chiave del «Giornale», e ultimamente ai vertici del «Corriere del Ticino». Ha scritto libri, insegnato, tenuto conferenze in giro per il mondo, e spiegato (ecco il vero problema) come funzionano la manipolazione e gli inganni dell’informazione.
Insomma un curriculum che moltissimi dei direttori passati alla Rai si sognano. Ma in Italia il curriculum non conta, perché quello che fornisce il lasciapassare sono gli scheletri nell’armadio, o una tessera elettorale ben precisa, oppure la fratellanza ad una loggia…

Foa essendo estraneo a tutto ciò, per la massonica stampa progressista è un pericolo. Da qui gli attacchi perché sarebbe sovranista, populista, filorusso, no-vax, e addirittura (pensate), perché scrive libri sulle Fake News. Roba da peste bubbonica per coloro che comandano dalle sale ovali.
Hanno buttato sul calderone perfino l’accusa di vilipendio al capo dello Stato, perché qualche mese fa, dopo le incresciose dichiarazioni di Sergio Mattarella, Marcello Foa avrebbe detto che il presidente risponde ai mercati e all’Europa. Abominio inaudito…
Ancora devo capacitarmi di cosa avrebbe detto di così strano. Dovremmo forse chiederlo alle mezze calzette di pseudo-giornalisti alla mercé di una sinistra ormai allo sbando totale.
Mattarella dopo le elezioni popolari non si è comportato da presidente della Repubblica ma da uomo del Sistema tecnobancario europeo. Tutto qua.

Ma l’apoteosi dell’accanimento mediatico è stata raggiunta sabato 28 luglio alle ore 16:37. «Casualmente - come ha scritto l’amica Enrica Perucchietti - nel pieno della discussione per  la sua nomina alla presidenza RAI, è stata modificata la pagina wikipedia di Marcello Foa, aggiungendo la sezione ‘Controversie’ (prima inesistente, e la cronologia lo prova) in cui viene denigrato come un ‘complottista’ per aver sostenuto l’esistenza di false flag e per aver parlato della teoria gender».
Avete capito? Qui abbiamo a che fare con esperti stacanovisti, che lavorano anche di sabato pomeriggio pur di manipolare e falsificare le informazioni, per distruggere la reputazione di un uomo, molto pericoloso, perché libero! Peccato che la cronologia di wikipedia ha registrato le prove...

Giornalisti venduti
Stranamente i grandi giornalisti della carta stampata, quelli che oggi criticano aspramente Marcello Foa, si sono dimenticati di scrivere della (loro) collega Monica Maggioni, ex presidente Rai che è anche alla guida della pericolosissima e losca «Commissione Trilaterale»[1], oppure della «rossa col gomito appoggiato», come chiamava il grande Giorgio Gaber Lilli Gruber, che figura nel Comitato Direttivo di un altro gruppo elitario potente, il «Bilderberg»[2]. L’elenco da fare sarebbe lungo.
Questi personaggi vanno bene al Sistema (e quindi anche ai loro zerbinati giornalisti) perché fanno parte del Sistema stesso, mentre un giornalista libero, senza fronzoli e bandierine, senza appartenenza alcuna diventa un problema nazionale!
Si è scomodato perfino Silvio Berlusconi che ha criticato la scelta del giornalista, dicendo che Forza Italia voterà contro la linea del governo.
Stiamo parlando di un uomo morto politicamente e probabilmente anche fisicamente.
Il Silvio che vediamo infatti è un clone, perché il vero si trova in una cella criogenica.
Si è fatto ibernare nella speranza che tra qualche decennio, al suo risveglio, abbiano risolto l’annoso problema del trapianto di capelli.

Toupè a parte, complimenti al neogoverno per la performance magica: estrarre il nome di Marcello Foa come Direttore Rai è stata una prestidigitazione unica. Ha messo in luce il problema dell’informazione in Italia.
Se anche la Commissione di Vigilanza boccerà il nome (e mi auguro di no), inventandosi motivazioni assurde, oramai il danno è fatto e sempre più persone capiranno il giochetto. Prenderanno coscienza che in Italia vige una dittatura vera e propria! Per cui non ha alcun senso pagare il canone e acquistare i quotidiani…
La fine dei tempi è prossima per il Sistema…

Note:

[1] «Commissione Trilaterale», www.trilaterale.it/Elenco_Soci_TC_Gruppo_Italiano_maggio2018.pdf

[2] «Bilderberg Group», http://bilderbergmeetings.org/steering-committee.html

L’«Aspen Institute for Umanistic Studies» venne fondato nel 1949 ad Aspen nel Colorado da Robert Maynard Hutchins, Gran Commendatore dell’Ordine di San Giovanni di Gerusalemme, una branca della Side Masonry, l’alta massoneria Britannica. Presidente dell’Università Rockefeller di Chicago fra il 1929 e il 1950, creatore assieme a Giovanni A. Borghese nell’immediato dopoguerra del Movimento per il Governo mondiale, direttore della programmazione della Fondazione Ford all’inizio degli anni 50, Hutchins era in rapporto con Aldous Huxley per lo studio delle droghe; venne coinvolto negli anni Sessanta, ormai in pensione in un traffico di droga. 
Al momento della fondazione, Hutchins era fiancheggiato da numerosi fabiani (membri della Fabian Society) del CFR (Council on Foreign Relations, Consiglio per le Relazioni Estere, il vero governo ombra americano) e del RIIA britannico (Royal Institute of International Affairs, l’omologo britannico del CFR) i quali, dietro il paravento degli “studi umanistici”, puntavano in realtà a cooptare personaggi del mondo economico e industriale per orientarli verso analisi e prospettive “globali”, leggi mondialiste in senso tecnocratico, e inserirli quindi nei quadri di governo dei rispettivi paesi.

Negli Stati Uniti l’Aspen Institute ha sedi ad Aspen e a Washington, mente in Europa dispone di una rete, costituita in successione, di centri di attività fra loro collegati coordinati. Così nel 1974 venne fondata la sede di Berlino, seguito da quella di Roma nel 1985, con un ufficio a Milano (successivamente anche a Roma); nel 1994 fu la volta di Lione, e per rimanere in Europa, quella di Bucarest nel 2006. Tokyo ebbe la sua sede nel 1998 e Nuova Delhi nel 2004.

Alla guida dell’Aspen Institute è stato lungo Robert O. Anderson, ex segretario del tesoro americano, uno dei direttori del CFR, membro del Bilderberg e della Commissione Trilaterale, giornalista dell’Observer (della famiglia degli Astor) e dirigente della multinazionale petrolifera Atlantic Richfield Corporation (ARCO) dei Rockefeller.
Nel 1974 la Fondazione di Anderson ha finanziato i movimenti ecologisti per imporre le energie cosiddette “alternative” all’energia nucleare, muovendosi di concerto con l’Aspen Institute, che godeva degli stessi finanziamenti dell’Atlantic Richfield.

Secondo quanto espresso nel corso di un convegno tenuto a Venezia il 5 settembre 1986, dall’allora presidente della sezione italiana, l’israelita Gianni De Michelis - presente anche ai simposi di Davos dello World Economic Forum - il fine dell’Aspen è quello di mettere attorno a uno stesso tavolo i protagonisti di maggior rilievo del mondo politico, economico, finanziario per formulare suggerimenti e proposte…
Trattasi di intenzioni assai prossime a quelle del Bilderberg, ma in un rapporto di subordinazione rispetto a quest'ultimo e con valenze spiccatamente culturali, di formazione di quadri per l’establishment, e anche economiche, monetarie e commerciale.

L’Istituto Aspen organizza nelle varie nazioni uno o due seminari all’anno, secondo le necessità, per fare il punto sulla situazione economica, commerciale e finanziaria, il rapporto a quella politica del momento, con la partecipazione di personalità e quadri dei governi europei, americani e giapponesi.
Annotiamo che l’Aspen Italia è stato guidato fino ai primi di febbraio 1995 dall’allora capo del Governo Giuliano Amato. Gli successe Carlo Scognamiglio, ministro della Difesa, mentre Romano Prodi, leader del centro sinistra, il 2 febbraio dello stesso anno veniva nominato “vice presidente vicario”.
Alle sedute dell’Istituto Aspen Italia, mescolate personaggi di spicco del mondo politico ed economico italiano come Giorgio Napolitano, Giulio Tremonti, Enrico Letta, Mario Draghi, Carlo Azeglio Ciampi, Francesco Cossiga, si ritrovano, sempre in omaggio al principio osmotico che vige nelle società di stampo massonico, personaggi appartenenti a circoli superiori come John Chipman, direttore dell’IISS, Lord Dahrendford (RIIA, Fondazione Ford, Bilderberg), Samuel Huntington (CFR), Renato Ruggiero (ex presidente WTO, Bilderberg, Trilaterale) o Peter Tarnoff, Presidente CFR dal 1986 al 1993.

Aspen Institute Italia oggi
L’attualmente Comitato Esecutivo di Aspen Italia è composto dai membri di diritto e da 30 componenti nominati tra i Consiglieri dal Consiglio Generale.
Molti nomi sono assai noti…

Luigi Abete, Giuliano Amato, Lucia Annunziata, Sergio Berlinguer, Alberto Bombassei, Domenico Cacopardo, Sabino Cassese, Giuseppe Cattaneo, Gerhard Dambach, Marta Dassù, Gianni De Michelis, Jean-Paul Fitoussi, Marco Fortis, Franco Frattini, Gabriele Galateri di Genola, Richard Gardner, Donato Iacovone, Gianni Letta, Emma Marcegaglia, Giampiero Massolo, Paolo Mieli, Mario Monti, Mario Moretti Polegato, Lorenzo Ornaghi, Riccardo Perissich, Angelo Maria Petroni, Romano Prodi, Francesco Profumo, Alberto Quadrio Curzio, Dario Rinero, Gianfelice Rocca, Cesare Romiti, Paolo Savona, Carlo Scognamiglio, Nicoletta Spagnoli, Lucio Stanca, Giulio Tremonti, Marco Tronchetti Provera, Beatrice Trussardi, Giuliano Urbani, Flavio Valeri, Elena Zambon.

L’attuale Presidente è Giulio Tremonti, i Vice Presidenti Alberto Bombassei, Gianfelice Rocca, Paolo Savona (Vicario), Lucio Stanca (Tesoriere), Elena Zambon.
I Presidenti Onorari sono: Giuliano Amato, Gianni De Michelis, Cesare Romiti, Carlo Scognamiglio. Il Consigliere del Presidente: Giuseppe Cattaneo.
Infine «Aspenia», il trimestrale di Affari Internazionali di Aspen Institute (stampato da «Il Sole 24 Ore») è diretta da Marta Dassù, mentre il Direttore Responsabile è la giornalista (con doppio passaporto…) Lucia Annunziata.

Anche se in origine la sede storica era a Milano, per ovvi motivi di prestigio e per essere più vicini alla politica, oggi si trova a Roma, presso il Palazzo Lancellotti a Piazza Navona. Un palazzo storico che appartiene all'omonima famiglia dell'aristocrazia papalina...

Conclusioni
Alla fine l’Aspen Institute è un think tank nato all'insegna dei Rockefeller: un club elitario che si occupa di rappresentare le istanze dei gruppi mondialisti.
Grazie a enormi finanziamenti privati è in grado di influenzare i governi nazionali, infiltrando la sua attività di lobbying in tutti i settori strategici (economia, finanzia, cultura, politica, ecc.).
Lo statuto lo dice chiaramente: fare «promozione delle leadership», e incoraggiare le «leadership illuminate»…
Illuminate da che tipo di luce?

Soci Aspen
Ecco l’elenco dei «soci sostenitori», cioè le società che economicamente finanziano e sostengono Aspen Italia.
All’appello non manca nessuno: tantissime le banche, le multinazionali del farmaco, i colossi del petrolio e delle telecomunicazioni…

A2A, ABB, ABI ‐ Associazione Bancaria Italiana, Accenture, Acea, Aeroporti di Roma, Arriva Italia, Assicurazioni Generali, Assolombarda Confindustria Milano Monza e Brianza, A.T. Kearney, Atlantia, Autoclavi Fedegari, Banca CR Firenze, Banca Generali, Banca Nazionale del Lavoro, Banca Popolare di Bari, Banca Sella, Banca Sistema, Banco di Desio e della Brianza, Banor, Barclays Bank Italia, BCube, Bluefin Invest, BMW Group Italia, Brembo, British American Tobacco Italia, Candy Group, Cassa Depositi e Prestiti, Cesi, Citigroup, Compagnia di San Paolo, Conad, Confagricoltura, Confederazione Nazionale Coldiretti, Confindustria, Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro, Credit Suisse, Deutsche Bank, Dompé Farmaceutici, Duferco Italia Holding, Edison, ENAV, ENEL, Eni, ePRICE, Ernst & Young Financial, Business Advisors, Falck Renewables, Farmindustria ‐ Associazione delle Imprese del Farmaco, Ferfina Holding ‐ Società Italiana per Condotte d’Acqua, Ferrovie dello Stato, Fideuram ‐ Intesa Sanpaolo private Banking, Fincantieri, FNM, Fondazione Cariplo, Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna, Fondazione Enpam, Fondazione Fiera di Milano, Fondazione Sicilia, Galeries Lafayette, Geox, Getra, Gilead Sciences, Google, Grimaldi Compagnia di Navigazione, Gruppo Banco BPM, Gruppo Marcegaglia, Hewlett‐Packard Italiana, HSBC Bank, IBM Italia, Intesa Sanpaolo, INVITALIA ‐ Agenzia Nazionale per l’Attrazione degli Investimenti e lo Sviluppo d’Impresa, Inwit, Iren, Isagro, Istituto della Enciclopedia Italiana fondata da Giovanni Treccani, Kedrion, Leonardo‐Finmeccanica, Leonis Group, Luisa Spagnoli, Manpower Group Italia, Merloni Holding, Metropolitana Milanese, Microsoft Italia, Morgan Stanley, MSD, Nexi, Nexi Payments, Nielsen Italia, Oliver Wyman, Petrone Group, Philip Morris Italia, PB Tankers, Pirelli & C., Poltrona Frau, Poste Italiane, Procter & Gamble, RAI, Redaelli Tecna, Robert Bosch, Roland Berger Strategy, Consultants Italia, Rolls‐Royce International, SACE, Saipem, SAVE, SEA, Shell Italia, Siemens, Silversea Cruises, Simest, Sisal Group, Sky Italia, Snam, Sofinter, Sol, Techint, Telecom Italia, Terna, Trevi Finanziaria Industriale, UBIBanca, UniCredit, Unilever Italia, Unipol Gruppo Finanziario, Vodafone Italia, Wind Telecomunicazioni, Zambon Group.

 

Per maggiori informazioni «Massoneria e sette segrete: la faccia occulta della storia»

Marcello Pamio

Con Nobiltà Nera s’intendono le famiglie delle oligarchie di Venezia e Genova che avevano dei diritti di commercio molto privilegiati nel XII secolo.
Grazie alla prima delle tre Crociate dal 1063 a 1123, si instaurò formalmente la Nobiltà Nera che rafforzò il potere della ricchissima classe dirigente. Per essere precisi, l’aristocrazia (della Nobiltà Nera) prese il comando assoluto su Venezia nel 1171 quando la nomina del doge fu trasferita a quello che fu conosciuto come il Gran Consiglio.
Questo Consiglio, comprendendo i membri dell’aristocrazia commerciale, fu per loro l’assoluto trionfo. Da allora infatti la meravigliosa città sul mare restò saldamente nelle loro mani.
La loro influenza però si estese ben aldilà dei confini di spazio e di tempo, arrivando fino ai giorni nostri.

Nel 1204 l’oligarchia distribuì delle enclave feudali ai suoi membri e iniziò così la crescita del loro potere e della pressione…
Il nome Nobiltà Nera deriva dal comportamento della fratellanza: quando la popolazione iniziò a ribellarsi contro i monopoli, i leader della sommossa furono catturati e impiccati brutalmente. Hanno da sempre adoperato l’assassinio, l’omicidio, il sequestro e lo stupro, mandando in rovina cittadini e imprese ostili.
Quali sono le famiglie?

La casa di Guelfo Inghilterra
La casa di Wettin Belgio
La casa di Bernadotte Svezia
La casa del Liechtenstein Liechtenstein
La casa di Oldenburg Danimarca
La casa di Hohenzollern Germania
La casa di Hannover Germania 
La casa di Borbone Francia
La casa di Orange Olanda

La casa di Grimaldi Monaco 
La casa di Wittelsbach Germania
La casa di Braganza Portogallo
La casa di Nassau Lussemburgo
La casa di Asburgo Austria
La casa di Savoia Italia
La casa di Karadjordjevic Jugoslavia
La casa di Wartettenberg Germania
La casa di Zogu Albania

Stranamente nell’elenco non figurano i Windsor, come mai?
Tutte le famiglie sono imparentate con la casa di Guelfo, una delle famiglie originarie della Nobiltà Nera veneziana, da cui discende, guarda caso, la casata dei Windsor e quindi la Regina d’Inghilterra Elisabetta II.
Non solo, ma i Guelfi si sono talmente intrecciati con l’aristocrazia tedesca attraverso la casa di Hannover, che ci vorrebbero interi libri per citare tutti i legami e gli intrecci familiari/genetici.
Possiamo concludere che quasi tutte le case reali europee discendono da quella di Hannover e di conseguenza da quella dei Guelfi.
Per fare un solo esempio, il Re inglese hannoveriano Giorgio I, venne dal ducato di Luneberg, una parte della Germania settentrionale che fu governata dalla famiglia dei Guelfi fin dal XII secolo.

