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L'idea dell'ultimo lavoro del regista Paolo Genovese ricorda la simpatica animazione Inside Out, anche se in questo caso non si tratta di emozioni cartonate ma di tratti comportamentali, personalità vere e proprie.
La nostra mente è infatti un luogo molto affollato da entità diverse tra loro che devono convivere, e non sempre in equilibrio…
Abbiamo il romanticone ipersensibile, il razionale, l'istintivo e anche il porco!
Gli inquilini che abitano la mente di Piero (Edoardo Leo), insegnante di Storia e Filosofia recentemente divorziato sono Romeo il super tenerone, Valium il folle e paranoico, Eros quello sempre arrapato e il professore razionale e giudicante fino all'esasperazione.
Mentre nella psiche della bella Lara (Pilar Fogliati) - una giovane donna single reduce da una relazione infelice - vivono Giulietta la romantica e sognatrice, Trilli quella sexy, Alfa ideologica e disciplinata e infine Scheggia irrazionale e istintiva.
Non dico altro per non spoilerare, ma chi comanda veramente chi? Quanto conosciamo davvero di noi stessi quando prendiamo una decisione?
Genovese cerca di scandagliare l'inconscio umano per rispondere a queste profonde domande, seppur in maniera leggera e ironica.
Personalmente non amo il cinema italiano, ma senza dubbio è una simpatica commedia che merita di essere vista.

PS: dello stesso regista guardatevi il film "Perfetti sconosciuti" del 2016

Dopo i due precedenti lavori "La mafia uccide solo d’estate" e "In guerra per amore" Pierfrancesco Dilibero in arte Pif ci riprova con "E noi come stronzi rimanemmo a guardare", liberamente ispirato al concept "Candido" del collettivo I Diavoli.
Pif in questo caso tenta la strada della fantascienza per far passare un messaggio assai tosto.
Arturo Giammaresi, interpretato da Fabio De Luigi, è un manager che viene licenziato a causa dell’algoritmo da lui stesso creato e viene lasciato dalla fidanzata a causa di un’app che giudica le compatibilità. Scartato e isolato da un Sistema che esclude tutti gli over 40 non gli rimane che diventare un rider (tipo fattorino di Amazon) della multinazionale Fuuber.
Non vorrei spoilerare ma il messaggio che passa è importante su quanto sta accadendo nel mondo del lavoro. In un futuro non troppo lontano infatti app e algoritmi decreteranno la vita e la morte professionale di una persona. Un futuro distopico non ben definito, ma recente, dove gli strumenti tecnologici (smartphone, computer, apparecchi di riconoscimento facciale, ecc.) invece di liberare l'uomo lo rendono sempre più schiavo e imprigionato.
Pierfrancesco Dilibero è un visionario a cui interessa ammonire la popolazione sui rischi di una società troppo interconnessa, oppure è anche lui un ingranaggio della macchina propagandistica della "programmazione predittiva"? Della serie: ci stanno preparando e abituando al mondo che loro vogliono…
Nonostante abbia perso qualche punto in un paio di scene che fanno trasparire la condivisione del regista alla cagata del riscaldamento globalle (quella del Polo Nord dove la gente fa il bagno e quella delle aree eco-friendly, dove le inquinanti auto a combustione non possono entrare), il film merita di essere visto perché almeno fa riflettere!
Il finale è inquietantemente realistico!!!

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"L'uomo nell'alto castello" è l'adattamento televisivo del romanzo "La svastica sul sole" del grande romanziere Philip K. Dick, pubblicato nel 1962.
La trama è molto intrigante. Le potenze dell'Asse, Germania e Giappone, hanno vinto la Seconda Guerra Mondiale e dominano gran parte del pianeta
Siamo nel 1962, in un mondo governato da nazisti e giapponesi che detengono il controllo assoluto degli Stati Uniti. La parte ovest del territorio è affidata ai nipponici, la parte est è sotto il dominio del Reich, al centro una zona neutrale dove opera la resistenza.

Il fulcro della storia sono dei film altamente sovversivi intitolati "La cavalletta non si alzerà più".
Pellicole che mostrano un mondo in cui Germania e Giappone sono stati invece sconfitti dagli Alleati con la bomba atomica. Documentari che riprendono un mondo, ma non quello del presente....

