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Marcello Pamio

Quando nel 1971 il Presidente degli Stati Uniti Richard Nixon firmò il «National Cancer Act», si diede ufficialmente inizio alla «guerra al cancro».
Una guerra violenta, combattuta a colpi di gas vescicanti e napalm in vena. Potremo dire senza sbagliare, l’unica vera guerra mondiale perché portata avanti da tutti i paesi del globo.
L’America è sempre stata la direttrice, e non a caso dopo Nixon tutti i presidenti che seguirono fecero lo stesso, e tra questi si distinse Barack Obama che arrivò a paragonare il conflitto alle «Missioni Apollo» della NASA. Infatti secondo lui, con il «Cancer Moonshot Initiative» l’America sfida il cancro: sarà come conquistare la Luna! (1)

Il paragone ci sta proprio a pennello, siccome la Luna non è mai stata realmente conquistata e calpestata se non negli studi cinematografici, il cancro, dopo quasi mezzo secolo, non solo non è stato sconfitto, ma addirittura miete sempre più vittime. «Houston qui abbiamo un problema…»
Ma non tutto il male vien per nuocere e anche nella guerra al cancro qualcosa ha funzionato perfettamente: i finanziamenti miliardari alla ricerca sono piovuti come una manna dal cielo.
Sembra un paradosso, ma quanti più soldi vengono destinati alla ricerca, e tanto più il cancro sfugge al controllo. E’ una legge economica che non fa una piega: si finanzia la ricerca per la risoluzione di un problema, ma se il problema viene risolto ovviamente non si finanza più. Logica allo stato puro.
Quindi se la ricerca (finanziata) del cancro avesse fatto qualche passo in avanti riducendo incidenza e mortalità, sarebbe cessato il fiume di miliardi in entrata. Ma se il cancro continua a crescere e mietere vittime allora i soldi si troveranno sempre…

Dal giorno della storica dichiarazione di Nixon, l’effluvio di miliardi di dollari che hanno iniziato a inondare gli istituti di ricerca, i laboratori e le case farmaceutiche non si contano nemmeno.
Il cancro è per le lobbies che producono farmaci linfa vitale, una vera e propria miniera di platino. Non esiste settore terapeutico più strategico e importante dal punto di vista economico.
Ogni anno i paesi spendono solo per farmaci anti-cancro oltre 100 miliardi di dollari, il 33% in più degli anni Novanta. (2) Nel 2015 la spesa è stata di 107 miliardi ma raggiungerà, stando alle previsioni, i 190 miliardi nel 2020. (3)
Secondo gli analisti del settore la crescita del cancro nei prossimi anni sarà inesorabile…

Morti per cancro
Secondo l’IHME, l’«Institute for Health Metrics and Evaluation» nel 1990 a livello mondiale sono morti per cancro 5.7 milioni di persone, nel 1995 sono stati 6.4 milioni, nel 2000 circa 6.97 milioni, nel 2005 ben 7.53 e nel 2016 quasi 9 milioni. (4)
Per cui in meno di 30 anni la mortalità è cresciuta del 56%. (5)

Anno 1990 1995 2000 2005 2016
Morti per cancro 5.700.000 6.400.000 6.970.000 7.530.000 9.000.000

Vediamo ora i conti partendo dagli anni Settanta.
Nel 1970 i morti per cancro solo negli Stati Uniti sono stati 330.000 (6), mentre oggi hanno toccato quota 600.000. Quindi in America i morti sono praticamente raddoppiati.
Va ricordato che la popolazione negli anni Settanta era di 200 milioni, mentre oggi viaggia attorno ai 320 milioni. L’aumento della mortalità nel periodo (1970-oggi) è stato del 56%, mentre la popolazione è cresciuta del 60%.
Apparentemente sembra che la mortalità sia calata, anche se di pochi punti in percentuale, ma è una illusione ottica, perché andrebbe considerata la «sovradiagnosi». In pratica grazie agli screening, come vedremo nel dettaglio, si trovano tumori anche quando non ce ne sono, facendo crescere a dismisura l’incidenza, ma non la mortalità.
Questa strategia, che rientra nel marketing, è estremamente funzionale alle industrie…
Illuminante è l’esempio dagli anni Settanta ai Novanta, quando ancora gli screening non erano diffusi.

Tasso di mortalità dal 1970 al 1990
Il tasso inalterato di mortalità per cancro su 100 mila americani nell’anno 1970 era di 162.8. Moltiplicando questo tasso per la popolazione dell’epoca (203 milioni) e dividendo per 100.000 si ottiene il numero di morti che è stato pari a 330.000 circa. Infine dividendo questo valore per il numero dei giorni in un anno risulta che nel 1970 sono morte 907 persone al giorno!
Vent’anni dopo, il tasso di mortalità per cancro nel 1990 era di 203.2 e i morti giornalieri 1384. Dopo soli 6 anni, con un tasso di 209.5 le morti totali furono 554.740 su una popolazione di 264 milioni circa. Risultato nel 1996 sono morti ogni giorno 1520 americani.

Ecco in tabella i risultati della grande guerra al cancro:

Anno 1970 1990 1996 1997 2015
Tasso mortalità per 100.000 abitanti 162.8 203.2 209.5 210.0 158.5
Popolazione 203.000.000 248.000.000 264.000.000 268.000.000 321.000.000
Morti al giorno 907 1384 1520 1547 1393

Osservando il tasso di mortalità per cancro («death rate»), esso cresce dagli anni Cinquanta fino agli anni Novanta per poi iniziare a decrescere lentamente (7) fino ai nostri giorni.
Ecco la dimostrazione che le terapie ufficiali danno i loro frutti: funzionano? Assolutamente NO.
Cos’è successo dagli anni Novanta in poi? Forse le lobbies hanno iniziato a produrre chemio meno tossica, meno cancerogena? Niente di tutto questo: il diserbante è rimasto pressoché il medesimo scoperto negli anni Quaranta, quello che ha fatto e sta facendo la differenza si chiama «sovradiagnosi» e «lead-times bias».

Sovradiagnosi e distorsione temporale
Gli screening di massa, grazie ad una massiccia propaganda mediatica, sono diventati l’unica regola di vita, la vera “prevenzione”. Quasi nessuno parla dell’importanza dello stile di vita: alimentazione, movimento, esposizione solare, tranquillità di spirito, aspetti emotivi, ecc.
Anche perché dove si trova il tempo per mangiare meglio, per muoversi all’aria aperta, se siamo occupati a fare mammografie, test del PSA, proctoscopie, esami per il sangue occulto nelle feci, mappatura dei nei e altre centinaia di test? Questi sì che sono importanti, il resto è fuffa.
Confondere «esame diagnostico», o «diagnosi precoce» (screening) con «prevenzione» (stile di vita) è un errore gravissimo che può costare la vita. L’errore è anche pedagogico: perché una persona si convince che facendo costantemente esami il cancro non le verrà. Sbagliatissimo e la Vita ce lo conferma ogni giorno!

Gli screening, soprattutto per come vengono eseguiti oggi (massificazione), servono solo a «cercare il malato nel sano», e lo trovano praticamente sempre!
L’evoluzione tecnologica delle apparecchiature permette infatti di evidenziare particolari sempre più piccoli, infinitesimi che nella maggioranza dei casi (per fortuna) rientrano nella «sovradiagnosi», cioè si tratta di «lesioni» e/o «tumori in situ» che NON EVOLVERANNO MAI e non creeranno nessun problema di salute. Ma una volta scoperte, diagnosticate e fotografate, oltre a fare lievitare esponenzialmente la paura e dare il là ad altri esami di approfondimento (biopsie, prelievi, nuovi esami, ecc.), vanno a gonfiare artatamente le statistiche dell’incidenza del cancro.

Lo screening quindi rivela “anomalie” che rientrano nella “definizione” di cancro, ma che non progrediranno e quindi non causeranno ne sintomi e neppure la morte.

«Se la tanto conclamata diffusione delle patologie cancerose fosse solo un’illusione ottica prodotta dalla diffusione delle diagnosi precoci di tumori che un tempo passavano inosservati e regredivano naturalmente?»
Prof. Luigi de Marchi, psicologo clinico

La conferma della verità contenuta nelle parole del compianto professor De Marchi arriva da pubblicazioni ufficialissime.
Il 18 agosto 2016 il NEJM, «New England Journal of Medicine» pubblica uno studio secondo il quale dal 50 al 90% dei tumori alla tiroide sono sovradiagnosi. Secondo gli autori quindi, il novanta per cento dei tumori alla tiroide riscontrati con l’ecografia sono carcinomi in situ innocui che NON evolveranno e non necessitano di NESSUN trattamento terapeutico.
Qualche anno prima, il 9 luglio 2009, l’altro mostro sacro della scienza ufficiale, il BMJ, «British Medical Journal», pubblicava uno studio sulla stima della «sovradiagnosi» nel tumore al seno negli screening. I dati da UK, Canada, Australia, Svezia e Norvegia indicavano uno sconvolgente 52%, che sta a significare che oltre 1 tumore su 2 al seno è sovradiagnosi, quindi assolutamente innocuo e per tanto non andrebbe toccato!
Gli screening di massa provocano una diagnosi anticipata nel tempo e questo porta a tassi di sopravvivenza di 3-5 anni più alti, anche quando i pazienti non vivono più a lungo!

Per comprendere questo passaggio è necessario sapere che a livello internazionale, per stabilire se le terapie funzionano viene usato un lasso di tempo di 5 anni dal momento della diagnosi. Se il paziente muore “entro” 5 anni dalla diagnosi è un caso negativo, se muore dopo 5 anni è un caso positivo e finisce nelle statistiche di guarigione. Sembra fantascienza, ma oltre il quinto anno dalla diagnosi, che la persona sia viva o morta poco importa, per le statistiche è un dato positivo.
Prima dell’utilizzo massificato degli screening, la diagnosi veniva fatta solo 3 anni prima della morte del paziente, oggi grazie alla diagnosi precoce si individua il cancro ben oltre 6 anni prima della sua morte. Questo ha una implicazione allucinante perché l’aumento della sopravvivenza (strombazzato dai media) è una mera illusione ottica e statistica: vi è un numero sempre maggiore di pazienti NON guariti ma sopravvissuti ai 5 anni!

Per cui oggi si muore di meno di cancro sulla carta, ma solo perché non si è morti entro 5 anni dalla diagnosi. Perché è più facile vincere al superenalotto che trovare le statistiche di sopravvivenza a 10 o 20 anni dalla diagnosi? Forse perché i dati dimostrerebbero che la mortalità è molto più alta di quella che ci raccontano?

Si muore per la malattia o per la cura?
Ricercatori e oncologi, spalleggiati dalle industrie che hanno tutto l’interesse affinché il cancro dilaghi come un incendio, sono riusciti a dilapidare migliaia di miliardi di dollari in ricerche inutili e in farmaci tossici e cancerogeni, con i risultati che ben vediamo: crescita costante del cancro.
A questo punto una domanda scottante è pressoché obbligatoria: una persona malata di cancro che non ce la fa nonostante tutte le terapie ufficiali è morta per la malattia, perché il suo organismo non ha risposto alla cura, o per la tossicità dei farmaci usati?
Domanda più che legittima visti gli studi e le pubblicazioni ufficiali uscite in questi ultimi anni…

Nel dicembre del 2004 esce la faraonica ricerca a firma di Grame Morgan (professore associato di radiologia al Royal North Shore Hospital di Sidney), Robyn Ward (professore oncologo all’University of New South Wales), Michael Barton (radiologo e membro del Collaboration for Cancer Outcome Research and Evaluation del Liverpool Health Service di Sidney).

Lo studio dal titolo: «Il contributo della chemioterapia citotossica alla sopravvivenza a 5 anni dei tumori in adulti» è stato pubblicato sulla prestigiosa rivista di oncologia «Clinical Oncology».
I ricercatori hanno preso in esame tutti gli studi clinici randomizzati condotti in Australia e Stati Uniti nel periodo compreso tra gennaio 1990 e gennaio 2004, e l’analisi ha interessato 225.000 persone malate nei 22 tipi di tumori più diffusi e curate SOLO con chemioterapia.
Quando i dati erano incerti gli autori hanno deliberatamente stimato in eccesso i benefici della chemioterapia. Nonostante simili accortezze, la conclusione è inquietante:

Sopravvivenza Australia     > 2,3%
Sopravvivenza Stati Uniti   > 2,1%

Se la chemioterapia citotossica contribuisce alla sopravvivenza a 5 anni per un 2%, come mai si continua ad usarla? Cos’è accaduto al rimanente 98% dei pazienti, che stando allo studio, non avrebbero avuto nessun contributo alla sopravvivenza a 5 anni? Sono vivi o morti dopo 14 anni?
Il 5 agosto del 2012 la rivista «Nature» pubblica uno studio che evidenzia come la chemioterapia in realtà può stimolare, nelle cellule sane circostanti, la secrezione di una proteina che sostiene la crescita tumorale stessa rendendo immune il tumore ad ulteriori trattamenti. I ricercatori hanno spiegato che i risultati «indicano che il danno nelle cellule benigne può direttamente contribuire a rafforzare la crescita cinetica del cancro».
La chemio per tanto, oltre ai danni a tessuti e cellule che ben si conosce, sarebbe in grado di accelerare la crescita del cancro.
Se non bastasse quanto fin qui detto, a settembre del 2016 la prestigiosissima rivista «Lancet Oncology» se ne esce con uno studio sempre sulla nocività della chemio.
Il trattamento principe per il cancro è imputato di uccidere oltre il 50% dei pazienti entro il primo mese dall’inizio della cura. Lo studio ha preso in considerazione 23.000 donne e 10.000 uomini con carcinoma polmonare. Di questi 9.634 sono stati sottoposti a chemio nel 2014 ed entro 30 giorni ne sono morti 1.383. L’indagine ha rilevato che in Inghilterra circa l’8,4% dei pazienti con cancro del polmone e il 2,4% di quelli con tumore al seno sono deceduti entro un mese dall’avvio del trattamento. Ma in alcuni ospedali il tasso di mortalità per chemioterapia contro il carcinoma polmonare è risultato addirittura del 50,9%.
Un paziente che muore nelle prime settimane dall’inizio della cura, è stato ucciso dal cancro o dalla “terapia”? Da quando la chemio ha fatto la sua apparizione ad oggi, quante persone sono morte?

Cancro: morti dal 1950 ad oggi
Calcolare il numero di morti negli ultimi 70 anni è molto difficile perché i fattori che intervengono sono tantissimi: l’aumento della popolazione, l’incidenza del cancro nel corso degli anni, le terapie, i registri oncologici, le schede di registrazione, ecc.
Saranno usati per comodità i dati degli Stati Uniti perché sono più completi, per fare poi una proiezione globale.
Nei primi anni Cinquanta i morti annuali negli Stati Uniti erano 200.000, mentre oggi circa 600.000, per cui sono triplicati. Attualmente i morti nel mondo superano i 9 milioni all’anno, nel 1950 erano circa 3 milioni.
Vediamo di stabilire quante persone sono morte in circa 70 anni di guerra al cancro.

Dal 1950 al 1990, la media è di circa 6.000.000 di persone morte all’anno
Dal 1990 al 2018, la media è di circa 7.000.000 di persone morte all’anno

Eseguendo una banale media, certamente molto grossolana, sulla mortalità dal 1950 al 2018, risulterebbe che le persone con il cancro morte superano di gran lunga 430.000.000.
Una cifra allucinante, ma sicuramente molto più bassa della realtà perché nel conteggio non vengono calcolate tutte quelle persone che muoiono per gli effetti collaterali della chemio, come per esempio ictus, infarto, ischemie, ecc.
Tema questo degli effetti collaterali che ha interessato l’apertura del congresso di cardio-oncologia di Napoli tenutosi da 21 al 23 febbraio 2018. Al centro del contendere, uno studio recente sulle cause di decesso di 1807 pazienti sopravvissuti al cancro, in un follow-up di 7 anni, dal quale è emerso che il 33% muore per disturbi cardiaci e il 51% per la malattia per la quale era in cura, cioè il cancro.

