«Ogni uomo, se lo decide,
può essere lo scultore
del proprio cervello»
Santiago Ramon y Cajal, Premio Nobel per la medicina nel 1906
E’ l’organo più enigmatico e complesso dell’universo, e forse proprio per questo è l’unico del corpo umano il cui funzionamento ancora sfugge alla comprensione della scienza.
Le cifre che descrivono il cervello sono a dir poco astronomiche: in un volume di 1.500 centimetri cubi si racchiudono 100.000 milioni di neuroni che utilizzano fino a 19.000 dei 30.000 geni che compongono il genoma umano.
I neuroni si collegano tra loro mediante sinapsi e formano 1 miliardo di connessioni per ogni mm3 di corteccia cerebrale. Senza tener conto delle cellule gliali di supporto il cui numero è dieci volte tanto.
Come detto ogni neurone può collegarsi con altri mille intrecciando reti la cui complessità è inimmaginabile.
Se solo venissero messi in fila gli assoni dei neuroni del cervello di una persona, raggiungerebbero una distanza di 150.000 km, cioè quasi la metà della distanza tra la Terra e la Luna.
I neuroni comunicano tra loro mediante impulsi elettrici (e forse anche luminosi) grazie ad alcune sostanze chimiche note come neurotrasmettitori di cui oggi se ne conoscono circa un centinaio, ma in realtà il loro numero potrebbe essere molto più alto.
Staticità Vs neuroplasticità
Fin da piccoli ci hanno inculcato che il cervello è un organo statico e immutabile, per cui si nasce con un numero fisso di cellule (neuroni, ecc.) e man mano che passano gli anni se ne perdono costantemente e inesorabilmente. Questo processo prende il nome di invecchiamento.
Per fortuna che tale visione nichilista dell’uomo sta per essere soppiantata dai risultati sempre più eclatanti delle neuroscienze, che dimostrano come il cervello non resta immutabile, ma anzi, durante il corso della vita continua a trasformarsi. Tale proprietà si chiama «neuroplasticità» e riguarda tutti i livelli dell’organo, dalle sinapsi ai prolungamenti nervosi per giungere alle regioni funzionali.
Sulla plasticità del cervello sono interessanti le scoperte della d.ssa Maura Boldrini, una ricercatrice italiana che lavora al Dipartimento di Psichiatria della Columbia University. Secondo le sue ricerche il cervello continua a rigenerarsi anche nella terza età, grazie a riserve di «neuroni immaturi» (staminali) pronte a entrare in azione anche a 79 anni.
In pratica in ogni momento della vita vi sarebbero dei neuroni pronti ad entrare in azione e questo avverrebbe soprattutto nell’ippocampo, un’area cerebrale che gestisce e governa la memoria e che è la più danneggiata (guarda caso) nell’Alzheimer.
Quindi abbiamo visto che ogni cellula nervosa è collegata mediante sinapsi con molte altre, formando una rete di comunicazione così intricata che a confronto quella di internet è un banale quaderno a quadretti.
Ciascun gruppo di cellule svolge un lavoro specifico, alcune sono coinvolte nel pensare, nell’apprendere e nel ricordare, mentre altre aiutano a vedere, sentire, odorare, ecc.
Per svolgere questo immenso lavoro le cellule cerebrali devono ricevono forniture imponenti di alimenti e ossigeno per generare e produrre energia, costruire connessioni e soprattutto liberarsi dai rifiuti tossici, cosa quest’ultima cruciale per il benessere e la salvaguardia dell’organo. Esattamente come in una vera e propria fabbrica i blocchi e i guasti in un singolo sistema provocano problemi anche in zone distanti.
Con la diffusione del danno, non solo le cellule perdono la capacità di compiere il loro lavoro specifico, ma possono andare incontro a morte, provocando mutamenti e danni irreversibili nel cervello, quelli purtroppo visibili nelle patologie neurodegenerative.