Questi film sono ricercati da tutti. La resistenza li vuole per passarli all'uomo nell'alto castello che studia le scene e le trame per tirare fuori particolari utili per sconfiggere il regime. Sicuramente l'uomo più ricercato del mondo.
Dall'altra parte il führer in persona, Adolf Hitler (ancora vivo seppur vecchietto), a Berlino li vuole anche lui tutti ad ogni costo, anche con la guerra…

Non spoilero altro per non rovinare la serie, che ricordo essere prodotta dal regista Ridley Scott (Alien, Il Gladiatore, Blade Runner…).


Disinformazione.it

Marcello Pamio - 2 novembre 2023

Pain Hustlers è il classico film basato su una storia vera! E' il nuovo lavoro della brava e bella Emily Blunt e Chris Evans.
Liza Drake (Emily Blunt) conduce una vita dura; è la madre single di una figlia adolescente, abita in uno squallido motel della Florida e sbarca il lunario in uno strip club.
E' una donna sfortunata ma molto ambiziosa e quando conosce Pete Brenner (Chris Evans) la sua ambizione esplode…
Il film è stato ispirato da un articolo del New York Times del 2018 di Evan Hughes intitolato “The Pain Hustlers” e poi diventato in un libro.

Si tratta di uno scandalo realmente accaduto della società Insys Therapeutics, diventata nel film Zanna pharmaceutical e del loro farmaco di punta Lonafel a base di Fentanyl, analgesico oppiaceo!
Secondo il sito della DEA, il Fentanyl è “100 volte più potente della morfina e 50 volte più potente dell'eroina come analgesico”.
Potete quindi immaginarvi gli effetti collaterali, vero?

Il problema degli oppioidi è un problema serio e più diffuso di quello che immaginiamo. Ne ho parlato a suo tempo nella recensione della serie tv dedicata allo scandalo della Pardue Pharma e del loro antidolorifico OxyContin che fece oltre 800.000 morti per overdose. La serie si intitola Dopesick.

Il film Pain Hustlers riprende quel triste filone, dandogli un taglio leggermente diverso, ma merita di essere visto. Interessante è osservare tutta la vicenda dagli occhi di Liza (Emily) che prima crea e poi distrugge tutto…
Non dico altro perché non spoilero neppure sotto oppiacei…

Al centro della storia un personaggio femminile interpretato magistralmente dalla bravissima Valentina Lodovini, che personalmente adoro...
Giulia è la classica donna che vive in funzione degli altri. Subisce continue vessazioni da parte di tutti: dai colleghi che non riconoscono le sue competenze, alla sorella che pensa solo al gatto, al compagno di vita, un pittore fallito parassita, che la sfrutta. Per non parlare del peso che lievita ogni volta che si mette sulla bilancia...

Va tutto storto, ma la vita deve andare avanti, esattamente come le frustrazioni che l'accompagnano giornalmente.
Dopo anni di questa non-vita camuffata da falsi sorrisi di circostanza e da una pressoché totale disponibilità, Giulia non ne può più. E’ sempre più stanca di fare lo zerbino, lo stress le impedisce di dormire per cui è sull'orlo dell'esaurimento. La notte sta sul divano a sfondarsi di gelato al pistacchio.

Il destino di Giulia cambia dopo il fortuito incontro con un counselor in stile santone, interpretato dal bravo Neri Marcorè, che l'aiuta a liberasi da tutta quella energia negativa che reprimeva dentro di sé.
Detto in parole povere: sbrocca!

Questa è la parte più bella e divertente del film.
Dalle ceneri rinasce la nuova Giulia, una donna libera che senza peli sulla lingua e senza mezze misure dice ad ognuno quel che pensa, in pratica lascia fluire tutto quel che ha tenuto dentro e castrato in anni di repressione. Il risultato come potete immaginare è una bomba atomica. Alla gente infatti non fa molto piacere sentirsi dire tutto quello che si pensa di loro!
Non dico altro per non spoilerare.

Il film è simpatico perché tra una risata e l’altra mostra la molla che ha fatto scattare in Giulia il desiderio di dare una svolta alla propria vita.
Ma prima di farlo ha dovuto passare frustrazioni di ogni tipo, rischiando di fatto la malattia. Lo so cambiare, non è facile per via di tutti i condizionamenti, i sensi di colpa e le pippe mentali. Serve coraggio infatti essere se stessi in una società dove tutto è finto, dove il bon-ton deve mantenersi all’interno di cliché prestabiliti e politicamente corretti.
Ma se non lo fai paghi pegno: la malattia è dietro l'angolo.