Milioni di persone muoiono ogni anno per attacchi cardiaci causati direttamente dalla chemio. Queste morti non vengono registrate nelle statistiche del cancro ma in quelle delle malattie cardiovascolari.
Quando infatti una persona muore (questo si verifica nella maggior parte dei casi in ospedale) il medico è tenuto a riportare su apposite schede la causa del decesso.
Cosa scriverà il medico nelle schede Istat dove vengono riportati i codici ICD-10 («Classificazione internazionale delle malattie»): «il paziente è morto per gli effetti collaterali della chemio», o è più semplice per tutti, anche per pararsi il didietro, riportare il generico «Arresto cardiaco non specificato»? (Codice: 146.9).
Ecco il motivo per cui andrebbero rivisti completamente tutti i dati ufficiali.

Vediamo ora l’incidenza globale
L’incidenza dagli anni Cinquanta fino ai nostri giorni è cresciuta in linea retta da 2 milioni ai 15-16 milioni odierni, ogni anno. La media è di circa 6 milioni all’anno, per un totale di oltre 560 milioni di persone. Se tutte queste hanno fatto la chemio, come è logico attendersi, molto probabilmente circa 200 milioni (33%) sono morte per “acciacchi cardiovascolari” causati dai protocolli.
Quindi ai 430 milioni visti prima andrebbero sommati anche 200 milioni che portano il numero delle morti dal 1950 ad oggi ad oltre 600 milioni!
Per buona pace dei dati statistici reali, perché così facendo i morti per cancro saranno sempre sottostimati in maniera esagerata.
Ma non finisce qua, perché nei paesi del Terzo Mondo come l’Africa e in quelli in via di sviluppo o emergenti come l’India non esistono seri registri oncologici. Questi paesi non hanno alcun registro tumori, per cui mancano un controllo e una verifica seria e completa dei dati.
Qual è la conclusione? I dati sulla mortalità per cancro che ci vengono dettagliatamente descritti dall’OMS non sono realistici: a livello mondiale il numero di morti all’anno certamente supera di molto il doppio descritto.

Tutto ciò non è strano visto che a livello ufficiale sono tantissime le cose che non tornano…
Ci dicono per esempio che il cancro alla mammella (grazie a screening e terapie) si guarisce nella maggior parte dei casi: chi spara il 90% e chi oltre. Meravigliosa notizia, peccato che se poi si guarda qual è la principale causa di morte IN ASSOLUTO nella donna, vien fuori che è il cancro al seno. Ma come, non era guaribilissimo?
Tenendo conto di tutto questo e di molto altro che non è stato possibile inserire in questa analisi, le persone morte per cancro e per la sua cura dal 1950 ad oggi lievitano a un numero impressionante e inquietante, sicuramente molto superiore al miliardo di persone. Ma forse è ancor più alto…
Eccoli qua negli ultimi 70 anni i grandissimi risultati della medicina nella guerra contro il cancro!

Note

(1) «L’America sfida il cancro: sarà come la conquista della Luna»
https://www.corriere.it/salute/cardiologia/16_giugno_07/america-sfida-cancro-sara-come-conquista-luna-13e811a8-2c63-11e6-a9f0-4be9f59428af.shtml

(2) «AIOM: Italia investe meno, la risultati migliori», http://www.dire.it/03-06-2016/57441-tumori-aiom-italia-investe-meno-risultati-migliori/

(3) «Oncologia: riflettori accesi all’Asco sugli alti costi dei farmaci e sulle potenzialità delle immunoterapie», https://www.aboutpharma.com/blog/2016/06/03/oncologici/
(4) https://ourworldindata.org/cancer#cancer-deaths-by-age

(5) «Are death rates from cancer rising?», https://ourworldindata.org/cancer#cancer-deaths-by-age
(6) «Cancer deaths in 1970 and in 1997», http://www.gilbertling.org/lp2.htm
(7) «Deaths by cancer in the U.S. from 1950 to 2015 (per 100,000 population)»
https://www.statista.com/statistics/184566/deaths-by-cancer-in-the-us-since-1950/

Tratto da http://www.nutrizionenaturale.org/alimentazione-zucchero-killer-silenzioso/

Fino ad alcuni anni fa consideravo lo zucchero come un componente energetico e salutare della nutrizione, molto utile per la muscolatura e per il funzionamento del cervello. Poi ebbi modo di conoscere:

Il procedimento di produzione
"Dalla barbabietola o dalla canna da zucchero viene estratto il succo zuccherino grezzo che è sottoposto a complesse trasformazioni industriali.
Per la prima depurazione viene fatta l'aggiunta di latte di calce che ne provoca la perdita e la distruzione di sostanze organiche, proteine, enzimi e sali di calcio.
In seguito il prodotto viene trattato con anidride carbonica per eliminare la calce che è rimasta in eccesso, quindi subisce ancora un trattamento con acido solforoso per eliminare il colore scuro. Successivamente viene sottoposto a cottura, raffreddamento, cristallizzazione e centrifugazione.
Si arriva così allo zucchero grezzo.
Nella seconda fase di lavorazione, lo zucchero viene filtrato e decolorato con carbone animale e poi, per eliminare gli ultimi riflessi giallognoli, viene colorato con il colorante blu oltremare o con il blu idantrene (proveniente dal catrame e quindi cancerogeno).
Il prodotto finale è una bianca sostanza cristallina che non ha più nulla a che fare con il ricco succo zuccherino di partenza e viene venduta per dolcificare gli alimenti".

Alcuni dati significativi:
Negli Usa gli zuccheri costituiscono una delle maggiori fonti di calorie per la nutrizione.
La crescita nel consumo  di zuccheri negli ultimi 300 anni è impressionante:

- nel 1700 il consumo annuo pro capite è stato di 1,8 Kg-
- nel 1800 il consumo annuo pro capite è stato di circa 8 kg-
- nel 1900 il consumo pro capite annuo è salito a 40 Kg-
- nel 2009 il 50% degli americani ha consumato in media oltre gli 8o Kg di zucchero all'anno.

I casi di diabete dalla fine del 1800 ad oggi sono passati da 3 casi su 100.000 persone a 8.000 sempre su 100.000 persone.
Dalla fine del 1800 ad oggi, si è passati dal 3,4% di persone obese al 32%. Va poi aggiunto un altro 33% di persone in sovrappeso.
Ciò significa che i 2/3 degli americani attualmente sono a rischio di gravi patologie e devono ricorrere a medici nutrizionisti, diete alimentari, palestre cure mediche e medicine che spesso non funzionano e a volte sono solo dannose.

Quanto zucchero si consuma in Italia
In Italia da diversi anni viene registrato un consumo medio annuo pro capite pressochè costante di 25 kg. ma, l'esperienza ci insegna che con il tempo anche noi italiani seguiamo i comportamenti americani.

Un dato che fa riflettere.
Fino agli anni '70 in Italia si consumava il 60% di zucchero semplice acquistato nei negozi mentre il 40% proveniva da alimenti confezionati.
Oggi le proporzioni si sono invertite per cui si assume prevalentemente zucchero contenuto nei cibi elaborati, in particolare dall'industria.
Certamente non ci rendiamo conto di quanto zucchero è contenuto nei cibi largamente pubblicizzati e destinati sopratutto ai bambini ed ai ragazzi.
E' una buona abitudine quella di leggere gli ingredienti riportati sulle etichette applicate ai prodotti che acquistiamo: troveremo delle belle sorprese (non solo per il glucosio, il destrosio, il fruttosio, il saccarosio, il maltosio  ...........in essi contenuto).
Spesso occorre una certa attenzione per scovarli poichè sono scritti con caratteri molto piccoli o ben nascosti.

Cosa provoca il consumo di zucchero nel nostro organismo?
L'assunzione di zuccheri semplici, con l’alimentazione, innalza rapidamente i livelli di glucosio nel sangue (glicemia).
Un normale livello di glicemia è utile per fornire l'energia al nostro corpo ed al cervello ma, livelli elevati scatenano molte reazioni negative.
La più conosciuta è l'aumento dell'insulina che viene prodotta dal nostro organismo per evitare che gli zuccheri nel sangue raggiungano livelli di tossicità pericolosi.

Cosa provoca l'aumento dell'insulina?
Trasforma gli zuccheri sottratti al sangue in glicogeno il quale viene immagazzinato nel fegato come riserva energetica stimola la produzione di grassi saturi a partire da zuccheri favorisce l'accumulo di grassi saturi nel tessuto adiposo.
Impedisce l'utilizzo dei grassi presenti nel nostro corpo.
Con l'assunzione degli zuccheri semplici ad alto indice glicemico, si verifica un immediato picco nella quantità di insulina prodotta dal pancreas; questa abbassa repentinamente la glicemia, per cui compare lo stimolo della fame e inizia un circolo vizioso che vanifica quasi tutte le diete che vengono adottate.
Soprattutto le diete che raccomandano di eliminare i grassi a favore dei carboidrati (vedremo come i farinacei ad alto contenuto di amido siano trasformati in zuccheri) non hanno possibilità di funzionare in quanto gli zuccheri vengono comunque trasformati in grasso e depositati nel tessuto adiposo.
Vedremo nelle prossime newsletters che la demonizzazione di tutti i grassi nelle diete costituisce un falso mito.

Ma l'utilizzo degli zuccheri semplici provoca anche altri danni
Per poter essere assimilato e digerito, lo zucchero bianco ruba al nostro corpo vitamine e sali minerali (in particolare il Calcio e il Cromo) per ricostituire almeno, in parte, quell'armonia di elementi distrutta dalla raffinazione.
Le conseguenze di tale processo digestivo sono la perdita di calcio nei denti e nelle ossa, con l'indebolimento dello scheletro e della dentatura.
Ciò favorisce la comparsa di malattie ossee (artrite, artrosi, osteoporosi, ecc.) e delle carie dentarie che affliggono gran parte della civiltà occidentale.

Cosa provoca lo zucchero bianco iper raffinato a livello intestinale?
Provoca processi fermentativi con la produzione di gas, tensione addominale e l'alterazione della flora batterica con tutte le conseguenze che ciò comporta.

I  pericoli dell'abitudine al consumo di zuccheri raffinati sono provati:

  • riduzione delle difese immunitarie,
  • aggravamento dell'asma,
  • acidificazione del nostro corpo,
  • peggioramento delle malattie cardiache, del diabete, dei calcoli biliari, dell'ipertensione, delle artriti, di alcuni tipi di cancro....... in definitiva accorcia la vita.

E' sorprendente anche lo studio di un medico inglese ricercatore in psichiatria, Malcolm Peet, che ha riscontrato un forte legame fra l'elevato consumo di zucchero e malattie mentali come la depressione e la schizofrenia.

Un altro grave pericolo: il fruttosio
Il nome riporta all'immagine del prodotto sano derivato dalla benefica frutta ma in realtà lo troviamo spesso come sciroppo di fruttosio che viene ricavato dal mais (quasi sempre transgenico negli USA) con un processo che lo priva di ogni principio vitale come le vitamine, gli enzimi, i sali minerali e tutti i fitonutrienti capaci di ridurne gli effetti metabolici nefasti.
Lo sciroppo di fruttosio viene impiegato nella produzione delle bevande gassate, succhi di frutta e molti prodotti industriali e preparati dietetici sic!
Diversamente dal saccarosio (zucchero bianco da cucina), chimicamente, le molecole di fruttosio e glucosio non sono legate fra di loro per cui vengono assorbite immediatamente  e vanno direttamente al fegato e trasformate in grassi.

Robert Lustig, professore nella Divisione di Endocrinologia dell' Università della California, ha svolto un ottimo lavoro sul metabolismo degli zuccheri che ha messo in luce i disastri causati dall'eccessivo consumo di fruttosio:

  • aumento dell'acido urico che è in stretta relazione con l'obesità, con l'elevata pressione arteriosa, le malattie cardiache, le malattie renali
  • appesantimento del fegato con il rischio di serie patologie con danneggiamenti simili a quelli dovuti all'abuso di alcol.
  • inganna il sistema di regolazione dello stimolo della fame e della sazietà; porta alla insulino-resistenza e non fa abbassare la grelina (ormone della fame scoperto solo una decina di anni fa) e non fa aumentare la leptina (ormone della sazietà) si è portati  ad assumere molto cibo
  • aumento dell'obesità con l'accumulo del grasso principalmente nella pancia e la comparsa della tipica forma dell'abituale bevitore di birra.

Negli USA il fruttosio è considerato il primo fattore che contribuisce all'obesità.
La quantità massima giornaliera da assumere dovrebbe essere inferiore ai 25 grammi e, per coloro che sono in sovrappeso, inferiore ai 15 grammi (conteggiando anche il fruttosio che troviamo nella frutta).

In quali alimenti troviamo lo zucchero?
Non solo nei dolci e nelle bevande gassate ma ormai in quasi tutti i cibi elaborati, trasformati e confezionati. Si trova anche negli hamburger, nei wurstel, nelle salse come il ketchup, nella senape, nella worchester sauce, in molti tipi di pane, nei cibi in scatola o in quelli precotti......... etc.
Ricordarsi di leggere con attenzione gli ingredienti indicati nelle confezioni anche se scritti con caratteri piccolissimi e difficili da trovare.
Ovviamente lo zucchero è anche contenuto nella frutta e in minor parte nella verdura ma legato a tantissime sostanze vitali come le fibre, le vitamine, i sali minerali, gli enzimi, e molti altri fitonutrienti che ne attutiscono gli effetti negativi.
Tuttavia anche la frutta e certi ortaggi ricchi di zuccheri o amidi come le patate e le carote, vanno consumati con moderazione.

Una ulteriore minaccia  per la salute dello zucchero: l'acido urico
Lo zucchero  provoca un aumento di acido urico il quale, oltre a danneggiare i reni e aumentare la pressione arteriosa, può portare ad una infiammazione cronica con conseguenze anche gravi come l'ictus e altre malattie.
Oltre 3000 articoli su studi scientifici, mettono in relazione l'aumento dell'acido urico con molti dei mali dell'attuale periodo.
Negli Usa i livelli medi dell'acido urico dall'inizio del secolo scorso sono passati da 3,5 ml/dl a 6,5 ml/dl alla fine dello stesso secolo.
Se pensiamo che livelli di acido urico superiori a 5,5 ml/dl mettono a rischio la salute, possiamo credere che il consumo elevato di zucchero costituisce una delle cause principali dei nostri mali, invecchiamento precoce e morte prematura.
Craig Thompson, direttore del Memorial Sloan-Kettering Cancer Center in New York, è convinto che "molte cellule pre-cancerose, non raggiungerebbero mai le mutazioni che li trasformano in tumori maligni se non fossero guidate dall'isulina a utilizzare e metabolizzare sempre più zucchero dal sangue".

Cosa succede con gli edulcoranti dietetici polioli ?
Gli edulcoranti (o dolcificanti) polioli sono sostanze che conferiscono un sapore dolce agli alimenti. Non sono considerati degli additivi, ma sono comunque sostanze chimiche estranee alla normale composizione degli alimenti.
I polioli hanno un potere edulcorante uguale o leggermente inferiore allo zucchero ma apportano meno calorie. Si tratta di sostanze ottenute per idrogenazione di alcune specie vegetali.

I polioli più conosciuti sono:

- Sorbitolo (E420) - La sua assunzione non ha solitamente effetti collaterali, ma siccome il sorbitolo non viene assorbito, può causare gas, gonfiore di pancia, crampi, e diarrea (se si superano giornalmente circa  i 20 gr).

- Mannitolo (E421) -  Non è pericoloso per la salute, essendo un carboidrato a tutti gli effetti, è facilmente gestito dal nostro organismo. Può causare disturbi gastrici tra cui flatulenze e diarrea se consumato in quantità superiore alle dosi massime consigliate di 50 grammi al giorno. Ha un potere dolcificante  pari a circa la metà di quello dello zucchero comune ed un potere calorico del 50% in meno per cui non vi sono particolari vantaggi con il suo impiego.

