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Marcello Pamio

La StemExpress è una società che pochissime persone conoscono, eppure merita tutto il nostro interesse...
Si tratta del principale fornitore di «materiale biologico umano», cioè midollo osseo, sangue cordonale, sangue periferico, sangue materno, cellule primarie nonché teste di feti.
Riescono ad offrire un servizio completo ai propri ricchi clienti, dall’ordine alla consegna, garantendo la massima purezza e qualità dei campioni umani.
I loro clienti sono case farmaceutiche e università che useranno quei campioni per condurre ricerche e studi, per testare applicazioni e farmaci o per creare nuovi dispositivi diagnostici e chirurgici.

Nonostante sia nata da pochissimi anni (2010), la società sta cambiando l’intero settore globale, accelerando la ricerca e le sperimentazioni cliniche grazie all’implementazione dei loro centri di raccolta delle cellule staminali, ai laboratori di produzione cellulare e creando soprattutto la più grande rete globale di ospedali e cliniche tutte collegate tra loro.
Nel sito ufficiale si vantano dicendo che «riducendo il tempo necessario per raccogliere campioni o isolare le cellule primarie, possiamo aiutare a ridurre mesi e persino anni di un progetto».

La loro mission sarebbe quella di aiutare il mondo intero a guarire da tutte le malattie. Stupendo, ma cosa significa “ridurre il tempo di raccolta” dei campioni biologici, e soprattutto qual è il prezzo?
Dico questo perché qualche giorno fa, giovedì 5 settembre Cate Dyer, amministratrice delegata della StemExpress, ha dovuto ammettere in udienza che la sua azienda biotecnologica «fornisce a ricercatori medici cuori fetali battenti e teste fetali intatte», specificando macabramente che la testa del bambino poteva essere fornita ai ricercatori attaccata al resto del corpo oppure poteva «essere strappata via»…

Indagine giudiziaria
Per comprendere il quadro generale è necessario fare un saltino indietro nel tempo, quando tra il 2014 e il 2015 due giornalisti David Daleiden e Sandra Merritt - che lavorano per il Center for Medical Progress (Cmp) - sotto copertura fecero emergere uno scandalo vergognoso sulla compravendita di organi e tessuti di bambini abortiti. Al centro del mirino la tristemente nota «Planned Parenthood», l’organizzazione fondata nel 1939 che si occupa di fornire assistenza medica alle donne incinte.
Detto così sembra anche un scopo nobile, ma si tratta della potentissima organizzazione di cliniche abortiste americane (circa 860 nel territorio), che “vanta” 330.000 aborti annuali.
Numeri che fanno gongolare i dirigenti, nonostante si tratti di un vero e proprio olocausto!

In pratica Daleiden e Merritt erano riusciti a registrare dei video nei quali i responsabili della Planned Parenthood discutevano candidamente della vendita di organi fetali e pezzi umani vari a società biotecnologiche. Cosa questa vietatissima negli Stati Uniti, dove è possibile donare alla ricerca solo tessuto fetale.
La cosa incredibile è che dopo circa 5 anni dall’inizio delle indagini, sono riusciti a rovesciare il quadro e sotto accusa oggi non ci sono più i venditori di feti ma i giornalisti che hanno fatto lo scoop.
Sono accusati infatti di violazione della privacy e di aver registrato di nascosto, dando false generalità. Avete capito? Nonostante i 14 video che inchiodano questi delinquenti alle loro responsabilità, i colpevoli sono i giornalisti che hanno sputtanato il sistema diabolico...

Nei video si vedono questi venditori privi di anima, soffermarsi sul prezzo dei tessuti o delle teste di feti, mentre sorseggiavano un calice di vino o mentre mangiavano una bella insalatona!
Daleiden e Merritt sono stati sottoposti a una persecuzione giudiziaria: nel procedimento in corso a San Francisco rispondono in totale di 15 accuse di reato, di cui 14 per «registrazioni illegali» e una per «associazione a delinquere». Rischiano fino a 10 anni di prigione in base alla legge sulle registrazioni illegali, ed è la prima volta nella storia della California che un procuratore generale dello Stato (casualmente democratico e abortista convinto) persegue qualcuno ai sensi di quella legge e soprattutto che lo faccia a giornalisti sotto copertura!