Cosa controllano oggi?
Oggi i discendenti dei Guelfi mantengono saldamente il potere controllando il mercato delle materie prime: fondamentale per tutti. Addirittura per anni hanno fissato anche il prezzo mondiale dell’oro (fixing).
La casa di Windsor controlla il prezzo del rame, zinco, piombo, stagno e non è un caso che la principale Borsa Merci si trovi proprio a Londra.
Un’altra importante famiglia che fa parte della Nobiltà Nera d’Inghilterra è Grosvenor.
Per secoli questa famiglia visse, come la maggior parte delle famiglie reali europee, con i canoni delle terre cedute in proprietà di superficie. Oggi possiede almeno 300 acri, oltre un milione e duecento mila metri quadrati, nel pieno centro di Londra. Le proprietà non sono mai state vendute, ma date in affitto con il classico contratto medievale di locazione di 39 anni. 


Il Grosvenor Square dove si trova l’ambasciata americana appartiene alla famiglia dei Grosvenor, come pure Eaton Square, dove gli appartamenti sono affittati a 25.000 sterline al mese.
Queste cifre danno un’idea del patrimonio immenso che le famiglie Nere raccolgono dai canoni d’affitto, e spiegano perché i Windsor per esempio non sono interessati al progresso industriale.
E’ un caso che dietro alla maggior parte, se non a tutti i movimenti ambientalisti del mondo ci sono loro? L’intento è sempre quello che mira a ridurre la popolazione mondiale.

L’esempio ideale è il WWF.
Nel 1948 in Inghilterra il biologo Julian Huxley istituì l’IUCN (Unione Internazionale per la Conservazione della Natura e delle Risorse Naturali), un gruppo collegato con il Foreign Office inglese. L’11 settembre del 1961 (data molto simbolica), Huxley assieme al principe Bernardo d’Olanda (il nazista cofondatore del Gruppo Bilderberg) e al principe Filippo di Edimburgo fondarono ufficialmente il WWF, con il solo scopo di raccogliere fondi per l’IUCN…
E’ risaputo che i principi inglesi Carlo e Filippo sono i simboli più in vista dei movimenti filo-malthusiani e hanno parlato pubblicamente spesso del bisogno di alleggerire il mondo dalle persone non desiderate e inadatte.

Perché parlare della nobiltà nera?
Sono i fondatori delle società segrete dei nostri tempi, da cui nascono tutte le altre che sono legate agli Illuminati: «Comitato dei 300», «Club di Roma», «CFR, «RIIA», «Bilderberg», «Nazioni Unite», «Tavola Rotonda», ecc.….
Tutti o quasi hanno origine dal «Comitato dei Trecento» e quindi dalle famiglie della Nobiltà Nera europea.
Il Comitato dei 300 è stato fondato dall’aristocrazia inglese nel 1727 per ridurre drasticamente il numero di quelli che vengono definiti «useless eaters» («mangiatori inutili»), riportando quindi le economie nazionali a un livello pre-industriale.
Si tratta di un prodotto del Consiglio della famosa «Compagnia britannica delle Indie orientali» «British East India Company». Una società per così dire “noleggiata” dalla famiglia reale nel 1600, che ha permesso la creazione di immensi patrimoni grazie al traffico di spezie, seta con l’oriente e oppio con la Cina. Si può definire la prima e più grande multinazionale al mondo.
Il Comitato dei 300 è guidato da sua Maestà la Regina britannica…

La City di Londra: centro finanziario globale
La Regina si sa essere il capo della famiglia reale e dell’impero coloniale britannico (con capitale Londra), governato ufficialmente da un primo ministro e un gabinetto.
Quello che pochi sanno è che esiste uno Stato indipendente in seno a Londra, esattamente come il Vaticano per Roma. Si tratta della City, conosciuta anche come «Square Mile» cioè il miglio quadrato più ricco del mondo. Occupa un’area nel cuore di Londra di circa 2,7 km quadrati, ha circa 8.000 abitanti e oltre 330.000 persone ci vanno ogni giorno per lavorare.
La City si estende dal massonico «Temple Bar» a est, fino alla Torre di Londra a ovest.
Della sua antica costruzione sono rimaste solo poche tracce, perchè gran parte dell’area andò distrutta nel grande incendio del 1666 (data questa molto interessante). 
Il Governo della City non è la monarchia, ma la CORONA, che comprende 13 membri ed è guidata dal Re della City, Lord Charles Bowman.

In pochi chilometri quadrati trovano sede le istituzioni economiche più ricche, influenti e potenti del pianeta, come per esempio la Banca d’Inghilterra (controllata dai Rothschild), i Lloyd’s di Londra, la Borsa di Londra e gli uffici di moltissime società commerciali internazionali e multinazionali.
Fleet Street è il centro della stampa e dell’editoria: da sempre simbolo del giornalismo londinese, soprannominata proprio per questo motivo «Street of ink», la strada dell’inchiostro.
Sempre nella City si trova il Blackfriars Bridge, il Ponte dei Frati Neri famoso perché nel 1982 venne trovato impiccato il banchiere Roberto Calvi, coinvolto nello scandalo del Banco Ambrosiano.
Il nome Blackfriars deriva dal copricapo nero usato dall’Ordine dei Domenicani che spostarono in questa zona di Londra la loro residenza nel 1276.
Bank è il cuore del settore finanziario e la sua piazza, considerata la più bella della City, è il punto d’incontro di 8 strade. Tra gli eleganti edifici spiccano il Royal Exchange con un portico a 8 colonne (tale numero dal punto di vista esoterico ha una valenza interessante), la Mansion House, la sontuosa residenza del Lord Mayor of the City of London; la sede della HSBC, la Borsa valori di Londra, London Stock Exchange (LSE), una delle più grandi borse valori del mondo (con 3.233 compagnie). Ovviamente la banca centrale, la Bank of England chiamata The Old Lady che si trova qui solo dal 1734.

La City NON appartiene all’Inghilterra. Non è suddita, non appartiene al monarca e neppure al governo del parlamento britannico. La City è il vero governo dell’Inghilterra, poiché sia la Regina che il Primo ministro sono subordinati al suo Re.
Quindi dietro la facciata di un primo ministro e un gabinetto, sembra che siano loro a decidere, quando in realtà sono burattini della City.
Non a caso la regina quando visita la City viene incontrata da Lord al Temple Bar, la porta simbolica della City. La regina deve chiedere il permesso per entrare nello Stato privato e Sovrano. Il re dimostra la sua approvazione porgendole la spada dello Stato. Durante le visite il Lord con la sua toga e la catena mette in secondo piano la regina e il suo entourage, che tra le altre cose, sono vincolati a indossare vestiti normali (la regina non può entrare con vestiti reali), e deve camminare due passi indietro a lui nella City, segno chiaro di sudditanza.
La fondazione della Banca d’Inghilterra fu istigata da William Paterson, agente della City sotto il controllo dell’impero dei Rothschild.
Quindi in Gran Bretagna esistono due imperi che agiscono separatamente: l’impero coloniale governato dalla famiglia reale e quello della Corona.
Le colonie di popolazione bianca sono sotto l’autorità del governo inglese, mentre tutte le altre colonie sono di proprietà privata della Corona (i cosiddetti «Crown Colonies»).

Tutti pensano che a comandare il mondo siano gli Stati Uniti d’America per via dell’esercito più potente e della sede finanziaria di Wall Street, ma non è così...
Gli yankee fungono da braccio armato del vero potere che è nel Vecchio Continente.
La City di Londra è il centro nevralgico della finanza planetaria!
La conferma sta anche nel fatto che dal punto di vista simbolico proprio da Londra (Greenwich) parte il cosiddetto «meridiano zero», il meridiano fondamentale per tutte le longitudini, e origina pure la mezzanotte, il giorno universale misurato da tutti gli orologi del mondo…
Ecco la sede del vero Potere…

Fonte:
"Le società segrete e il loro potere nel Ventesimo secolo"
"Massoneria e sette segrete: la faccia occulta della storia"

Marcello Pamio

Dal 7 al 10 Giugno, quasi in concomitanza con le elezioni politiche italiane, avrà luogo un grande evento che si tiene con cadenza annuale dal lontano 1954.
Si tratta del Bilderberg o, come viene spesso chiamato, il “meeting annuale degli alti sacerdoti della globalizzazione”.
Il Gruppo prenota tutto un hotel o un resort tra i più famosi e costosi del mondo, circondato da un esercito di sicurezza armata e polizia locale (pagata da chi?).
Quest’anno ritornano in Italia a Torino, dopo ben 14 anni dall’ultimo incontro avvenuto nel 2004 a Stresa sul Lago Maggiore.
Il luogo del soggiorno molto probabilmente sarà il NH Lingotto.

Per chi ancora non conosce l'avvenimento facciamo di seguito un breve resoconto: il Bilderberg Group è un conferenza “non ufficiale” che prevede circa 120-150 invitati, influenti, potenti personalità dai regni dell’economia, dei media, della politica, guru della tecnologia, banchieri centrali, funzionati dell’intelligence, segretari di stato, primi ministri, ecc.
Quest'anno saranno esattamente 128 gli invitati.
Il nome del Gruppo deriva dal loro primo incontro che risale al 1954, avvenuto nell’Hotel de Bilderberg in Oosterbeek nei Paesi Bassi.
Come si può intuire dal periodo storico, il Bilderberg è una creazione della Guerra Fredda o per meglio dire, del R.I.I.A. britannico, cioè del Royal Institute of International Affaire. Un istituto nato il 30 maggio 1919 a Londra, come capitolo locale della Round Table fondata invece con proiezioni transnazionali.
Il R.I.A.A., noto anche come Chatam House, con sede al numero 10 di St. James Square a Londra, nel 1979 contava su un Consiglio di 33 persone alla guida di circa 3000 membri.
L'idea della nascita del Gruppo Bilderberg venne ad un certo Joseph Retinger, che al tempo si occupava della crescita dell'anti-americanismo in Europa Occidentale. Personaggio chiave della politica mondiale per quasi mezzo secolo, Retinger manteneva strette relazioni con il “Colonnello” House, con la potentissima famiglia ebraica Warburg con i banchieri internazionali Lehman, Baruch. Era anche membro della Pilgrim’s Society e del C.F.R. statunitense (il corrispondente del RIIA negli Stati Uniti).
L’influenza di Joseph Retinger sui circoli mondialisti era tale da meritargli il soprannome di “His Grey Eminence” (Sua Eminenza Grigia)
Quindi lo scopo iniziale del Bilderberg, esattamente come della NATO, era quello di rinforzare l’unità dei Paesi Occidentali contro la “minaccia comunista”.
Con il collasso del Patto di Varsavia, il gruppo, con a capo l’America, si è concentrato sul rafforzamento e sullo sviluppo della globalizzazione.
Dall’11 Settembre 2001, a seguito degli attacchi su New York, un altro target è diventato di primaria importanza, ovvero ciò che possiamo chiamare “lo scontro tra civiltà” o “scontro di religione”
Nel 2003 uno dei pochi giornalisti che si dedicano alla ricerca sull'argomento, ai quali va il merito della pubblicazione anno per anno delle liste dei partecipanti, Tony Gosling, un inglese che gestisce il sito www.bilderberg.org, chiese a David Rockefeller il perchè di tanta segretezza ricevendo come risposta che si tratta di un meeting privato.
Ma come dichiara il giornalista stesso «i personaggi politici e gli esponenti del mondo economico e dell'informazione che vi partecipano non sono individui privati, anzi sono proprio loro che dovrebbero rendere conto alla gente...».
Secondo l’attivista britannico Gosling, aver fatto circolare il nome di Torino potrebbe essere un depistaggio per sfuggire ai sempre più numerosi gruppi di contestatori pronti ad accogliere i partecipanti. Venezia infatti potrebbe essere la sede effettiva dell’incontro.
Gli argomenti chiave della discussione di quest'anno saranno:

Populismo in Europa
La sfida della disuguaglianza
Il futuro del lavoro
Intelligenza artificiale
Gli Stati Uniti prima dei midterms
Libero scambio
Leadership mondiale degli Stati Uniti
Russia
Calcolo quantistico
Arabia Saudita e Iran
Il mondo "post-verità"
Eventi attuali

Interessante notare che nel Comitato Direttivo figurano personaggi come la giornalista Lilli Gruber, John Elkann...

Ecco l'elenco completo dei nomi dei partecipanti.
Gli italiani sono nove: Alberto Alesina, Lucio Caracciolo, Elena Cattaneo, Vittorio Colao, John Elkann, Lilli Gruber, Giampiero
Massolo, Mariana Mazzucato, Salvatore Rossi.

ELENCO COMPLETO:

Achleitner, Paul M. (DEU), Chairman Supervisory Board, Deutsche Bank AG; Treasurer, Foundation Bilderberg Meetings
Agius, Marcus (GBR), Chairman, PA Consulting Group
Alesina, Alberto (ITA), Nathaniel Ropes Professor of Economics, Harvard University
Altman, Roger C. (USA), Founder and Senior Chairman, Evercore
Amorim, Paula (PRT), Chairman, Américo Amorim Group
Anglade, Dominique (CAN), Deputy Premier of Quebec; Minister of Economy, Science and Innovation
Applebaum, Anne (POL), Columnist, Washington Post; Professor of Practice, London School of Economics
Azoulay, Audrey (INT), Director-General, UNESCO
Baker, James H. (USA), Director, Office of Net Assessment, Office of the Secretary of Defense
Barbizet, Patricia (FRA), President, Temaris & Associés
Barroso, José M. Durão (PRT), Chairman, Goldman Sachs International; Former President, European Commission
Beerli, Christine (CHE), Former Vice-President, International Committee of the Red Cross
Berx, Cathy (BEL), Governor, Province of Antwerp
Beurden, Ben van (NLD), CEO, Royal Dutch Shell plc
Blanquer, Jean-Michel (FRA), Minister of National Education, Youth and Community Life
Botín, Ana P. (ESP), Group Executive Chairman, Banco Santander
Bouverot, Anne (FRA), Board Member; Former CEO, Morpho
Brandtzæg, Svein Richard (NOR), President and CEO, Norsk Hydro ASA
Brende, Børge (INT), President, World Economic Forum
Brennan, Eamonn (IRL), Director General, Eurocontrol
Brnabic, Ana (SRB), Prime Minister
Burns, William J. (USA), President, Carnegie Endowment for International Peace
Burwell, Sylvia M. (USA), President, American University
Caracciolo, Lucio (ITA), Editor-in-Chief, Limes
Carney, Mark J. (GBR), Governor, Bank of England
Castries, Henri de (FRA), Chairman, Institut Montaigne; Chairman, Steering Committee Bilderberg Meetings
Cattaneo, Elena (ITA), Director, Laboratory of Stem Cell Biology, University of Milan
Cazeneuve, Bernard (FRA), Partner, August Debouzy; Former Prime Minister
Cebrián, Juan Luis (ESP), Executive Chairman, El País
Champagne, François-Philippe (CAN), Minister of International Trade
Cohen, Jared (USA), Founder and CEO, Jigsaw at Alphabet Inc.
Colao, Vittorio (ITA), CEO, Vodafone Group
Cook, Charles (USA), Political Analyst, The Cook Political Report
Dagdeviren, Canan (TUR), Assistant Professor, MIT Media Lab
Donohoe, Paschal (IRL), Minister for Finance, Public Expenditure and Reform
Döpfner, Mathias (DEU), Chairman and CEO, Axel Springer SE
Ecker, Andrea (AUT), Secretary General, Office Federal President of Austria
Elkann, John (ITA), Chairman, Fiat Chrysler Automobiles
Émié, Bernard (FRA), Director General, Ministry of the Armed Forces
Enders, Thomas (DEU), CEO, Airbus SE
Fallows, James (USA), Writer and Journalist
Ferguson, Jr., Roger W. (USA), President and CEO, TIAA
Ferguson, Niall (USA), Milbank Family Senior Fellow, Hoover Institution, Stanford University
Fischer, Stanley (USA), Former Vice-Chairman, Federal Reserve; Former Governor, Bank of Israel
Gilvary, Brian (GBR), Group CFO, BP plc
Goldstein, Rebecca (USA), Visiting Professor, New York University
Gruber, Lilli (ITA), Editor-in-Chief and Anchor "Otto e mezzo", La7 TV
Hajdarowicz, Greg (POL), Founder and President, Gremi International Sarl
Halberstadt, Victor (NLD), Professor of Economics, Leiden University; Chairman Foundation Bilderberg Meetings
Hassabis, Demis (GBR), Co-Founder and CEO, DeepMind
Hedegaard, Connie (DNK), Chair, KR Foundation; Former European Commissioner
Helgesen, Vidar (NOR), Ambassador for the Ocean
Herlin, Antti (FIN), Chairman, KONE Corporation
Hickenlooper, John (USA), Governor of Colorado
Hobson, Mellody (USA), President, Ariel Investments LLC
Hodgson, Christine (GBR), Chairman, Capgemini UK plc
Hoffman, Reid (USA), Co-Founder, LinkedIn; Partner, Greylock Partners
Horowitz, Michael C. (USA), Professor of Political Science, University of Pennsylvania
Hwang, Tim (USA), Director, Harvard-MIT Ethics and Governance of AI Initiative
Ischinger, Wolfgang (INT), Chairman, Munich Security Conference
Jacobs, Kenneth M. (USA), Chairman and CEO, Lazard
Kaag, Sigrid (NLD), Minister for Foreign Trade and Development Cooperation
Karp, Alex (USA), CEO, Palantir Technologies
Kissinger, Henry A. (USA), Chairman, Kissinger Associates Inc.
Kleinfeld, Klaus (USA), CEO, NEOM
Knot, Klaas H.W. (NLD), President, De Nederlandsche Bank
Koç, Ömer M. (TUR), Chairman, Koç Holding A.S.
Köcher, Renate (DEU), Managing Director, Allensbach Institute for Public Opinion Research
Kotkin, Stephen (USA), Professor in History and International Affairs, Princeton University
Kragic, Danica (SWE), Professor, School of Computer Science and Communication, KTH
Kravis, Henry R. (USA), Co-Chairman and Co-CEO, KKR
Kravis, Marie-Josée (USA), Senior Fellow, Hudson Institute; President, American Friends of Bilderberg
Kudelski, André (CHE), Chairman and CEO, Kudelski Group
Lepomäki, Elina (FIN), MP, National Coalition Party
Leyen, Ursula von der (DEU), Federal Minster of Defence
Leysen, Thomas (BEL), Chairman, KBC Group
Makan, Divesh (USA), CEO, ICONIQ Capital
Massolo, Giampiero (ITA), Chairman, Fincantieri Spa.; President, ISPI
Mazzucato, Mariana (ITA), Professor in the Economics of Innovation and Public Value, University College London
Mead, Walter Russell (USA), Distinguished Fellow, Hudson Institute
Michel, Charles (BEL), Prime Minister
Micklethwait, John (USA), Editor-in-Chief, Bloomberg LP
Minton Beddoes, Zanny (GBR), Editor-in-Chief, The Economist
Mitsotakis, Kyriakos (GRC), President, New Democracy Party
Mota, Isabel (PRT), President, Calouste Gulbenkian Foundation
Moyo, Dambisa F. (USA), Global Economist and Author
Mundie, Craig J. (USA), President, Mundie & Associates
Netherlands, H.M. the King of the (NLD),
Neven, Hartmut (USA), Director of Engineering, Google Inc.
Noonan, Peggy (USA), Author and Columnist, The Wall Street Journal
Oettinger, Günther H. (INT), Commissioner for Budget & Human Resources, European Commission
O'Leary, Michael (IRL), CEO, Ryanair D.A.C.
O'Neill, Onora (GBR), Emeritus Honorary Professor in Philosophy, University of Cambridge
Osborne, George (GBR), Editor, London Evening Standard
Özkan, Behlül (TUR), Associate Professor in International Relations, Marmara University
Papalexopoulos, Dimitri (GRC), CEO, Titan Cement Company S.A.
Parolin, H.E. Pietro (VAT), Cardinal and Secretary of State
Patino, Bruno (FRA), Chief Content Officer, Arte France TV
Petraeus, David H. (USA), Chairman, KKR Global Institute
Pichette, Patrick (CAN), General Partner, iNovia Capital
Pouyanné, Patrick (FRA), Chairman and CEO, Total S.A.
Pring, Benjamin (USA), Co-Founder and Managing Director, Center for the Future of Work
Rankka, Maria (SWE), CEO, Stockholm Chamber of Commerce
Ratas, Jüri (EST), Prime Minister
Rendi-Wagner, Pamela (AUT), MP (SPÖ); Former Minister of Health
Rivera Díaz, Albert (ESP), President, Ciudadanos Party
Rossi, Salvatore (ITA), Senior Deputy Governor, Bank of Italy
Rubesa, Baiba A. (LVA), CEO, RB Rail AS
Rubin, Robert E. (USA), Co-Chairman Emeritus, Council on Foreign Relations; Former Treasury Secretary
Rudd, Amber (GBR), MP; Former Secretary of State, Home Department
Rutte, Mark (NLD), Prime Minister
Sabia, Michael (CAN), President and CEO, Caisse de dépôt et placement du Québec
Sadjadpour, Karim (USA), Senior Fellow, Carnegie Endowment for International Peace
Sáenz de Santamaría, Soraya (ESP), Deputy Prime Minister
Sawers, John (GBR), Chairman and Partner, Macro Advisory Partners
Schadlow, Nadia (USA), Former Deputy National Security Advisor for Strategy
Schneider-Ammann, Johann N. (CHE), Federal Councillor
Scholten, Rudolf (AUT), President, Bruno Kreisky Forum for International Dialogue
Sikorski, Radoslaw (POL), Senior Fellow, Harvard University; Former Minister of Foreign Affairs, Poland
Simsek, Mehmet (TUR), Deputy Prime Minister
Skartveit, Hanne (NOR), Political Editor, Verdens Gang
Stoltenberg, Jens (INT), Secretary General, NATO
Summers, Lawrence H. (USA), Charles W. Eliot University Professor, Harvard University
Thiel, Peter (USA), President, Thiel Capital
Topsøe, Jakob Haldor (DNK), Chairman, Haldor Topsøe Holding A/S
Turpin, Matthew (USA), Director for China, National Security Council
Wahlroos, Björn (FIN), Chairman, Sampo Group, Nordea Bank, UPM-Kymmene Corporation
Wallenberg, Marcus (SWE), Chairman, Skandinaviska Enskilda Banken AB
Woods, Ngaire (GBR), Dean, Blavatnik School of Government, Oxford University
Yetkin, Murat (TUR), Editor-in-chief, Hürriyet Daily News
Zeiler, Gerhard (AUT), President, Turner International