Il regista Guido Chiesa affronta il pesante esaurimento al quale tutti noi siamo sottoposti nel quotidiano, sottolineando anche come sia più facile auto limitarsi nel dire le cose che pensiamo e proviamo per paura delle reazioni altrui, piuttosto che esternare il vissuto!
Cambio tutto insegna che non è mai troppo tardi per reimpossessarsi della propria vita! Non sto parlando di un capolavoro, ma è un film che merita assolutamente di essere visto!

Marcello Pamio

“Hollywood è un posto dove per un bacio di pagano mille dollari e per l’anima cinquanta centesimi”
Marilyn Monroe

“Al termine del XX secolo Hollywood resta un’industria con una spiccata sfumatura etnica. Praticamente tutti i capi dei maggiori studi sono ebrei. Gli sceneggiatori, i produttori e i misura minore i registi sono ebrei in una quantità sproporzionata; un recente studio li ha indicati presenti in oltre il 59% delle pellicole di maggior successo”. J.J. Goldberg, Jewish Power, 1996

La cinematografia è sempre stata, assieme alla cugina più giovane televisione, i veicoli principali di controllo delle masse. Proprio per questo motivo, ogni Regime che si rispetti, ha sempre ingabbiato e gestito i mezzi di comunicazione di massa.
I mass media, cartacei, radiofonici, cibernetici e visivi non solo giocano un ruolo fondamentale nella modifica e manipolazione della percezione della realtà, ma possono innescare e accelerare determinati processi cognitivi e fisiologici che conducono l’uomo direttamente nelle prigioni coercitive del cosiddetto Nuovo Ordine Mondiale: il cosiddetto mondialismo.
Chi controlla questi sistemi, ha il potere di vita e di morte su centinaia di milioni, per non dire miliardi di individui.
La funzione della televisione viene ben descritta nel monologo di Howard Beale, interpretato da Peter Finch, nel film di Sidney Lumet: “Network” (da noi “Quinto Potere”) del 1976.

“Meno del 3% di voialtri legge libri, meno del 15% di voi legge giornali o riviste.
Perché l'unica verità che conoscete è quella che ricevete alla tv. Attualmente, c'è da noi un'intera generazione che non ha mai saputo niente che non fosse trasmesso alla tv.
La tv è la loro Bibbia, la suprema rivelazione!
La tv può creare o distruggere presidenti, papi, primi ministri. La tv è la più spaventosa, maledettissima forza di questo mondo senza Dio. E poveri noi se cadesse nelle mani degli uomini sbagliati…
Perché questa società è ora nella mani della CCA, la Communication Corporation of America, e quando una tra le più grandi corporazioni del mondo controlla la più efficiente macchina per una propaganda fasulla e vuota, in questo mondo senza Dio, io non so quali altre cazzate verranno spacciate per verità, qui!
Quindi ascoltatemi. Ascoltatemi! La televisione non è la verità! La televisione è un maledetto parco di divertimenti, la televisione è un circo, un carnevale, una troupe viaggiante di acrobati, cantastorie, ballerini, cantanti, giocolieri, fenomeni da baraccone, domatori di leoni, giocatori di calcio! Ammazzare la noia è il nostro solo mestiere.
Da noi non potrete mai ottenere la verità. Vi diremo tutto quello che volete sentire mentendo senza vergogna. Vi diremo qualsiasi cazzata vogliate sentire!
Noi commerciamo illusioni, niente di tutto questo è vero!
Ma voi tutti ve ne state seduti là, giorno dopo giorno, notte dopo notte, di ogni età, razza, fede. Conoscete soltanto noi. Già cominciate a credere alle illusioni che fabbrichiamo qui. Cominciate a credere che la tv è la realtà, e che le vostre vite sono irreali. Voi fate tutto quello che la tv vi dice: vi vestite come in tv, mangiate come in tv, tirate su bambini come in tv, persino pensate come in tv! Questa è pazzia di massa! Siete tutti matti!
In nome di Dio, siete voialtri la realtà. Noi, siamo le illusioni.
Quindi spegnete i vostri televisori, spegneteli ora. Spegneteli immediatamente! Spegneteli e lasciateli spenti!