In fin dei conti non è così strano l’accanimento nei loro confronti e la protezione del Planned Parenthood, perché questo gruppo fa parte del Sistema e riceve enormi finanziamenti annui da influenti e loschi individui: George Soros, Bill Gates (ha donato 14 milioni di dollari), Ted Turner, la Fondazione Buffet (Warren Buffet avrebbe dato 1,4 milioni), e moltissimi altri tra Fondazione Rockefeller e importanti società.
Recentemente il presidente Donald Trump ha cercato di far togliere i finanziamenti pubblici a Planned Parenthood, ma la “rete della morte” ha rinunciato a buona parte dei fondi federali piuttosto che rispettare la nuova regola imposta dall’Amministrazione che vieta loro di indirizzare le donne a un fornitore di aborto. Chiaro il messaggio?
Continueranno a spingere sempre più donne ad abortire e non certo per motivi etici o morali, o per far rispettare i diritti delle donne, ma solo per procacciarsi pezzi umani, teste, cuori pulsanti e organi vari da vendere alle ditte farmaceutiche e università.

A proposito di università, la Stanford è finita sotto l’occhio del ciclone per le sue ricerche sull’«apparato di perfusione cardiaca di Langendorff», in pratica è una tecnica in vitro usata in farmacologia e fisiologia che permette di esaminare la contrattilità e la frequenza cardiaca.
Per fare questo hanno bisogno di cuoricini caldi e soprattutto pulsanti.

La logica conseguenza di tutto questo è inquietante: se la StemExpress necessita di organi e cuori battenti per venderli, significa che hanno bisogno della materia prima: feti abortiti o feti da far abortire…
Questi guadagnano sulla morte di tantissime vite umane innocenti, come pure le industrie chimiche e le università.
Ma nonostante l'oscurantismo dei media e il boicottaggio delle Procure, non riusciranno a bloccare gli scandali della compravendita di organi e della pedofilia, che anzi continueranno a ritmo battente illuminando sempre quella parte oscura di mondo che di umano non ha più nulla...

 

Per approfondire:

Aborto a processo, venduti cuori e teste di bambini
http://www.lanuovabq.it/it/aborto-a-processo-venduti-cuori-e-teste-di-bambini

Sintomi di felicità. I nostri talenti nascosti, un numero accanto allo zero
https://www.avvenire.it/rubriche/pagine/sintomi-di-felicitai-nostri-talenti-nascosti-un-numero-accanto-allo-zer-ae7be45c72da47a982899f0dc84ba71d


Marcello Pamio

L’oncologia, si sa, è il settore che più tira nel business farmaceutico.
Non c’è terapia farmacologica che possa competere con quella per il cancro: non a caso le spese oncologiche sono al primo posto per qualsiasi sistema sanitario nazionale.
Cancro a parte, a livello mondiale negli ultimi anni stiamo assistendo a mega fusioni, incredibili acquisizioni che stanno di fatto riducendo il numero degli attori in gioco a beneficio di una pericolosissima centralizzazione di tutto il business della malattia nelle mani di uno sparuto gruppo di multinazionali. Una manciata di lobbies stanno controllando e gestendo la salute e la vita di miliardi di persone.

Megafusioni
A giugno 2019 il colosso americano Pfizer, per la modica cifra di 10,64 miliardi di dollari, si è comprato la Array BioPharma. Calcolando anche il debito, la transazione è stata di ben 11,4 miliardi.
Il motivo dell’acquisizione è allargare il business del cancro, visto che la Array lavora nel «biofarmaceutico innovativo» e possiede brevetti per farmaci oncologici.
Il portfolio di Array comprende l’uso combinato di encorafenib e binimetinib per il trattamento del melanoma non operabile o metastatico, tra le altre cose.

Ma l’attuale periodo è assai interessante per tutte le acquisizioni delle grandi case farmaceutiche nel comparto oncologico.
Nel 2015 la Novartis si è accaparrata dalla GSK il reparto oncologico, così facendo la Novartis Oncology possiede un portfolio di 22 farmaci oncologici per il trattamento di oltre 25 patologie.
L’anno scorso è avvenuta una delle più grandi fusioni mai realizzate, quella tra Bayer e Monsanto.
Il colosso chimico-farmaceutico tedesco, per 63 miliardi di dollari ha inglobato il più grande gruppo mondiale nel campo delle sementi, dei fertilizzanti chimici, degli erbicidi e pesticidi.
Oggi una sola farmaceutica ha il monopolio delle sementi!
Lo scorso mese Merck&Co ha annunciato l’acquisizione di Peloton Therapeutics per 1,05 miliardi di dollari e in precedenza la Eli Lilly ha acquisito Loxo Oncology per circa 8 miliardi; mentre la Bristol-Myers ha annunciato che acquisterà Celgene in un deal da ben 74 miliardi.