 

Marcello Pamio

“Hollywood è un posto dove per un bacio di pagano mille dollari e per l’anima cinquanta centesimi”
Marilyn Monroe

“Al termine del XX secolo Hollywood resta un’industria con una spiccata sfumatura etnica. Praticamente tutti i capi dei maggiori studi sono ebrei. Gli sceneggiatori, i produttori e i misura minore i registi sono ebrei in una quantità sproporzionata; un recente studio li ha indicati presenti in oltre il 59% delle pellicole di maggior successo”. J.J. Goldberg, Jewish Power, 1996

La cinematografia è sempre stata, assieme alla cugina più giovane televisione, i veicoli principali di controllo delle masse. Proprio per questo motivo, ogni Regime che si rispetti, ha sempre ingabbiato e gestito i mezzi di comunicazione di massa.
I mass media, cartacei, radiofonici, cibernetici e visivi non solo giocano un ruolo fondamentale nella modifica e manipolazione della percezione della realtà, ma possono innescare e accelerare determinati processi cognitivi e fisiologici che conducono l’uomo direttamente nelle prigioni coercitive del cosiddetto Nuovo Ordine Mondiale: il cosiddetto mondialismo.
Chi controlla questi sistemi, ha il potere di vita e di morte su centinaia di milioni, per non dire miliardi di individui.
La funzione della televisione viene ben descritta nel monologo di Howard Beale, interpretato da Peter Finch, nel film di Sidney Lumet: “Network” (da noi “Quinto Potere”) del 1976.

“Meno del 3% di voialtri legge libri, meno del 15% di voi legge giornali o riviste.
Perché l'unica verità che conoscete è quella che ricevete alla tv. Attualmente, c'è da noi un'intera generazione che non ha mai saputo niente che non fosse trasmesso alla tv.
La tv è la loro Bibbia, la suprema rivelazione!
La tv può creare o distruggere presidenti, papi, primi ministri. La tv è la più spaventosa, maledettissima forza di questo mondo senza Dio. E poveri noi se cadesse nelle mani degli uomini sbagliati…
Perché questa società è ora nella mani della CCA, la Communication Corporation of America, e quando una tra le più grandi corporazioni del mondo controlla la più efficiente macchina per una propaganda fasulla e vuota, in questo mondo senza Dio, io non so quali altre cazzate verranno spacciate per verità, qui!
Quindi ascoltatemi. Ascoltatemi! La televisione non è la verità! La televisione è un maledetto parco di divertimenti, la televisione è un circo, un carnevale, una troupe viaggiante di acrobati, cantastorie, ballerini, cantanti, giocolieri, fenomeni da baraccone, domatori di leoni, giocatori di calcio! Ammazzare la noia è il nostro solo mestiere.
Da noi non potrete mai ottenere la verità. Vi diremo tutto quello che volete sentire mentendo senza vergogna. Vi diremo qualsiasi cazzata vogliate sentire!
Noi commerciamo illusioni, niente di tutto questo è vero!
Ma voi tutti ve ne state seduti là, giorno dopo giorno, notte dopo notte, di ogni età, razza, fede. Conoscete soltanto noi. Già cominciate a credere alle illusioni che fabbrichiamo qui. Cominciate a credere che la tv è la realtà, e che le vostre vite sono irreali. Voi fate tutto quello che la tv vi dice: vi vestite come in tv, mangiate come in tv, tirate su bambini come in tv, persino pensate come in tv! Questa è pazzia di massa! Siete tutti matti!
In nome di Dio, siete voialtri la realtà. Noi, siamo le illusioni.
Quindi spegnete i vostri televisori, spegneteli ora. Spegneteli immediatamente! Spegneteli e lasciateli spenti!

Howard Beale, da buon commentatore televisivo, parla dei rischi insiti della tv, ma il suo discorso si può allargare ed estendere al cinema e ad ogni altro mezzo di comunicazione.
Ha proprio ragione: la tv e il cinema non sono la realtà, sono strumenti nelle mani dei controllori che sfornano falsità, illusioni e sogni.
Sfruttano le conoscenza profonde dell’animo umano, della psiche, dell’inconscio e della psicologia sociale delle masse, per veicolare quello che vogliono che noi sentiamo e vediamo.

Moltissime persone, soffocate e strozzate da un sistema parassitario disumanizzante che sta lentamente stringendo il cappio intorno al collo di milioni di persone, vogliono sognare, allontanarsi dai propri problemi quotidiani (economici, sociali, religiosi, lavorativi, salutari, ecc.) e il Sistema ci accontenta: crea film di avventura, saghe fantascientifiche, romantici strappalacrime, eroi che salvano il mondo, fiction, serie televisive infinite che hanno proprio questo intento: staccarci dalla realtà e tenerci il più a lungo possibile lontano. Il punto è che non lo fanno per il nostro bene…
Ci mettono le ali ai piedi, ci fanno volare e sognare a occhi aperti, e nel frattempo, oltre a spillarci i soldi (creando bisogni, culture e mode), i nostri veri problemi di tutti i giorni, non si sono mossi di un millimetro, anzi si sono nel frattempo accumulati…
Modificano e manipolano la realtà, la impastano per i propri tornaconti, dandoci infine un polpettone di mezze verità misto a bugie.

Disintegrazione mirata delle culture
La disintegrazione delle culture nazionali, delle identità è un passaggio obbligatorio.
Per usare le parole del sociologo Randolph Bourne, la disintegrazione culturale crea “orde di uomini e di donne senza patria spirituale, dei fuorilegge culturali senza gusto, senza norme e senza direttive se non quelle della massa” (1)
Il liberismo viene esaltato in tutti gli ambiti (economica, finanza, politica, religione…) come massima espressione di democrazia e libertà, ma l’uomo delle società liberali, perde il suo status di cittadino, perde la sua individualità (intesa come espressione spirituale), scivolando verso la condizione di massa, e in questa si perde l’unicità: siamo tutti uno.
Vogliono farci credere che “siamo tutti uguali”, anche se, alcuni sono più uguali di altri. (2)

Gli Stati Uniti d’America sono un paese giovanissimo se confrontato con il Vecchio Continente europeo; un paese formato da un miscuglio di gruppi etnici e individui tra i più diversi al mondo.
In America non esiste alcun principio di nazionalità, e il poeta tedesco Nikolau Lenau è molto esplicito in questo, descrivendo l’americano come una persona che “non conosce altro che i denaro; egli non ha altra idea. Di conseguenza lo Stato non è un’istituzione spirituale ed etica, ma soltanto una convenzione materiale”. (3)
Purtroppo anche qui da noi in Europa sta avvenendo una simile strategia: le potentissime massonerie stanno unificando i paesi europei, cancellando le differenze sociali, religiose, culturali, storiche, economiche e monetarie. Il tutto sotto l’ombrello e la bandiera dell’euro.

Non l’unificazione per unire, ma l’unione per disintegrare!
L’omogeneizzazione dei popoli europei
L’antropologa Ida Magli è precisa sullo scopo finale della globalizzazione: “il Governo unico mondiale. La riduzione all’uguaglianza di comportamento per tutti i popoli: una sola lingua, una sola religione, una sola moneta, una sola identità, una sola cultura, un solo Stato. La “guida” sottostante a quella dei governanti sembrerebbe massonica, in quanto questi sono fin dall’inizio gli ideali massonici”. (4)

Con il Trattato di Schengen hanno eliminato i confini, e ogni Stato ha sempre avuto confini.
Uno Stato non è tale se non possiede un determinato territorio. (5)
L’Italia - continua la dottoressa Magli - non è più uno Stato. Cosa che del resto, è lo scopo primario dell’unificazione europea: l’eliminazione degli Stati”.

American dream
Dal XX secolo gli americani si sentono il centro del mondo, la potenza suprema e il modello da esportare, magari con bombe al fosforo a frammentazione e uranio impoverito.
La loro convinzione non dipende solo dal fatto che possiedono l’esercito più potente al mondo, ma nella visione e convinzione che la loro società è la realizzazione di tutti i sogni degli altri popoli: giustizia, libertà, democrazia, ricchezza, ecc.
La realtà è esattamente il contrario, ma il popolo americano, lobotomizzato e decerebrato da decenni di propaganda radiotelevisiva crede ciecamente in tale modello.
La mission ultima dell’Impero statunitense è il soddisfacimento dei bisogni materiali, tanto sognati ed osannati dalle grandi masse.

Le pellicole di celluloide e la televisione, come detto prima, rappresentano il narcotico sociale perfetto: anestetizzano le menti, fanno evadere dai problemi di tutti i giorni, fanno sognare lo spettatore grazie a illusioni irrealizzabili, trasformando la finzione in realtà e la realtà in finzione.
Una realtà de facto inventata, creata ad arte e impiantata nei cervelli grazie all’immenso potere della suggestionabilità delle immagini e dei suoni.
Quello che vediamo al cinema, per il cervello, è più reale della realtà stessa, e siccome quello che si vede è più bello e meno doloroso, viene accettato con più facilità. Lo schermo diviene una specie di bypass cerebrale che va direttamente a colpire l’inconscio dello spettatore (6)

Jack Warner, uno dei padri della potentissima Warner già agli inizi degli anni Trenta aveva ben chiaro la potenza della macchina propagandistica del cinema: “i film possono e devono giocare una parte importantissima nella crescita culturale ed educativa dell’umanità. Noi dobbiamo sforzarci di fare pellicole che procurino alla gente qualcosa di più di una semplice, oziosa, ora o due di divertimento”.

Tutti i grandi tycoon dei mezzi mediatici avevano compreso fin da sùbito, che i film non rappresentavano solo uno strumento di puro intrattenimento, ma potevano plasmare la società, dare forma alle menti di milioni di persone.

L’invasione mondiale del cinema a stelle e strisce
Nel 1913 negli USA ci sono 20.000 sale di proiezione che vendono 5 miliardi di biglietti ogni anno, portando nelle casse delle industrie 300 milioni di dollari.
Gli Stati Uniti, con circa 120 milioni di abitanti, registrano ogni settimana 110 milioni di spettatori.
Nel 1955 i film americani giungono ad occupare il 75% del tempo-proiezione in Belgio, Danimarca, il 70% in Grecia, Finlandia, il 63% dell’Europa occidentale.
Nel 1993 tali percentuali sono ancora più incredibili: l’americanizzazione del mondo, va avanti, soprattutto dopo la Seconda Guerra Mondiale a ritmo esponenziale.
Ed è soprattutto qui in Europa che l’invasione hollywoodiana si fa sentire alla grande: quasi il 60% dei programmi televisivi e circa l’80% dei film sono infatti di produzione statunitense.

Il finto antirazzismo
Il soggetto principale di migliaia di chilometri di pellicole hollywoodiane è non a caso l’antirazzismo.
Se questa potrebbe a prima vista apparire una funzione utile, l’antirazzismo americano non mira a proteggere le differenze razziali, mira invece all’annullamento delle stesse razze, del diverso, come espressione non solo fisica (negro, indiano, ebreo, giallo, ecc.), ma anche come sistema di valori.
In pratica è la negazione radicale del diverso.
Esattamente la copia di quello che hanno messo in pratica qui in Europa, con la nascita dell’euro: cancellando la diversità, l’economie, la storie e le monete nazionali, siamo tutti uguali, perché è proprio nell’uguaglianza che avviene l’assimilazione.
Il modello razziale, cioè il modello di valori da imporre a tutti gli altri nel mondo, vuoi con la forza e la conquista (guerre), vuoi con la manipolazione mentale (cinema e televisione) è quello WASP: White Anglo Saxon Protestants.
Loro conservano la propria identità, perché loro assorbono, o meglio, omologano le altre razze.

Le major hollywoodiane
Le principali e miliardarie industrie filmiche, vengono chiamate anche major e sono rappresentate da cinque colossi Five Biggest o Big Five: Paramount (Zukor), Warner Bros (Warner), Loew-MGM (Mayer), Twentieth Century-Fox (William Fox) e RKO; e da tre un po’ più piccoli, ma sempre potenti, Three Smaller o Little Three: Universal (Laemmle), Columbia (F.lli Cohen) e United Artists.

Paramount
Cronologicamente, la prima delle major, per così dire, di “prima classe”, è la Paramount, casa fondata e diretta per vent’anni dall’ebreo Adolph Zukor, nato nel 1873 a Ricse in Ungheria, figlio di un pellicciaio benestante.
Ecco in sintesi il pensiero di Zuckor: “ve lo dico come ungherese, come ebreo, come artista e come filosofo. Gli uomini vogliono anche sognare. Hanno bisogno dei loro sogni. Ebbene, noi fabbricheremo dei sogni, sogni in serie, sogni divertenti, che costano poco. Voi mi prestate 5000 dollari e in pochi anni ne avrete 500.000. Osservate la gente, vuole delle illusioni”.