Alla fine della fiera la medicina scopre nell’encefalo la presenza di placche amiloidi e strani grovigli formati da alcune proteine. Poi arriva la nefasta diagnosi di Alzheimer.
Quindi questa splendida e magistrale “macchina” può andare incontro a un declino organico e funzionale.
Non tutti lo sanno, ma stiamo parlando della patologia più diffusa al mondo sopra una certa età: di malati infatti ce ne sono nel mondo quasi 47 milioni e questa cifra è destinata, stando all’attuale andamento, a raddoppiare ogni 20 anni.
In Italia la demenza colpisce oltre 1.200.000 persone, che diventano una cifra imponente se teniamo conto che un nucleo familiare mediamente è costituto da almeno tre persone e quando l’Alzheimer fa la sua entrata in casa, sconvolge e rovina la vita di tutti, non solo del disgraziato a cui verrà lentamente cancellata e portata via la coscienza!
Cosa dicono le ricerche
Moltissimi degli studi e delle ricerche ufficiali pubblicate su PubMed (la più importante banca dati di biomedicina al mondo www.pubmed.gov) rivelano cose estremamente interessanti…
Le persone con l’Alzheimer presentano dentro il cervello, oltre alle placche amiloidi appena dette, anche metalli tossici (piombo, mercurio, alluminio) e svariati agenti patogeni (virus Herpes Simplex, Cytomegalovirus, funghi come Candida Glabratus e Candida Albicans, batteri orali come P. Gingivalis Treponema denticola, Tannerella forsythia e Porphyromonas gingivalis, ma anche Helicobacter pylori, Burkholderia, Borrelia, Chlamydophila pneumoniae, Pseudomonas, Firmicutes, Staphylococcus epidermidis, Stenotrophomonas maltophilia, ecc.).
Cosa ci fanno batteri, funghi e metalli dentro il cervello? Ma soprattutto la domanda cruciale è come hanno fatto a finire là dentro? Superando la membrana emato-encefalica che rappresenta una barriera selettiva!
La riposta probabilmente sta nel nostro secondo cervello, l’intestino, che già nel nome dice tutto (in-testino > in-testa…).
Se infatti la mucosa intestinale perdesse la sua centrale permeabilità, tutto il contenuto degli intestini: frammenti incompleti di proteine (per esempio caseina e glutine), acidi metabolici, batteri, funghi, parassiti, metalli e tossine varie, potrebbero finire nel circolo sanguigno, per essere poi trasportate in tutto l’organismo, cervello incluso.
Permeabilità intestinale
La mucosa intestinale è una barriera - più o meno come quella emato-encefalica - selettivamente permeabile che fa passare solo quello che serve all’organismo, bloccando tutto il resto. Questa sua funzione è determinata dalle cosiddette «giunzioni strette» o «giunture serrate» che contribuiscono a mantenere un’adeguata e corretta chiusura.
Negli ultimi anni stiamo assistendo però alla perdita dell’integrità di questa mucosa, non è un caso infatti che le diagnosi di «intestino permeabile» o «intestino gocciolante» stiano aumentando.
Questo punto è cruciale perché sempre le evidenze scientifiche parlano chiaro: l’alterazione della permeabilità intestinale è alla base dell’eziogenesi di malattie importanti del sistema gastro-intestinale (celiachia ma non solo), quelle autoimmunitarie, infiammatorie e degenerative, Alzheimer incluso.
Il discorso lo può capire anche un bambino: se la mucosa lascia “filtrare” o “gocciolare” tramite le giunture quello che è presente nell’intestino direttamente nel sangue, da una parte il sistema immunitario dovrà intervenire costantemente e pesantemente, e dall’altra si creeranno le premesse e il terreno idoneo all’aumento di infiammazioni in tutto il corpo, anche nel cervello. La costante iperattivazione del sistema immunitario va ad alimentare l’infiammazione cronica locale che ha dato origine alla permeabilità, creando un pericolosissimo circolo vizioso.