Conclusioni
In futuro vedremo ancora fusione tra corporation, e lo scopo è giungere a due, massimo tre colossi che gestiranno i settori più importanti: ricerca, energia, informazione, farmaci, genetica, hi-tech e sementi (alimentazione).
Tutto questo sta avvenendo sotto l’egida delle istituzioni ufficiali e sotto l’occhio (poco attento) di quei gruppi che dovrebbero invece sorvegliare e impedire proprio la creazione di simili strutture globali.
Un tale oligopolio è molto preoccupante perché in grado di controllare la salute e la vita di miliardi di persone nel mondo.
Possono fare il bello e cattivo tempo, non solo nella commercializzazione di farmaci (visto che li producono devono ovviamente anche venderli), ma soprattutto nella R&D: Research & Development, Ricerca e Sviluppo.
Oggi infatti solo loro hanno i soldi necessari a finanziare la ricerca scientifica.
Gli Stati vengono mantenuti in crisi, proprio per averne il controllo, così i vari governi-fantoccio tagliano le spese sanitarie, quelle per la ricerca e il sociale, il tutto per la gioia immensa delle lobbies…
Ha ancora senso parlare di ricerca scientifica indipendente, quando quelli che finanziano gli studi sono gli stessi che producono i farmaci?
E’ così difficile da capire che le ricerche che loro finanziano, determinano le linee guida (i famosi protocolli) per l’utilizzo dei loro prodotti (farmaci) e servizi?
Nemmeno una mente aperta come quella di George Orwell poteva immaginare un futuro così distopico…

Di Olivier Bonnet - Tuttouno.blogspot.it.
Originale pubblicato su alterinfo.net con il titolo “La grande escroquerie du Téléthon. Le professeur Testard dénonce une mystification”. Traduzione a cura di Giuditta

Sono 20 anni che questa “grande fiera” televisiva continua… Ecco cosa ne pensa un ricercatore, uno specialista in biologia della riproduzione.

È scandaloso. Il Telethon raccoglie annualmente tanti euro quanto il bilancio di funzionamento di tutto l’Inserm. La gente pensa di donare soldi per la cura. Ma la terapia genica non è efficace. Se i donatori sapessero che il loro denaro, prima di tutto è utilizzato per finanziare le pubblicazioni scientifiche, ma anche i brevetti di poche imprese, o per eliminare gli embrioni dai geni deficienti, cambierebbero di parere.
Il professor Marc Peschanski, uno dei architetti di questa terapia genica, ha dichiarato che abbiamo intrapreso una strada sbagliata. Si stanno facendo progressi nella diagnosi, ma non per guarire. Inoltre, anche se progrediamo tecnicamente, noi non comprendiamo molto di più la complessità della vita. Poiché non possiamo guarire le malattie, sarebbe preferibile cercare di scoprirne l’origine, prima che si verifichino. Ciò consentirebbe l’assoluta comprensione dell’uomo, di una certa definizione di uomo”. Da un’intervista con Medicina-Douces.com

Jacques Testard, è direttore della ricerca presso l’Istituto Nazionale della Sanità e della Ricerca Medica (Inserm), specialista in biologia della riproduzione, “padre scientifico” del primo bebè-provetta francese, e autore di numerose pubblicazioni scientifiche che dimostrano il suo impegno per una “scienza contenuta entro i limiti della dignità umana”.
Testard scrive sul suo blog, fra l’altro:
Gli OGM (organismi geneticamente modificati) sono disseminati inutilmente, perché non hanno dimostrato il loro potenziale, e presentano un reale rischio per l’ambiente, la salute e l’economia. Essi non sono che degli avatar dell’agricoltura intensiva che consentono ai produttori di fare fruttificare i brevetti sulla Natura e la Vita.
Al contrario, i test terapeutici sugli esseri umani sono giustificati quando sono l’unica possibilità, anche piccola, per salvare una vita. Ma è assolutamente contraria all’etica scientifica (e medica) far credere a dei successi imminenti di uno o di un altro farmaco. Nonostante i numerosi errori, i fautori della terapia genica (spesso gli stessi fra quelli degli OGM) sostengono che “finiremo per arrivarci”, e hanno creato un tale aspettativa sociale che il “misticismo del gene” si impone ovunque, sino nell’immaginario collettivo.
Il successo costante del Telethon dimostra questo effetto, poiché a forza di ripetute promesse, e grazie alla complicità di personalità mediatiche e scientifiche, questa operazione raccoglie donazioni per un importo vicino al bilancio di funzionamento di qualsiasi ricerca medica in Francia. Questa manna influisce drammaticamente sulla ricerca biologica in quanto la lobby del DNA dispone del quasi monopolio dei mezzi finanziari (finanziamenti pubblici, dell’industria e della beneficenza) e intellettuali (riviste mediche, convenzioni, contratti, man bassa sugli studenti…).
Quindi, la maggior parte delle altre ricerche sono gravemente impoverite – un risultato che sembra sfuggire ai generosi donatori di questa enorme operazione caritativa…