La gente vuole illusioni, paga per avere le illusioni e loro li creano.
Il potere commerciale della Paramount è sempre stato basato sul sistema del blocco (block bookin, noleggio in blocco), cioè un sistema che costringe i gestori delle sale ad affittare non il solo film desiderato, ma una lista completa di pellicole.
Nel 1929 la casa, acquista dalla seconda grande compagnia radiofonica CBS, il 49% delle azioni in cambio di azioni Paramount del valore di 5 milioni di dollari.
Nel 1935, dopo la bancarotta, Leonard Goldenson riorganizza la major come Paramount Pictures Inc., la cui presidenza viene assunta dal banchiere John Otterson e il capo studio è Emanuel Cohen.

Nell’ottobre del 1966 la Paramount viene assorbita da un conglomerato industriale-finaziario: la Gulf & Western Industries, e un accordo con la MCA, proprietaria della Universal Films, porta alla fondazione della CIC, Cinema International Corporation, per la distribuzione di film sul mercato internazionale, che diviene in breve la prima casa del settore, arrivando a gestire fino ad un terzo del mercato complessivo.
Nel settembre 1994 la Paramount Communcations viene comperata per 10 miliardi di dollari dal gruppo televisivo di Boston, Viacom, proprietaria dei canali MTV. L’obiettivo è formare, dopo Time-Warner, News Corporation e Walt Disney, il quarto colosso dell’entertainment americano.
Il trust Viacom-Paramount International è un conglomerato che controlla 12 stazioni televisive, 14 radio, 3593 negozi d videocassette (Blockbuster) e 1927 sale cinematografiche.
Nel settembre 1999 Viacom acquista la CBS (14 tv e 160 radio) per 34,5 miliardi di dollari  arrivando a controllare e gestire 200 siti internet, MTV, 138 reti via cavo, 200 canali tv tradizionali e 144 emittenti radio.

Universal
Carl Laemmle emigrato negli States dalla Germania, ha fatto di tutto: impiegato in un negozio all’ingrosso e poi in un magazzino, contabile di un gioielliere e poi di un mercante di bestiame, venditore di quotidiani domenicali per arrotondare le entrate. A Chicago nel 1906 apre il suo primo teatro, dopo tre anni, è il più potente distributore di pellicole filmine degli Stati Uniti. La sua nuova società inizia una dura lotta giudiziaria contro il Trust di Edison che si concluderà nel 1915 con la sconfitta e lo smembramento dell’oligopolio fondato dall’inventore della lampadina.
A marzo del 1910 è proprio il tedesco ad imprimere una svolta storica nella cinematografia mondiale, inaugurando l’era dello star system. Fino ad allora infatti gli attori e le attrici erano poco noti al grande pubblico. Nasce così anche il gossip.
Nel 1912 aiutato dal cognato Isadore Bernstein, Laemmle fonda la Universal Pipe Fitting o Universal Film Manufacturing Company che poi diventerà Universal Studios e la sede viene trasferita a Hollywood.
Nel 1990 il conglomerato nipponico Matsushita Electric Industrial rileva la MCA e l’Universal Pictures per 6,5 miliardi di dollari. Successivamente, per 5,7 miliardi di dollari il controllo passa alla Seagram del canadese Edgar Bronfoman e poi Bronfman Jr che già possiede il 19% del gruppo Time-Warner.
Infine nel giugno 2000, per fronteggiare i tre colossi CBS-Viacom (Paramount), NewsCorp-Bertelsmann (Twentieh) e AOL-TimeWarner (Warner Bros), la Seagram (Universal) si fonde con Vivendi, il maggior gruppo francese Vivendi-Universal.

20th Century-Fox
Wilhelm Fried, diventato successivamente William Fox, è nato nel 1879 a Tulchva in Ungheria. Dopo aver lavorato come foderatore di cappelli per la Solomon & Son, con l’aiuto del finanziare Sol Brill, acquista il suo primo locale e nel giro di poco tempo arriva a possedere 25 locali di proiezione cinematografica.
La ditta Fox inizia nel 1913 a produrre cortometraggi a New York e nel New Jersey. Girati una cinquantina di film, nel 1916 si trasferisce nell’Eldorado californiano, Hollywood.
La Fox Film Corporation diviene il primo conglomerato filmico e nel 1927 conta mille sale di proiezione. Nello stesso anno la Fox acquista la maggioranza azionaria della Loew’s Incorporated, la società finanziaria tramite la quale ottiene il controllo della MGM, costituendo la nuova Fox-Loew la più grande società dell’industria del cinema.
Nel 1935, dopo la grande Depressione, la Fox si fonde con la 20th Century Pictures Incorporated.

MGM: Metro Goldwyn Mayer
Louis (Lazar) Burt Mayer
dopo aver commercializzato in rottami di ferro, nel 1912 si associa con Ben Stern e con Adolph Mayer per costituire la Louis B. Mayer Film Company con sede a Boston.
Mayer, proprietario di una catena di locali diffusa soprattutto nel New England, entra nel grande giro della distribuzione.
Nel frattempo Samuel Goldwyn, che ha lasciato la Paramount nel 1919 fonda con i fratelli Edgar e Arch Selwyn la Goldwyn Pictures.
Il terzo polo della futura MGM è Marcus Loew e la sua Loew’s Incorporaed, società di distribuzione che inizia acquistando la Metro Pictures

Nel 1924 Loew fonda con Goldwyn la Metro-Goldwyn Productions e si trasferisce a Hollywood. A maggio dello stesso anno nasce la famosissima MGM, Metro Goldwyn Mayer che diventerà il complesso cinematografico più grande del mondo: una stazione ferroviaria, un porto e anche una giungla. Ma quello che ha caratterizzato la MGM rispetto le altre major, era la presenza delle star (Greta Garbo, Clark Gable, Spencer Tracy, Joan Crawford, Judy Garland e moltissimi altri).
Tra il 1964 e il 1967 uno dei maggiori azionisti Philph Levin, vende le sue azioni che vengono comperate da Edgar Bronfman della Universal, dando il via alla dissoluzione della major.
Nel 1969 la MGM finisce nella mani del finanziere armeno Kirk Kerkorian e questo nel 1986 la cede a Ted Turner per 1,5 miliardi di dollari.
Ad acquistare la grande industria produttrice di sogni è nel 1991 l’italiano Giancarlo Parretti, accompagnato e aiutato dal finanziere Floro Fiorini, noto alle cronache per lo scandalo del Banco Ambrosiano e della loggia P2.
Per concludere le vicissitudini della major, nel 2004 spiazzando la Time-Warner, la Sony Corporation rileva la MGM per ben 5 miliardi di dollari, accaparrandosi così di fatto una libreria di 4100 pellicole, tra le quali ben 200 Premi Oscar.

Warner Bros
La Warner Bros, prende appunto il nome dai fratelli Warner: Sam (Samuel), Jack, Albert (Abraham) ed Harry.
Dopo aver iniziato la loro attività nel 1917 con una piccola sala di proiezione, divengono in breve direttori della catena teatrale First National e fondano la vera e propria compagnia.
Nel 1923 acquistando la Viagraph Company, proprietaria di un brevetto di registrazione sonora che accompagna i film muti, la Warner diviene, grazie alla rivoluzione sonora, una tra le più affermate major di Hollywood.
Nel 1989 la Warner si fonde con il gruppo editoriale Time generando un mostro gigantesco Time-Warner, il più potente conglomerato multimediale del mondo.

Columbia
Possiamo dire che è la prima delle cosiddette piccole major, anche se per piccolo non si vuole sminuirne la portata.
La Columbia deriva dalla Cohn Brothers e poi CBS Film Sales Corporation, di proprietà di Harry Cohn e dal fratello Jack (derivato da Jacob).
Dopo varie vicissitudini, negli anni Settanta per sopravvivere alla crisi, deve vendere gli studios e fondersi con la Warner. Negli anni Ottanta passa alla Coca-Cola ma è solo nel 1989 che la Columbia Pictures si fonda con la Tri-Star Pictures per formare il Motion Pictures Group.
Nel 1991 la compagnia cambia nome in Sony Pictures Entertainment con Columbia e Tri-Star come società sussidiarie di produzione filmica.

RKO
L’ultima delle grandi case è nata nel 1928 col nome di Radio-Keith-Orpheum Radio Pictures anche se le sue origini risalgono agli inizi del secolo. Sorge dalla Film Booking Offices of America Incorporated, dalla KAO Keith-Albee-Orpheum Corporation e dalla RCA Radio Corporation of America del potentissimo gruppo Rockefeller.

I finanziatori
I veri padroni di questi oligopoli multimediali sono sempre stati e lo sono ancora oggi, i grandi imperi finanziari:

- Rockefeller (agente statunitense dell’impero europeo dei Rothschild);
- Morgan (che dopo la morte del fondatore JP Morgan e il Glass-Steagall Act del 1933 che scinde le banche di deposito da quelle di affari, l’istituto si biforca in JP Morgan e Morgan Stanley & Co.);
- Kuhn, Loeb & Co.;

La seconda metà dell’Ottocento è proprio il periodo basilare nella nascita delle principali lobbies e industrie del pianeta. Nascono non solo le imprese cinematografiche, ma praticamente sorgono le più importanti industrie di ogni genere: farmaceutiche, acciaio, agro-alimentari, petrolifere-energetiche, ecc.
La nascita di questi colossi è stata permessa dalle banche d’affari dell’epoca che hanno finanziato.
Quali erano queste banche? Risponde Carrol Quigley, docente di storia a Princeton e Harvard: “i nomi di talune di queste banche ci sono famigliari, e dovrebbero esserlo anche di più. Sono i Baring, Lazard, Erlanger, Warburg, Schroder, Seligman, Speyer, Mirabaud, Mallet, Lazard, e soprattutto i Rothschild e i Morgan”. Di queste 12 banche, ben 9 erano di proprietà ebraica, e se teniamo conto che Morgan era un agente americano dei Rothschild, il numero sale a 10.

Secondo il The American Jewish Experience, le principali banche americane di origine ebraica alla fine del XIX secolo erano: J.S. Bache, Hellman, Sears & Roebuck, Goldman & Sachs, R.H. Macy, Abraham & Strauss, Albert Loeb, J.W. Seligman, S.W. Straus, Wertheim, Steinhardt, Lewisohn, Guggenheim, Kuhn & Loeb, Speyer, Belmont, Hallgarten, Lehman, Heidelbach & Ickelheimer.
Le sei maggiori case hollywoodiane, l’oligopolio che controlla e gestisce ancora oggi la filmografia a livello planetario, non solo sono state fondate con i soldi delle banche ebraiche qui sopra elencate, ma tutte sono nate da imprenditori ebrei: Paramount (Zukor), Warner Bros (Warner), Loew-MGM (Mayer), Twentieth Century-Fox (William Fox), Universal (Laemmle), Columbia (F.lli Cohen).

“Al giorno d’oggi sei produttori decidono in merito al novanta per cento delle sceneggiature e montano il novanta per cento dei film”. Frank Capra, regista

Tratto dal libro di Gianantonio Valli: "Trafficanti di sogni: Hollywood, creatura ebraica", ed. Effepi

 

Note

[1]Trafficanti di sogni. Hollywood, creatura ebraica”, Giantonio Valli, ed. Effepi
[2] Tutti gli animali sono uguali, ma alcuni sono più uguali degli altri”, frase celebre tratta dal romando “La fattoria degli animali” del 1947 di George Orwell
[3] Idem, pag. 264
[4] Intervista alla d.ssa Ida Magli dal “Civico20 News” di Torino. 2 marzo 2011, www.bdtorino.net
[5] Idem
[6] Idem, pag. 285

di Peter Phillips

La classe dirigente degli Stati Uniti è oggi dominata da un gruppo neo-conservatore di circa 200 persone che condividono l'obbiettivo comune di imporre sul mondo il potere militare statunitense. Questo Global Dominance Group (Gruppo per il dominio Globale), in cooperazione con le maggiori industrie di appalti militari, è diventato una potente forza nei processi di unilateralismo militare e nelle faccende politiche americane.
Una lunga serie di ricerche sociologiche, documenta l'esistenza di una classe dirigente predominante negli Stati Uniti che stabilisce le linee politiche nazionali e ne determina le priorità. C. Wright Mills, nel suo libro del 1956 sull'elite al potere, ha documentato come la Seconda Guerra Mondiale abbia condensato una terna di poteri degli Stati Uniti, costituita dalle elite aziendali, militari e governative, in una struttura di potere centralizzata, che agisce all'unisono attraverso "alti circoli" di contatto e consenso.

I Neo-conservatori che promuovono il controllo militare mondiale da parte degli Stati Uniti sono adesso nelle posizioni politiche di comando, tramite questi alti circoli. Il magazine Adbusters ha riassunto le posizioni neo-conservatrici come: "La convinzione che la Democrazia , anche se difettosa, è difesa al meglio da un popolo ignorante gonfiato di nazionalismo e religione. Solo uno stato nazionalista militante può impedire l'aggressione umana. Un tale nazionalismo richiede una minaccia esterna e se questa non c'è la si deve fabbricare."
Nel 1992, durante il primo mandato di Bush, Dick Cheney appoggiò Lewis Libby e Paul Wolfowitz che produssero la relazione "Guida alla Pianificazione della Difesa" ("Defense Planning Guidance"), che propugnava il dominio militare degli Stati Uniti sul mondo all'interno di un "nuovo ordine". La relazione chiedeva che gli Stati Uniti accrescessero la superiorità militare e che prevenissero il sorgere di nuovi rivali a sfidarli sul palcoscenico mondiale.

Al termine dell'amministrazione Clinton, i propugnatori del dominio globale diedero vita al Progetto per un Nuovo Secolo Americano - Project for a New American Century (PNAC). Tra i fondatori del PNAC c'erano otto persone affiliate con il primo fornitore della difesa, Lockheed-Martin, e altri sette collegati al terzo fornitore, Northrop Grumman. Dei venticinque fondatori del PNAC, dodici furono in seguito nominati a posizioni di alto livello all'interno dell'amministrazione Bush.
Nel settembre del 2000, il PNAC produsse una relazione di 76 pagine dal titolo Rebuilding America's Defenses: Strategy, Forces and Resources for a New Century. La relazione, analoga a quella del 1992, richiedeva la protezione della Casa Americana, l'abilità di intraprendere più teatri di guerra simultanei, l'assunzione di ruoli di polizia globali, e il controllo dello spazio e dell'informazione elettronica (cyberspace). Affermava che gli anni '90 erano stati una decade di trascuratezza verso la difesa e che gli USA dovevano aumentare le spese militari per conservare la leadership geopolitica Americana nel ruolo di superpotenza mondiale. La relazione riconosceva inoltre che: "il processo di trasformazione sarà probabilmente lungo, in assenza di qualche evento catastrofico e catalizzante quale una nuova Pearl Harbor". Gli eventi dell'11 settembre 2001 sono stati esattamente la catastrofe che gli autori di Rebuilding America' Defenses teorizzavano essere necessari per accelerare un programma di dominio globale. La permanente guerra al terrore che ne è risultata ha condotto a massicce spese per la difesa da parte del governo, l'invasione di due nazioni, e minacce ad altre tre, e la rapida accelerazione dei piani neo-conservatori per il controllo militare del mondo.

Oggi gli Stati Uniti spendono per la difesa quanto tutto il resto del mondo assieme. Il budget del Pentagono per acquistare nuovi armamenti è cresciuto da 61 miliardi di dollari del 2001 a più di 80 miliardi nel 2004. Nello stesso periodo, le vendite della Lockheed Martin sono aumentate di oltre il 30%, con decine di miliardi di dollari nel registro ordini degli acquisti futuri. Dal 2000 al 2004, il valore delle azioni Lockheed Martin è salito del 300%. La Northrup-Grumann ha subito una crescita analoga con i contratti del Dipartimento per la Difesa lievitati da $3.2 miliardi di dollari nel 2001 fino agli 11,1 miliardi del 2004. La Halliburton , di cui Dick Cheney è stato CEO in precedenza, aveva contratti con la difesa per 427 milioni nel 2001. Nel 2003, il valore dei contratti era salito a 4.3 miliardi, e di questi circa un terzo sono stati assegnati senza gara d'appalto.
Oggi, all'inizio del 2006 l 'agenda del Global Dominance Group è ben introdotta all'interno degli alti circoli politici e resa operativa in modo astuto all'interno del Governo USA. Lavorano mano nella mano con i fornitori della difesa, promuovendo lo spiegarsi delle forze militari su oltre 700 basi su tutto il globo.
C'è una differenza importante tra l'auto-difesa dai pericoli esterni e la convinzione nel controllo totale del mondo. Se glielo si chiede, la maggioranza delle persone in USA ha seri dubbi sull'accettabilità morale e pratica di finanziare la dominazione del mondo.
Peter Phillips è un professore di Sociologia all'Università di Sonoma State e direttore del Project Censored a media research organization.
Per un approfondimento dell'agenda del Global Dominance Group vedere: http://www.projectcensored.org/

