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Marcello Pamio

La guerra è lo strumento fondamentale dell’economia! Viene imposta come desiderio di supremazia e di potenza mercantile, geopolitica e militare, ma dietro c’è il sistema bancario internazionale, senza il quale non sarebbe possibile realizzarle.
L’obiettivo delle banche non è il controllo del conflitto in sé, ma il controllo del debito che il conflitto produce.

Il grande valore di una guerra, il vero valore sta nel debito che genera. Se controlli il debito, controlli tutto!

E la finanza internazionale controlla tutto!

Lo scontro russo-ucraino non fa eccezione, anche se in questo caso siamo di fronte a qualcosa di diverso, qualcosa di molto più profondo, antico e insidioso: uno scontro antropologico, una vera e propria guerra di civiltà!
Il progetto diabolico che da decenni chiamano Nuovo Ordine Mondiale ha iniziato a scricchiolare con la crisi economica del 2007-2008, e l’obiettivo di un mondo sottomesso sembra non reggere alla complessità del sistema, e questo nonostante i mezzi di controllo siano sempre più sofisticati e pervasivi. Ci sono ancora troppe varianti, ed è ancora troppo imprevedibile l’individualità umana!

Samuel P. Huntington è stato un politologo statunitense. Uno dei massimi esperti di politica estera, consigliere di Jimmy Carter, direttore degli Studi strategici e internazionali di Harvard, fondatore di Foreign Policy.

Dall’altra parte stiamo assistendo allo spostamento del potere dal mondo ashkenazita delle grandi famiglie imperiali (Rothschild, Rockefeller, ecc.) tuttora centrali, che da secoli hanno gestito la finanza usuraia, ai nuovi magnati delle biotecnologie e della digitalizzazione (Bill Gates, Klaus Schwab, George Soros, ecc.). L’introduzione della criptomoneta digitale difficilmente controllabile sta facendo vacillare la kabala del potere.
Il risultato è sotto gli occhi di tutti: la totale disfatta e caduta dell’impero Occidentale.

L’ultimo colpo di coda dell’élite è stata la magistrale invenzione dell’epidemia di SarsCov2: il disperato tentativo di piegare la volontà umana stringendo le maglie del controllo con il ricatto, la paura e il terrore. L’occasione è servita da una parte a livellare i già risicati diritti umani, dall’altra a fagocitare la classe medica, l’unica (assieme alle forze dell’ordine) che avrebbe potuto rallentare il processo di inoculazione nel corpo dei goym di sostanze geniche (che solo la cricca al Potere conosce) e metalli elettromagnetofili come l’ossido di grafene.

Sostanze che saranno molto utili nel prossimo futuro e dopo l’attivazione del 5G (che avverrà a luglio in Italia)...

In parallelo l’Occidente ha intensificato consapevolmente l’assedio militare alla Russia circondando il paese. Estonia, Lituania, Polonia, Slovacchia, Ungheria e Romania sono tutti paesi confinanti con la Russia e tutti casualmente membri della Nato. La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata la provocazione da parte dell’Ucraina di voler aderire all’organizzazione atlantica. La sua prostituzione all’elité dominante avrebbe voluto dire basi americane e missili nucleari a pochissima distanza da Mosca. Cosa questa inaccettabile per il presidente Vladimir Putin!

Lo scontro è epocale. L'Ucraina è solo la scusante ufficiale...

Ma il punto cruciale non è questo, è un altro: la Russia è l’ultimo baluardo del vero cristianesimo: lo sbarramento e l’ultima resistenza al folle e diabolico piano criminoso del Deep State. E questo non lo possono tollerare.
Hanno a tal proposito pagato e posizionato l’ashkenazita Zelensky a capo di un paese flagellato da colpi di stato, nazismo etnico e corruzione per combattere una guerra per procura contro il nemico russo. Un ex attore fallito di cabaret, con anche ambigui gusti sessuali, pagato profumatamente è stato messo a capo del governo eterodiretto da Wall Street, la City di Londra e Israele.
Ma le cose stanno cambiando...

Nella recentissima assemblea delle Nazioni Unite la maggior parte dei popoli si è ribellata a questo gioco perverso. La condanna alla Russia è stata votata da 141 paesi, ma ben 35 si sono astenuti (tra cui Cina, Iraq, Iran, India e Algeria) e 5 hanno votato contro (Russia ovviamente, Corea del Nord, Siria, Bielorussia, Eritrea). Gli abitanti di tutti questi paesi rappresentano tre quarti del mondo.