Per completare, ultima citazione estratta dal libro di Testard “La bicicletta, il muro e il cittadino”:

Tecnoscienza e mistificazione: il Telethon
Da due decenni, ogni anno, due giorni di programmazione della televisione pubblica sono esclusivamente riservati ad un’operazione orchestrata, alla quale contribuiscono tutti gli altri mezzi di comunicazione: il Telethon. Col risultato che, delle patologie, certamente drammatiche ma che, per fortuna, interessano relativamente poche persone (due o tre volte inferiore alla sola trisomia 21, per esempio), mobilitano molto di più la popolazione e raccolgono molti più soldi rispetto ad altrettante terribili malattie, un centinaio o un migliaio di volte più frequenti.

Possiamo solo constatare un meritato successo di una efficace attività di lobbying e consigliare a tutte le vittime, di tutte le malattie, di organizzarsi per fare altrettanto.
Ma si dimenticherebbe, per esempio, che:

  • il potenziale caritativo non è illimitato. Quello che ci donano oggi contro la distrofia muscolare, non lo doneranno domani contro la malaria (2 milioni di decessi ogni anno, quasi tutti in Africa);
  • quasi la metà dei fondi raccolti (che sono equivalenti al bilancio annuale di funzionamento di tutta la ricerca medica francese) alimentano innumerevoli laboratori che influenzano fortemente le linee guida. Contribuendo in tal modo alla supremazia finanziaria dell’Associazione francese contro la distrofia muscolare (l’AFM che raccoglie e ridistribuisce a suo piacimento i fondi raccolti), sarebbe anche e soprattutto impedire ai ricercatori (statutari per la maggior parte, e quindi pagati dallo Stato, ma anche laureati e, soprattutto, studenti, sicuramente raccomandati, post-dottorato che vivono sul finanziamento della AFM) di contribuire alla lotta contro altre malattie, e/o di aprire nuove strade;
  • non è sufficiente disporre di mezzi finanziari per guarire tutte le patologie. Lasciar credere a questo strapotere della medicina, come lo fa il Telethon è indurre in errore i pazienti e le loro famiglie;
  • dopo venti anni di promesse, la terapia genica, non sembra essere la buona strategia per curare la maggior parte delle malattie genetiche;
  • quando delle somme così importanti sono raccolte, e portano a tali conseguenze, il loro utilizzo dovrebbe essere deciso da un comitato scientifico e sociale che non sia sottomesso all’organismo che le colletta.

Ma anche, come non domandarsi sul contenuto di una “magica” operazione in cui le persone, illuminate dalla fede scientifica, corrono fino ad esaurimento o fanno nuotare i loro cani nella piscina comunale… per “vincere la miopatia”? Alla fine della tecnoscienza, spuntano gli oracoli e i sacrifici di un tempo che credevamo finito…
In conclusione: Non fate donazioni al Telethon!