Howard Beale, da buon commentatore televisivo, parla dei rischi insiti della tv, ma il suo discorso si può allargare ed estendere al cinema e ad ogni altro mezzo di comunicazione.
Ha proprio ragione: la tv e il cinema non sono la realtà, sono strumenti nelle mani dei controllori che sfornano falsità, illusioni e sogni.
Sfruttano le conoscenza profonde dell’animo umano, della psiche, dell’inconscio e della psicologia sociale delle masse, per veicolare quello che vogliono che noi sentiamo e vediamo.

Moltissime persone, soffocate e strozzate da un sistema parassitario disumanizzante che sta lentamente stringendo il cappio intorno al collo di milioni di persone, vogliono sognare, allontanarsi dai propri problemi quotidiani (economici, sociali, religiosi, lavorativi, salutari, ecc.) e il Sistema ci accontenta: crea film di avventura, saghe fantascientifiche, romantici strappalacrime, eroi che salvano il mondo, fiction, serie televisive infinite che hanno proprio questo intento: staccarci dalla realtà e tenerci il più a lungo possibile lontano. Il punto è che non lo fanno per il nostro bene…
Ci mettono le ali ai piedi, ci fanno volare e sognare a occhi aperti, e nel frattempo, oltre a spillarci i soldi (creando bisogni, culture e mode), i nostri veri problemi di tutti i giorni, non si sono mossi di un millimetro, anzi si sono nel frattempo accumulati…
Modificano e manipolano la realtà, la impastano per i propri tornaconti, dandoci infine un polpettone di mezze verità misto a bugie.

Disintegrazione mirata delle culture
La disintegrazione delle culture nazionali, delle identità è un passaggio obbligatorio.
Per usare le parole del sociologo Randolph Bourne, la disintegrazione culturale crea “orde di uomini e di donne senza patria spirituale, dei fuorilegge culturali senza gusto, senza norme e senza direttive se non quelle della massa” (1)
Il liberismo viene esaltato in tutti gli ambiti (economica, finanza, politica, religione…) come massima espressione di democrazia e libertà, ma l’uomo delle società liberali, perde il suo status di cittadino, perde la sua individualità (intesa come espressione spirituale), scivolando verso la condizione di massa, e in questa si perde l’unicità: siamo tutti uno.
Vogliono farci credere che “siamo tutti uguali”, anche se, alcuni sono più uguali di altri. (2)

Gli Stati Uniti d’America sono un paese giovanissimo se confrontato con il Vecchio Continente europeo; un paese formato da un miscuglio di gruppi etnici e individui tra i più diversi al mondo.
In America non esiste alcun principio di nazionalità, e il poeta tedesco Nikolau Lenau è molto esplicito in questo, descrivendo l’americano come una persona che “non conosce altro che i denaro; egli non ha altra idea. Di conseguenza lo Stato non è un’istituzione spirituale ed etica, ma soltanto una convenzione materiale”. (3)
Purtroppo anche qui da noi in Europa sta avvenendo una simile strategia: le potentissime massonerie stanno unificando i paesi europei, cancellando le differenze sociali, religiose, culturali, storiche, economiche e monetarie. Il tutto sotto l’ombrello e la bandiera dell’euro.

Non l’unificazione per unire, ma l’unione per disintegrare!
L’omogeneizzazione dei popoli europei
L’antropologa Ida Magli è precisa sullo scopo finale della globalizzazione: “il Governo unico mondiale. La riduzione all’uguaglianza di comportamento per tutti i popoli: una sola lingua, una sola religione, una sola moneta, una sola identità, una sola cultura, un solo Stato. La “guida” sottostante a quella dei governanti sembrerebbe massonica, in quanto questi sono fin dall’inizio gli ideali massonici”. (4)

Con il Trattato di Schengen hanno eliminato i confini, e ogni Stato ha sempre avuto confini.
Uno Stato non è tale se non possiede un determinato territorio. (5)
L’Italia - continua la dottoressa Magli - non è più uno Stato. Cosa che del resto, è lo scopo primario dell’unificazione europea: l’eliminazione degli Stati”.