Nomi e organizzazioni

1. Abramowitz Morton I.; PNAC, NSC, Asst. Sec. of State, Amb. to Turkey, Amb. To Thailand, CISS, Carlyle
2. Abrams, Elliott; PNAC, Heritage, DoS, HU, Special Asst. to President Bush, NSC
3. Adelman, Ken; PNAC, CPD, DoD, DPB, Fox News, CPD, Affairs, Commander in Chief Strategic Air Command, Northrop Grumman, Arms Control Disarmament Agency
4. Aldrige, E.C. Jr.; CFR, PNAC, NSA, HU, HF, Sec. of the Air Force, Asst. Sec. of State, Douglas Aircraft, DoD, LTV Aerospace, WHOMB, Strategic Systems Group, Aerospace Corp.
5. Allen, Richard V.; PNAC, HF, HO, CFR, CPD, DPB, CNN, US Congress, CIA Analyst,CSIS, NSC
6. Amitay, Morris J.; JINSA, AIPAC
7. Andrews, D.P.; SAIC
8. Andrews, Michael; L-3 Communications Holdings, Deputy Asst. Sec. of Research and Technology, Chief Scientist for the US Army
9. Archibald, Nolan D.; Lockheed Martin
10. Baker, James, III, Caryle, Sec. of State (Bush), Sec. of Tres. (Reagan)
11. Barr, William P.; HF, HO, PNAC, CFR, NSA, US Congress, Asst. to the President (Reagan), Carlyle,
12. Barram, David J.; Computer Sciences Corporation, US DoC
13. Barrett, Barbara; Raytheon
14. Bauer, Gary; PNAC, Under Sec. of Ed.
15. Bechtel, Riley; Bechtel
16. Bechtel, Steve; Bechtel
17. Bell, Jeffrey; PNAC, MI
18. Bennett, Marcus C.; Lockheed Martin
19. Bennett, William J.; PNAC, NSA, HU, Sec. of Education
20. Bergner, Jeffrey; PNAC, HU, Boeing
21. Berns, Walter; AEI, CPD
22. Biggs, John H.; Boeing, CFR
23. Blechman, Barry; DoD, CPD
24. Bolton, John; JINSA, PNAC, AEI, DoS, DoJ, Amb. to UN, WH Legis. Counsil, Agency Int'l Devel, Under Sec. State Arms Control-Int'l Security
25. Boot, Max; PNAC, CFR
26. Bremer, L. Paul; HF, CFR, Administrator of Iraq
27. Brock, William; CPD, Senator, Sec. of Labor
28. Brooks, Peter; DoD, Heritage, CPD
29. Bryen, Stephen; JINSA, AEI, DoD, L-3 Network Security, Edison Int'l, Disney
30. Bryson, John E.; Boeing
31. Bush, Jeb; PNAC, Governor of Florida
32. Bush, George H. W., President, Carlyle, CIA Dir.
33. Bush, Wes; Northrop Grumman
34. Cambone, Stephen; PNAC, NSA, DoD, Los Alamos (specialized in theater nuclear weapons issues), Ofc. Sec. Defense: Dir. Strategic Def., CSIS, CSP
35. Chabraja, Nicholas D.; General Dynamics
36. Chain, John T. Jr. Northrup Grumman, Sec. of the Air Force, Dir. of Politico-MilitaryAffairs, DoS, Chief of Staff for Supreme Headquarters Allied Powers Europe, Commander in Chief Strategic Air Command
37. Chao, Elaine; HF, Sec. of Labor, Gulf Oil, US DoT, CFR
38. Chavez, Linda; PNAC, MI, CFR
39. Cheney, Lynne; AEI, Lockheed Martin
40. Cheney, Richard; JINSA, PNAC, JINSA, AEI, HU, Halliburton, Sec. of Defense, VP of US
41. Cohen Eliot A.; PNAC, AEI, DPB, DoD, CLI, CPD
42. Coleman, Lewis W.; Northrop Grumman
43. Colloredo-Manfeld, Ferdinand; Raytheon
44. Cook, Linda Z.; Boeing
45. Cooper, Dr. Robert S.; BAE Systems, Asst. Sec. of Defense
46. Cooper, Henry; CPD, DoD, Heritage, Depty Asst. Sec. Air Force, US Arms Control Disarm. Strategic Def. Initiative, Applied Research Assoc, NIPP
47. Cox, Christopher; CSP, Senior Associate Counsel to the President, Chairman: SEC.
48. Crandall, Robert L.; Halliburton, FAA Man. Advisor Bd.
49. Cropsey, Seth; PNAC, AEI, HF, HU, DoD, Under-Sec. Navy
50. Cross, Devon Gaffney; PNAC, DPB, HF, CPD, HO
51. Crouch, J.D.; CSP, Depty. National Security Advisor, DoD, Amb. to Romania
52. Crown, James S.; General Dynamics, Henry Crown and Co.
53. Crown, Lester; General Dynamics, Henry Crown and Co.
54. Dachs, Alan; Bechtel, CFR
55. Dahlburg, Ken; SAIC, DoC, Asst. to Reagan, WHOMB
56. Darman, Richard G.; Carlyle, Dir. of the US Office of Management and Budget, President Bush's Cabinet, Asst. to the President of the US, Deputy Sec. of the US Treasury, Asst. US Sec. of Commerce
57. Dawson, Peter; Bechtel
58. Decter, Midge; HF, HO, PNAC, CPD
59. Demmish, W.H.; SAIC
60. DeMuth, Christopher; AEI, US Office of Management and Budget, Asst. to Pres. (Nixon)
61. Derr, Kenneth T.; Halliburton
62. Deutch, John; Dir. CIA, Deputy Sec. of Defense, Raytheon
63. Dine, Thomas; CLI, US Senate (Church, Ed. Kennedy), AIPAC, US Agency Int'l Development, Free Radio Europe/Radio Liberty, Prague, Czech Rep., CFR
64. Dobriansky, Paula; PNAC, HU, AEI, CPB, DoS, Army, NSC European/Soviet Affairs, USIA, ISS
65. Donnelly, Thomas; AEI, PNAC, Lockheed Martin
66. Downing, Wayne, Ret. Gen. US Army, NSA, CLI, SAIC
67. Drummond, J.A.; SAIC
68. Duberstein, Kenneth M.; Boeing, WH Chief of Staff
69. Dudley, Bill; Bechtel
70. Eberstadt, Nicholas; AEI, CPD, PNAC, DoS (consultant)
71. Ebner, Stanley; Boeing, McDonnell Douglas, Northrop Grumman, CSP
72. Ellis, James O. Jr.; Lockheed Martin, Retired Navy Admiral and Commander US Strategic Command
73. Epstein David, PNAC, Office of Sec. Defense
74. Everhart, Thomas; Raytheon
75. Falcoff, Mark; AEI, CFR
76. Fautua, David; PNAC, Lt. Col. US Army
77. Fazio, Vic; Northrup Grumman, Congressman (CA)
78. Feith, Douglas; JINSA, DoD, L-3 Communications, Northrup Grumman, NSC, CFR, CPS
79. Feulner, Edwin J. Jr.; HF, HO, Sec. HUD, Inst. European Def. & Strategy Studies, CSIS
80. Foley, D.H.; SAIC
81. Fradkin, Hillel; PNAC, AEI,
82. Frank, Stephen E.; Northrop Grumman
83. Fricks, William P.; General Dynamics
84. Friedberg, Aaron; PNAC, CFR, NSA, DoD, CIA consultant
85. Frost, Phillip (M.D.); Northrop Grumman
86. Fukuyama, Francis; PNAC, CFR, HU
87. Gates, Robert, CIA-dir. NSA, SAIC
88. Gaffney, Frank; CPD, PNAC, Washington Times, DoD
89. Gaut, C. Christopher; Halliburton
90. Gedmin, Jeffrey; AEI, PNAC, CPD
91. Gerecht, Reuel Marc; PNAC, AEI, CIA, CBS
92. Gillis, S. Malcom; Halliburton, Electronic Data Systems Corp
93. Gingrich, Newt; AEI, CFR, HO, DPB, U.S House of Reps., CLI, CPD
94. Goodman, Charles H.; General Dynamics
95. Gorelick, Jamie S. United Technologies Corporation, Deputy attorney general, DoD, Asst. to the Sec. of Energy, National Com. Terrorist Threats Upon the US, DoJ, Nat'l
Security Adv., CIA, CFR
96. Gouré, Daniel; DoD, SAIC, DoE, DoS (consultant), CSP
97. Haas, Lawrence J.; Communications WHOMB, CPD
98. Hadley, Stephen; NSA advisor to Bush, Lockheed Martin
99. Hamre, John J. ITT Industries, SAIC, U. S. Dep. Sec. of Defense, Under Sec. of Defense, Senate Armed Services Committee
100. Hash, Tom; Bechtel
101. Haynes, Bill; Bechtel
102. Hoeber, Amoretta; CSP, Defense Industry consultant, CPD, CFR, DoD
103. Horner, Charles; HU, CSP, DoS, Staff member of Sen. Daniel Patrick Moyihan
104. Howell, W.R.; Halliburton, Dir. Deutsche Bank
105. Hunt, Ray L.; Halliburton, Electronic Data Systems Corp, President's Foreign Intelligence Advisory Board
106. Inman, Bobby Ray; Ret. Adm. US Navy, CIA-Dir, CFR, NSA, SAIC
107. Ikle, Fred; AEI, PNAC, CPD, HU, DPB, Under Sec. DoD, Def. Policy Board
108. Iorizzo, Robert P.; Northrop Grumman
109. Jackson, Bruce; PNAC, NSA, AEI, CFR, Office of Sec. of Def., US Army Military Intelligence, Lockheed Martin, Martin Marietta, CLI, CPD
110. Jennings, Sir John, Bechtel
111. Johnson, Jay L.;General Dynamics, Retired Admiral, US Navy
112. Jones, A.K.; SAIC, DoD
113. Joseph, Robert; Under Sec. of State for Arms Control and Int'l Security Affairs, DoD, CSP, NIPP
114. Joulwan, George A.; General Dynamics, Retired General, US Army
115. Kagan, Frederick PNAC, West Point Military Academy
116. Kagan, Robert; PNAC, CFR, DoS (Deputy for Policy), Washington Post, CLI, editor Weekly Standard
117. Kaminski, Paul G. General Dynamics, Under Sec. of US Department of Defense
118. Kaminsky, Phyllis ; JINSA, CSP, NSC, Int'l Pub. Rel. Society,
119. Kampelman, Max M.; PNAC, JINSA, CPD, Sec. Housing and Urban Development, CPD
120. Keane, John M. General Dynamics, Retired General, US Army, Vice Chief of Staff of the Army, DoD Policy Board
121. Kennard, William, Carlyle, NY Times, FCC
122. Kemble, Penn; PNAC, DoS, USIA
123. Kemp, Jack; JINSA, HF, Sec. of HUD, US House of Reps., CPD
124. Keyworth, George; CSP, HU, Los Alamos, General Atomics, NSC
125. Khalilzad, Zalmay; PNAC, Amb. to Iraq
126. King, Gwendolyn S.; Lockheed Martin
127. Kirkpatrick, Jeane; AEI, JINSA, CFR, CPD, NSA, Sec. of Defense Commission, US Rep. to UN, CLI, CPD, Carlyle
128. Kramer, H.M.J., Jr.; SAIC
129. Kristol, Irving; CFR, AEI, DoD, Wall Street Journal Board of Contributors
130. Kristol, William; PNAC, AEI, MI, VP Chief of Staff '89, CLI, Domes. Policy Adv. To VP, '89
131. Kupperman, Charles; CPD, Boeing, NIPP
132. Lagon, Mark; PNAC, CFR, AEI, DoS
133. Lane, Andrew; Halliburton
134. Larson, Charles R.; Retired Admiral of the US Navy, Northrop Grumman
135. Laspa Jude; Bechtel
136. Ledeen, Michael; AEI, JINSA, DoS (consultant), DoD
137. Lehman, John; PNAC, NSA, DoD, Sec. of Navy
138. Lehrman, Lewis E.; AEI, MI, HF, G.W. Bush Oil Co. partner
139. Lesar, Dave; Halliburton
140. Libby, I. Lewis; PNAC, Chief of Staff to Dick Cheney, DoS, Northrup Grumman, RAND, DoD, House of Rep., Team B
141. Livingston, Robert; House of Rep., CSP, DoJ
142. Loy, James M., Lockheed Martin, Retired US Navy Admiral
143. Malone, C.B.; SAIC, Martin Marietta, DynCorp, Titan Corp., CLI, CPD
144. Martin, J. Landis; Halliburton
145. McCorkindale, Douglas H.; Lockheed Martin
146. McDonnell, John F.; Boeing
147. McFarlane, Robert; National Security Advisor (Reagan), CPD, Bush's Transition Advisory Committee on Trade
148. McNerney, James W.; Boeing, 3M, GE
149. Meese, Edwin; HF, HO, US Attorney General, Bechtel, CPD
150. Merrill, Philip; CSP, DoD, Import-Export Bank of US
151. Minihan, Kenneth A.; Ret. General US Air Force, BAE Systems, DoD, Defense Intelligence Agency
152. Moore, Frank W.; Northrop Grumman
153. Moore, Nick; Bechtel
154. Moorman, Thomas S.; CSP, Aerospace Corporation, Rumsfeld Space Commission, US Air Force: Former vice chief of staff
155. Mundy, Carl E. Jr.; General Dynamics, Retired General, US Marine Corps Commandant
156. Muravchik, Joshua; AEI, JINSA, PNAC, CLI, CPD
157. Murphy, Eugene F.; Lockheed Martin, GE
158. Nanula, Richard; Boeing
159. Novak, Michael; AEI, CPD
160. Nunn, Sam; GE, US Senator, Chairman Senate Armed Services Committee
161. O'Brien, Rosanne; Northrop Grumman, Carlyle
162. Odeen, Philip A.; Defense and Arms Control Staff for Henry Kissinger, TRW, Northrop Grumman
163. Ogilvie, Scott; Bechtel
164. Owens, William, Ret. Adm. US Navy, DPB, Joint Chiefs of Staff, SAIC
165. Perle, Richard; AEI, PNAC, CPD, CFR, NSA, JINSA, HU, DoD, DPD, CLI, Carlyle
166. Peters, Aulana L.; Northrop Grumman, SEC
167. Pipes, Daniel; PNAC, CPD, Team B
168. Podhoretz, Norman; PNAC, CPD, HU, CFR
169. Poses, Frederic; Raytheon
170. Precourt, Jay A.; Halliburton
171. Quayle, Dan; PNAC, VP US
172. Ralston, Joseph W.; Lockheed Martin, Retired Air Force Gen., Vice Chairman of Joint Chiefs of Staff
173. Reed, Deborah L.; Halliburton, Pres. Southern CA. Gas & Elec
174. Ridgeway, Rozanne; Boeing, Asst. Sec. of State- Europe and Canada, Amb. German Democratic Republic, Finland, DoD
175. Riscassi, Robert; L-3 Communications Holdings, UN Command/Korea, Army vice chief of staff; Joint Chiefs of Staff
176. Roche, James; Sec. of the Air Force, CSP, Boeing, Northrop Grumman, DoS
177. Rodman, Peter W.; PNAC, NSA, Asst. Sec. of Defense for Int'l Security Affairs, DoS,
178. Rowen, Henry S.; PNAC, HO, CFR, DPB, DoD
179. Rubenstein, David M.; Carlysle, Deputy Asst. to the President for Domestic Policy (Carter)
180. Rubin, Michael; AEI, CFR, Office of Sec. of Defense
181. Rudman, Warren; US Senator, Raytheon
182. Ruettgers, Michael; Raytheon
183. Rumsfeld, Donald; PNAC, HO, Sec. of Defense, Bechtel, Tribune Co.
184. Sanderson, E.J.; SAIC
185. Savage, Frank; Lockheed Martin
186. Scaife, Richard Mellon; HO, HF, CPD, Tribune Review Publishing Co.
187. Scheunemann, Randy; PNAC, Office of Sec. of Defense (consultant), Lockheed Martin, CLI Founder /Dir., CPD
188. Schlesinger, James ; DoE, Atomic Energy Commission, Dir. CIA, CSP
189. Schmitt, Gary; PNAC, CLI, DoD (consultant), CLI
190. Schneider, William, Jr.; BAE Systems, PNAC, DoS, House of Rep./Senate staffer, WHOMB, CSP, NIPP
191. Schultz, George; HO, AEI, CPD, CFR, PNAC, Sec. of State, Sec. of Treasury, Bechtel, CLI, CPD
192. Shalikashvili, John M.; Boeing, Retired Chairman of Joint Chiefs of Staff, DoD, Ret. Gen. US Army, CFR
193. Sharer, Kevin; Northrup Grumman, US Naval Academy, Ret. Lt. Com. US Navy
194. Sheehan, Jack, Bechtel, DPB
195. Shelman, Thomas W.; Northrup Grumman, DoD
196. Shulsky, Abram; PNAC, DoD
197. Skates, Ronald L.; Raytheon
198. Slaughter, John Brooks; Northrop Grumman
199. Sokolski, Henry; PNAC, HF, HO, CIA, DoD
200. Solarz, Stephen; PNAC, HU, DoS, CPD, Carlyle
201. Spivey, William; Raytheon
202. Statton, Tim; Bechtel
203. Stevens, Anne; Lockheed Martin
204. Stevens, Robert J.; Lockheed Martin
205. Stuntz, Linda; Raytheon, US DoE
206. Sugar, Ronald D.; Northrup Grumman, Association of the US Army
207. Swanson, William; Raytheon, Lockheed Martin
208. Tkacik, John; PNAC, HF, US Senate
209. Turner, Michael J.; BAE Systems
210. Ukropina, James R., Lockheed Martin
211. Van Cleave, William R.; Team B, HO, CSP, CPD, DoD, NIPP
212. Waldron, Arthur; CSP, AEI, PNAC, CFR
213. Walkush, J.P.; SAIC
214. Wallop, Malcolm; Heritage, HU, CSP, PNAC, Senate
215. Walmsley, Robert; General Dynamics, Retired Vice-Admiral, Royal Navy, Chief of Defense Procurement for the UK Ministry of Defense
216. Warner, John Hillard; SAIC, US Army/Airforce Assn.
217. Watts, Barry; PNAC Northrop Grumman
218. Weber, John Vincent (Vin); PNAC, George W. Bush Campaign Advisor, NPR
219. Wedgewood, Ruth; CLI, DoD, DoJ, DoS, CFR
220. Weldon, Curt; House of Rep, CSP
221. Weyrich, Paul; HF, PNAC, US Senate
222. White, John P.; L-3 Communications, Chair of the Com. on Roles and Missions of the Armed Forces, DoD
223. Wieseltier, Leon; PNAC, CLI
224. Williams, Christopher A.; PNAC, DPB, Under Sec. for Defense, Boeing (lobbyist), Northrop Grumman (lobbyist), CLI
225. Winter, Donald C; Northrop Grumman
226. Wolfowitz, Paul; PNAC, HF, HU, Team B, Under-Sec. Defense, World Bank, Northrop Grumman, DoS
227. Wollen, Foster; Bectel
228. Woolsey R. James; PNAC, JINSA, CLI, DPB, CIA (Dir.), Under Sec. of Navy, NIPP
229. Wurmser, David; AEI, Office of VP Middle East Adviser, DoS
230. Yearly, Douglas C.; Lockheed Martin
231. Young, A.T.; SAIC
232. Zaccaria, Adrian; Bechtel
233. Zafirovski, Michael S.; Boeing
234. Zakheim, Dov S.; PNAC, HF, CFR, DoD, Northrup Grumman, McDonnell Douglas, CPD
235. Zinni, Anthony C.; Retired General US Marines, BAE Systems, Commander in Chief US Central Command
236. Zoellick, Robert; PNAC, US Trade Representative, DoS, CSIS, CFR, DOJ