- Xilitolo (E967) - Al momento non sono stati accertati effetti dannosi alla salute. Tuttavia è da utilizzare con cautela poichè alcuni studi hanno evidenziato che, come tutti i polioli, determina un aumento dell'acido ossalico e causa la formazione di calcoli nei ratti.

- Isomalto (E953) - Adatto a chi ha problemi di diabete per il suo basso impatto sul livello di glucosio nel sangue - ha metà delle calorie dello zucchero comune può causare disturbi intestinali se consumato in quantità superiori ai 20 gr. al giorno .

- Maltitolo (E965)- Ha il 75% della dolcezza del saccarosio e il  60% del potere calorico. Crea effetti gastrici, in quanto pur essendo meno dannoso se comparato ad altri polialcoli, è usato in grosse quantità dall'industria del cibo grazie alla sua somiglianza al saccarosio, portando il consumatore ad un consumo che eccede le quantità raccomandate. Resta non adatto per chi soffre di diabete.

Gli alcoli dello zucchero come il sorbitolo e lo xilitolo  contribuiscono a prevenire la carie per cui sono usati nella produzione di caramelle e di gomme da masticare.

Cosa succede con i dolcificanti artificiali
Tutti abbiamo sentito parlare di saccarina di aspartame e altri, spesso indicati con allettanti nomi commerciali, considerati come sostituti dello zucchero e destinati ai diabetici o a coloro che devono ridurre il loro peso corporeo o non vogliono ingrassare.
Ho sempre creduto fosse un'ottima soluzione! Ma è proprio così?

Vediamo quali sono i principali dolcificanti artificiali
Aspartame - E951
- è il dolcificante sintetico più noto e controverso, il cui potere dolcificante è 200 volte maggiore rispetto a quello dello zucchero comune. Questa sostanza non esercita effetti metabolici sulla glicemia, quindi può essere utilizzata anche dai soggetti diabetici. La dose giornaliera ammissibile è di 40 mg/kg di peso corporeo. L’aspartame si trova in centinaia di alimenti: oltre che nei prodotti "light", è contenuto anche in bibite gassate, dolciumi, gomme da masticare, caramelle e farmaci.
Quando l’organismo metabolizza l’aspartame, si formano acido aspartico, fenilalanina e metanolo. Quest’ultima sostanza può indurre effetti indesiderati quali emicranie e reazioni allergiche.
In merito, da diverse fonti si considera l'Aspartame come una minaccia per la salute umana, anche più pericolosa dell'utilizzo del fruttosio, e viene associato a difetti nei neonati, cancro (pricipalmente del cervello), alzaimer e aumento del peso corporeo. L'approvazione da parte della FDA viene considerata come un'operazione poco chiara intrapresa dalla Searle e dalla Monsanto (proprietaria dei diritti sull'Aspartame).

- Saccarina - E954 - molto conosciuta , è una sostanza che non viene metabolizzata dal nostro organismo e che non fornisce calorie. Il suo potere dolcificante risulta fino a 500 volte superiore a quello dello zucchero, mentre il suo retrogusto è piuttosto amaro. Non aumenta la glicemia, quindi è adatta anche ai diabetici.
Negli anni Settanta del secolo scorso, alcuni studi condotti sugli animali avevano insinuato il dubbio che la saccarina potesse essere cancerogena, ma nessuna ricerca svolta su esseri umani ha mai confermato tali dubbi. La dose giornaliera accettabile è di 2.5 mg/kg di peso corporeo.
In rari casi, il consumo di saccarina può provocare manifestazioni allergiche, orticaria, diarrea, dispnea, tachicardia. Questo dolcificante è controindicato durante la gravidanza, l’allattamento e nei primi tre anni di vita. Alcuni studi hanno di recente dimostrato che il dolcificante è un fattore di rischio per tumori che colpiscono diversi tipi di organo dei topi. Sarà necessario verificare se questi rischi interessino anche l'uomo.

- AcesulfameK - E950 - è un altro edulcorante sintetico di largo utilizzo nei cibi per diabetici, nelle bevande gassate e nei prodotti per l’igiene orale, è una sostanza dotata di un potere dolcificante 200 volte superiore a quella dello zucchero comune. L’acesulfame K non viene metabolizzato dall’uomo, quindi viene espulso attraverso le urine senza aver subito modifiche, non apporta calorie e non ha influenza sulla glicemia. La dose giornaliera assimilabile ammonta a 9 mg/kg di peso corporeo.Contiene cloruro di metilene DCM. L'esposizione per lunghi periodi al DCM può provocare mal di testa, depressione,nausea, confusione mentale, disturbi alla vista, al fegato e ai reni.
Se ci si attiene alle dosi raccomandate, l'Acesulfame K è considerato ufficialmente sicuro dal punto di vista tossicologico, ma se ne sconsiglia l’utilizzo in caso di gravidanza e allattamento.

Pur essendo controverse le deduzioni e le convinzioni, senza abbracciare la tesi che tutti i dolcificanti artificiali sono da considerarsi veleni, credo che tali edulcoranti debbano essere totalmente evitati e che i dolcificanti polioli debbano essere utilizzati con molta prudenza.

Ma cosa si può fare per stare meglio e prevenire molte malattie ?
Risulta evidente, senza alcun dubbio, che per allontanare i rischi malattie come il diabete, le malattie cardiache, il cancro e tanti altri problemi per la propria salute, occorre adottare uno stile di vita sano dove l'eliminazione dello zucchero in tutte le varie forme è fondamentale.
Il modo più facile per diminuire l'assunzione di zuccheri è quello di eliminare tutte le bevande dolci compresi i succhi di frutta (le spremute fresche vanno bene), e tutti i cibi elaborati industrialmente.
E' una buona regola assumere esclusivamente gli zuccheri necessari al funzionamento del proprio corpo solo da fonti naturali quali la frutta e la verdura tenendo conto che non si dovrebbero superare i 25 grammi al giorno di fruttosio.
Se proprio dobbiamo dolcificare degli alimenti, è preferibile utilizzare, con molta moderazione il miele, lo zucchero grezzo di canna oppure anche il glucosio. Il glucosio tutto sommato viene utilizzato direttamente dalle cellule del nostro corpo e non scatena i disastri metabolici del fruttosio.

Un dolcificante naturale poco conosciuto è la Stevia ricavato dalle foglie dell'omonima pianta e utilizzata da secoli dai popoli dell'America Latina.
L'Unione Europea (EFSA) il 14 aprile 2010 ha approvato l'uso della Stevia come Food Additive, così come la Svizzera e tutti Paesi latino-americani.
Ha un potere dolcificante da 150 a 250 volte quello del comune zucchero ed ha zero calorie: potrebbe rappresentare la migliore alternativa per dolcificare senza andare incontro agli effetti negativi dello zucchero e degli edulcoranti in genere.

IMPORTANTE: abituiamoci a leggere la composizione dei cibi in etichetta e informiamoci sui componenti o additivi con nomi sconosciuti: quando non riusciamo a trovarli evitiamo di acquistare l'alimento! E' una buona abitudine che ci porterà a scegliere i cibi consapevolmente evitando quelli che possono danneggiare la nostra salute nel tempo


di Mike Adams

Studio shock: Le mammografie sono una bufala medica, oltre un milione di donne americane danneggiate da “trattamenti” non necessari per tumori che non hanno mai avuto.
La mammografia è una crudele bufala medica. Come ho descritto qui su Natural News più di una volta, lo scopo principale della mammografia non è “salvare” donne dal cancro, ma reclutarle come falsi positivi per spaventarle e portarle a sottoporsi a trattamenti costosi e tossici come la chemioterapia, le radiazioni e la chirurgia.
Il “piccolo sporco segreto” dell'industria del cancro è che proprio gli stessi oncologi che terrorizzano le donne con la falsa credenza di avere un cancro sono quelli che realizzano enormi profitti vendendo loro i chemioterapici. Il conflitto di interessi e l'abbandono dell'etica nell'industria del cancro lascia senza fiato.
Ora, un nuovo studio scientifico ha confermato esattamente quello da cui ho messo in guardia i lettori per anni: la maggior parte delle donne con “diagnosi” di cancro tramite mammografia non hanno mai avuto il cancro, ed è solo l'inizio.
Il 93% delle “diagnosi precoci” non ha alcun beneficio per il paziente
Questa è la conclusione del pionieristico studio pubblicato sul New England Journal of Medicine. (1)

“Abbiamo riscontrato che l'introduzione dello screening ha portato 1,5 milioni di donne alla diagnosi di cancro alla mammella in fase iniziale” scrive il co-autore dello studio Dr. Gilbert Welch.
Ora, a prima vista questa potrebbe sembrare una buona notizia. Potreste pensare “Beh, la diagnosi precoce salva delle vite, proprio come ci hanno detto Komen e le associazioni no-profit riguardo il cancro”. Ma sbagliereste. Come scoperto dal team del Dr. Welch, virtualmente non vi è stata riduzione degli stadi terminali del cancro alla mammella a partire da tutte queste diagnosi precoci, e questo significa che alla maggior parte delle donne a cui è stato detto di avere il cancro alla mammella dopo una mammografia è stato mentito.

Così continua il dottore:
“Abbiamo scoperto che ci sono state solo 0,1 milioni di donne in meno con una diagnosi di cancro alla mammella in fase terminale. La discrepanza significa che c'è stata molta diagnosi inutile ed esagerata: a più di un milione di donne è stato detto di avere un cancro in fase iniziale –molte delle quali hanno subito chirurgia, chemioterapia o radiazioni per un cancro che non le avrebbe mai fatte stare male. Anche se è impossibile sapere chi siano queste donne, il danno è evidente e serio".

Si, lo è. Infatti, se fate il calcolo, 0,1 milioni di donne in meno con un cancro in fase terminale rispetto ad 1,5 milioni di diagnosi precoci significa che si ha avuto un falso positivo nel 93% dei casi; questo significa che non si sarebbe in ogni caso arrivati alla fase di cancro terminale.

Chemioterapia, radiazioni e chirurgia oncologica sono in gran parte bufale

Secondo quanto detto dagli scienziati, “il cancro alla mammella è stato over-diagnosticato (cioè sono stati trovati tumori in fase di screening ma questi non avrebbero mai portato a sintomi clinici) in almeno 1,3 milioni di donne americane negli ultimi 30 anni.”

Gli oncologi di queste donne hanno mentito: “se non acconsentite al trattamento, morirete entro sei mesi” (o due anni, o qualsiasi tipo di scansione fraudolenta essi usino).

Sotto la minaccia di questa paura, la maggior parte delle donne si piegava e acconsentiva a iniziare il trattamento – spesso nello stesso giorno della falsa diagnosi. Questo cosiddetto trattamento consiste in una iniezione di sostanze chimiche mortali che fanno la fortuna degli oncologi che le vendono ai loro stessi pazienti. Si, è così: le cliniche oncologiche e i centri di trattamento del cancro fanno profitti enormi sui chemioterapici che vendono ai loro pazienti – gli stessi pazienti che spaventano e dirigono verso il trattamento con mammografie falsamente positive.

Ignorando il quasi totale fallimento della mammografia da un punto di vista scientifico, la propaganda continua a spingere verso questa tecnica in maniera assordante. Come il Dr. Welch spiega in questo articolo del New York Times (2):

Nessun altro test clinico è stato tanto pubblicizzato come la mammografia – gli sforzi sono andati oltre la persuasione e sono arrivati alla coercizione. E chi la proponeva ha usato le più fuorvianti statistiche di screening a disposizione: i tassi di sopravvivenza. Una recente campagna Komen esemplifica questo aspetto: in breve, dite a chiunque che ha il cancro, e i tassi di sopravvivenza aumenteranno a dismisura.

Komen for the cure, ovviamente, è stata scoperta a mentire sui presunti “benefici” della mammografia (3). Il loro trucco statistico frega la maggior parte delle donne, tristemente, e le convince a subire chemioterapie tossiche per un cancro alla mammella che non hanno mai avuto.

Lo starnazzare dell'oncologia moderna

Quando le donne iniziano una chemioterapia per un cancro che non hanno iniziano anche a sperimentare quello che gli oncologi chiamano “sintomi del cancro”. I capelli cadono. L'appetito scompare. I muscoli si atrofizzano. Diventano deboli, confuse e cronicamente stanche. Il dottore del cancro dice poi loro “devi essere forte per sopportare tutto questo mentre le medicine fanno effetto”

Pure chiacchiere! Potreste fare meglio invocando il voodoo o semplicemente sperando di guarire. Perché tutto quel che gira attorno all'esperienza del cancro nella medicina moderna –la diagnosi, il trattamento, le autorità sanitarie-- è maliziosamente fabbricato per generare un profitto all'industria del cancro.

“Migliori” tecnologie portano a più falsi positivi

Non c'è miglior esempio delle chiacchiere della medicina moderna che quello dell'industria del cancro. Armato con le ancora-più-precise macchine per la mammografia, il tasso di falsi positivi ha sfondato il soffitto.

Come il Dr. Welch scrive sul New York Times (4):

Sei anni fa, un follow up a lungo termine di un trial randomizzato mostrò come un quarto dei tumori riscontrati con lo screening fosse un caso di over-diagnosi. Questo studio rifletteva le potenzialità dei macchinari degli anni 80. I nuovi macchinari digitali riscontrano molte più anormalità e le stime dell'over-diagnosi sono salite compatibilmente: ora siamo probabilmente tra un terzo e metà dei tumori diagnosticati con questa metodica.

Capito la storia? Molte delle diagnosi di cancro da mammografia sono false. Ma sono un'ottima tecnica di terrorismo per trovare donne-adepte a quello che può solo che esser chiamato “culto del cancro” dove vengono manipolate fino ad auto avvelenarsi con le medicine. Verranno più tardi chiamate “sopravvissute al cancro”, se il veleno non riuscirà ad ucciderle.

Queste sopravvissute al cancro, ovviamente, sono vittime di un malizioso culto medico che io chiamo “culto di Komen”. In quasi tutti i casi non è stato il cancro ad ucciderle, ma il trattamento!

Il culto di Komen

Le persone di oggi storcono il naso al suicidio di massa del 1978 del culto di Jim Jones pensando “come è possibile che i membri siano stati tanto stupidi da avvelenarsi a morte da soli?”

Guardatevi attorno gente, perché l'industria del cancro ha preso la stessa formula di quel culto e l'ha moltiplicata per un milione. Il “culto di Komen” è una versione moderna del culto suicida di Jim Jones. Si tratta di un culto dove le persone “credono” nella promessa di salvezza di un indottrinamento chimico ma che in realtà si vedono dare morte, dolore, sofferenza e umiliazione. (Molti chirurghi oncologici hanno letteralmente amputato mammelle a seguito di diagnosi falsamente positive, sfigurando quelle donne per il resto della vita).

Una delle caratteristiche chiave di questo culto è l'adorazione dell'auto-mutilazione. Non si tratta solo di donne che vengono manipolate fino a farsi amputare le mammelle dai chirurghi; si tratta anche di donne manipolate fino a farsi iniettare veleni mortali che distruggono i loro reni, i loro fegati e i loro cervelli. L'effetto collaterale numero 1 della chemioterapia, peraltro, è il cancro.

Come ogni culto, quello dell'industria del cancro spinge su una propaganda carica di contenuto emotivo e su simboli potenti (i fiocchi rosa). Milioni di donne vengono innocentemente intrappolate in manifestazioni e raccolte fondi, apparentemente senza indizio del fatto che la maggior parte dei soldi per le “cure” finisce col pagare altre mammografie e quindi altre false diagnosi che costringeranno ancora più donne a cadere nel racket.

Così, le stesse donne che partecipano alle raccolte fondi in questi eventi promossi dal culto dei fiocchi rosa, stanno partecipando a pagare le macchine per le mammografie che recluteranno altre donne nello stesso culto tramite diagnosi inutili seguite da “campagne di paura e terrore” portate avanti dagli oncologi. Quel che oggi l'industria del cancro sta facendo è, senza mezze misure, un crimine contro le donne. Si tratta anche di una forma di mutilazione culturale nei confronti delle donne, più o meno come abbiamo visto con gli Aztechi, i Maya e varie culture africane durante il corso della storia.