American dream
Dal XX secolo gli americani si sentono il centro del mondo, la potenza suprema e il modello da esportare, magari con bombe al fosforo a frammentazione e uranio impoverito.
La loro convinzione non dipende solo dal fatto che possiedono l’esercito più potente al mondo, ma nella visione e convinzione che la loro società è la realizzazione di tutti i sogni degli altri popoli: giustizia, libertà, democrazia, ricchezza, ecc.
La realtà è esattamente il contrario, ma il popolo americano, lobotomizzato e decerebrato da decenni di propaganda radiotelevisiva crede ciecamente in tale modello.
La mission ultima dell’Impero statunitense è il soddisfacimento dei bisogni materiali, tanto sognati ed osannati dalle grandi masse.

Le pellicole di celluloide e la televisione, come detto prima, rappresentano il narcotico sociale perfetto: anestetizzano le menti, fanno evadere dai problemi di tutti i giorni, fanno sognare lo spettatore grazie a illusioni irrealizzabili, trasformando la finzione in realtà e la realtà in finzione.
Una realtà de facto inventata, creata ad arte e impiantata nei cervelli grazie all’immenso potere della suggestionabilità delle immagini e dei suoni.
Quello che vediamo al cinema, per il cervello, è più reale della realtà stessa, e siccome quello che si vede è più bello e meno doloroso, viene accettato con più facilità. Lo schermo diviene una specie di bypass cerebrale che va direttamente a colpire l’inconscio dello spettatore (6)

Jack Warner, uno dei padri della potentissima Warner già agli inizi degli anni Trenta aveva ben chiaro la potenza della macchina propagandistica del cinema: “i film possono e devono giocare una parte importantissima nella crescita culturale ed educativa dell’umanità. Noi dobbiamo sforzarci di fare pellicole che procurino alla gente qualcosa di più di una semplice, oziosa, ora o due di divertimento”.

Tutti i grandi tycoon dei mezzi mediatici avevano compreso fin da sùbito, che i film non rappresentavano solo uno strumento di puro intrattenimento, ma potevano plasmare la società, dare forma alle menti di milioni di persone.

L’invasione mondiale del cinema a stelle e strisce
Nel 1913 negli USA ci sono 20.000 sale di proiezione che vendono 5 miliardi di biglietti ogni anno, portando nelle casse delle industrie 300 milioni di dollari.
Gli Stati Uniti, con circa 120 milioni di abitanti, registrano ogni settimana 110 milioni di spettatori.
Nel 1955 i film americani giungono ad occupare il 75% del tempo-proiezione in Belgio, Danimarca, il 70% in Grecia, Finlandia, il 63% dell’Europa occidentale.
Nel 1993 tali percentuali sono ancora più incredibili: l’americanizzazione del mondo, va avanti, soprattutto dopo la Seconda Guerra Mondiale a ritmo esponenziale.
Ed è soprattutto qui in Europa che l’invasione hollywoodiana si fa sentire alla grande: quasi il 60% dei programmi televisivi e circa l’80% dei film sono infatti di produzione statunitense.

Il finto antirazzismo
Il soggetto principale di migliaia di chilometri di pellicole hollywoodiane è non a caso l’antirazzismo.
Se questa potrebbe a prima vista apparire una funzione utile, l’antirazzismo americano non mira a proteggere le differenze razziali, mira invece all’annullamento delle stesse razze, del diverso, come espressione non solo fisica (negro, indiano, ebreo, giallo, ecc.), ma anche come sistema di valori.
In pratica è la negazione radicale del diverso.
Esattamente la copia di quello che hanno messo in pratica qui in Europa, con la nascita dell’euro: cancellando la diversità, l’economie, la storie e le monete nazionali, siamo tutti uguali, perché è proprio nell’uguaglianza che avviene l’assimilazione.
Il modello razziale, cioè il modello di valori da imporre a tutti gli altri nel mondo, vuoi con la forza e la conquista (guerre), vuoi con la manipolazione mentale (cinema e televisione) è quello WASP: White Anglo Saxon Protestants.
Loro conservano la propria identità, perché loro assorbono, o meglio, omologano le altre razze.