Le cause del danno alle giunture intestinali sono diverse: disbiosi intestinale, additivi chimici, alimenti spazzatura pregni di pesticidi, farmaci e vaccini, chemio/radioterapia, parassitosi e candidosi sistemica, alcol, stress, infiammazioni e infezioni costanti.
Anche alcuni acidi metabolici derivanti dalla digestione possono indurre serie problematiche, come l’acido propionico, un grasso a catena corta prodotto dai batteri, in grado di indurre neuroinfiammazione, stress ossidativo, disfunzione a livello mitocondriale e addirittura deplezione di glutatione. Questo acido viene prodotto dalla fermentazione di polisaccaridi, oligosaccaridi e gli acidi grassi a catena lunga dai batteri del colon. Quindi i carboidrati non digeriti, fibra e amido ne rappresentano la fonte principale. L’acido propionico da una parte riduce i livelli di glutatione nel cervello, rendendo l’organo molto più sensibile allo stress chimico dei vari inquinanti, dall’altra fa calare anche i livelli nel sangue degli acidi grassi essenziali della serie Omega-3.
Sfiammare la mucosa intestinale è prioritario, per cui è necessario quindi eliminare completamente gli zuccheri e i cereali raffinati (soprattutto quelli con glutine) e tutte le altre sostanze che provocano irritazione (alcolici, caffè, ecc.).
Fortuna vuole che in natura gli alimenti straordinari che aiutano a ripristinare la funzionalità intestinale non mancano: oltre alle numerose spezie e droghe, vi sono i fermentati, le verdure latto-fermentate (crauti, cetriolini, ecc.), il miso (fermentati di riso o soya) e la radice di Kuzu (eccezionale sfiammante). Tra le integrazioni ricordiamo la Glutammina (migliora la funzionalità della barriera intestinale e immunitaria), la Vitamina C (centrale per il collage) e il Serplus a base di latto-albumina. Infine i probiotici (lattobacilli, bifidi, ecc.) danno un contributo importante.
Se quanto detto è vero, la strada maestra nell’Alzheimer è il ripristino del corretto funzionamento della mucosa intestinale. Ma da sola non basta, perché se anche forse spiegato come le tossine finiscono dagli intestini nel sangue, dobbiamo capire come riescano poi a superare l’altra barriera impenetrabile, quella che protegge l’encefalo!
In questo caso purtroppo l’inquinamento elettromagnetico interferisce pesantemente. Nonostante la durissima scatola cranica, le onde elettromagnetiche (cellulari, wifi, onde radio, ecc.) penetrano senza problemi andando ad alterare fisicamente la barriera emato-encefalica. Questa alterazione ha come risultato la formazione di veri e propri “buchi”, attraverso i quali possono penetrare le tossine…
Di tutto questo e molto altro ancora me ne sono occupato nel libro «Alzheimer: l’epidemia silenziosa».
Dopo aver analizzato nella prima parte del testo qual è lo stato d’arte della scienza ufficiale, nella seconda ho intervistato una quindicina tra medici e ricercatori, che propongono interessanti strumenti terapeutici di intervento: percorsi che possono fare la differenza, se teniamo conto che la medicina ufficiale - come sempre - brancola nel buio più totale!
«Alzheimer: l’epidemia silenziosa. Come prevenire e curare la demenza», Marcello Pamio, edizione UNO. ISBN: 978-88-3380-049-3

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Marcello Pamio


Sembra roba da dietrologia, peccato che le ricerche sono finanziate dal DARPA (Defence Advanced Research Projects Agency, cioè l’Agenzia governativa del Dipartimento della Difesa americano incaricata dello sviluppo di nuove tecnologia per uso militare).

La dimostrazione di quanto detto sono i numeri: il 92% delle molecole chimiche che superano brillantemente la sperimentazione (o vivisezione) animale, poi NON superano quella sull’uomo!
Detto questo, venerdì 20 settembre scorso l’AIFA, l’Agenzia Italiana del Farmaco ha disposto il ritiro di tutti i lotti di farmaci contenenti il principio attivo RANITIDINA, utilizzato nei medicinali contro l’acidità nello stomaco.