Il culto di Komen è un'operazione criminale? Quasi certamente. Su base scientifica? Neanche per sogno. Non esiste nulla di scientifico nella moderna industria del cancro se non la scientifica manipolazione delle paure e delle emozioni femminili. Quel che manca a Komen e all'industria in campo etico, scientifico o dei fatti viene ampiamente bilanciato dalle tattiche di influenzamento linguistico, di coercizione e di deliberata menzogna sui benefici della mammografia.

L'industria del cancro non è un business della cura del cancro, in fin dei conti; di fatto è il business della propaganda del culto del cancro. Come spiega il Dr.Welch:

I sostenitori dello screening incoraggiano il pubblico a credere in due cose false e conosciute come tali. Primo, che ogni donna che ha avuto il cancro diagnosticato con una mammografia ha avuto la sua vita salvata (pensate a quelle T-shirt con scritto “La mammografia salva le vite. Io ne sono la prova”). La verità è che queste “sopravvissute” sono molto più probabilmente vittime di over-diagnosi.

Così, tutte quelle donne che marciano indossando le T-Shirt rosa che dicono “la mammografia salva la vita” stanno in realtà dichiarandosi come vittime incoscienti di una campagna scientifica mirata alle donne e tesa a spaventarle e portarle verso trattamenti che non necessitano e che le mutileranno con farmaci tossici o bisturi chirurgici.

Se quelle magliette dicessero la verità, dovrebbero dire “Sono sopravvissuta all'industria del cancro”.

La grande domanda in tutto questo, ovviamente, è: per quanto tempo la cultura occidentale continuerà a vivere sotto l'influenza del culto di Komen? Quanti altri milioni di donne dovranno sacrificarsi sotto le chiacchiere della mammografia e la truffa dell'oncologia moderna?

Ma soprattutto, perché le famiglie consentono alle loro madri, figlie, zie e nonne di essere avvelenate e mutilate proprio davanti ai loro occhi standosene sedute ascoltando le finte autorità mediche che di fatto praticano nulla più che chiacchiere?

L'oncologia moderna è il medioevo della medicina occidentale

Verrà il giorno, come ho predetto più volte, in cui la moderna pratica della chemioterapia verrà relegata nei libri di storia come malasanità insieme al respirare vapori di mercurio o al rimuovere chirurgicamente organi del corpo per curare malattie psichiatriche. Fino a quel giorno, un numero incalcolabile di donne innocenti verrà ingannato e portato alla mutilazione, all'intossicazione chimica e alle radiazioni da dottori malvagi che francamente non si interessano minimamente di quante donne mutilano o uccidono fintanto che questo viene loro rimborsato.

Questa è la verità sull'industria del cancro che non sentirete da Komen (né da qualsiasi altro adepto del culto del fiocco rosa).

La conclusione dagli autori dello studio

Nonostante il sostanziale incremento delle diagnosi di cancro alla mammella in fase iniziale, lo screening mammografico ha solo marginalmente ridotto il numero di donne che si presentano con un cancro avanzato. Anche se non è chiaro quali fossero le donne realmente affette, questo squilibrio suggerisce una sostanziale over-diagnosi in circa un terzo delle nuove diagnosi e che lo screening ha, nella migliore delle ipotesi, solo un minimo effetto sui tassi di morte da carcinoma alla mammella.

Mike Adams

Fonte: www.naturalnews.com

Link: http://www.naturalnews.com/038099_mammograms_false_positives_overdiagnosis.html

NOTE

1) http://www.nejm.org/doi/full/10.1056/NEJMoa1206809?query=featured_home&&

2) http://www.nytimes.com/2012/11/22/opinion/cancer-survivor-or-victim-of-overdiagnosis.html?_r=1&

3) http://www.naturalnews.com/036711_Komen_for_the_Cure_mammography_fraud.html

4) http://www.nytimes.com/2012/11/22/opinion/cancer-survivor-or-victim-of-overdiagnosis.html?_r=0


Marcello Pamio

Un medico illuminato. Un ebreo scampato all’Olocausto. Un’emicrania invalidante. Una dieta in grado di curare tutto, anche il tumore.
Qual è il comun denominatore di tutte queste cose? Max Gerson, un medico tedesco nato nel 1881 in Polonia e morto a New York nel 1959.
Per parlare dello straordinario Metodo Gerson approfitto di una recente intervista radiofonica che ho fatto su Gamma 5 a Margaret Straus, una delle poche persone al mondo che più hanno diritto di parlare del Metodo: Gerson era suo nonno!

Gentile Margaret cosa ci può dire di suo nonno?
Mio nonno Max Gerson aveva una grande istruzione classica di medicina.
Ricordiamo che all’inizio del Novecento la Germania era un paese leader nel campo medico e scientifico.
Quindi ha avuto una delle migliori istruzioni dell’epoca, con grandi professori.
Sicuramente Gerson avrebbe preso la strada dell’insegnamento universitario se non fossero accadute nella sua vita fondamentalmente due cose. La prima è stata la Grande Guerra, la seconda è che dall’età di 25 anni soffriva di allergie e tremende emicranie a grappolo così intense che doveva chiudersi una stanza buia per qualche giorno ogni settimana, con nausee e vomito.
Siccome non poteva vivere in quella maniera, leggeva, studiava, chiedendo anche ai suoi professori, ma il tutto inutilmente. Fino al giorno in cui lesse un articolo di una signora che aveva risolto il suo stesso problema con la dieta. A questo punto Gerson s’illuminò e volle provare sulla sua pelle, anche perché tutto il discorso aveva una sua logica: quello che mettiamo dentro il nostro corpo sotto forma di alimenti, tutto quello che digeriamo, determina l’equilibrio biochimico interno.
Quindi eliminò tutto iniziando con quello che all’epoca era considerato l’alimento più leggero: il latte! Prese solo latte vaccino per alcuni giorni, e il suo problema di salute invece di migliorare si aggravò. Da questa esperienza, e ragionando fino in fondo, prese coscienza che infatti nessun animale in natura beve latte dopo lo svezzamento, e quello che bevono non è mai latte di un’altra specie animale. Così eliminò il latte dalla sua dieta per sempre. E’ bene precisare che nella Terapia Gerson (come del resto in quella molto valida di Johanna Budwig) viene aggiunta, dopo circa 6-12 settimane, una piccola dose di yogurt e quark biologico senza grassi. Secondo la sua ricerca questo era importante per evitare carenze del sistema immunitario.
Il Dottor Gerson era allergico al latte e in ogni caso una dieta di solo latte vaccino non poteva che essere dannosa.
A questo punto ragionò sulla dieta degli animali più vicini all’uomo, i primati. Le scimmie si nutrono esclusivamente di frutta e verdura.
Siccome nella Germania del XX secolo il frutto più comune era la mela, il dottor Gerson iniziò a mangiare solo questo frutto.
Incredibilmente e forse inaspettatamente, mangiare mele gli fece sparire completamente l’emicrania! A questo punto, a poco a poco, alle mele aggiunse lentamente un alimento alla volta, e tutto quello che gli dava fastidio lo eliminava per sempre.
Alla fine è rimasto solo con una dieta a base di frutta e verdura.
Il dottor Gerson, oltre ad essere felice, era finalmente rinato: la sua emicrania era sparita.
Quando dei pazienti andavano da lui con il problema del mal di testa, Gerson consigliava la strada che aveva guarito lui e ogni volta, la sua dieta per l’emicrania funzionava anche per le altre persone. In particolare un paziente che soffriva di emicrania e di tubercolosi della pelle, dopo qualche settimana della dieta Gerson, tornò e oltre all’emicrania gli era sparito anche il problema alla pelle.
Fu così che lentamente Gerson, giorno dopo giorno, paziente dopo paziente, estese la sua dieta a qualsiasi altro problema di salute, anche alla tubercolosi polmonare, che in quegli anni mieteva tantissime vittime.
Mio nonno guarì dalla tubercolosi polmonare la moglie del grande dottor Albert Schweitzer, medico, musicista, filantropo, filosofo, biblista e Premio Nobel per la pace.
Già all’epoca furono pubblicati oltre 500 articoli sulla cura della tubercolosi con la dieta di Gerson.
A questo punto mio nonno comprese una cosa importantissima: la dieta non curava una malattia, ma dava al corpo il necessario per ripristinare il meccanismo di autoguarigione. Era per così dire una terapia metabolica, in grado di ripristinare tutti i sistemi del corpo, in grado di curare tutte le altre patologie (diabete, ipertensione, ipercolesterolemia, ecc.).
L’organismo umano ha molti sistemi all’interno del corpo: immunitario, ormonale, nervoso, ecc. e se questi funzionano bene, perché nutriti bene e non intossicati, l’uomo torna in perfetta salute.
Il corpo quindi non guarisce selettivamente, il corpo guarisce tutto. Se viene alimentato bene e soprattutto disintossicato da veleni e tossine, è in grado di guarire praticamente da tutto.

In pratica cos’è il Metodo Gerson?
La terapia agisce simultaneamente su quattro livelli. La prima fase è una alimentazione a base di vegetali biologici in grado di fornire tutto quello che serve all’organismo. La seconda è la disintossicazione che si realizza somministrando ai pazienti notevoli quantità di succhi di frutta e verdura biologica fresca che stimolano l’eliminazione attraverso i reni e un gran numero di clisteri al caffè. I succhi freschi contribuiscono anche alla terza parte della terapia, perché aiutano il corpo a ottenere tutte le sostanze nutrienti essenziali, i minerali, le vitamine.
Per le prime sei settimane vengono eliminate tutte le proteine di origine animale e tutti gli alimenti industriali, quelli conservati e pieni di additivi e chimica varia, per permettere al pancreas di tentare di sopprimere e digerire il tessuto canceroso. I succhi inoltre stimolano il fegato e reni ad eliminare le tossine accumulate. La quarta fase è l’integrazione: trattamento epatico di sostegno sotto forma di ioduro organico e inorganico, notevoli quantitativi di una combinazione di tre sali di potassio in soluzione al 10% (acetato, gluconato e fosfato monobasico di potassio), enzimi pancreatici e vitamina B3.
Nell’alimentazione una cosa molto importante da sapere è il rapporto tra sodio e potassio.
Noi abbiamo bisogno di una alimentazione molto alta in potassio e bassa in sodio. Il cervello per esempio richiede molto potassio perché questo favorisce lo sviluppo differenziato, mentre il sodio promuove la crescita rapida.
La frutta e la verdura coltivate in un terreno ottimale (biologico) contengono molto potassio e poco sodio, esattamente quello che serve al corpo umano. Mentre nei terreni fertilizzati e pregni di chimica i frutti, oltre ad essere tossici e pieni di veleni, sono gonfi di acqua perché il terreno è ricco di sodio e povero di potassio…
L’industrializzazione fa il resto: ad ogni passaggio viene aggiunto sodio.

Parliamo dei clisteri: quando suo nonno iniziò a sperimentare l’enteroclisma al caffè?
Non tutti sanno che nel famoso Manuale della Merck, la cosiddetta bibbia della medicina ufficiale, almeno fino agli Settanta esisteva la voce “clisteri di caffè”. Quindi la tecnica era considerata anche dalla medicina. Poi stranamente (dicono ‘per problemi di spazio’) la voce è stata fatta sparire… e oggi non se ne parla più.
I clisteri di caffè si conoscono da ben prima della Grande Guerra.
Non è una leggenda metropolitana che durante la guerra, i soldati feriti che avevano bisogno di antidolorifici usavano la morfina tramite i clisteri, con l’aggiunta di caffè. Il caffè che non mancava al fronte, arrivava con i treni, e i poveri medici per stare svegli ne bevevano a litri.
Quando la morfina per via della guerra iniziò a scarseggiare, i clisteri vennero fatti, forse per disperazione, solo con acqua e caffè. Ma incredibilmente l’effetto antidolorifico rimaneva.
Fu a questo punto che due medici incuriositi, ne studiarono l’effetto, pubblicando uno studio.
Il dottor Gerson lesse esattamente questo studio…
In pratica scoprirono che la caffeina, presa per via emorroidale apre i dotti biliari permettendo una espulsione di bile, che depura profondamente l’organismo.

Facciamo un po’ di gossip: quanti clistere al caffè si fece il dottor Gerson?
Questa è una cosa molto simpatica che non dico spesso, ma il dottor Gerson non si fece mai un clistere al caffè! Anche perché con la sua dieta andava in bagno già molte volte.
Ha iniziato ad usare i clisteri al caffè nei casi di cancro perché clinicamente notava che le persone cancerose avevano sempre un fegato assai intossicato. Il regime che usava mio nonno a base di succhi di frutta e verdura fresche (circa dieci succhi suddivisi nell’arco della giornata), provoca il rilascio di tossine dalle cellule e dai tessuti e queste tossine devono uscire il più velocemente possibile dal fegato. I clisteri servono proprio a questo: far uscire con la scarica le tossine rapidamente.
Recenti scoperte, che mio nonno non poteva conoscere, hanno dimostrato che la caffeina introdotta nel retto aumenta del 600% la produzione di un enzima chiamato glutatione. Questo enzima è una delle sostanze più potenti dal punto di vista antiossidante: combatte i radicali liberi e distrugge le cellule tumorali.

Le scoperte del dottor Gerson hanno oramai oltre 80 anni, eppure oggi la medicina ufficiale non considera l’alimentazione. Perché secondo lei nelle università non si studia nutrizione in maniera corretta?
E’ semplice: tutte le scuole di medicina sono nelle mani dell’industria farmaceutica. Grosse fondazioni finanziano la ricerca privata ma non la prevenzione.
Vi racconto un aneddoto curioso: qualche anno fa c’è stata una grossa fondazione in Texas che avrebbe donato 1 miliardo di dollari a chi avesse trovato una cura efficace per cancro e diabete.
Subito mia mamma Charlotte Gerson e mio fratello Howard Straus raccolsero tutto il materiale e inviarono la documentazione, riportando numerosi casi di persone con tumore e diabete guariti. All’inizio i responsabili della fondazione sembravano interessati e incuriositi, a tal punto da invitarli nella sede texana, ma quello che venne fuori ha dell’incredibile: nel bando del concorso c’era scritto che la cura non poteva essere dovuta ad un ‘cambiamento di stile di vita’.
In pratica stavano cercando una sostanza chimica da brevettare per poter guadagnare molti miliardi di dollari...
La realtà è questa: a nessuno interessa una cura dietetica e di stile di vita, perché non è brevettabile e quindi non si può vendere.

Parliamo degli importantissimi succhi di frutta e verdura.
I succhi giocano un giocano un ruolo fondamentale nel Metodo Gerson.
Il dottor Gerson era convinto che se le verdure venivano macinate e mescolate prima di essere pressate, spremute, i nutrienti venivano esaltati dalla presenza della mela.
L’acido malico presente nelle mele aumenta la potenza dei nutrienti delle verdure.
Questo è il motivo per cui nei 10 succhi che ogni giorno la persona deve bere vi è sempre questo importante frutto.

Quante persone sono guarite con il Metodo Gerson?
Il numero esatto non lo sappiamo ma si tratta di migliaia. Nelle cliniche gersoniane che si trovano in Messico e a Budapest, le cartelle cliniche parlano chiaro.
Mio nonno guarì, oltre a persone normalissime, anche personaggi come Giorgio V, il dottor Albert Schweitzer, Marlene Dietrich, la Signora Clemenceau, il Cancelliere Dollfuss, ecc.
Perché questi grandi personaggi della storia sono andati a chiedere aiuto a Gerson invece di andare dalla medicina ufficiale?

Domanda retorica quest’ultima, la cui risposta è scontata.
Un grazie di cuore a Margaret Straus perché la sua missione di far conoscere al mondo il Metodo scoperto da suo nonno è importantissima per tutti noi.
Infine, un grazie di cuore al grandissimo Medico Max Gerson, il quale invece di ricevere l’onorificenza e il riconoscimento universale come genio e benefattore dell’umanità, prima è stato stritolato dalla macchina nazista e poi in America ha subìto una congiura senza precedenti. Gerson è stato isolato, deriso e poi boicottato dai colleghi medici, per invidie e rivalità accademiche e dalle industrie farmaceutiche per gli enormi interessi economici messi a rischio dalla sua scoperta non brevettabile.