Marcello Pamio

Che Big Pharma domini la ricerca medica globale è forse inevitabile, dato i 70 miliardi di dollari che ha da spendere ogni anno per trovare nuovi prodotti.
Per influenzare medici e pubblico poi le società dispongono di somme ancora maggiori.
In base al quadro proposto dalla dottoressa Marcia Angell sulla spesa complessiva delle industrie farmaceutiche la cifra destinata a marketing e amministrazione si aggira intorno ai 155 miliardi di dollari l’anno.
Si tratta in realtà di somme teoriche perché le case farmaceutiche custodiscono gelosamente i dettagli delle loro spese e la linea di demarcazione tra ricerca e marketing è a dir poco flessibile. Gli studi clinici volti a monitorare la sicurezza dei farmaci già sul mercato, sono di norma finanziati con i fondi per la Ricerca e Sviluppo (R&D). Ma si sa che fungono anche da veicoli di marketing, poiché servono a presentare i farmaci ai medici il prima possibile nel corso della loro vita limitata.
Il fatto stesso che questi prodotti si differenziano solo in base alla ricerca implica che le due funzioni siano necessariamente collegate. Anzi, in certa misura, la ricerca è marketing.
Gli studi clinici vengono condotti in preparazione al momento in cui il farmaco viene lanciato sul mercato. Questi studi sono progettati senza perdere di vista gli obiettivi di marketing perché la cosa più importante è che il prodotto goda di un sostegno forte dal punto di vista clinico.
Gli studi post-marketing, condotti dopo il lancio, passano a consolidare la piattaforma di marketing su cui si baserà ogni mossa per la conquista di una fetta del mercato.

La prima cosa che deve fare una casa farmaceutica è creare una tesi a favore dei suoi prodotti, il che significa progettare gli studi sia prima dopo l’approvazione per presentarli nella migliore luce possibile. Da direttore del «British Medical Journal» il dottor Richard Smith evidenziò alcuni degli espedienti più diffusi dalle case farmaceutiche:

Evitare di testare il farmaco contro un altro farmaco perché potrebbe non reggere il confronto;

Testarlo contro un piccolo gruppo di concorrenti per far vedere che non è da meno;

Fare il confronto con una dose troppo bassa o troppo alta di un’altra terapia in modo tale che questo risulti meno efficace o dia luogo ad effetti collaterali;

Riferire i risultati degli studi solo quando fanno fare bella figura. Pubblicare i risultati utili a sei mesi ma sotterrare quelli poco brillanti a 12 mesi.

Condurre gli studi in vari paesi, pubblicando i risultati separatamente per dare l’idea che il farmaco sia sostenuto da un gran numero di studi;

Continuare a ripubblicare gli studi positivi, gli altri studi si possono seppellire in una rivista sconosciuta;

Comunicare alle riviste che si acquisteranno ristampe per un milione di sterline nel caso in cui recensiscono il prodotto in modo favorevole…

 

E questo è solo l’inizio del procedimento.
Una volta in possesso dei dati clinici auspicati, bisogna spargere la voce. Il direttore di «The Lancet», dottor Richard Horton definisce queste pratiche riciclaggio di informazioni sporche.
Ecco come funziona.

Una società farmaceutica patrocina un convegno scientifico. Alcuni relatori sono invitati a parlare di un prodotto in cambio di un profumato ingaggio (di solito diverse migliaia di sterline).

Vengono scelti in base alle loro già note opinioni su un farmaco, oppure si sa che tendono ad accontentare le esigenze della società che li paga.

Si svolge il convegno e il relatore presenta il discorso. Una società di comunicazione specializzata registra la conferenza e la converte in un articolo per la pubblicazione, di solito nell’ambito di una raccolta di paper scaturiti dal simposio. Questa raccolta viene poi offerta una casa editrice specializzata per una cifra che può raggiungere le centinaia di migliaia di sterline.

La casa editrice cerca infine una rivista autorevole per pubblicarvi i paper basati sul simposio, in genere come supplemento alla rivista.

Il punto fondamentale è che, su un mucchio di giornali che si atteggiano a riviste scientifiche manca del tutto la revisione paritaria. Quel procedimento per cui altri scienziati competenti nel campo assicurano che il lavoro scientifico sia il più possibile immune da pregiudizi e distorsioni è, in altre parole inesistente.

Il processo di pubblicazione è stato ridotto a un’operazione di marketing travestita da scienza legittima - afferma Horton. Le società farmaceutiche hanno trovato il modo di eludere le norme di controllo della revisione paritaria. In troppi casi riescono a seminare letteratura settoriale di lavori scientifici di bassa qualità che possono poi usare per promuovere i loro prodotti presso i medici.
Le case farmaceutiche ci stanno imbrogliando – dichiara Smith. Ci arrivano articoli con su i nomi dei medici spesso scopriamo che alcuni di loro sanno poco o niente di quanto hanno scritto. Quando ce ne accorgiamo respingiamo il documento, ma è molto difficile. In un certo senso l’abbiamo voluto noi insistendo e ottenendo che si debba rendere esplicito ogni coinvolgimento di società farmaceutiche. Non hanno fatto altro che trovare il modo di aggirare l’ostacolo e agire di nascosto.