Le major hollywoodiane
Le principali e miliardarie industrie filmiche, vengono chiamate anche major e sono rappresentate da cinque colossi Five Biggest o Big Five: Paramount (Zukor), Warner Bros (Warner), Loew-MGM (Mayer), Twentieth Century-Fox (William Fox) e RKO; e da tre un po’ più piccoli, ma sempre potenti, Three Smaller o Little Three: Universal (Laemmle), Columbia (F.lli Cohen) e United Artists.

Paramount
Cronologicamente, la prima delle major, per così dire, di “prima classe”, è la Paramount, casa fondata e diretta per vent’anni dall’ebreo Adolph Zukor, nato nel 1873 a Ricse in Ungheria, figlio di un pellicciaio benestante.
Ecco in sintesi il pensiero di Zuckor: “ve lo dico come ungherese, come ebreo, come artista e come filosofo. Gli uomini vogliono anche sognare. Hanno bisogno dei loro sogni. Ebbene, noi fabbricheremo dei sogni, sogni in serie, sogni divertenti, che costano poco. Voi mi prestate 5000 dollari e in pochi anni ne avrete 500.000. Osservate la gente, vuole delle illusioni”.

La gente vuole illusioni, paga per avere le illusioni e loro li creano.
Il potere commerciale della Paramount è sempre stato basato sul sistema del blocco (block bookin, noleggio in blocco), cioè un sistema che costringe i gestori delle sale ad affittare non il solo film desiderato, ma una lista completa di pellicole.
Nel 1929 la casa, acquista dalla seconda grande compagnia radiofonica CBS, il 49% delle azioni in cambio di azioni Paramount del valore di 5 milioni di dollari.
Nel 1935, dopo la bancarotta, Leonard Goldenson riorganizza la major come Paramount Pictures Inc., la cui presidenza viene assunta dal banchiere John Otterson e il capo studio è Emanuel Cohen.

Nell’ottobre del 1966 la Paramount viene assorbita da un conglomerato industriale-finaziario: la Gulf & Western Industries, e un accordo con la MCA, proprietaria della Universal Films, porta alla fondazione della CIC, Cinema International Corporation, per la distribuzione di film sul mercato internazionale, che diviene in breve la prima casa del settore, arrivando a gestire fino ad un terzo del mercato complessivo.
Nel settembre 1994 la Paramount Communcations viene comperata per 10 miliardi di dollari dal gruppo televisivo di Boston, Viacom, proprietaria dei canali MTV. L’obiettivo è formare, dopo Time-Warner, News Corporation e Walt Disney, il quarto colosso dell’entertainment americano.
Il trust Viacom-Paramount International è un conglomerato che controlla 12 stazioni televisive, 14 radio, 3593 negozi d videocassette (Blockbuster) e 1927 sale cinematografiche.
Nel settembre 1999 Viacom acquista la CBS (14 tv e 160 radio) per 34,5 miliardi di dollari  arrivando a controllare e gestire 200 siti internet, MTV, 138 reti via cavo, 200 canali tv tradizionali e 144 emittenti radio.

Universal
Carl Laemmle emigrato negli States dalla Germania, ha fatto di tutto: impiegato in un negozio all’ingrosso e poi in un magazzino, contabile di un gioielliere e poi di un mercante di bestiame, venditore di quotidiani domenicali per arrotondare le entrate. A Chicago nel 1906 apre il suo primo teatro, dopo tre anni, è il più potente distributore di pellicole filmine degli Stati Uniti. La sua nuova società inizia una dura lotta giudiziaria contro il Trust di Edison che si concluderà nel 1915 con la sconfitta e lo smembramento dell’oligopolio fondato dall’inventore della lampadina.
A marzo del 1910 è proprio il tedesco ad imprimere una svolta storica nella cinematografia mondiale, inaugurando l’era dello star system. Fino ad allora infatti gli attori e le attrici erano poco noti al grande pubblico. Nasce così anche il gossip.
Nel 1912 aiutato dal cognato Isadore Bernstein, Laemmle fonda la Universal Pipe Fitting o Universal Film Manufacturing Company che poi diventerà Universal Studios e la sede viene trasferita a Hollywood.
Nel 1990 il conglomerato nipponico Matsushita Electric Industrial rileva la MCA e l’Universal Pictures per 6,5 miliardi di dollari. Successivamente, per 5,7 miliardi di dollari il controllo passa alla Seagram del canadese Edgar Bronfoman e poi Bronfman Jr che già possiede il 19% del gruppo Time-Warner.
Infine nel giugno 2000, per fronteggiare i tre colossi CBS-Viacom (Paramount), NewsCorp-Bertelsmann (Twentieh) e AOL-TimeWarner (Warner Bros), la Seagram (Universal) si fonde con Vivendi, il maggior gruppo francese Vivendi-Universal.