Prima ti ignorano,
poi ti deridono,
poi ti combattono.
Infine tu vinci

Gandhi

Per maggiori informazioni “Il Dottor Max”, Giuliano Dego, ed. Aedel e “Guarire con il Metodo Gerson”, Charlotte Gerson e Beata Bishop, ed. Macro


Marcello Pamio

Nell’ultimo libro “La fabbrica dei malati” mi sono occupato della più importante strategia di marketing (“Disease mongering”) messa in atto dall’industria del farmaco. Una strategia diabolica in grado di trasformare milioni di persone sane in malati. Com’è possibile tutto ciò? Attraverso un sistema geniale che va dall’abbassamento dei cosiddetti valori di “normalità”, alla diagnosi precoce per giungere creazione vera e propria di nuove malattie. Per non parlare del grossissimo problema della sovradiagnosi e degli incidentalomi.
I markers tumorali, se usati non correttamente, rientrano in tutto ciò...

Cosa sono i markers
La presenza di un tumore può essere rivelata attraverso il dosaggio di particolari sostanze dette appunto marcatori presenti nel sangue. Per lo più si tratta di proteine, ma possono essere anche ormoni o enzimi.
Il dogma della medicina vuole che queste proteine vengano prodotte in quantità superiore alla norma dalle cellule tumorali per cui il loro dosaggio nel sangue serve proprio per cercare e individuare il tumore osservandone le evoluzioni.
Non tutti sanno però che tali markers vengono prodotti anche da cellule in condizioni totalmente diverse dai tumori e perfino in salute…
Vediamo quali sono i marcatori più utilizzati.

PSA, Antigene Prostatico Specifico: per il tumore alla prostata, livelli normali < 4 ng/dL.
Aumenta in caso di neoplasia prostatica, ma anche nella ipertrofia prostatica benigna, prostatite, esplorazione rettale, cistoscopia, agobiopsia prostatica e resezione prostatica trans-uretrale.

CA 125: per il tumore all’ovaio, livelli normali < 35 U/ml.
Aumenta in caso di cancro ovarico, polmonare, linfomi non-Hodgkin (40% dei casi) e affezioni benigne quali endometriosi, cisti ovariche, mastopatia fibrocistica, cirrosi epatica, pancreatite acuta  e addirittura in gravidanza. Valori falsamente positivi si possono trovare anche in presenza di versamento pleurico.

CA 15-3: per il tumore alla mammella, livelli normali < 25 U/ml.
Aumenta in caso di carcinoma mammario, cancro ovarico, colorettale, polmonare, patologie benigne del seno, malattie epatobiliari e malattie autoimmunitarie. Valori falsamente positivi possono essere causati da patologie reumatiche.

CA 19-9: per i tumori del colon-retto oppure del pancreas, livelli normali < 37 U/ml.
Aumenta in caso di cancro pancreatico, gastrico, colorettale, melanoma e patologie benigne (malattie epatobiliari e polmonari). Circa l’1% dei soggetti normali ha un CA 19-9 costituzionalmente elevato, per motivi genetici.

CEA, Antigene Carcino Embrionale: per i tumori del tratto gastro-intestinale e polmonari, livelli normali < 5 ng/ml.
Aumenta in caso di cancro colorettale, mammella, polmone, stomaco, pancreas, fegato, malattie infiammatorie intestinali, epatobiliari e lesioni polmonari benigne. Anche il fumo di sigaretta può farlo aumentare!

TPA (Antigene Polipeptidico Tessutale), TPS e Cyfra 21.1: sono citocheratine utilizzate come marcatori tumorali, la loro concentrazione è proporzionale alla massa del tumore e alla sua aggressività.

PAP, Fosfatasi acida prostatica: per i tumori alla prostata, livelli normali < 3,7 μg/l.
E’ una glicoproteina secreta dalle ghiandole prostatiche, presente nel liquido seminale. Aumenta in caso di carcinoma prostatico in fase metastatica (85% dei casi) ma anche negli adenomi benigni della prostata, prostatite, ritenzione urinaria e raramente carcinoma vescicale invasivo con infiltrazione prostatica. Anche la manipolazione della prostata attraverso massaggi, biopsie o esami rettali può incrementarne i livelli.

AFP, Alfa-FetoProteina: per i tumori al fegato, del testicolo e dell’ovaio, livelli normali < 25 mcg/L.
Aumenta in caso di carcinoma epatocellulare (80% dei casi), cancro testicolare di tipo non-seminoma (60% dei casi), tumori ovarici, dello stomaco e del colon. I suoi valori sono elevati anche in gravidanza, sofferenza fetale, difetti di chiusura del tubo neurale, cirrosi epatica, epatite virale e morbo di Crohn.

HCG, Gonadotropina Corionica: è un ormone correlato all’inizio della gravidanza e viene dosato per i tumori germinali del testicolo e dell’ovaio.

TG, Tireoglobulina: marcatore per il tumore alla tiroide, livelli normali < 10 ng/ml.
Aumenta in caso di cancro tiroideo e patologie benigne della tiroide (tiroidite, gozzo, morbo di Basedow).

CT, Calcitonina: per il tumore midollare alla tiroide, livelli normali < 0.1 ng/ml.
E’ un ormone polipeptidico prodotto dalle cellule C della tiroide. Aumenta in caso di carcinoma midollare della tiroide e raramente anche con altri tipi di tumore.

NSE: per il microcitoma polmonare e neuroblastoma, livelli normali < 12 mcg/l.
Aumenta in caso di neoplasie di origine neuroendocrina, microcitoma polmonare e neuroblastoma.

A caccia del marker specifico
La ricerca medica da sempre è a caccia del marcatore tumorale specifico al 100%.
Il valore che garantisca la diagnosi tumorale certa rappresenta il sogno per molti ricercatori e medici. Sogno però diventato un incubo perché i marker non sono né sensibili, né specifici!
Nessuno dei marcatori tumorali che oggi la medicina conosce e utilizza è una prerogativa specifica del tumore in quanto sono tutte sostanze presenti anche in altre condizioni, perfino nell’assoluta normalità.
Quindi il marcatore tumorale qualitativo, cioè presente solo nel tumore NON esiste!

Storia dei markers tumorali
La storia dei marcatori inizia nel 1965 quando due ricercatori americani scoprirono nelle cellule di alcuni tumori del colon una sostanza CEA che si dimostrava correlata con la malattia.
Questo antigene era presente nel tessuto tumorale e anche nel sangue dei malati con il tumore al colon. Sembrava la scoperta del secolo: una proteina poteva indicare la presenza o meno di un tumore. Successivamente si scoprì che questo antigene veniva prodotto in piccole quantità anche da tessuti sani e si riscontrava in presenza di altre e completamente diverse neoplasie (mammella, polmone, apparato urinario, pancreas e stomaco).
Crollato il mito della specificità del CEA, la batosta più grossa arrivò quando i ricercatori scoprirono che l’antigene è prodotto in alte dosi anche in malattie non tumorali come le infiammazioni acute e croniche del fegato.

Sensibilità e specificità dei markers
Per valutare correttamente l’adeguatezza di un marcatore tumorale è necessario conoscerne la sensibilità e specificità.
Per sensibilità s’intende la capacità di rilevare la presenza di tumore. Per esempio se un marker ha una sensibilità del 70% significa che è capace di rilevare la presenza del tumore nel 70% dei pazienti affetti, ma questo significa che 30 pazienti su 100 avranno valori normali del marker in presenza di un tumore (“falsi negativi”).
La specificità è invece la capacità del marker di essere elevato solo in caso di neoplasia e assente in altre malattie. Se un marker ha una specificità del 70% sarà positivo nel 70% dei casi per una specifica neoplasia, ma questo significa che 30 pazienti su 100 avranno livelli elevati del marker in presenza di un diverso tipo di tumore o di una patologia benigna (“falsi positivi”).
La conseguenza è che i markers tumorali non hanno mai una sensibilità e una specificità del 100%.
Questi sono alcuni dei motivi per cui i markers tumorali non vanno usati per la diagnostica oncologica ma per verificare l’andamento della terapia nel follow-up: l’abbassarsi o l’elevarsi dei livelli riflette l’andamento clinico della neoplasia.

Andamento clinico della neoplasia
La medicina allopatica ha una visione estremamente riduttiva della Vita e della malattia perché considera quasi esclusivamente “la progressione del tumore”. Non importa minimamente tutta la storia della persona, la complessità del suo mondo psichico, energetico, relazionale, ambientale (compresa naturalmente l’alimentazione) e anche la sua realtà spirituale.
Quello che conta è un numero che sale e scende.
Questa visione limitante e deviante si chiama “riduzionismo scientifico”.
L’essere umano con tutta la sua complessità è stato ridotto ad un ammasso di cellule, ormoni: a un numero, il marcatore…

Falsi positivi e negativi
Ogni esame diagnostico in quanto tale ha sempre una percentuale di falsi positivi e falsi negativi.
La definizione della soglia di normalità del marcatore tumorale non esclude la possibilità di commettere gravissimi errori di classificazione e diagnosi.
Valore negativo di un marcatore tumorale (per la medicina assenza di malattia) non esclude infatti la presenza di un tumore, ma può essere dovuto per esempio a un tumore piccolo o a un tumore molto grosso poco vascolarizzato o alla prevalenza nel tumore di cellule che non rilasciano il marcatore. Questi sono i falsi negativi: il tumore c’è ma l’esame non lo vede.
Valori positivi di un marcatore tumorale (per la medicina presenza di malattia) può essere dovuto a cause diverse dai tumori come: patologie benigne acute o croniche di tipo infiammatorio, stili di vita errati come fumo o alcool, sport estremi, manovre diagnostiche, interventi chirurgici, ecc.
Questi sono i falsi positivi: il marcatore è alto ma il problema non è un tumore e spesso non c’è nessuna patologia!
I falsi positivi e negativi vanno tenuti in seria considerazione quando si eseguono esami diagnostici.

Esempio di marker contradditorio
Due semplici esempi potranno spiegare come un marcatore oncologico se interpretato in maniera non corretta può trasformarsi in uno strumento molto pericoloso.
Nel sito www.cancerquest.org della Emory University è stato pubblicato un intero capitolo sul marcatore CA 125.
Come detto si tratta di una glicoproteina prodotta dall’utero, dalla cervice uterina, dalle tube di Falloppio e dalle cellule che rivestono gli organi delle vie respiratorie e dell’addome.
Quando uno di questi tessuti è danneggiato o semplicemente infiammato si possono trovare quantità di questa proteina nel sangue.
A livello internazionale quando i livelli del marker superano 35 U/mL si è in presenza di tumore.
Il problema sta proprio nell’interpretare correttamente il CA 125 perché un alto valore NON è sempre correlato al cancro. Livelli alti si possono avere in gravidanza, durante il ciclo mestruale, con una patologia epatica oppure una endometriosi.
Non a caso la maggior parte delle donne che presentano valori alti di CA 125 non sono assolutamente affette da patologie tumorali.
Infine va tenuto conto che meno della metà dei casi di cancro ovarico in stadio precoce inducono un diretto aumento del livello di CA 125 nel sangue. Questo significa che nel 50% delle donne con cancro ovarico il livello del marcatore non cresce e quindi non è riscontrabile (falso negativo).
L’utilità di un’analisi che confonde molto facilmente un tumore allo stato precoce con altri eventi naturali è assai discutibile e pericolosa.
La conclusione dei ricercatori della Emory University è che “attualmente il test del CA 125 non è un’analisi raccomandata per uno screening a larga scala per il cancro delle ovaie”.

Marker & paura…
La paura è un meccanismo perfetto previsto dalla natura. Ogni animale selvatico e un po’ anche quelli addomesticati ne è provvisto. Questa emozione gioca un ruolo fondamentale: tenere l’essere umano sul “chi va là” per sopravvivere ai pericoli che lo circondano.
In natura tutto è straordinariamente semplice: se si sta attenti si sopravvive, altrimenti si muore (1).
Poiché la paura ci avverte di un pericolo, se il pericolo non c’è, la paura non si manifesta.
Queste conoscenze sono molto note al Potere che ci manipola, il quale proprio per mantenere il controllo sulla popolazione ha sviluppato numerose tecniche mediatiche per tenere sempre viva e accesa la fiamma che nutre la paura (terrorismo, attentati, guerre, pestilenze, malattie, surriscaldamento globale, scioglimento dei ghiacciai, ecc.). Basta accendere la tivù per capacitarsene.

Vi è anche un aspetto più sottile relativo alla paura che è tipico dell’essere umano.
La paura per esistere ha bisogno della controparte, cioè il pericolo.
Se abbiamo paura di qualcosa è possibile creare noi stessi il pericolo (la controparte) così da giustificare il timore.
Lo scopo del presente è di spiegare che i marker aumentano anche in totale assenza di tumore. Mentre a livello generale il mantra ufficiale che ci hanno inculcato per bene fin dentro l’inconscio è esattamente il contrario: i marker aumentano in presenza di tumore.
Se è vero che la paura per esistere ha bisogno della controparte pericolo, è logico dedurre che se si ha paura di vedere i marker aumentare, ciò potrebbe accadere realmente…
Tutte le filosofie del mondo sanno che il pensiero crea e interagisce con la materia stessa. La fisica quantistica, che oggi sta avendo sempre più riconoscimenti dalla comunità scientifica, lo dice dall’inizio del secolo scorso: l’osservatore è in grado di influenzare il comportamento della particella osservata!

Conclusione
La conclusione è semplice e scontata: il dosaggio dei marcatori non deve essere fatto in ambito diagnostico. Anche se questa cosa puntualmente viene eseguita.
La totale mancanza di informazioni precise e consolidate circa il significato dell’incremento di un marcatore fa sì che in realtà essi vengano frequentemente utilizzati per decisioni cliniche in maniera soggettiva e spesse volte molto arbitraria.
I marcatori possono essere utili semmai per verificare l’efficacia delle terapie intraprese e seguire l’andamento della malattia e NON per diagnosticare una patologia!
D’altra parte vi è l’assoluto interesse economico e lobbistico da parte dell’industria chimico-farmaceutica affinché i marcatori vengano invece sempre più utilizzati nell’ambito degli screening, cioè per fare diagnosi, perché così facendo si creano sempre più malati.
La medicina non tenendo conto della complessa realtà della persona va riducendo tutto, vita compresa a un valore numerico (marcatore).
Il resto lo fa la PAURA…

(...)

Tratto dal libro di Marcello Pamio: “La fabbrica dei malati”, rEvoluzione edizioni

Expensive healthcare

Marcello Pamio

I media mainstream sono tacitamente uniti nella lotta contro la Verità e contro la corretta informazione.
Tutti i giornali, i quotidiani nazionali ed i canali televisivi stanno eseguendo piroette e tuffi carpiati per attaccare, denigrare e distruggere tutto quello che esce dalla visione ufficialmente riconosciuta.
Il paradigma non si discute!
L’equazione è sempre la solita: più le persone si risvegliano dall’offuscamento e dal torpore cerebrali e più il Sistema attacca! E’ una legge matematica.

Se genitori consapevoli decidono di non inoculare nel corpo del proprio figlio sostanze tossiche e velenose come i vaccini, vengono tacciati di essere irresponsabili e incoscienti.
Se qualcuno decide di non seguire i dettami di una medicina fallimentare totalmente fagocitata da un’Industria farmaceutica avida e affamata di soldi, viene sistematicamente terrorizzato e trattato da idiota.
Se dei Medici in Scienza e Coscienza seguono le volontà dei propri assistiti (sia nell’ambito vaccinale che oncologico), subiscono pressioni, attacchi, vengono indagati e anche radiati dal sindacato della casta dei camici bianchi: il tristemente noto Ordine. Tale organizzazione infatti ha lo scopo di mantenere l’ordine delle cose.
Se infine accade che una persona intraprende un percorso diverso dai canonici, santissimi e intoccabili protocolli oncologici e per caso muore, apriti Cielo, arrivano a sbeffeggiarla perfino nella tomba. D’altronde non c’è rispetto nella vita figuriamoci nella morte.