Il principio attivo funge da inibitore della secrezione acida, quindi viene prescritto per le ulcere, il reflusso, il bruciore di stomaco e tutte quelle condizioni legate ad una ipersecrezione acida.
Come non crederci? Questi spendono 8,4 milioni di euro per 50 milioni di confezioni (il più grande ordinativo mai ricevuto dal gruppo farmaceutico austriaco Gerot Lannach), solo in via preventiva?
Gli incidenti alle centrali nucleari sono così numerosi che sarebbe impossibile in questa sede elencarli tutti, ma in ordine cronologico va ricordato l’ultimo, quello a seguito di un’esplosione nella base missilistica militare russa di Nyonoksa.
Dopo tutto questo sta ritornando ancora lo spettro dell’immane catastrofe globale di Fukushima avvenuta l’11 marzo del 2011. Il ministro dell’ambiente nipponico ha dichiarato qualche giorno fa che la Tepco (Tokyo Electric Power Company Holdings), la compagnia giapponese che gestisce la centrale nucleare di Fukushima Daiichi, potrebbe vedersi costretta a riversare l’acqua radioattiva nel Pacifico perché lo spazio di stoccaggio starebbe per finire!

I media italiani sono stati costretti a parlarne perché l’avvertimento era uscito dall’OMS, ma guarda caso, sono riusciti a sbagliare clamorosamente i calcoli. Quasi tutti hanno infatti titolato: «1 morto ogni 5 minuti per errori medici», ma 2.600.000 di morti ogni anno fanno 5 morti al minuto e NON uno ogni cinque!
Nonostante sia nata da pochissimi anni (2010), la società sta cambiando l’intero settore globale, accelerando la ricerca e le sperimentazioni cliniche grazie all’implementazione dei loro centri di raccolta delle cellule staminali, ai laboratori di produzione cellulare e creando soprattutto la più grande rete globale di ospedali e cliniche tutte collegate tra loro.
Dico questo perché qualche giorno fa, giovedì 5 settembre Cate Dyer, amministratrice delegata della StemExpress, ha dovuto ammettere in udienza che la sua azienda biotecnologica «fornisce a ricercatori medici cuori fetali battenti e teste fetali intatte», specificando macabramente che la testa del bambino poteva essere fornita ai ricercatori attaccata al resto del corpo oppure poteva «essere strappata via»…
Detto così sembra anche un scopo nobile, ma si tratta della potentissima organizzazione di cliniche abortiste americane (circa 860 nel territorio), che “vanta” 330.000 aborti annuali.
Il primo è legato alla pericolosa tendenza di utilizzare sempre più gli screening…
A questo punto è necessario toccare la delicatissima tematica dei «vaccini».
Sarà un caso che Health Canada raccomanda ai bambini di età inferiore a 5 anni di non mangiare più di mezza scatoletta di tonno alla settimana, mentre alle donne gravide di NON mangiare più di 150 grammi di tonno al mese? Questo perché il pesce accumula la forma organica di mercurio (metil-mercurio) che risulta essere - dicono sempre loro - «particolarmente tossica per il sistema nervoso centrale e il cervello infantile in via di sviluppo»
Il cervello è un organo neuroplastico per cui deve essere continuamente stimolato e allenato in maniera corretta (alimentazione e stimoli sani) altrimenti perde, come un muscolo non utilizzato, le sue importantissime funzionalità.
Il livello di distrazione dei ragazzi di oggi è veramente preoccupante: riescono a mantenere l’attenzione solo per pochissimi secondi. Questo cambiamento nelle capacità cognitive ha spinto il marketing a ridurre notevolmente i tempi delle pubblicità. Mentre una volta gli spot erano lunghi anche fino a 30 secondi, oggi soprattutto quelli in internet, sono di pochi secondi. I pubblicitari sanno che altrimenti si perderebbe l’attenzione del potenziale cliente.