20th Century-Fox
Wilhelm Fried, diventato successivamente William Fox, è nato nel 1879 a Tulchva in Ungheria. Dopo aver lavorato come foderatore di cappelli per la Solomon & Son, con l’aiuto del finanziare Sol Brill, acquista il suo primo locale e nel giro di poco tempo arriva a possedere 25 locali di proiezione cinematografica.
La ditta Fox inizia nel 1913 a produrre cortometraggi a New York e nel New Jersey. Girati una cinquantina di film, nel 1916 si trasferisce nell’Eldorado californiano, Hollywood.
La Fox Film Corporation diviene il primo conglomerato filmico e nel 1927 conta mille sale di proiezione. Nello stesso anno la Fox acquista la maggioranza azionaria della Loew’s Incorporated, la società finanziaria tramite la quale ottiene il controllo della MGM, costituendo la nuova Fox-Loew la più grande società dell’industria del cinema.
Nel 1935, dopo la grande Depressione, la Fox si fonde con la 20th Century Pictures Incorporated.

MGM: Metro Goldwyn Mayer
Louis (Lazar) Burt Mayer
dopo aver commercializzato in rottami di ferro, nel 1912 si associa con Ben Stern e con Adolph Mayer per costituire la Louis B. Mayer Film Company con sede a Boston.
Mayer, proprietario di una catena di locali diffusa soprattutto nel New England, entra nel grande giro della distribuzione.
Nel frattempo Samuel Goldwyn, che ha lasciato la Paramount nel 1919 fonda con i fratelli Edgar e Arch Selwyn la Goldwyn Pictures.
Il terzo polo della futura MGM è Marcus Loew e la sua Loew’s Incorporaed, società di distribuzione che inizia acquistando la Metro Pictures

Nel 1924 Loew fonda con Goldwyn la Metro-Goldwyn Productions e si trasferisce a Hollywood. A maggio dello stesso anno nasce la famosissima MGM, Metro Goldwyn Mayer che diventerà il complesso cinematografico più grande del mondo: una stazione ferroviaria, un porto e anche una giungla. Ma quello che ha caratterizzato la MGM rispetto le altre major, era la presenza delle star (Greta Garbo, Clark Gable, Spencer Tracy, Joan Crawford, Judy Garland e moltissimi altri).
Tra il 1964 e il 1967 uno dei maggiori azionisti Philph Levin, vende le sue azioni che vengono comperate da Edgar Bronfman della Universal, dando il via alla dissoluzione della major.
Nel 1969 la MGM finisce nella mani del finanziere armeno Kirk Kerkorian e questo nel 1986 la cede a Ted Turner per 1,5 miliardi di dollari.
Ad acquistare la grande industria produttrice di sogni è nel 1991 l’italiano Giancarlo Parretti, accompagnato e aiutato dal finanziere Floro Fiorini, noto alle cronache per lo scandalo del Banco Ambrosiano e della loggia P2.
Per concludere le vicissitudini della major, nel 2004 spiazzando la Time-Warner, la Sony Corporation rileva la MGM per ben 5 miliardi di dollari, accaparrandosi così di fatto una libreria di 4100 pellicole, tra le quali ben 200 Premi Oscar.

Warner Bros
La Warner Bros, prende appunto il nome dai fratelli Warner: Sam (Samuel), Jack, Albert (Abraham) ed Harry.
Dopo aver iniziato la loro attività nel 1917 con una piccola sala di proiezione, divengono in breve direttori della catena teatrale First National e fondano la vera e propria compagnia.
Nel 1923 acquistando la Viagraph Company, proprietaria di un brevetto di registrazione sonora che accompagna i film muti, la Warner diviene, grazie alla rivoluzione sonora, una tra le più affermate major di Hollywood.
Nel 1989 la Warner si fonde con il gruppo editoriale Time generando un mostro gigantesco Time-Warner, il più potente conglomerato multimediale del mondo.