Sorge a questo punto una domanda: come mai il Sistema ha messo in moto la macchina bellica propagandistica, rispolverando i tribunali della santa inquisizione (dalla tunica nera si è passati al camice bianco) per instaurare una vergognosa caccia alle streghe?
Perché un tale accanimento mediatico, scientifico e politico?
Cosa c’è sotto? Qui Prodest? A chi giova questa situazione?
Possiamo veramente credere che i giornali nazionali e le trasmissioni televisive demenzialmente offensive per le intelligenze e le coscienze umane stiano lavorando per il bene comune?
Siamo proprio sicuri che agli azionisti dei media mainstream (carta stampata e tivù) e a quelli delle industrie chimiche-farmaceutiche stia a cuore la salute delle persone?
Oppure c’è dell’altro?…

Cancro & PIL
L’epidemiologo ed esperto di tumori Franco Berrino in una recente intervista ha detto una cosa molto interessante: “Se noi ci ammaliamo, aumenta il PIL, c’è crescita, diminuisce lo spread. La sanità è la più grande industria italiana, non c’è un interesse economico nei confronti della prevenzione. Si tratta di una commistione di ignoranza, di stupidità e di interessi”.
La malattia fa guadagnare moltissimo mentre la prevenzione e la salute no!
Il cancro e tutte le cure ufficiali forniteci dell’Industria fanno crescere il PIL e quindi i fatturati delle industrie.

Solo le prime dieci corporation della chimica e farmaceutica (quell’entità che va sotto il nome di Big Pharma) fagocitano dalla società ogni anno oltre 361 miliardi di euro.

1° Pfizer: fatturato 57,7 miliardi di dollari
2° Novartis: fatturato 54 miliardi
3° Merck: fatturato 41,3 miliardi
4° Sanofi: fatturato 37 miliardi
5° Roche: fatturato 34,9 miliardi
6° GlaxoSmithKline: fatturato 34,4 miliardi
7° AstraZeneca: fatturato 33,6 miliardi
8° Johnson&Johnson: fatturato 24,4 miliardi
9° Abbott: fatturato 22,4 miliardi
10° Eli Lilly: fatturato 21,9 miliardi.

Nonostante le crisi economiche i loro fatturati aumentano sempre. La malattia rappresenta il business per eccellenza e non esiste inflazione, deflazione e/o stagnazione che possa intaccarlo.
Le prime 50 aziende farmaceutiche fatturano oltre 600 miliardi di euro ogni anno. Con così tanti soldi il potere di far pressione sul mondo politico, scientifico e accademico è indiscutibile e fuori da ogni discussione.
Il cancro rappresenta oggettivamente una delle maggiori spese per un qualsiasi Sistema sanitario nazionale e per questo uno dei pilastri fondamentali per le industrie.
Più ci ammaliamo, più la sanità spende e più le lobbies guadagnano!

Il cancro in numeri nel 2016
Secondo l’AIRTUM, l’Associazione Italiana Registri Tumori, nel 2016 verranno diagnosticati oltre 365.000 nuovi casi di tumore maligno[1] (190.000 uomini e 175.000 donne) ad eccezione dei carcinomi della cute.[2]
Ogni giorno oltre 1000 persone ricevono una nuova diagnosi di tumore maligno-infiltrante”.
Secondo i dati dell’Istituto nazionale di statistica (ISTAT) per il 2013 (ultimo anno al momento disponibile) i decessi sono stati poco più di 176.000. Sembra quindi che la sopravvivenza media si attesti attorno al 50% circa (365.000 nuove diagnosi ma ne muoiono 176.000).
Ma la realtà è assai diversa e molto più triste.

Mortalità per cancro nel 2016
L’Associazione Italiana Registri Tumori nell’ultimo documento “I numeri del cancro in Italia, 2016” descrive la “prevalenza” e cioè il numero di persone ancora vive dopo una diagnosi di neoplasia.
Tale numero ovviamente dipende dalla frequenza della malattia (incidenza), dal tipo di cancro e dalla prognosi (sopravvivenza).
Nel 2010 il numero di persone vive dopo una diagnosi di cancro era di 2.587.347.
Quelle con una diagnosi di tumore da oltre 5 anni erano il 60% del totale dei pazienti prevalenti nel 2010, pari 1.543.531. Erano invece 918.439 (il 35% del totale) i pazienti la cui diagnosi risaliva a oltre 10 anni.
Questi dati sono molto interessanti perché ci dicono che le persone ancora vive a 10 anni dalla diagnosi sono solamente il 35% del totale, quindi se la matematica non è una opinione la mortalità media per cancro è del 65%.
Attenzione perché si tratta di medie statistiche che interessano vari tipi di tumori tra cui quello ai testicoli (che ha di per sé una guarigione altissima pari al 94%) o quello alla tiroide (la cui guarigione si attesta al 76% anche perché la maggior parte sono sovradiagnosi, ecc.).
Quindi il 35% di sopravvivenza è un valore apparente e del tutto sovrastimato perché nel conteggio totale ci sono tumori che sono guaribilissimi.
Nei registri dei tumori quando una persona viva dopo una diagnosi di tumore non mostra eccessi rilevanti di mortalità rispetto al resto della popolazione si definisce “già guarita”.
E qui viene il bello.

Nel 2010 erano 704.648 le persone “già guarite”, pari al 27% di tutti i prevalenti.
Tradotto significa che mediamente solo il 27% delle persone ammalate di cancro sono considerate realmente guarite!
Se è solo il 27% del totale che si può considerare guarito, cosa è accaduto al rimanente 73%?
Nelle donne che hanno avuto una diagnosi di tumore della mammella l’eccesso di mortalità rispetto alla popolazione generale diventa trascurabile solo dopo circa 20 anni dalla diagnosi. Quindi una donna che ha avuto un tumore al seno può considerarsi guarita solo dopo due decadi...
Gli oncologi stimano che solo il 16% delle donne vive dopo un tumore della mammella si possono considerare guarite.[3] E il restante 84%?
Non sono esattamente i dati di mortalità e sopravvivenza che gli esperti ci vengono a raccontare in televisione.
Noi, il gregge disorientato, dobbiamo rimanere ignoranti perché è vietatissimo mettere in discussione il paradigma. Non dobbiamo sapere che oggi si muore sempre di più per il cancro o per le cure ufficiali…
Cosa questa risaputa da parecchio tempo per gli addetti ai lavori.

Una delle riviste di oncologia più prestigiose al mondo, il “Clinical Oncology”, nel dicembre 2004 ha pubblicato uno studio dal titolo: “Contributo della chemioterapia citotossica alla sopravvivenza a 5 anni
Si tratta del più imponente studio osservazionale della durata di ben 14 anni su 227.874 pazienti (72.903 australiani e 154.971 americani) sui 22 tipi di tumori più diffusi.
Quando i dati erano incerti gli autori hanno deliberatamente stimato in eccesso i benefici della chemioterapia.
Lo studio ha concluso che il contributo della chemioterapia alla sopravvivenza a 5 anni è in Australia del 2,3% e negli Stati Uniti del 2,1%.
Molti medici continuano a pensare ottimisticamente che la chemioterapia citotossica possa aumentare significativamente la sopravvivenza dal cancro”, scrivono nell’introduzione gli autori.
In realtà - continua il professor Grame Morganmalgrado l’uso di nuove e costosissime combinazioni di cocktails chimici… non c’è stato alcun beneficio nell’uso di nuovi protocolli”.
Ma se la chemioterapia citotossica contribuisce nella sopravvivenza a 5 anni per un misero 2%, cos’è accaduto al rimanente 98% dei pazienti? Sono morti? E se sì di chi è la colpa: del cancro o della cura?
Si è liberi di pensare che Big Pharma stia lavorando alacremente per sconfiggere il cancro ma così facendo si è lontanissimi dalla realtà.
Ecco la previsione futura:

“Non più morte, non più sofferenza a causa del cancro entro dieci anni.
Ora siamo sicuri che entro il 2015 il cancro diventerà una malattia cronica”
Andrew Von Eschenbach

Questa affermazione del dottor Andrew von Eschenbach è inquietante perché a parlare è il Direttore del National Cancer Institute, l’istituto nazionale che si occupa di cancro negli Stati Uniti, e significa inoltre che a certi livelli non si vuole curare il cancro, ma trasformarlo in una condizione cronica per poterla “mantenere” e “curare” nel tempo, possibilmente fino alla morte.
Decine o centinaia di milioni di persone che per tutta la vita faranno cure chemioterapiche “preventive” e/o di “mantenimento” aprono un mercato faraonico unico per le multinazionali farmaceutiche.

Vaccini & PIL
Sta accadendo il medesimo risveglio anche nell’ambito vaccinale. Sempre più persone consapevoli infatti stanno obiettando le vaccinazioni pediatriche di massa.
Esattamente come per il cancro questo sta creando un danno economico notevole alle industrie che sono corse immediatamente ai ripari. I media a livello nazionale e locale si stanno sbizzarrendo con articoli-denuncia contro tutti quei medici che fanno ostruzione. E la spada di Damocle (la radiazione) si alza sempre di più sopra la testa dei medici.
Eppure i dati e l’esperienza clinica lo confermano ogni giorno: un bambino allattato al seno della mamma è più sano di un bambino tirato su con latte formulato e un bambino non vaccinato è più sano di uno vaccinato.
Qualunque pediatra onesto intellettualmente e soprattutto umile (cosa sempre più rara), quindi non schiavo del Sistema e dei propri condizionamenti culturali e accademici lo può confermare.

D’altronde non è così strano pensare che i vaccini inoculati in esseri umani (in cui il sistema immunitario non è formato ed è immaturo), contenendo virus, frammenti di DNA fetale (i virus vengono coltivati su linee cellulari di feti umani abortiti) e svariati adiuvanti tossici tra cui l’idrossido di alluminio (metallo pesante) e la pericolosa formaldeide (dichiarato cancerogeno), possano in qualche maniera danneggiare l’organismo scatenando squilibri immunitari (allergie, dermatosi, ecc.) e patologie molto gravi (diabete di tipo-1, autismo, ecc.).
Ma per la casta dei camici bianchi questo problema non esiste: i vaccini sono i farmaci più testati e sicuri che esistano in commercio.
Esatto: testati su milioni di poveri e innocenti animali e certamente sicuri (grazie all’obbligo) per le casse delle case farmaceutiche. Eppure l’articolo 32 della Costituzione sancisce che “Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario”…
Il Sistema fa quindi la voce grossa non perché la salute dei bambini interessi a qualcuno, tantomeno alle lobbies, ma perché il business vaccinale non si tocca, e dall’altro i vaccini andando a squilibrare il sistema immunitario in un momento delicatissimo di sviluppo potrebbero predisporre il bambino a patologie future…
Se un’azienda guadagna vendendo droghe e farmaci, produrre un vaccino in grado di rendere le persone sane ha senso secondo voi?

Vaccini e il Global Health Security Agenda
Un altro ottimo motivo per cui i vaccini non si devono toccare arriva da Washington.
Secondo un comunicato stampa del 2014 dell’AIFA, l’Agenzia Italiana del Farmaco, l’Italia nei prossimi cinque anni guiderà le strategie e le campagne vaccinali nel mondo intero. Avete letto bene?
È quanto deciso al Global Health Security Agenda (GHSA), l’Agenda per la Sicurezza sanitaria globale nata nel febbraio 2014, incontro svoltosi venerdì scorso alla Casa Bianca. Il nostro paese, rappresentato dal Ministro della Salute Beatrice Lorenzin, e dal Presidente dell’AIFA prof. Sergio Pecorelli, ha ricevuto l’incarico dal Summit di 40 Paesi cui è intervenuto anche il Presidente USA Barack Obama.
Dobbiamo intensificare - dichiara Pecorelli - le campagne informative in Europa, dove sono in crescita fenomeni anti vaccinazioni.
Quindi tutte le persone che stanno prendendo coscienza sui rischi vaccinali sono dei “fenomeni anti vaccinazioni”.
La ministra Lorenzin (con portafoglio ma senza laurea) dice che: “il tema dei vaccini sarà una delle priorità durante il semestre italiano di Presidenza Europea. Se vogliamo evitare il collasso dei sistemi sanitari del Vecchio Continente dobbiamo rafforzare i processi di vaccinazione verso TUTTE le persone che vivono in Europa”.
La ministra non ha ben compreso, o fa finta di non comprendere, come funziona realmente il Sistema.
Se vogliamo veramente evitare il collasso di tutti i sistemi sanitari nazionali non solo non si devono comprare i vaccini ma ci si deve pure smarcare dai tentacoli di Big Pharma…
I costi abnormi delle cure farmaceutiche (in primis il cancro) stanno facendo affossare le economie dei paesi.

Codice europeo sulla trasparenza
Dal 30 giugno 2016 circa 200 aziende farmaceutiche hanno iniziato a “svelare” i loro rapporti economici con medici, organizzazioni sanitarie, società scientifiche, strutture sanitarie pubbliche e private, università, associazioni dei malati e privati.
Si chiama Codice europeo sulla trasparenza, detto anche Disclosure Code.
L’Italia si è adeguata a tale codice di trasparenza della Federazione Europea delle Industrie Farmaceutiche [EFPIA], che prevede la pubblicazione online, sui siti web delle singole aziende aderenti a Farmindustria, delle somme elargite ai medici per partecipare a corsi di formazione e aggiornamento, partecipazioni a congressi, ma anche consulenze, progetti di ricerca e promozione vendite.

Al momento il 70% dei medici hanno dato il proprio consenso alla pubblicazione dei dati, quindi rimane un 30% nascosto alla vista per motivi di privacy. Si tratta ovviamente dei pezzi grossi della medicina e delle istituzioni che prendono più quattrini dalle industrie.
Tuttavia quasi in contemporanea con questo provvedimento, molte aziende aderenti a Farmindustria hanno deciso di sospendere da quest’anno i pagamenti ad operatori sanitari che parlano di farmaci o vaccini a soggetti che possano prescriverli o influenzarne la prescrizione.
Hanno quindi trovato il modo di nascondere al mondo i loro nomi…
I soldi elargiti dalle ricchissime società farmaceutiche sono tanti.

Tra i primi a pubblicare online nomi e importi ricevuti, la Amgen dichiara il 90% di adesioni tra i medici e un totale di 5,9 milioni di euro per ricerca e sviluppo [ovvero studi clinici, non clinici osservazionali], 1,8 milioni per consulenze ad operatori sanitari e 5,2 milioni destinati alla formazione.
Per la Menarini l’adesione è stata del 73% dei medici, 33 i milioni investiti in ricerca e sviluppo e 8,7 milioni di euro per la formazione e 860.000 per le consulenze.
Adesioni al 90% per Sanofi-Pasteur che investe 523.000 euro in ricerca e sviluppo, 128.000 per le consulenze e 423.000 euro per la formazione continua, mentre circa 44.000 euro per far partecipare medici a congressi. Spiccano 27.000 euro elargiti alla Società Italiana di Pediatria.
Da Pfizer Iitalia che ha avuto l’80% di adesioni, sono stati spesi 24 milioni, di cui 5 milioni in ricerca e sviluppo e 1,2 milioni in consulenze.
Da Novartis sono stati spesi 19 milioni di euro.
La Glaxo Smith-Kline ha investito sui medici italiani e sulle organizzazioni sanitarie italiane ben oltre 11 milioni di euro. Di questi solo 5.009.147,63 sono andate nella ricerca e nello sviluppo con il rimanente 54,61% investito in altre attività che non avevano nulla a che fare con la ricerca.
Solo la GSK, a vario titolo ha versato ad alcuni componenti del Teamvaxitalia 5.000 euro e al sito Vaccinarsi.org qualcosa come 24.000 euro.