GLOBAL DOMINANCE GROUP: ORGANIZZAZIONI favorevoli
PNAC Project For New American Century
HO Hoover Institute
AEI American Enterprise Institute
HU Hudson Institute
NSC National Security Council
HF Heritage Foundation
DPB Defense Policy Board
CPD Committee on Present Danger
JINSA Jewish Institute of National Security Affairs
MI Manhattan Institute
CLI Committee for the Liberation of Iraq
CSP Center for Security Policy: Institute for Strategic Studies
CSIS Center for Strategic and Int'l Studies
NIPP National Institute for Public Policy
AIPAC American Israel Public Affairs Committee
Team B Presidents Foreign Advisory Board

Agenzie di rilievo e altre organizzazioni
CIA Central Intelligence Agency
DoD Department of Defense
DoS Department of State
CFR Council on Foreign Relations
DoJ Department of Justice
DoC Department of Commerce
WHOMB White House Office of Management and Budget
DoE Department of Energy
DPB Defense Policy Board
DoT Department of Transportation
NSA National Security Agency


Movisol http://www.movisol.org/znews218.htm

Le agenzie di rating, nate agli inizi del Novecento negli Stati Uniti, analizzano la solidità finanziaria di soggetti quali stati, enti, governi, imprese, banche, assicurazioni. Le principali agenzie sono tutte statunitensi: Moody's, Standard & Poor's e Fitch. Il rating, che valuta l'entità del rischio di credito, si divide in due principali categorie: il rischio commerciale ed il rischio paese, ma non misura altri tipi di rischi quale il rischio di tasso o di cambio, ecc. La valutazione della capacità del debitore di far fronte al rimborso del proprio debito finanziario viene fornita ricorrendo ad una scala alfabetica, che va da un valore massimo ad uno minimo.

Un monitoraggio effettato dall'Adusbef su oltre 1.000 “report” (consigli per gli acquisti o per le vendite su titoli e/o azioni) emessi a pagamento (quindi con un potenziale conflitto di interessi, a volte anche quando non è stato richiesto) dalle maggiori agenzie di rating, anche di origine bancaria, ha rappresentato la prova provata che tali rapporti sono risultati sballati al 91 per cento,efficaci al 9 per cento. Quando le agenzie diffondono su internet, tramite lettere finanziarie o stampa specializzata,i loro reports su società quotate, i consigli (ad acquistare: buy; vendere: sell; o tenere: hold ) 9 volte su 10 si sono rilevati vere e proprie bufale a danno dei risparmiatori i quali, seguendo quei non proprio disinteressati consigli,hanno messo a repentaglio il frutto del loro sudato risparmio, con perdite maggiori rispetto alla loro normale capacità di investimento.
Le società di rating,poiché sono pagate dai committenti e non dagli investitori,sono portatrici di un conflitto di interessi, che ha mostrato tutta la sua evidenza negli scandali finanziari mondiali: dalle Enron e Worldcom alla Parmalat.

Il 19 ottobre 2006, 2 delle 3 agenzie di rating internazionali che agiscono in regime di oligopolio, hanno deciso di declassare l'Italia, hanno dato voluto cioè dare un voto negativo alla capacità dell'Italia di gestire la sua economia. Non è la prima volta che questo accade, anche in presenza di governi di differente orientamento politico. E' un voto che solitamente ha drammatiche conseguenze economiche e sociali. Delle tre agenzie, la Standard & Poors, la Fitch e la Moody's , questa volta le prime due hanno ritoccato negativamente il loro voto, mentre per il momento la terza lo ha mantenuto invariato. Le motivazioni della “pagella” sono sempre di una ripetitività e di una banalità quasi disarmanti: i tagli nelle spese di bilancio non sono sufficienti e la “riforma delle pensioni” (leggi privatizzazione delle pensioni) va troppo a rilento. Sono giudizi, ripetuti in salse un po' diverse, che sono stati emessi per tutti, siano questi paesi industrializzati o nazioni in via di sviluppo. L'effetto immediato del voto negativo è un aumento dei tassi di interesse per “ricomprare” la fiducia dei sottoscrittori di obbligazioni e di altre forme di credito, per cui tutto il debito pubblico e privato di una nazione costa subito di più (la stima del declassamento italiano, calcolata da Adusbef,è pari a circa 3,3 miliardi di euro), con ricadute negative sul bilancio statale e con l'aggiunta di ulteriori tagli alla spesa sociale. Per le nazioni più deboli, queste decisioni provocano anche una caduta del valore di scambio della moneta, con effetti devastanti sulle importazioni (che costano di più), sulle esportazioni (che valgono di meno) del paese, sul suo bilancio statale e sui livelli di vita della popolazione.
Con la deregolamentazione dell'economia, soprattutto dall'inizio degli anni novanta, queste agenzie sono diventate il “grande fratello” finanziario e hanno progressivamente accumulato un potere immenso, superiore a quello degli stati e delle banche centrali, sia nella valutazione delle politiche dei governi che dell'andamento economico di qualsiasi entità privata, determinando le decisioni di tutti gli attori economici. All'inizio le agenzie offrivano, a pagamento, ai detentori di titoli di credito i loro giudizi sul comportamento dei debitori. Adesso persino i debitori pagano per avere un “voto” prima di emettere un'obbligazione o attingere a qualsiasi altra forma di credito. Senza il voto delle agenzie, economicamente non si esiste più. Per poter comprare o vendere, per prendere o dare a prestito, bisogna pagare il “pizzo” per ricevere la protezione o il semplice riconoscimento da parte di questi nuovi potentati.
Prima di tutto va sottolineato che le tre maggiori agenzie di rating (le 3 sorelle) sono delle entità private strutturate come società per azioni e quindi parte della logica di mercato e sottoposte al principio del massimo profitto possibile. Inoltre, e risulterà chiaro da una sintetica analisi delle loro strutture dirigenziali, le “tre sorelle” hanno partecipazioni dirette, anche attraverso i membri dei loro consigli direttivi, Board of Directors, delle più grandi corporations internazionali e delle più grandi banche internazionali, pesantemente coinvolte nelle operazioni di finanza derivata, cioè in quelle speculazioni finanziarie principalmente responsabili delle bolle speculative e dell'attuale crisi finanziaria sistemica globale.

1) La Standard & Poor's (S&P) è sussidiaria della multinazionale McGraw-Hill Companies, con sede centrale a New York, colosso delle comunicazioni, dell'editoria, delle costruzioni e presente in quasi tutti i settori economici. La multinazionale, proprietaria anche di Business Week, nel 2005 vantava un fatturato di 6 miliardi e un profitto di 844 milioni di dollari. Il presidente di McGraw-Hill è Harold McGraw III, che è, tra le altre cose, contemporaneamente membro del Board of Directors della United Technology (multinazionale degli armamenti) e della ConocoPhillips (petrolio ed energia). È stato anche membro del “Transition Advisory Committe on Trade” del presidente George W. Bush, padre dell'attuale capo della Casa Bianca.
Tra i membri del Board of Directors della McGraw-Hill, che decidono quindi anche dell'attività della S&P, troviamo:

- Sir Winfried Bishoff, presidente della Citigroup Europa e uomo di punta della Henry Schroder Bank di Londra;
- Dougals N. Daft, presidente della Coca Cola Co.;
- Hilde Ochoa-Brillenmbourg, alto responsabile della Credit Union del FMI-World Bank;
- James H. Ross, della British Petroleum;
- Edward B. Rust Jr., presidente dell'assicurazione State Farm Insurance Company (gigante del settore assicurativo, bancario e immobiliare, sotto scrutinio per le politiche troppo disinvolte dopo l'urgano Katrina), direttore della Helmyck & Payne, colosso del settore petrolifero e già membro del Transition Advisory Team Committee on Education della presidenza di George W.
- Bush (padre);
- Sidney Taurel, presidente della farmaceutica Eli Lilly (che in passato ha vantato tra i suoi dirigenti anche Kenneth Lay, condannato per la bancarotta della Enron) e direttore dell'IBM, già membro nel 2002 dell'Homeland Security Advisory Council (l'apparato dell'antiterrorismo).

2) L'agenzia di rating Fitch di New York è sussidiaria della multinazionale dei servizi finanziari Fimalac, con sede centrale a Parigi. Nel 2005 la multinazionle americana delle comunicazioni Hearst Corporation ha rilevato il 20% del pacchetto azionario.
Il suo presidente è Marc Ladreit de Lacharriere, uomo della Renault e della Banque Suez.
Tra i membri del Board of Directors troviamo:
- David Dautresme della banca Lazard Freres;
- Philippe Lagayette della JP Morgan & Cie;
- Bernard Mirat della Cholet-Dupont (finanza);
- Bernard Pierre della Fremapi (metalli preziosi).

La Fimalac vanta anche un International Advisory Board per dare più lustro e potere alla multinazionale, che nel 2002 annoverava tra gli altri: Felix Rohatyn della Lazard Freres, l'uomo che ha recentemente smantellato l'industria americana dell'auto, Sholley della UBS Warburg, Reimnits della Kommerz Bank, Peberan della Parisbas, rappresentanti della Nestlè, della Bentelsmann e anche l'ex presidente della Federal Reserve americana Paul Volker e l'italiano Lamberto Dini.

3) L'agenzia di rating Moody's è sussidiaria della Moody's Corporation, con sede centrale a New York. Il presidente è Raymond W. McDaniel Jr.
Tra i membri del Board of Directors troviamo:

- Basil L. Anderson della Stables Inc. e della Hasbro Inc (due giganti del settore vendite e servizi);
- Robert Glauber della ING Group (settore bancario e assicurativo con base in Olanda), già sottosegretario del ministero delle finanze americano nel periodo 1989-92;
- Henry Mc Kinnell, della multinazionale farmaceutica Pfizer e della Exxon Mobil (petrolio);
- Nancy S. Newcomb della Citigroup e della Sysco Corporation (settore alimentare);
- John K. Wulff, della multinazionale chimica Herculer, della KPMG (la multinazionale di consulenza finanziaria e di certificazione dei bilanci), della Sunoco (petrolio) e della Fannie Mae (che insieme alla Freddie Mac detiene quasi per intero il pacchetto ipotecario immobiliare americano la cui bolla è al punto di esplodere).

Le “tre sorelle” del rating quindi, non sono solamente l'espressione dell'intreccio dominante delle multinazionali, ma in particolar modo sono una struttura organizzata delle principali banche del pianeta che controllano il sistema finanziario e debitorio delle nazioni e di tutti i settori dell'economia sia privata che pubblica. Ma la cosa che si vuole con precisione sottolineare è l'influenza determinante esercitata sulle “tre sorelle” da quella finanza altamente speculativa che è responsabile della gigantesca bolla in derivati finanziari che ha precipitato il mondo intero in un processo di crisi sistemica.

Secondo i rapporti della Banca dei Regolamenti Internazionale (BRI) di Basilea, la banca di coordinamento di tutte le banche centrali, alla fine di dicembre 2005 solamente il totale del valore nozionale di tutti i derivati finanziari Over The Counter (OTC), cioè quelli che non appaiono sui bilanci delle banche e finanziarie che li sottoscrivono, aveva raggiunto i 284.819 miliardi di dollari, cioè sette volte il PIL mondiale ( alla fine del 2003 era di 197.167 miliardi, cioè quasi 100.000 miliardi in più solamente in 24 mesi!). Queste sono operazioni finanziarie altamente speculative, soprattutto scommesse sugli andamenti futuri dei tassi di interesse, che hanno già portato l'intero sistema in crisi con il fallimento del fondo LTCM nel 1998 e continuano a scuotere quotidianamente il sistema finanziario e monetario, ultimo il fallimento per 6,5 miliardi di dollari del fondo americano Amaranth (con ricadute negative anche sui fondi gestiti italiani,dal san Paolo Imi alle Generali). Si noti che alla vigilia della crisi del 1998 il totale dei derivati OTC era di 28.000 miliardi di dollari.

Secondo l'ente statale di controllo sul denaro circolante negli USA, il Comptroller of the Currency, a fine giugno 2006 la JPMorgan vantava da sola un valore nominale di derivati OTC pari a 57.300 miliardi di dollari (cinque volte il PIL americano) e la Citigroup vantava 25.327 miliardi di dollari in derivati OTC. Anche le altre banche sono pesantemente coinvolte in queste operazioni sebbene seguano a grande distanza questi due colossi della speculazione finanziaria.
Tutto questo ci porta a concludere che le “tre sorelle” non sono solamente squalificate nella pretesa di valutare la solidità economica e finanziaria degli stati e delle imprese, ma che sono parte integrante del problema che sta portando il mondo economico verso il crack e la crisi sistemica con conseguenze devastanti per l'intera vita economica, sociale e politica del pianeta. Questa riflessione non si deve fermare al rifiuto delle ricette imposte dalle agenzie, ma deve sollecitare un'azione, coordinata internazionalmente, per ridefinire le regole e i progetti per un nuovo sistema monetario e finanziario internazionale, per una nuova Bretton Woods [vedi nota] capace di promuovere un nuovo ordine economico mondiale più giusto. Lo scorso 6 aprile 2005 la Camera dei Deputati ha approvato una mozione per una nuova Bretton Woods presentata dall'On. Mario Lettieri della Margherita,attuale sottosegretario all'Economia, sostenuta da cinquanta parlamentari di tutti i partiti. Bisogna continuare con queste iniziative fino ad arrivare ad un coordinamento internazionale e convocare una conferenza di capi di stato e di governo che rimetta l'economia sui binari dello sviluppo reale, che ridia al credito il suo ruolo produttivo, mettendo la speculazione e la deregolamentazione in una situazione di non nuocere.

STRUMENTI DERIVATI: 350 TRILIONI DI DOLLARI USA (IN ITALIA 5 MILIARDI DI EURO 3 VOLTE IL PIL), DEVONO SUSCITARE ALLARME DELLE AUTORITA' MONETARIE MONDIALI. LA “BOMBA ATOMICA” FUORI CONTROLLO DELLA FINANZA DERIVATA (VERE E PROPRIE SCOMMESSE CLANDESTINE CON BANCHE ALLIBRATRICI CHE LUCRANO, CON LA SPECULAZIONE 25 MILIARDI DI DOLLARI ANNUI DI COMMISSIONI), RISCHIA DI SEPPELLIRE CON L'ESPLOSIONE LE ECONOMIE PIU' SANE DEGLI STATI.
L'INTRODUZIONE DELLA TOBIN TAX (*) POTREBBE: REGOLAMENTARE SCOMMESSE CLANDESTINE FUORI CONTROLLO E FINANZIARE I PAESI POVERI DEPREDATI.

Le economie degli Stati nei mercati globali poggiano sulla “bomba atomica” dei derivati, strumenti di finanza speculativa rispetto a cui le banche sono esposte per circa 350 mila miliardi di dollari, secondo l'ultimo rapporto disponibile del Comitato di Basilea per la supervisione bancaria e su Iosco. Non è ancora possibile definire con esattezza il giro d'affari che tale Business può generare in un anno - perché le banche d'affari non pubblicano i flussi derivanti dai singoli clienti di hedge funds - ma è possibile capire da dove sono arrivati consistenti flussi di cassa per le banche d'affari .Il mondo Hedge, allo stato attuale, dovrebbe possedere una dote pari a circa 1.000 miliardi di dollari di Assets Under Management che generano 25 miliardi di dollari in commissioni bancarie o il 2.5% per il patrimonio gestito; se a tutto questo aggiungiamo le commissioni di gestione ci si aggira attorno ad un 5% l'anno. Un altro elemento da non sottovalutare, viste le cifre, è quello dell'ormai eccessiva interdipendenza - in termini di profitti - tra banche d'affari e modo degli Hedge Funds, un evidente ed eclatante conflitto d'interessi: le banche d'affari vendono Hedge Funds, gestiscono Hedge Funds, concedono prestiti per investirvi e operano in hedge attraverso i propri trading desk, le banche d'affari sembrano più che altro una sorta di investitori geneticamente modificati: investono con se stesse.

Il volume delle operazioni finanziarie derivate continua ad aumentare. La Federal Deposit Insurance Corp. (FDIC, l'ente che garantisce i depositi bancari USA) ha calcolato il valore nozionale delle operazioni in derivati delle banche commerciali USA a 101.900 miliardi di dollari, mentre la sovrintendenza sul denaro circolante, Office of the Comptroller of the Currency (OCC), riferisce che le prime 25 banche USA detenevano alla fine del 2005 contratti derivati per 105.000 miliardi di dollari.