Pratiche simili sono ampiamente dimostrate. Si stima che quasi la metà di tutti gli articoli pubblicati sulle riviste siano stati scritti da ghostwriter.
Questa scienza passa a ogni livello di divulgazione, interpretata in ciascuna circostanza da persone che non hanno alcun incentivo a mettere in discussione la scoperta delle case farmaceutiche. D’altronde è con i soldi di queste ultime che a tutti gli effetti si pagano gli stipendi di chi scrive per i professionisti del settore, perché comprano gli spazi pubblicitari su cui si leggono tutte le pubblicazioni, sia online sia su carta. L’informazione sugli studi clinici e sui convegni scientifici è influenzata in ogni angolo dall’idea generale che è meglio non sputare nel piatto in cui si mangia.
Tutto ciò che è sconveniente per questi importanti committenti è relegato a uno spazio limitato perché è così che il Sistema funziona. Per i marketing team delle case farmaceutiche, i giornalisti svolgono un ruolo cruciale. Come per i medici, a nessuno si chiede di agire in modo immorale; solo di accettare ingaggi di gran lunga superiori a qualsiasi altra offerta immaginabile.
Un bravo giornalista scientifico che conosce anche bene il settore può guadagnare migliaia di euro dollari o sterline a progetto, anziché centinaia. Sono soldi facili e in genere molto ambiti. Oltretutto si tratta di un lavoro semplificato, perché i giornalisti ricevono già pronte le informazioni, il taglio da dare al pezzo e, se destinato al grande pubblico, i case study da presentare e i medici da intervistare. Spesso già tutto organizzato, trasporti e appuntamenti. Il giornalista non fa altro che mettere insieme il tutto…

Testimonial e influencer in busta paga…
L’impiego di personaggi famosi come testimonial dei farmaci è un valido esempio di come le regole siano distorte per adeguarsi alle norme sociali, perché è una pratica su cui è quasi impossibile vigilare.
Milioni di telespettatori avevano visto ad esempio l’attrice Kathleen Turner sulla CNN e sulla Abc parlare della sua artrite reumatoide e consigliare un sito web di informazione sull’argomento. Quello che non potevano sapere era che sia lei, sia il sito web erano stati finanziati dalla Immunex, società produttrice del farmaco contro l’artrite Enbrel.
E quando Lauren Bacall raccontò di un’amica che era diventata cieca in seguito alla degenerazione maculare e aveva trovato benefici da Visudyne, pensò bene di non specificare che la Novartis, casa produttrice del farmaco, le aveva pagato un compenso.
L’entità di questi compensi è segreta, ma si pensa che in gioco ci siano milioni.
Quando Pelè, in una serie di interviste concesse in Gran Bretagna, suggerì agli uomini di parlare alle compagne dei propri problemi sessuali, nessuno fece cenno al contratto che il calciatore aveva firmato con la Pfizer.
Pare che Kirk Douglas, Pierce Brosnan e di Angela Bassett prendono tutti il Pravachol, la statina della Bristol Meyer Squibb.
La Wyeth ha scelto la cantante Patti LaBelle per promuove la terapia ormonale sostitutiva Prempro e ingaggiato Debbie Reynolds e Rita Moreno, stelle dei musical, per spingere le donne a fare l’esame densitometrico.
Sia l’ex candidato repubblicano alla presidenza degli Stati Uniti Bob Dole che il calciatore Pelè hanno invece pubblicizzato il Viagra della Pfizer.
All’epoca la Merck spese più di 150 milioni di dollari l’anno per promuovere il Vioxx, più di quanto era stato speso per pubblicizzare marchi molto noti quali la Pepsi-Cola e la Budweizer, anche in questo caso solo negli USA.

Oggi quanti medici o esperti vari, che ubiquitariamente occupano i canali televisivi e i giornali di Regime, che osannano farmaci e vaccini sono nella busta paga delle lobbies farmaceutiche?
Quanti borioni e sborioni di turno, che accattano a siringa spianata i genitori che giustamente mettono in discussione una pratica medica rischiosissima e massificata come quella vaccinale, ricevono ogni anno finanziamenti dalle industrie produttrici?

Tratto da «Big Pharma: come l’industria farmaceutica controlla la nostra salute», di Jacky Law