In sostanza, sono state elargite briciole e noccioline in compenso a quanto finanziato dal Ministero della Salute [495.000 euro di soldi pubblici a partire da gennaio 2017] per posizionare il sito Vaccinarsi.org in alto fra i motori di ricerca, in modo che diventi più visibile, e monitorare la rete perché la crescente sfiducia nelle vaccinazioni genera molto timore in taluni venditori di malattia.
Anche alla Federazione Italiana dei Medici Pediatri, una sorta di holding mezzo sindacale e mezzo commerciale, sono stati elargiti più di 56.000 euro.[4]
Quindi le lobbies ogni anno destinano svariati milioni di euro a medici, istituzioni sanitarie, associazioni di familiari e a tutti coloro che possono tornare utili a spacciare i loro farmaci.

Conclusione
I vaccini non si toccano, nonostante i bambini danneggiati crescono sempre più.
I protocolli oncologici non si toccano, nonostante le persone continuino a morire.
Non è così strano quindi venire a sapere che gli opinion leaders, i testimonial prezzolati che in tivù o nelle interviste difendono con ogni mezzo le cure ufficiali per il cancro e naturalmente i vaccini, figurano spessissimo tra i nomi dei collaboratori e consulenti stipendiati delle lobbies...
Può essere onesto e soprattutto credibile un medico che difende i vaccini e/o la chemioterapia per poi farsi pagare profumatamente delle consulenze o dei corsi di formazione (viaggi in paradisi esotici camuffati da aggiornamenti professionali) da quelle stesse società che producono vaccini o chemioterapici?

La situazione è così allarmante per l’establishment che a Roma il Presidente dell’Istituto Superiore di Sanità, il medico ed ex attore Walter Ricciardi, assieme alla Federazione Nazionale della Stampa Italiana ha organizzato per mercoledì 12 ottobre 2016 un corso intitolato: “Vaccini e Vaccinazioni il ruolo dei media nella tutela della salute pubblica”.
Una piccola nota informativa sul Walter Ricciardi va fatta. Il professore che dirige il ISS oltre ad essere membro di numerosi panel è stato il responsabile scientifico del Primo Libro Bianco sull’Health Technology Assessment in Italia e del progetto ViHTA (Valore in Health Technology Assessment), iniziative finanziate da GlaxoSmithKline. Da giugno 2013 è membro del Comitato Scientifico della Fondazione Lilly. La Eli Lilly, una delle multinazionali più attive a livello mondiale nella produzione di vaccini e la creatrice del tristemente noto conservante Thimerosal (a base di mercurio) contenuto fino a poco tempo fa in numerosi vaccini....
Il corso fatto passare per un vademecum dedicato ai giornalisti che si occupano di salute nasconde invece un vero e proprio indottrinamento. Per il Sistema infatti è fondamentale mantenere il controllo globale delle informazioni che circolano.

Per quale motivo si è arrivati a dover organizzare un corso gratuito per giornalisti? I giornalisti non dovrebbero essere liberi di scrivere e soprattutto scevri da interessi di qualunque tipo? Non dovrebbero essere il cane da guardia della politica ma anche dei grossi poteri e interessi economici?
Ovviamente no, e il Sistema vacilla e fa acqua da tutte le parti.
Alla fine nonostante tutto l’accanimento mediatico, gli attacchi personali, le accuse, i decreti, le leggi, le radiazioni, gli indottrinamenti dei giornalisti, le coscienze si stanno inesorabilmente svegliando per cui la fine dell’attuale paradigma è segnata.
Tale processo evolutivo è inarrestabile e tutto il vecchio, assieme alle cariatidi aggrappate alle pareti come le cozze sugli scogli, verranno spazzati via dal nuovo che si sta affacciando…
Un nuovo dove al centro di tutto c’è l’Uomo, la sacralità della Vita umana e non gli interessi economici di poche e diaboliche aziende…

[1] “I numeri del cancro in Italia 2016”, AIOM Associazione Italiana di Oncologia Medica e AIRTUM Associazione Italiana Registri Tumori
[2] Idem
[3] Idem
[4] https://autismovaccini.org

Marcello Pamio

Ogni anno in Italia 363.300 persone ricevono una diagnosi di cancro, sono esclusi i carcinomi della pelle.
Ogni anno in Italia oltre 170.000 persone soccombono alla malattia.
Questi numeri però non devono essere interpretati e tradotti come la percentuale di mortalità del cancro, perché si verrebbe fuorviati. Se 360.000 persone scoprono il tumore e 170.000 muoiono non significa che il cancro ha una mortalità all’incirca del 50% (170.000 su 360.000 = 47%), perché non è così: la mortalità è molto più alta!
Va infatti precisato che la stragrande maggioranza di quei 360.000 tumori che ogni anno vengono scoperti non sono cancri fulminanti ma sono sovradiagnosi, cioè tumori innocui, incistati (in situ) che non creano nessun problema e nessun rischio per la vita della persona. Ma una volta scoperti - grazie agli screening - vengono catalogati come tumori e spesso curati come tali, facendo lievitare le statistiche di incidenza da una parte, i danni e le morti dall’altra.

La statistica è impietosa: nel corso di una vita media, ci dicono, circa 1 uomo su 2 e 1 donna su 3 sarà toccata dal cancro.
Ovviamente queste sono stime e sappiamo bene che con i numeri l’oncologia può affermare tutto e il contrario di tutto. Non si sta dicendo che il cancro non sia un problema serio che interessa sempre più persone, e non servono certo i matematici e/o gli oncologi a dircelo perché è la Vita stessa che parla da sola, ma va tenuto in seria considerazione il fatto che la maggior parte dei tumori è sovradiagnosi.

Sovradiagnosi
Si tratta del pericolo più serio della diagnosi precoce, gli screening.
Consiste nel mettere in evidenza lesioni o tumori in situ che non sarebbero MAI evoluti nel corso della vita, ma sui quali, una volta individuati, ci si sentirà obbligati ad intervenire, questo soprattutto da parte del medico che vive e trasuda medicina difensiva.
L’Industria farmaceutica ha gentilmente sviluppato tecnologie - con il plauso del mondo intero - in grado di identificare le più piccole anomalie, ha poi modificato le soglie che definiscono la normalità e creato nuove malattie.
La grande maggioranza di queste anomalie scoperte in persone soggettivamente sanissime risulta inconsistente, cioè non darà MAI sintomi o problemi nel corso della vita, ma una volta individuate queste difformità? Cosa si fa?
La PAURA in questo frangente è deleteria, perché non lascia il tempo di pensare e riflettere...

Grazie alle nuove tecnologie diagnostiche (TAC, risonanze, ecc.) e alla risoluzione sempre più alta si creano molte potenziali sovradiagnosi e quindi molti interventi inutili, ma assai dannosi.
Fa molto riflettere la dichiarazione di un radiologo americano che dopo aver analizzato più di 10.000 pazienti arriva a dire che “in realtà, con questo livello di dettaglio, non ho ancora esaminato un paziente normale”…
Qualsiasi radiologo onesto intellettualmente e moralmente libero può solo confermare questo dato di fatto.

Qualche esempio concreto di sovradiagnosi?
Il British Medical Journal il 9 luglio 2009 ha pubblicato una ricerca dal titolo: “Stimare la sovradiagnosi di tumori al seno negli screening”. Lo studio ha revisionato i dati di paesi come Inghilterra, Canada, Australia, Svezia e Norvegia e il risultato è un preoccupante 52%.
Questo vuol dire che 1 mammografia su 2 è sovradiagnosi! Un tumore su due NON andrebbe toccato in quanto innocuo e non pericoloso.

Il New England Journal of Medicine il 18 agosto 2016 pubblica uno studio sulla tiroide e in questo caso i dati sono ancora più incredibili: dal 50 al 90% dei tumori alla tiroide sono sovradiagnosi.
La quasi totalità dei tumori alla piccola ghiandola alla base del collo NON andrebbero curati.

Il tumore alla prostata è senza dubbio il più sovradiagnosticato e il trattamento ufficiale sta portando all’invalidità (impotenza e incontinenza) decine di milioni di uomini sanissimi.
La stragrande maggioranza dei tumori alla prostata scoperti con il PSA, il test più fallimentare che la medicina conosca, infatti, non causerebbe alcun tipo di problema se non venisse individuata.
La maggior parte degli uomini trattati starebbe benissimo se non sapesse di quel cancro.  Ad affermarlo è nientepopodimenoché il prof. Richard Ablin, il medico scopritore nel 1970 del PSA stesso. E se lo dice lui qualche pensiero sarebbe bene farselo…

Ogni anno in America a 240.000 uomini (35.000 in Italia) viene diagnosticato il cancro alla prostata.
Gli uomini hanno un rischio del 3% nella loro vita di morire di cancro alla prostata, il che significa che il 97% degli uomini avrà il test del PSA che probabilmente causerà maggiori danni che benefici, assieme alle immancabili terapie successive alla diagnosi.
La lettura di questi dati è inquietante: la sovradiagnosi nel cancro alla prostata mediante PSA è del 97%.

Alcuni uomini muoiono di cancro della prostata,
ma quasi tutti muoiono con il cancro alla prostata!

Dopo quello che è stato appena detto sorgono delle domande: le persone stanno morendo a causa del cancro o a causa delle cure? Le persone che hanno il cancro e seguono i protocolli guariscono o no? Cosa accade a tutte le persone sovradiagnosticate?
Per rispondere a queste delicate domande è importante conoscere l’origine storica della chemioterapia…

Origine storica della chemioterapia
Innanzitutto è necessario occuparsi di guerra chimica, la cui paternità va attribuita al chimico tedesco Fritz Haber.
Allo scoppio della Grande Guerra il dott. Haber dirige il prestigioso Kaiser Wilhelm Institute a Berlino e il suo laboratorio chimico ha un ruolo centrale nello sforzo bellico: sviluppa gas irritanti utili per stanare dalle trincee i soldati nemici.
Tra tutti i gas studiati uno solo emerge per caratteristiche utili allo scopo: il cloro.
Questo gas dal colore gialloverde è estremamente tossico ed è caratterizzato da un odore soffocante che penetra violentemente nelle vie respiratorie.

Il 22 aprile 1915 l’esercito tedesco scarica oltre 146 tonnellate di gas di cloro (detto dicloro o diossido di cloro) a Ypres in Belgio: le truppe francesi, britanniche e canadesi prese alla sprovvista cadono come mosche cercando di proteggersi le vie aeree con banali fazzoletti.
Fu una vittoria straordinaria per i tedeschi, ma Fritz Haber pagherà molto caro questo attacco perché, qualche giorno dopo aver usato il gas, sua moglie Clara Immerwahr, chimico pure lei, si suicida con un colpo di pistola direttamente al cuore usando l’arma di servizio del marito che per questi servizi era stato promosso al grado di capitano…

Gli Alleati nel frattempo si sono dotati di maschere antigas per cui il cloro non è più un problema. Fatta la legge e trovato l’inganno. Haber per ovviare il problema maschera mette a punto il fosgene, costituto da una miscela di dicloro e monossido di carbonio. Meno irritante per naso e gola del cloro stesso ma rappresenta la più letale arma chimica preparata a Berlino, poiché attacca violentemente i polmoni riempiendoli di acido cloridrico.
Verso la fine della Guerra quando le vittime dei gas si contano a decine di migliaia Haber lancia il suo ultimo ritrovato: il gas mostarda, detto anche iprite. Il nome deriva dalla località in cui è stato sperimentato: le trincee di Ypres in Belgio.

Gli effetti del gas mostarda sono terribili: provoca vastissime vesciche sulla pelle, brucia la cornea causando cecità permanente e attacca il midollo osseo distruggendolo e inducendo la leucemia.
Proprio da questa leucopenia (diminuzione dei linfociti nel sangue) nasce il concetto medico di chemioterapia.
Ma andiamo per ordine.

La sera del 2 dicembre 1943 il porto di Bari era gremito da quasi una quarantina di navi cariche di preziosi rifornimenti, tra queste la nave americana John Harvey partita dal porto di Baltimora. La Harvey, a differenza delle altre navi, aveva le stive piene di bombe all’iprite. Oltre 100 tonnellate di iprite (gas tossico e vescicante) sotto forma di bombe lunghe 120 centimetri e del diametro di 20. La nave sarebbe stata scaricata il giorno seguente.
Alle 19,30 uno stormo di aerei della tedesca Luftwaffe arrivarò nel porto di Bari bombardando le navi.
La John Harvey colpita prese fuoco e l’iprite mescolata alla nafta delle petroliere affondate formò un velo mortale su tutta la superficie del porto, mentre i suoi deleteri vapori si sparsero ovunque intossicando i polmoni dei sopravvissuti .
Il numero esatto di morti non si saprà mai, ufficialmente si parla di circa 1000 cittadini baresi uccisi.

Nel rapporto che seguì l’incidente vennero evidenziati dei fatti interessanti: le persone colpite da iprite svilupparono una grave aplasia del tessuto linfoide e del midollo osseo. Il colonnello statunitense Steward Alexander nella sua relazione finale notò che dalle autopsie dei morti per iprite si notava una notevole soppressione dei linfomi e dei mielomi.
Questo rinforzò l’ipotesi che solo un anno prima Goodman e collaboratori avevano fatto sull’impiego di derivati dell’iprite.
I dottori Goodman, Gilman e Dougherty somministrarono mostarda azotata (derivata dell’iprite) in sei pazienti affetti da linfoma maligno registrando un miglioramento iniziale delle condizioni cliniche e una riduzione delle lesioni neoplastiche. Poco importava se tale terapia era risultata devastante sotto altri punti di vista: questo era quanto bastava perché venisse pubblicato nel settembre del 1946 uno studio di portata epocale sull’effetto dell’iprite nei linfomi. Tale studio venne pubblicato sulla rivista Science con il titolo: “Azioni biologiche e indicazioni terapeutiche delle beta-cloroetilamine e dei sulfidi”.

Tutto ciò diede inizio - purtroppo per noi – all’utilizzo della chemioterapia che giunge fino ai nostri giorni.
Negli attuali bugiardini dei chemioterapici alla voce Categoria terapeutica viene riportato: “Analoghi della mostarda azotata”.
Le mostarde azotate - ce lo dice il Ministero della Salute alla voce Emergenze sanitarie - furono prodotte per la prima volta negli anni Venti come potenziali armi chimiche. Si tratta di agenti vescicatori simili alle mostarde solforate. Sono in grado di penetrare le cellule in modo rapido e causare danni al sistema immunitario e al midollo osseo”.

Quindi la chemioterapia è nata grazie ad un incidente di guerra ed è una vera e propria arma chimica!
Lo scrivono nei bugiardini le stesse case farmaceutiche che li producono e lo conferma il Ministero della Salute.
L’utilizzo in guerra di tali armi chimiche è vietato da numerose convenzioni: Dichiarazione dell’Aja del 1899, Convenzione dell’Aja del 1907, Protocollo di Ginevra del 1925 e Convenzione di Parigi del 1993, ma nella guerra al cancro non solo sono legittime ma sono anche le uniche riconosciute.
Oggi ad un qualsiasi malato di cancro viene iniettato un mix di sostanze chimiche vietate in guerra per la loro pericolosità dalla Convenzione di Ginevra.

Sopravvivenza al cancro e alla chemio
Una persona col tumore a cui vengono iniettati nel sangue farmaci derivati dall’iprite e dalle mostarde azotate (vescicanti e distruttori midollari) guarisce o no?
La risposta è che nonostante questi trattamenti alcune persone sopravvivono (non tanto al cancro ma alle cure ufficiali) e le testimonianze ovviamente non mancano. Ma tali persone avevano un cancro fulminante? Rientravano invece nella diffusissima sovradiagnosi? E tutto questo a che costo?
Come sempre i pro e i contro vanno soppesati e valutati entrambi.
Al Sistema interessa solo screditare mediaticamente tutte le persone che decidono di non fare i protocolli, ma evitano accuratamente di parlare di tutte le centinaia di migliaia di persone che muoiono ogni anno facendo le cure ufficiali. Come mai?
Forse i morti non sono tutti uguali: ci sono quelli di seria A e quelli di serie B?