La logica conclusione è che i globalisti ashkenaziti sono riusciti a corrompere tutto il mondo occidentale di matrice cattolica, ma non sono riusciti a piegare le etnie musulmane, cristiano-ortodosse, indo-buddiste e taoiste, le cui identità di appartenenza religiosa sono ancora fortemente strutturate e inattaccabili.

Per usare le parole del filosofo e ideologo di Putin, Aleksandr Dugin, quella che si sta combattendo in Ucraina non è solamente una guerra per “denazificare” il paese e proteggere la popolazione filo-russa del Donbass, ma una battaglia contro le oligarchie mondiali, contro un Occidente moderno: “il mondo dell’Anticristo”. Il filosofo sostiene infatti che “l’operazione militare speciale” in corso in Ucraina “è diretta non solo contro il nazismo ma ancor più contro il liberalismo e il globalismo. Dopo tutto, sono stati i liberali occidentali a rendere possibile il nazismo ucraino, a sostenerlo, ad armarlo e a metterlo contro la Russia, come nuovo polo di un mondo multipolare”.

Da questo punto di vista l’Ucraina diventa il territorio di scontro di Civiltà, tra le due fazioni opposte: il “Grande Reset” occidentale contro il “Grande Risveglio” orientale. “Le élite globali di Biden, Klaus Schwab, Bill Gates, Bernard-Henri Levy oggi rappresentano una setta totalitaria, un regime dittatoriale che cerca di stabilire un controllo totale non solo sui corpi delle persone, ma sulle loro menti, le loro immaginazioni, i loro sogni. Ci sono solo due partiti nel mondo oggi: il Partito del Grande Reset e il Partito del Grande Risveglio”.

La Russia quindi combatte per resistere al paradigma satanista degli ashkenaziti, che vedono l’essere umano come una bestia senza valore (goym).
Poi va tenuto in considerazione anche la storia della popolazione dei cazari, oggi chiamati ashkenaziti, la cui madre terra, il regno di Cazaria è stato smantellato da imperatori russi.

il Regno di Khazaria

Ricordo che il loro antico regno andava dall’odierna Kiev fino alla Mongolia, casualmente proprio sulla terra oggi chiamata Ucraina! Il dente è avvelenato da molti secoli, e loro non dimenticano...
Ma questo purtroppo, gli schiavi indottrinati non lo sanno e non riescono a vederlo. I sudditi non si rendono conto di tale scontro epocale, perché totalmente annichiliti dalla propaganda, da decenni di deculturizzazione e cresciuti in una società che li ha fatti affogare fin dalla nascita nella degenerazione fisica, cognitiva e spirituale.
Bisogna ammetterlo: oggi la civiltà occidentale è rappresenta da una sorta di bestiame senza volontà e senz’anima, animali alienati dalla realtà e destinati al macello (vaccini, microchip, quantum-dots, ecc.), dove la spiritualità è annichilita da un becero materialismo ateo.

La posta in gioco non è mai stata così alta: da una parte c’è la salvaguardia della famiglia, dell’identità storica e religiosa, della moralità e dei valori anche cristiani (nel senso più elevato del termine, che non ha nulla a che spartire col cattolicesimo), dall’altra un vero e proprio incubo: una esistenza immersa nella più terrificante e fagocitante tecnologia mai vista prima. Una società privata del contante (e dipendente dal virtuale), priva di relazioni sociali e del contatto con la Natura, tutti immersi in un oceano di input (visivi, sonori, virtuali, elettromagnetici, ecc.).
Insomma una finta vita spacciata per vera!

Proiettati nel mondo virtuale del metaverso non si vivrà la vita vera...

I bambini - e sta già accadendo - potranno nascere senza sesso definito (lo decideranno come si sceglie il gusto del gelato) e crescere nella totale imbecillità e ignavia grazie alla propaganda educativa di regime. Ma la tecnologia permetterà loro di “vivere” e viaggiare all’interno di mondi virtuali digitali (metaversi e cyberdroghe) così da sopportare la propria infame esistenza.
In Occidente tutto sta andando verso questo abominio, verso la totale disumanizzazione e l’annichilamento dell’uomo. Lo scopo è preparare la strada al Transumano e Postumano.
Dal Metaverso alla fusione tra uomo e macchina il passaggio sarà velocissimo e indolore.