La Banca per i Regolamenti Internazionali (BRI) di Basilea ha reso noto il 30 giugno 2005 che i derivati trattati over-the-counter, cioè non registrati, ammontavano a 270 mila miliardi e i derivati trattati in borsa ammontavano a 58 mila miliardi. Il totale era dunque di 328 mila miliardi di dollari, e per la fine dell'anno la proiezione lineare della BRI prospettava un totale di 360-365 mila miliardi. In testa c'è sempre la JP Morgan , con 48.600 miliardi (valore nozionale dei contratti aperti). Nel corso del 2005 l 'aumento sarebbe stato di “soli” 3.600 miliardi, cioè l'8%, rispetto ai 7.600 miliardi (20%) del 2004. Al secondo posto c'è Citigroup con 23.200 miliardi a fine del 2005 (+ 18% sull'anno precedente), meno del 54% registrato nel 2004. I derivati della Bank of America erano 22.200 miliardi all'inizio dell'anno, con un aumento del 24% nel 2005 e del 18% nel 2004.

L'aumento più vistoso è quello dei derivati sul credito, che sono quasi raddoppiati tra la metà del 2004 e la metà del 2005, secondo le cifre della International Swaps and Derivatives Association (IDSA). Al 30 giugno 2006 gli swaps e le options sui tassi d'interesse e sulla moneta riferiti dall'ISDA ammontavano a 213 mila miliardi, con un aumento annuo del 16% (29.600 miliardi). Nello stesso periodo gli swaps sulle insolvenze creditizie (derivati sul credito) sono aumentati di 4.000 miliardi, ovvero del 48%. Quattro anni prima i derivati sul credito ammontarono a 919 miliardi. Mentre il Presidente della SEC americana ha annunciato di aver messo sotto controllo il mercato dei derivati e degli hedge fund USA e Bce, Adusbef ha inviato numerose richieste a Bankitalia e Consob volte ad approfondire, alcune segnalazioni ricevute, secondo cui anche il sistema bancario italiano sembra stia facendo un massiccio ricorso agli strumenti derivati per ricoprire esposizioni finanziarie assunte sui mercati internazionali, anche su quelli obbligazionari di Stati sovrani a rischio di insolvenza,e di tenere quindi sotto stretta osservazione un fenomeno potenzialmente pericoloso che potrebbe provocare, soprattutto nella attuale fase di recessione economica, effetti a catena indesiderati tali da travolgere, in un effetto domino, l'economia reale e il sudato risparmio impiegato.

L'Isda (International Swaps and Derivatives Association) ha infatti calcolato che a giugno 2006 l 'ammontare nominale dei derivati di credito ammontava a 26 mila miliardi di dollari, in crescita del 109% rispetto all'anno precedente. Più consistente la dimensione del mercato dei derivati sui tassi (interest rate swap e cross-currency swap) che raggiunge la cifra astronomica di 250 mila miliardi di dollari. Anche la Banca d'Italia ha segnalato che dalla fine del 2004 a quella del 2005 l 'ammontare nozionale dei contratti derivati è passato da 5.285 a 5.899 miliardi di dollari. Si tratta di numeri da capogiro che rischiano di rendere più esposte le borse mondiali ad eventi imprevedibili e occasionali.

La situazione si fa ancora più preoccupante se si considera che i più grandi istituti di credito del mondo sono esposti notevolmente alle fluttuazioni di questo mercato. Secondo i dati forniti dalla Comptroller of the Currency, l'esposizione dell'americana Jp Morgan Chase raggiunge i 57 mila miliardi di dollari: una cifra pari a 350 volte la capitalizzazione di borsa della società e a più di quattro volte il Pil degli Stati Uniti. Nella classifica delle banche più esposte in contratti derivati figurano però anche Citibank (25 mila miliardi di dollari), Bank of America (24 mila mld), Wachovia Bank (4 mila mld) e Hsbc (4 mila mld di dollari). A questo punto la domanda è: cosa succederebbe se un evento inatteso (come già se ne sono visti nel Novecento) procurasse un crollo di questo mercato ? Il rischio è un effetto domino che potrebbe colpire i mercati finanziari internazionali e arrivare a piegare l'economia di molte nazioni.

Non si tratta neanche di uno scenario di fantasia se si ricorda il caso di Long Term Capital Management. Si trattava di un hedge fund gestito da due premi Nobel che fu messo in ginocchio dalla crisi del debito russo in virtù della sua esposizione in derivati da 1.300 miliardi di dollari. Alla fine ci pensò Alan Greenspan che chiamò a raccolta le maggiori banche internazionali per salvare la baracca. Ma oggi, vista l'esposizione da ben 57 mila miliardi di dollari della JPMC, chi potrebbe salvare la finanza mondiale da una nuova crisi del mercato dei derivati?


Marcello Pamio

Nessuno le controlla, sono una manciata a livello mondiale, ma tre fanno il bello e cattivo tempo.
Declassano intere economie e debiti di paesi sovrani.
Le agenzie di rating, sono piene di conflitti d’interessi e corresponsabili di una crisi sistemica mondiale.[1]
Nonostante le dichiarate doti chiaroveggenti, sono state “incapaci” di vedere l’avvicinarsi della crisi americana dei sub-prime nel 2007, prodotti da loro dotati di tripla A, fino al giorno del loro crollo; non sono riuscite a prevedere la crisi del debito sovrano della zona euro, come sottolinea il Fondo Monteario Internazionale, e neppure il fallimento della Lehman Brothers nel 2008.[2]
Fino all’ultimo non si accorsero di nulla, come mai? Sviste? Incapacità professionale? O strategie mirate?
Per dare una risposta, è necessario osservare chi le controlla.
Verranno analizzate in proporzione alla quota di mercato del settore rating.

Moody’s Corporation
Fondata nel 1909 è presente in 26 paesi e ha circa 4500 impiegati.
Rappresenta il 40% della quota di mercato del settore rating
La sede principale si trova a New York, nella Sixt Avenue.
I proprietari di Moody’s sono:

  • Berckshire Hathaway Inc. (Warren E. Buffet): 12,80%
  • Capital World Investors: 12,60%
  • The Vanguard Group Inc. (5,02%)
  • Price (T. Rowe) Associates Inc. : 5,95%
  • BlackRock Fund Advisors (3,68%)
  • State Street Global Advisors (3,24%)
  • Decine di altri investitori

Il 24 settembre 2002 un elicottero è atterrato sul prato di Waddedson Manor nella proprietà nel Buckinghamshire, in Inghilterra.
Dall'elicottero sono scesi Warren Buffet, ufficialmente il secondo uomo più ricco del mondo, in realtà un giocatore di basso rango e Arnold Schwarzenegger, a quel tempo candidato Governatore della California.
Il patron di casa era nientepopodimenoche Nataniel Charles Jacob Rothschild, erede della dinastia europea di fantamiliardari e uno degli uomini più influenti e potenti del mondo.
Warren Buffet è infatti uno dei tanti agenti Rothschild.

Standard & Poor’s
Fondata nel 1860 è presente in 23 paesi e impiega circa 10.000 persone.
Rappresenta il 39% della quota di mercato del settore rating.
La sua sede principale si trova a New York.
La proprietà è di McGraw-Hill Companies Inc., il colosso delle comunicazioni, dell’editoria e costruzioni, presente in quasi tutti i settori economici.
Il presidente di McGraw-Hill è Harold McGraw III, membro del Board of Directors della United Technologies (multinazionale statunitense dell’aviazione e armamenti) e membro del Committee on Directors Affairs della Conoco Phillips (colosso del petrolio ed energia).

Gli azionisti della McGraw-Hill sono[3]:

  • Capital World Investors (10,26%),
  • The Vanguard Group Inc. (4,58%),
  • BlackRock Fund Advisors (4,47%),
  • State Street Global Advisors (4,25%),
  • Oppenheimer Funds Inc. (4,04%),
  • JANA Partners LLC (3,48%),
  • e decine di altri investitori.

Al primo posto tra gli azionisti di McGraw-Hill, figura il Capital World Investors: una delle più grandi società di gestione del risparmio U.S.A.[4].
Oggi Capital è il primo azionista di McGraw Hill (il gruppo che controlla Standard & Poor's) e nello stesso tempo è anche il primo socio della concorrente Moody's.[5]
Un altro affezionato alle agenzie di rating è il fondo americano: State Street Corp.
State Street infatti è il secondo azionista di McGraw Hill/Standard & Poor’s e il settimo di Moody's.

Gli azionisti di State Street Corporation sono:

  • Barlays Plc,
  • Citigroup Inc.,
  • General Electric Co.,
  • Invesco International Ltd.,
  • Northern Trust Corp.,
  • Putnam LLC,
  • Vanguard Group,

Lo stesso dicasi per l’altro fondo USA, BlackRock: è l'undicesimo socio di Moody's e il sesto della concorrente.
Gli azionisti attuali di BlackRock Financial Management Inc. sono: Merrill Lynch & Co. (49,8%) e P.N.C. Financial Services Group Inc.
La banca d’investimento Merrill Lynch nel settembre 2008, dopo la crisi finanziaria e un periodo di forti perdite è stata acquistata dalla Bank of America, i cui azionisti sono: Barclays Plc., FMR Corporation, State Street Corporation, Axa, Putnam LLC, Vanguard Group, Capital Research & Management Inc., e pochi altri.

Continuando a spulciare, si ritrovano sempre e solo gli stessi nomi, gli stessi azionisti che da una parte e dall’altra controllano i gruppi bancari o i fondi d’investimento che a loro volta controllano le agenzie di rating.
Non è strano quindi che a Lisbona la Procura ha aperto un'inchiesta dopo aver ricevuto una denuncia da alcuni professori che puntano il dito proprio sul fatto che i principali azionisti di Moody's e Standard & Poor's siano gli stessi grandi fondi americani.

In pratica i grandi fondi USA sono da un lato gli investitori che utilizzano i rating per decidere quali obbligazioni comprare, e dall'altro sono anche i "padroni" delle agenzie che stilano le pagelle.[6] Non male come conflitto d’interesse.
Ma tale conflitto è ancora più occulto e gravoso se pensiamo che oggi pochissime famiglie, come per esempio i Rothschild, sono in grado di controllare tutto quanto attraverso agenzie, società e agenti.

Banchieri/filantropi/agenti come Warren Buffet e George Soros, tanto per citare i più famosi, che servono la causa speculando a destra e a manca con i loro fondi miliardari.
La strategia è sempre la stessa: Problema-Reazione-Soluzione.
Accendono la miccia e scatenano le guerre nei vari paesi, per distruggere tutto quello che si può distruggere, per poi ricostruire, guadagnandoci sopra.
Declassano i debiti nazionali, per poi specularci sopra e alla fine comprare le aziende e società importanti con gli spiccioli.

Ecco quello che è successo in Italia.
Nel mese di agosto 1992, Standard & Poor’s declassa il debito italiano e casualmente a settembre, l’ebreo di origine ungherese George Soros, specula sterlina contro lira.
Risultato? Svalutazione del 30% della lira, uscita dallo S.M.E. (mercato europeo).
In questa maniera i capitali anglo-statunitensi che sono arrivati nel nostro paese per comprare a prezzi stracciati, aziende e società importanti per l’intera Italia: Iri, Enel, Ina, Eni, Cirio, ecc.
Il declassamento del debito italiano da parte di Standard & Poor’s, è stata la testa di ariete che ha permesso la speculazione spietata e criminale.
Questo è il modo in cui vengono usate le Agenzie di Rating, tutte controllate dai soliti noti.

Fitch Ratings
Fondata nel 1913 è presente in 51 paesi e occupa circa 2000 persone.
Rappresenta il 16% della quota di mercato del settore rating
Le sedi principali si trovano a New York e Londra.
E’ di proprietà di Fitch Group, i cui azionisti sono: la francese Fimalac (60%), Hearst Corporation (40%).

[1] “La cricca del Rating”, Elio Lannutti tratto da “La Voce” ottobre 2011
[2] Idem
[3] CNN Money, http://money.cnn.com/magazines/fortune/fortune500/2010/ceos/
[4] “Tutti gli intrecci tra gli azionisti delle Agenzie”, “Il Sole24Ore” http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2011-05-15/tutti-intrecci-azionisti-agenzie-081225_PRN.shtml
[5] Idem
[6] “Tutti gli intrecci tra gli azionisti delle Agenzie”, “Il Sole24Ore” http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2011-05-15/tutti-intrecci-azionisti-agenzie-081225_PRN.shtml


Maurizio Blondet

Nella gelida isola di Spitsbergen, desolato arcipelago delle Svalbard (mare di Barents, un migliaio di chilometri dal Polo) è in via di febbrile completamento la superbanca delle sementi, destinata a contenere i semi di tre milioni di varietà di piante di tutto il mondo.
Una «banca» scavata nel granito, chiusa da due portelloni a prova di bomba con sensori rivelatori di movimento, speciali bocche di aerazione, muraglie di cemento armato spesse un metro.
La fortificazione sorge presso il minuscolo agglomerato di Longyearbyen, dove ogni estraneo che arrivi è subito notato; del resto, l'isola è quasi deserta.
Essa servirà, fa sapere il governo norvegese titolare dell'arcipelago, a «conservare per il futuro la biodiversità agricola».
Per la pubblicità, è «l'arca dell'Apocalisse» prossima ventura.

Il fatto è che il finanziatore principale di questa arca delle sementi è la Fondazione Rockefeller , insieme a Monsanto e Syngenta (i due colossi del geneticamente modificato), la Pioneer Hi-Bred che studia OGM per la multinazionale chimica DuPont; gruppo interessante a cui s'è recentemente unito Bill Gates, l'uomo più ricco della storia universale, attraverso la sua fondazione caritativa Bill & Melinda Gates Foundation.
Questa dà al progetto 30 milioni di dollari l'anno.

Ce ne informa l'ottimo William Engdahl (1) che ragiona: quella gente non butta soldi in pure utopie umanitarie.
Che futuro si aspettano per creare una banca di sementi del genere?
Di banche di sementi ne esistono almeno un migliaio in giro per le università del mondo: che futuro avranno?
La Rockefeller Foundation , ci ricorda Engdahl, è la stessa che negli anni '70 finanziò con 100 milioni di dollari di allora la prima idea di «rivoluzione agricola genetica».
Fu un grande lavoro che cominciò con la creazione dell'Agricolture Development Council (emanazione della Rockefeller Foundation), e poi dell'International Rice Research Institute (IRRI) nelle Filippine (cui partecipò la Fondazione Ford ).

Nel 1991 questo centro di studi sul riso si coniugò con il messicano (ma sempre dei Rockefeller) International Maize and Wheat Improvement Center, poi con un centro analogo per l'agricoltura tropicale (IITA, sede in Nigeria, dollari Rockefeller).
Questi infine formarono il CGIAR, Consultative Group on International Agricolture Research.
In varie riunioni internazionali di esperti e politici tenuti nel centro conferenze della Rockefeller Foundation a Bellagio, il CGIAR fece in modo di attrarre nel suo gioco la FAO (l'ente ONU per cibo e agricoltura), la Banca Mondiale (allora capeggiata da Robert McNamara) e lo UN Development Program.
La CGIAR invitò, ospitò e istruì generazioni di scienziati agricoli, specie del Terzo Mondo, sulle meraviglie del moderno agribusiness e sulla nascente industria dei semi geneticamente modificati.
Questi portarono il verbo nei loro Paesi, costituendo una rete di influenza straordinaria per la penetrazione dell'agribusiness Monsanto.

«Con un oculato effetto-leva dei fondi inizialmente investiti», scrive Engdahl, «negli anni '70 la Rockefeller Foundation si mise nella posizione di plasmare la politica agricola mondiale. E l'ha plasmata».
Tutto nel nome della scientificità umanitaria  («la fame nel mondo») e di una nuova agricoltura adatta al mercato libero globale.

Il progetto di scavo della banca

La genetica è una vecchia fissa dei Rockefeller: fino dagli anni '30, quando si chiamava «eugenetica», ed era studiata molto nei laboratori tedeschi come ricerca sulla purezza razziale.
La Rockefeller Foundation finanziò generosamente quegli scienziati, molti dei quali dopo la caduta di Hitler furono portati in USA dove continuarono a studiare e sperimentare.
La mappatura del gene, la sequenza del genoma umano, l'ingegneria genetica da cui Pannella e i suoi coristi si aspettano mirabolanti cure per i mali dell'uomo - insieme agli OGM brevettati da Monsanto, Syngenta ed altri giganti - sono  i risultati di quelle ricerche ed esperimenti.
Nel 1946, del resto, Nelson Rockefeller lanciò la parola d'ordine propagandistica «Rivoluzione Verde» dal Messico, un viaggio nel quale lo accompagnava Henry Wallace, che era stato ministro dell'Agricoltura sotto Roosevelt, e si preparava a fondare la già citata Pioneer Hi-Bred Seed Company.
Norman Borlaug, l'agro-scienziato acclamato padre della Rivoluzione Verde con un Nobel per la pace, lavorava per i Rockefeller.

Lo scopo proclamato: vincere la fame del mondo, in India, in Messico.
Ma davvero Rockefeller spende soldi per l'umanità sofferente?
La chiave è nella frase che Henry Kissinger pronunciò negli anni '70, mentre nasceva la CGIAR : «Chi controlla il petrolio controlla il Paese; chi controlla il cibo, controlla la popolazione».
Il petrolio, i Rockefeller lo controllavano già con la Standard Oil , guida del cartello petrolifero mondiale.
Oggi sappiamo che Rivoluzione Verde era il sinonimo pubblicitario per OGM, e il suo vero esito è stato quello di sottrarre la produzione agricola familiare ed assoggettare i contadini, specie del Terzo Mondo, agli interessi di tre o quattro colossi dell'agribusiness euro-americano.