Columbia
Possiamo dire che è la prima delle cosiddette piccole major, anche se per piccolo non si vuole sminuirne la portata.
La Columbia deriva dalla Cohn Brothers e poi CBS Film Sales Corporation, di proprietà di Harry Cohn e dal fratello Jack (derivato da Jacob).
Dopo varie vicissitudini, negli anni Settanta per sopravvivere alla crisi, deve vendere gli studios e fondersi con la Warner. Negli anni Ottanta passa alla Coca-Cola ma è solo nel 1989 che la Columbia Pictures si fonda con la Tri-Star Pictures per formare il Motion Pictures Group.
Nel 1991 la compagnia cambia nome in Sony Pictures Entertainment con Columbia e Tri-Star come società sussidiarie di produzione filmica.

RKO
L’ultima delle grandi case è nata nel 1928 col nome di Radio-Keith-Orpheum Radio Pictures anche se le sue origini risalgono agli inizi del secolo. Sorge dalla Film Booking Offices of America Incorporated, dalla KAO Keith-Albee-Orpheum Corporation e dalla RCA Radio Corporation of America del potentissimo gruppo Rockefeller.

I finanziatori
I veri padroni di questi oligopoli multimediali sono sempre stati e lo sono ancora oggi, i grandi imperi finanziari:

- Rockefeller (agente statunitense dell’impero europeo dei Rothschild);
- Morgan (che dopo la morte del fondatore JP Morgan e il Glass-Steagall Act del 1933 che scinde le banche di deposito da quelle di affari, l’istituto si biforca in JP Morgan e Morgan Stanley & Co.);
- Kuhn, Loeb & Co.;

La seconda metà dell’Ottocento è proprio il periodo basilare nella nascita delle principali lobbies e industrie del pianeta. Nascono non solo le imprese cinematografiche, ma praticamente sorgono le più importanti industrie di ogni genere: farmaceutiche, acciaio, agro-alimentari, petrolifere-energetiche, ecc.
La nascita di questi colossi è stata permessa dalle banche d’affari dell’epoca che hanno finanziato.
Quali erano queste banche? Risponde Carrol Quigley, docente di storia a Princeton e Harvard: “i nomi di talune di queste banche ci sono famigliari, e dovrebbero esserlo anche di più. Sono i Baring, Lazard, Erlanger, Warburg, Schroder, Seligman, Speyer, Mirabaud, Mallet, Lazard, e soprattutto i Rothschild e i Morgan”. Di queste 12 banche, ben 9 erano di proprietà ebraica, e se teniamo conto che Morgan era un agente americano dei Rothschild, il numero sale a 10.

Secondo il The American Jewish Experience, le principali banche americane di origine ebraica alla fine del XIX secolo erano: J.S. Bache, Hellman, Sears & Roebuck, Goldman & Sachs, R.H. Macy, Abraham & Strauss, Albert Loeb, J.W. Seligman, S.W. Straus, Wertheim, Steinhardt, Lewisohn, Guggenheim, Kuhn & Loeb, Speyer, Belmont, Hallgarten, Lehman, Heidelbach & Ickelheimer.
Le sei maggiori case hollywoodiane, l’oligopolio che controlla e gestisce ancora oggi la filmografia a livello planetario, non solo sono state fondate con i soldi delle banche ebraiche qui sopra elencate, ma tutte sono nate da imprenditori ebrei: Paramount (Zukor), Warner Bros (Warner), Loew-MGM (Mayer), Twentieth Century-Fox (William Fox), Universal (Laemmle), Columbia (F.lli Cohen).

“Al giorno d’oggi sei produttori decidono in merito al novanta per cento delle sceneggiature e montano il novanta per cento dei film”. Frank Capra, regista

Tratto dal libro di Gianantonio Valli: "Trafficanti di sogni: Hollywood, creatura ebraica", ed. Effepi

 

Note

[1]Trafficanti di sogni. Hollywood, creatura ebraica”, Giantonio Valli, ed. Effepi
[2] Tutti gli animali sono uguali, ma alcuni sono più uguali degli altri”, frase celebre tratta dal romando “La fattoria degli animali” del 1947 di George Orwell
[3] Idem, pag. 264
[4] Intervista alla d.ssa Ida Magli dal “Civico20 News” di Torino. 2 marzo 2011, www.bdtorino.net
[5] Idem
[6] Idem, pag. 285