Sui pericoli e sull’inutilità della chemioterapia citotossica nella sopravvivenza vi sono alcuni studi magistrali.
Il 5 agosto del 2012 la rivista Nature ha pubblicato uno studio  nel quale si evidenzia come la chemioterapia usata per il cancro alla prostata in realtà può stimolare, nelle cellule sane circostanti, la secrezione di una proteina che sostiene la crescita tumorale stessa rendendo immune il tumore a ulteriori trattamenti.
I ricercatori dello studio hanno spiegato che i risultati “indicano che il danno nelle cellule benigne può direttamente contribuire a rafforzare la crescita cinetica del cancro”, e questo ha trovato conferma, oltre al tumore alla prostata, anche in quello al seno e alle ovaie.

Del dicembre 2004 è la faraonica ricerca scientifica a firma di Grame Morgan (professore associato di radiologia al Royal North Shore Hospital di Sidney), Robyn Ward (professore oncologo all’University of New South Wales), Michael Barton (radiologo e membro del Collaboration for Cancer Outcome Research and Evaluation del Liverpool Health Service di Sidney).
Lo studio intitolato: “Il contributo della chemioterapia citotossica alla sopravvivenza a 5 anni dei tumori in adulti” viene pubblicato su una delle più prestigiose riviste di oncologia del mondo, Clinical Oncology.
La meticolosa ricerca si è basata sulle analisi di tutti gli studi clinici randomizzati condotti in Australia e Stati Uniti nel periodo compreso tra gennaio 1990 e gennaio 2004.
L’analisi ha interessato 225.000 persone malate nei 22 tipi di tumori più diffusi e curate SOLO con chemioterapia.
Quando i dati erano incerti gli autori hanno deliberatamente stimato in eccesso i benefici della chemioterapia.

Nonostante queste accortezze la conclusione non lascia spazio a tante interpretazioni:

Sopravvivenza Australia     > 2,3%

Sopravvivenza Stati Uniti   > 2,1%

Molti medici continuano a pensare ottimisticamente che la chemioterapia citotossica possa aumentare significativamente la sopravvivenza dal cancro”, scrivono nell’introduzione gli autori.
In realtà - continua il professor Grame Morgan - malgrado l’uso di nuove e costosissime combinazioni di cocktails chimici… non c’è stato alcun beneficio nell’uso di nuovi protocolli”.
Se la chemio citotossica contribuisce alla sopravvivenza a 5 anni per un miserrimo 2% cosa è accaduto al rimanente 98% dei pazienti? E dopo 10 anni, ci sono dati?
Domande prive di risposta….

Un’altra ricerca interessante è quella del dottor Ulrich Abel, epidemiologo tedesco della Heidelberg/Mannheim Tumor Clinic. Abel chiese a circa 350 centri medici sparsi nel mondo l’invio di tutti gli studi ed esperimenti clinici sulla chemioterapia.
L’analisi durò parecchi anni e alla fine quello che risultò è la non disponibilità di riscontri scientifici in grado di dimostrare che la pratica della chemioterapia prolunghi la vita in modo apprezzabile.
Quindi da oltre sessant’anni stiamo usando farmaci citotossici che non solo non funzionano, ma che inducono più problemi e danni della malattia stessa.

Cancro: il business intoccabile
Non serve andare oltre per comprendere che la chemioterapia da oltre 70 anni sta facendo molto male alle persone, ma molto bene alle casse delle industrie che li producono.
Ecco qualche esempio di chemioterapico con tanto di prezzo in euro (Farmadati, 2013):

Ibritumomab (Schering), 1 fiala: 14.894 euro

Sunitinib (Pzifer), 30 compresse: 8.714 euro

Sorafenib (Bayer), 112 compresse: 5.305 euro

Erlotinib (Roche), 30 compresse: 3.239 euro

Pemetrexed (Eli Lilli), 1 fiala ev.: 2.265 euro

Topotecan (Glaxo), 5 fiale: 1.752 euro.

Questi veleni oltre ad essere i farmaci più tossici sono anche quelli più costosi nella storia della medicina e non si usano quasi mai singolarmente, perché gli oncologi preferiscono mescolarli e potenziarli nei loro cocktails, per cui il costo e i danni lievitano esponenzialmente.
Questo è uno dei motivi per il quale i protocolli NON si devono toccare: sono il business per eccellenza.
Tutto il resto è secondario, anche la morte…

Conclusione
Iniettare una sostanza citotossica, cioè velenosa e mortale per le cellule malate e sane, per il sistema immunitario, per il sangue, per la linfa, per il midollo osseo, per il cervello e quindi per la Vita stessa non può essere considerato un trattamento terapeutico, ma una vera e propria aggressione e guerra chimica.
Se fosse vivo oggi il chimico Fritz Haber molto probabilmente farebbe la stessa fine della moglie: si sparerebbe un colpo in testa nel vedere le armi chimiche mortali, scoperte da lui in periodo di guerra, usate nei protocolli oncologici nella Grande Guerra al Cancro….

Tratto dal libro di Marcello Pamio: “Cancro SPA”, rEvoluzione edizioni, 2016

Marcello Pamio

La prestigiosa rivista medico-scientifica “Lancet”, lancia l’allarme: “Gli additivi aumentano l’iperattività e deficit di attenzione nei bambini
Chiedo scusa: ma dove sta la notizia?

Dico questo perché nel nostro piccolo, anche noi, come altri siti, riviste o libri (certamente non ufficiali e quindi senza alcun valore) denunciamo da anni additivi e aromi chimici di sintesi contenuti negli alimenti, in quanto estremamente pericolosi per la salute!
Non è la prima volta che se ne parla. Già negli anni ’70 alcune ricerche ipotizzavano che alcuni coloranti fossero legati all’iperattività”, dice Paolo Aureli, Direttore del Centro nazionale per Qualità e il Rischio alimentare dell’Istituto Superiore di Sanità italiano.

Già, non è certo la prima volta, e c’è pure dell’altro: la pericolosità degli additivi non riguarda solo la presunta iperattività infantile, che aumenta in presenza di sostanze chimiche, ma tocca numerosi aspetti della vita umana infantile e adulta. Ricordo che esistono studi seri, ovviamente poco pubblicizzati, che dimostrano come bambini autistici hanno avuto un notevole miglioramento della loro condizione, eliminando totalmente gli additivi dall’alimentazione!
E’ un fatto noto che la chimica ingerita, è tanto più pericolosa quanto più delicate sono le condizioni del sistema nervoso centrale e del sistema immunitario. Bambini estremamente sensibili, come gli autistici, o quelli che soffrono di un disturbo comportamentale, manifestano maggiormente la tossicità degli additivi rispetto un bambino che non ha apparentemente nulla di particolare.

La pubblicazione della ricerca, finanziata dall’agenzia britannica per la sicurezza alimentare, Food Standard Agency, secondo la quale l’assunzione di alimenti contenenti additivi chimici (in particolare coloranti) è causa di un aumento dei livelli di iperattività nei bambini di età compresa tra i 3 e i 9 anni, per tanto non è una novità, ma semmai la conferma che in molti avevano visto giusto!
Oggi, dove sono finiti coloro che anni fa, screditavano e ridicolizzavano gli avvertimenti dati sull’argomento? Forse si sono nascosti da qualche parte? o peggio ancora, riciclati come esperti di alimentazione naturale?

Ma vediamo nel dettaglio com’è avvenuta questa recente sperimentazione.
Un gruppo di 297 bambini - una parte di questi affetti da disturbi del comportamento - sono stati divisi in due gruppi separati (153 e 144). A tutti i bambini è stato dato da bere succo di frutta, ma alcuni avevano succo addizionato con un mix di additivi-E, altri invece solo succo.
Risultato: i bambini che hanno assunto sostanze le chimiche di sintesi (additivi-E), erano più rumorosiperdevano concentrazionemaggiormente impulsivi, rispetto a quelli che avevano bevuto il succo puro (indipendentemente se avevano o meno problemi di comportamento)!
Per questo motivo i ricercatori, consigliano ai genitori di non far consumare ai propri figli i seguenti coloranti: E102, E124, E122, E110 e il sodio benzoato E211.

Noi invece continuiamo a ribadire e sottolineare la pericolosità di quasi tutti gli additivi/aromi che vengono introdotti nei non-cibi.
Se un alimento è vivo, sano e buono NON ha bisogno di alcuna sostanza addizionata, perché il suo gusto è dato dalla Natura: non sarà bello esteticamente, ma la cosa importante è l’apporto nutrizionale!
Se un cibo invece è morto (come tutti quelli prodotti a livello industriale), non ha alcun gusto perché le materie prime sono poche e di scarsa qualità (molto spesso liofilizzate), ha bisogno per essere venduto di un sostegno nel gusto e nell’estetica: aromi - costruiti in laboratorio - che ingannano il cervello dando un gusto accettabile in bocca, e additivi per renderli più belli alla vista e al tatto!

L'aroma di un cibo può essere all'origine del novanta per cento del suo sapore!
Oggi gli scienziati pensano che noi esseri umani abbiamo acquisito il senso del gusto per evitare di rimanere avvelenati (le piante commestibili hanno un gusto dolce, quelle velenose amaro). Il cibo dovrebbe aiutarci a distinguere il cibo adatto da quello che non lo è. Le nostre papille gustative possono individuare una mezza dozzina di sapori base: dolce, acido, amaro, salato, aspro e unami (sapore scoperto dai giapponesi: gusto ricco e corposo che ha origine dagli aminoacidi di cibi come crostacei, funghi, patate e alghe).
Le papille però sono un mezzo di riconoscimento molto limitato se paragonato all'olfatto, che può percepire migliaia di aromi chimici diversi!
Il naso umano è più sensibile di qualsiasi strumento inventato finora. Un naso può distinguere aromi presenti in quantità di poche parti per trilione, cioè lo 0,000000000003 percento.
Non c'è dubbio che quindi il sapore sia prima di tutto l'odore dei gas rilasciati dalle sostanze chimiche che vi siete appena messi in bocca

Ecco perché lo scopo degli aromatisti in camice bianco, quelli che lavorano nelle aziende plurimiliardarie dedite alla costruzione in laboratorio di aromi, come la sconosciuta ma potentissima I.F.F., International Flavors & Fragrances (senza il suo 'lavori di sintesi', gli hamburger non saprebbero di affumicato, i milk-shake di fragola, il dentifricio di mela, ecc. ecc.) è quello di azzeccare il gusto giusto!
Una volta azzeccato l'aroma, va verificata però la "sensazione" che produce in bocca. Per questo si ricorre alla "reologia", una branca della fisica che studia il flusso e la deformazione dei materiali. Delle 'bocche meccaniche', in grado di elaborare dati provenienti da svariate sonde, misurano le proprietà reologiche di un cibo: scorrimento, punto di rottura, densità, croccantezza, masticabilità, viscosità, grumosità, gommosità, duttilità, scivolosità, levigatezza, sofficità, umidità, succosità, spalmabilità, elasticità e adesività.
E abbiamo il coraggio di chiamarlo cibo?

Vi serve un esempio concreto? Il tipico aroma artificiale di fragola (che purtroppo per noi troviamo in tutti i composti di fragole: yogurt, dolci, marmellate, ecc. che hanno nell'etichetta la scritta aromi): contiene questi ingredienti: amil-acetato, amil-butirato, amil-valerato, anetolo, anisil-formato, benzil-acetato, benzile-isobutirato, acido butirrico, cinnamil-isobutirato, cinnamil-valerato, olio essenziale di cognac, díacetíle, dipropil-chetone, etil-acetato, etil-amilchetone, etil-butirato, etil-cinnamato, etil-eptanoato, etil-eptilato, etil-Iactato, etil-metilfenilglucidato, etil-nitrato, etil-propionato, etil-valerato, eliotropina, idrossifreniP2-butanone (soluzione al dieci percento in alcol), alfa-ionone, isobutil-antranilato, isobutil-butirato, olio essenziale di limone, maltolo, 4metilacetofenone, metil-antranilato, metil-benzoato ' metil-cinnamato, carbonato di metil-eptina, metil-naftil_chetone, metilsalicìlato, olio essenziale di menta, olio essenziale dì neroli, nerolina, neril-isobutirato, burro di giaggiolo, alcol fenetilico, etere di rum, gamma-undecalactone, vanillina e solvente.
Può bastare? Non vi descrivo il processo vero e proprio di fabbricazione, e soprattutto i solventi che vengono utilizzati!

Lo scotto da pagare infatti non ha prezzo, perché questi ‘sostegni’ risultano essere molto pericolosi per la salute: il famoso rovescio della medaglia!
Ad eccezione di pochissimi additivi (un esempio per tutti l’acido ascorbico o vitamina C, la cui sigla è E300), è vivamente sconsigliato, soprattutto per i bambini, utilizzare cibi o bevande contenenti additivi, aromi e altre porcherie chimiche!

In commercio l’alternativa c’è, basta volerlo.
Ovviamente tutto dipende da quanta importanza diamo al cibo che mangiamo, perché se vediamo gli alimenti come un qualcosa da ingoiare quando si ha fame, e basta, allora tutte queste parole non servono a nulla.
Così facendo però continueremo a trovare gli scaffali dei supermercati pieni di cibo-spazzatura industriale!
Al contrario, se crediamo che “siamo fatti di ciò che mangiamo”, allora è ovvia l’importanza di una dieta sana, composta da cibi vivi, naturali e pieni di sostanze utili all’organismo (fitonutrienti).
Se cambiamo gli acquisti prediligendo cibi sani a spazzatura industriale, vedrete sempre meno chimica negli scaffali, questo perché le multinazionali (tranne in alcune rare eccezioni) sono costrette, pena il fallimento, a seguire le scelte dei consumatori.

Ecco in sintesi questi additivi!
coloranti (sigle da E100 a E199), sono sostanze chimiche che servono per rendere il cibo esteticamente più bello allo sguardo.
conservanti (sigle da E200 a E299) servono, lo dice il nome stesso, a rendere duraturo nel tempo (da qualche giorno a qualche anno!) un alimento.
Gli antiossidanti e regolatori di acidità (sigle da E300 a E399) servono a impedire l’ossidazione.
Gli addensanti, emulsionanti, gelificanti e stabilizzanti (sigle da E400 a E499) migliorano anch’essi le caratteristiche del cibo.
Infine gli esaltatori di sapidità (sigle da E600 a E699), tra cui il pericolosissimo glutammato monosodico (E620) rendono un cibo morto e privo di gusto, buono e appetitoso. Con l’eccitotossina chiamata glutammato monosodico, per esempio (fungendo da recettore neurale), è possibile mangiare con estremo piacere una suola di scarpe!
Negli additivi vari, cioè quelli che vanno da E900 a E999, rientrano gli edulcoranti di sintesi, cioè i dolcificanti, tra cui la sostanza più pericolosa in commercio: l’aspartame (E951).
Ma non finisce qui, perché gli additivi continuano da E1000 a E1999.

Quello che si può notare dal numero spropositato di queste sigle, per noi incomprensibili, è che siamo totalmente circondati da alimenti pregni di composti chimici di sintesi - cioè di derivazione petrolifera - di cui non si conoscono gli effetti collaterali sulla salute pubblica nel medio e lungo periodo! Ma neppure nel breve.
Ogni tanto viene pubblicata una ricerca che conferma la tossicità e/o pericolosità di una o più sostanze. Ma possiamo noi attendere che siano i responsabili della salute (sempre più spesso nella busta paga delle lobbies agroalimentari) a dirci se un additivo è cancerogeno, teratogeno (provoca malformazioni nei feti), oppure no?
Potrebbe accadere - come infatti accade - che ce lo dicano dopo decenni di utilizzo!

Impariamo allora ad usare il nostro cervello in maniera indipendente (dal tubo catodico, e dagli esperti della salute pubblica), e soprattutto a pensare fino in fondo.
Impariamo insomma a diventare i veri e unici artefici della nostra salute.
Per tanto diciamo NO a questa situazione di fatto, iniziando a comprendere l’importanza della nutrizione e prendendo coscienza del potere che abbiamo noi

Pubblicato dalla rivista “Altroconsumo”, nr. 17 1990, pag. 20-24