In pratica, ciò avvenne attraverso la raccomandazione e diffusione di nuovi «ibridi-miracolo» che davano raccolti «favolosi», preparati nei laboratori dei giganti multinazionali.
I semi ibridi hanno un carattere commercialmente interessante per il business: non si riproducono o si riproducono poco, obbligando i contadini a comprare ogni anno nuove sementi, anziché usare (come fatto da millenni) parte del loro raccolto per la nuova semina.
Quei semi erano stati brevettati, e costavano parecchio.
Sono praticamente un monopolio della Dekalb (Monsanto) e della Pioneer Hi-Bred (DuPont), le stesse aziende all'avanguardia negli OGM.

La relativa autosufficienza e sostenibilità auto-alimentantesi dell'agricoltura tradizionale era finita.
Ai semi ibridi seguirono le «necessarie» tecnologie agricole americane ad alto impiego di capitale, gli indispensabili fertilizzanti chimici Monsanto e DuPont e con l'arrivo degli OGM, gli assolutamente necessari anti-parassitari e diserbanti studiati apposti per quello specifico seme OGM.
Tutto brevettato, tutto costoso.
I contadini che per secoli avevano coltivato per l'autoconsumo e il mercato locale, poco importando e poco esportando, non avevano tanto denaro.

Ecco pronta la soluzione: lanciarsi nell'agricoltura «orientata ai mercati globali», produrre derrate non da consumo ma da vendita, cash-crop, raccolti per fare cassa.
Addio autosufficienza ed autoconsumo, addio chiusura alle importazioni superflue.
I contadini potevano vendere all'estero sì: sotto controllo di sei intermediari globali, colossi e titani come la Cargill , la Bunge Y Born, la Louis Dreyfus
La Banca Mondiale di McNamara, soccorrevole, forniva ai regimi sottosviluppati prestiti per creare canali d'irrigazione moderni e dighe; la Chase Manhattan Bank dei Rockefeller si offriva - visto che i contadini non producevano mai abbastanza da ripagare i debiti contratti per comprare pesticidi, OGM e sementi ibride brevettati - di indebitare i contadini in regime privatistico.

Ma questo ai grandi imprenditori agricoli con latifondi.
I piccoli contadini, per le sementi-miracolo e i diserbanti e i fertilizzanti scientifici, si dovettero indebitare «sul mercato», ossia con gli usurai.
I tassi d'interesse sequestrarono il raccolto-miracolo; a molti, divorarono anche la terra.
I contadini, accade in India specialmente, dovettero lavorare una terra non più loro, per pagare i debiti.
La stessa rivoluzione sta prendendo piede in Africa.
Chilometri di monoculture di cotone geneticamente modificato, sementi sterili da comprare ogni anno.

E il meglio deve ancora arrivare.
Dal 2007 la Monsanto , insieme al governo USA, ha brevettato su scala mondiale di sementi «Terminator», ossia che commettono suicidio dopo il raccolto: una scoperta che chiamano, senza scrupoli, «Genetic Use Restriction Technology», ossia volta a ridurre l'uso di sementi non brevettate.
La estensione di sementi geneticamente modificate - ossia di cloni con identico corredo genetico - è ovviamente un pericolo incombente per le bocche umane: una malattia distrugge tutti i cloni, ed è la carestia.

Occorre la biodeversità, di cui si sciacquano le labbra ecologisti e verdi radicali.
E qui si comincia ad intuire perché si sta costruendo l'Arca di Noè delle sementi alle Svalbard: quando arriva la catastrofe, le sementi naturali dovranno essere controllate dal gruppo dell'agribusiness, e da nessun altro.
Le banche di sementi, secondo la FAO , sono 1.400, già per la maggior parte negli Stati Uniti.
Le più grandi sono usate e possedute da Monsanto, Syngenta, Dow Chemical, DuPont, che ne ricavano i corredi genetici da modificare.
Perché hanno bisogno di un'altra arca di Noè agricola alle Svalbard, con tanto di porte corazzate e allarmi anti-intrusione, scavata nella roccia.
Le altre banche sono in Cina, Giappone, Corea del sud, Germania, Canada, evidentemente non tutte sotto il controllo diretto dei grandi gruppi.

La tecnologia «Terminator» può suggerire uno scenario complottista fantastico: una malattia prima sconosciuta che infetta le sementi naturali conservate nelle banche fuori-controllo USA, obbligando a ricorrere al caveau delle Svalbard, l'unico indenne.
E' un pensiero che ci affrettiamo a scacciare: chi può osar diffamare benefattori dell'umanità affamata come Rockefeller, Monsanto, Bil Gates, Syngenta?
Ma Engdahl ricorda le parole del professor Francis Boyle, lo scienziato che stilò la prima bozza delle legge americana contro il terrorismo biologico (Biological Weapons anti-Terrorism Act), approvata dal Congresso nel 1989.

Francis Boyle sostiene che «il Pentagono sta attrezzandosi per combattere e vincere la guerra biologica», e che Bush ha a questo scopo emanato due direttive nel 2002, adottate «senza conoscenza del pubblico».
Per Boyle, nel biennio 2002-2004, il governo USA ha già speso 14,5 miliardi di dollari per le ricerche sulla guerra biologica.
Il National Institute of Health (ente governativo) ha connesso 497 borse di studio per ricerche su germi infettivi con possibilità militari.

La bio-ingegneria è ovviamente lo strumento principale in queste ricerche.
Jonathan King, professore al MIT, ha accusato: «I programmi bio-terroristici crescenti rappresentano un pericolo per la nostra stessa popolazione; questi programmi sono invariabilmente definiti 'difensivi', ma nel campo dell'armamento biologico, difensivo e offensivo si identificano».
Altre possibilità sono nell'aria, e Engdahl ne ricorda alcune.

Nel 2001, una piccola ditta di ingegneria genetica californiana, la Epicyte , ha annunciato di aver approntato un mais geneticamente modificato contenente uno spermicida: i maschi che se ne nutrivano diventavano sterili.

Epicyte aveva creato questa semente miracolo con fondi del Dipartimento dell'Agricoltura USA (USDA), il ministero che condivide con Monsanto i brevetti del Terminator; ed a quel tempo, la ditta aveva in corso una joint-venture con DuPont e Syngenta.
Ancor prima, anni ' 90, l 'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS, ossia l'ONU) lanciò una vasta campagna per vaccinare contro il tetano le donne delle Filippine, Messico e Nicaragua, fra i 15 e i 45 anni.
Perché solo le donne?
Forse che gli uomini, nei Paesi poveri, sono esenti da tetano, e non si feriscono mai con ferri sporchi e arrugginiti?

Se lo domandò il Comite pro Vida, l'organizzazione cattolica messicana ben conscia delle campagne anti-natalità condotte in Sudamerica dai Rockefeller.
Fece esaminare il vaccino fornito dall'OMS gratuitamente e generosamente alle donne di età fertile: e scoprì che esso conteneva gonadotropina corionica umana, un ormone naturale che, attivato dal germe attenuato del tetano contenuto nel vaccino, stimolava speciali anticorpi che rendevano incapaci le donne di portare a termine la gravidanza.
Di fatto, un abortivo.
Risultò che questo vaccino-miracolo era il risultato di 20 anni di ricerche finanziate dalla Rockefeller Foundation, dal Population Council (dei Rockefeller), dalla CGIAR (Rockefeller), dal National Institute of Health (governo USA)… e anche la Norvegia aveva contribuito con 41 milioni di dollari al vaccino antitetanico-abortivo.

Guarda caso, lo stesso Stato che oggi partecipa all'Arca di Noè e che la sorveglierà nelle sue Svalbard.
Ciò fa tornare in mente ad Engdahl (non a noi) quella vecchia fissa dei Rockefeller per l'eugenetica del Reich: la linea di ricerca preferita era ciò che si chiamava «eugenetica negativa», e perseguiva l'estinzione sistematica delle razze indesiderate e dei loro corredi genetici.
Margaret Sanger, la femminista che fondò (coi soldi dei Rockefeller) il Planned Parenthood International, la ONG più impegnata nel diffondere gli anticoncezionali nel Terzo Mondo, aveva le idee chiare in proposito, quando lanciò un programma sociale nel 1939, chiamato «The Negro Project» (2).
Come scrisse in una lettera ad un amico fidato, il succo del progetto era questo: «Vogliamo eliminare la popolazione negra».
Ah pardon, scusate: non si dice «negro», si dice «nero», «afro-americano».
E' questo che conta davvero, per i progressisti.

Marcello Pamio

Cochrane Collaboration è una iniziativa internazionale no-profit indipendente, nata con lo scopo di raccogliere, valutare criticamente e diffondere le informazioni relative all’efficacia e alla sicurezza degli interventi sanitari.
Ho sempre ammirato il gruppo Cochrane per via dell’oggettività e imparzialità nei loro rapporti.
Un lavoro certosino portato avanti da circa 280.000 tra operatori sanitari (medici, epidemiologi, ecc.), ricercatori e rappresentanti di associazioni di pazienti in oltre 100 paesi del mondo.
Non avendo fondi per fare ricerca laboratoristica producono e sviluppano documenti di sintesi, denominati “revisioni sistematiche” sulla efficacia e sicurezza degli interventi sanitari di tipo preventivo, terapeutico e riabilitativo. In pratica analizzano, facendo pelo e contropelo, tutti gli studi pubblicati su un determinato argomento. Alla fine i risultati di queste revisioni sistematiche vengono pubblicate in un database elettronico chiamato «Cochrane Library».
I lavori sono eccezionali per via dell’assoluta trasparenza e indipendenza dai capitali privati, come per esempio quelli delle industrie farmaceutiche. Questo almeno fino a ieri…

Il 22 settembre 2016 nel sito ufficiale il Cochrane si annuncia che hanno ricevuto «una sovvenzione di $1,15 milioni dalla Fondazione Bill & Melinda Gates» (1).
In pratica la donazione servirà per sostenere le attività del gruppo, con un focus specifico però sulla salute materna e infantile. Mark Wilson, CEO di Cochrane ha dichiarato che sono «lieti e onorati di ricevere questa concessione». (2)
Forse ad essere più felici saranno le lobbies che con quattro spiccioli sono riuscite finalmente a togliersi una spina dal fianco. Una enorme spina che avevano impiantata da molti anni.
Cochrane infatti ha sempre dato molto fastidio al Sistema, proprio per la sua imparzialità e per le revisioni sistematiche, che guarda caso, sistematicamente dimostravano l’incompletezza e la fallacità di tanti studi scientifici pubblicati. Non ci sono molte istituzioni al mondo in grado di eseguire tali revisioni. Purtroppo da oggi c’è né una in meno…

Bill & Melissa Gates
Da molti anni la Fondazione Bill & Melissa Gates sotto la falsa veste della filantropia sostiene la campagna di depopolazione e le vaccinazioni di massa.
Non è dietrologia questa, perché basterebbe leggere e/o ascoltare attentamente le sconcertanti dichiarazioni di William Henry Gates III, meglio noto come Bill Gates, per prenderne coscienza.

Per esempio un suo intervento a TED nel febbraio del 2010 fa letteralmente impallidire.
Sul palco ha trattato il classico tema molto caro ai neo-eugenetisti: il riscaldamento globale.
Ovviamente sono le attività umane a causare l’innalzamento del livello di anidride carbonica, e quindi del Global Warming, per cui è l’uomo (visto come un cancro) che sta portando alla distruzione l’intero pianeta!
Se l’ipotesi di partenza è questa ovviamente la soluzione per risolvere questo gravoso problema e salvare il globo intero è la riduzione della popolazione mondiale. Il discorso non fa una piega, anche se sappiamo benissimo che il global warming è un’invenzione sinarchica per scopi demografici e di controllo sociale.
Il patron della Microsoft oltre alla semplice analisi fornisce pure una sintesi, cioè gli strumenti da adottare: vaccinazioni di massa e “servizi sanitari orientati alla riproduzione”, che tradotto farebbe più o meno “controllo delle nascite e aborti”.

Le sue parole esatte non lasciano spazio a dubbi:
«Prima di tutto, abbiamo la popolazione. Il mondo oggi ospita 6,8 miliardi di abitanti, e tale cifra sta crescendo speditamente verso i 9 miliardi. Ora, se davvero facessimo uno splendido lavoro in relazione a nuovi vaccini, sanità e servizi sanitari orientati alla riproduzione (aborti), noi potremo probabilmente ridurre quest’ultimo numero di una percentuale valutabile intorno al 15%»

Come detto per evitare il gravissimo riscaldamento globale è necessario ridurre la popolazione mondiale con farmaci/vaccini e aborti.
Se fanno impallidire e scandalizzare ancora oggi i discorsi di Adolf Hitler sulla razza, cosa dovremo dire nell’ascoltare un miliardario che riprende in mano le teorie malthusiane sulla depopolazione?
Colui che ha costruito un impero miliardario sulla Silicon Valley, su computer che non sono certo ad impatto zero nell’ambiente, oggi è il paladino dell’ambientalismo radical chic. La realtà è molto diversa: abbiamo a che fare con un vero e proprio eugenetista con la fissa per il controllo delle nascite.

Domenica 13 maggio 2018 vari quotidiani hanno pubblicato a pagina intera il suo accorato appello: «SOS pandemia. Sistema globale per difenderci». (3)
Bill Gates si è rivolto ai grandi del mondo dicendo che si devono «creare in fretta vaccini e cure». (4) Ma per cosa?
Le sue farneticazioni sono state riportate pari-pari dai media mainstream totalmente prostrati al Sistema. Nessuna intervista (con qualche domanda scomoda) di qualche giornalista, solo banale traduzione delle sue parole. Neanche fosse il Dalai Lama.
«Se la storia ci ha insegnato qualcosa è che ci sarà un’altra pandemia globale che seminerà la morte. Quest’anno ricorre il centenario dell’influenza del 1918, che uccise circa 50 milioni di persone in tutto il mondo (…). Se oggi si diffondesse nell’aria un agente patogeno altamente contagioso e letale come quello dell’influenza nel 1918, nel giro di sei mesi morirebbero quasi 33 milioni di persone in tutto il mondo». (5)

E’ necessario investire su altri approcci «come farmaci antivirali e terapie con anticorpi».
Il messaggio è chiarissimo!

«L’anno scorso alla conferenza sulla sicurezza di Monaco di Baviera ho chiesto ai leader mondiali di immaginare che da qualche parte nel mondo ci sia un’arma, che esiste già, in grado di uccidere milioni di persone» (6)

L’oracolo di Seattle oltre ad uno scenario apocalittico fornisce la solita soluzione trita e ritrita: «sviluppare, testare e rilasciare nuovi vaccini nel giro di pochi mesi, invece che anni». (7)
Della serie: a che servono i test di sicurezza di un farmaco/vaccino? E’ tempo perso e milioni di persone rischiano la pellaccia nel frattempo. Meglio saltare i test e sperimentare direttamente sulle persone: tutto tempo risparmiato.

Conclusione
Il filantropo ha finalmente gettato la maschera…
Innanzitutto come fa Gates a prevedere che arriverà una nuova pandemia, calcolando con esattezza non solo i tempi (6 mesi) ma anche il numero di morti (33 milioni di persone)? Forse con i suoi 90 miliardi di dollari di patrimonio personale si è fatto costruire una sfera di cristallo che gli permette la chiaroveggenza?
Oppure ha accesso a informazioni che noi comuni mortali non possiamo immaginare? Informazioni per esempio sulla guerra biologica e/o batteriologica. Solo chi mette volutamente in circolazione agenti patogeni è in grado di sapere in anticipo le cose che accadranno…
A Monaco ha detto ai leader che “esiste già un’arma in grado di uccidere milioni di persone”, più che un appello sembra una vera e propria minaccia…
Dovremo seriamente preoccuparci per qualche epidemia causata da agenti patogeni coltivati nei laboratori militari di massima sicurezza? O rientra nel terrorismo mediatico il cui scopo è proseguire con le campagna di vaccinazioni di massa

Paradossalmente se fosse vero il primo caso, stona alquanto la sua falsa preoccupazione per le sorti del mondo in preda ad un virus letale, visto che propugna la riduzione della popolazione. Per Bill Gates infatti gli abitanti del pianeta sarebbero cresciuti troppo causando il riscaldamento globale, quindi ben venga l’influenza Spagnola 2018 o qualche altro virus a decimare la popolazione…
Tornando alla Cochrane: quanto tempo impiegheranno per occuparsi anche loro di denatalità? Magari con una bella revisione che dimostri l’importanza dei vaccini per il controllo delle nascite…
Nel frattempo si sono messi in perfetta armonia con le nuove direttive. Qualche giorno fa, esattamente il 9 maggio 2018, hanno infatti pubblicato i risultati di uno studio controllato e randomizzato secondo il quale vi sarebbero «nuove prove che mostrano come i vaccini contro il papilloma virus umani (HPV) proteggono dalle lesioni cervicali le giovani donne in particolare tra i 15 e i 26 anni» (8)
Quindi secondo il Cochrane Collaboration i vaccini anti-HPV sono utilissimi perché proteggono le giovani donne dalle lesioni alla cervice uterina.
Poco importa se questi vaccini possono manifestare effetti collaterali gravissimi e devastanti; come pure poco importa se due tra i cinque autori dello studio sono stati consulenti delle industrie che spacciano farmaci e vaccini come la GlaxoSmithKline, Merck, e Janssen. (9)

Note

(1)   http://www.cochrane.org/news/cochrane-announces-support-new-donor
(2)   Idem
(3)   «Il Piccolo», 13 maggio 2018
(4)   Idem
(5)   Idem
(6) Idem
(7) Idem
(8) http://www.cochrane.org/news/scientific-expert-reaction-new-cochrane-review-hpv-vaccine-cervical-cancer-prevention-girls-and
(9) Idem