Vogliono l’ibridazione del DNA con le macchine (grazie alla genetica e al grafene contenuto nei sieri) per creare un essere senz’anima, controllato da intelligenze artificiali tramite 5G e 6G.

Siamo in una autentica deriva antropologica diabolica! Puntano al simbionte: un essere metà uomo e metà macchina per creare quella post-umanità utile ai loro bassissimi scopi...

Ecco perché l’uomo triarticolato (corpo, anima e spirito) sta per essere trasformato in uomo binario (corpo, anima) dove le dinamiche dell’anima saranno lasciate appositamente in preda alla sensorialità e alla fredda logica razionale dell’ego. A questo serve il materialismo ateo, che include la digitalizzazione, la meccanizzazione e la magnetizzazione: far sprofondare l’uomo nella materia, nelle energie e negli istinti più bassi. Si tratta della strada maestra verso l’antiumano!

Una realtà senza morale, senza famiglia, senza identità, privi di radici storiche e senza futuro, dove le peggiori perversioni sono promosse e/o normalizzate. Una civiltà al tramonto, e proprio per questo sempre più spietata e cattiva.

Oggi l’Impero occidentale sempre più decadente e degenerato sta definitivamente crollando…
Ce lo ricorda anche Jacques Attali nel suo libro “Breve storia del futuro” del 2006 (rivisto e aggiornato nel 2016): «Il mercato sta avendo la meglio, per cui porrà fine a tutto ciò che possa nuocergli, compresi gli Stati, che distruggerà uno dopo l’altro, e tra i primi gli Stati Uniti d’America!
Entro il 2030, alla fine di una lunga battaglia di cui l’attuale crisi finanziaria ed economia segna l’inizio, e nel mezzo di una grave crisi ecologica, gli Stati Uniti, impero ancora dominante, saranno vinti. Esauriti finanziariamente e politicamente, come gli altri imperi prima di loro, cesseranno di governare il mondo. Il pianeta sarà gestito da un gruppo di potenze regionali. Ci sarà la divisione del potere mondiale tra dodici nazioni»…

Quindi entro il 2030 vedremo crollare l’Impero americano (anche grazie allo scontro di civiltà con la Russia), e non lo dicono le centurie di Nostradamus ma le previsioni di Jacques Attali, economista, consigliere di Mitterran e primo presidente della Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo: uno ammanicato col Sistema, uno che sa come funziona e soprattutto come pensa il Leviatano…

Per approfondire l'interessante video di Giovanni Angelo Cianti

di Emanuela Lorenzi, 2 aprile 2022

DANNI COLLATERALI

Potrà il tuo minuto sopracciglio
non ancora corrugato sul mondo,
figlio,
reggere aperto e furibondo
l'insostenibile leggerezza
di quest'aria cinica
come gabbiano sopra il mare
in picchiata sul muro egoista
contro cui sbatte l'Ibis eremita
e lo sguardo del bambino siriano
schiacciato fra cielo e terra
sotto la nostra bomba altruista?

(Hai detto, dritto nel petto
«Se si chiama pace perché si fa con la guerra?»)

Alcuni bambini sono più uguali di altri.
Sono versi ispirati di getto qualche tempo fa dall’acuta osservazione di mio figlio sull’ossimorica narrazione della “guerra di pace”, nella schizofrenia della condanna dei bambini soldato in Africa e al contempo la celebrazione della bambina ucraina con il leccalecca in bocca che imbraccia il fucile (come fa notare Sara Reginella, esperta di Donbass e psicoterapeuta, c’è molta patologia nell’armare per la pace). La consapevolezza geopolitica, la logica aristotelica, la saggezza, sono patrimonio di ogni bambino fintanto che la sua mente è immune alle pervasive sovrastrutture di una putrefatta adultità. Del resto, un Piccolo Principe disse che tutti sono stati bambini una volta ma pochi se ne ricordano. Il bambino siriano potrebbe essere quello yemenita (6.500 uccisi anche dalle bombe italiane, per un totale di circa 400mila morti e 4 milioni di profughi della guerra ribattezzata dalla neolingua occidentale ‘rinascimento arabo’), afgano (oltre 6.500 bambini ammazzatie 15.000 feriti solo fra 2009 e 2018), serbo (79 bambini massacrati dai 78 giorni di “bombardamenti umanitari” NATO e il resto condannati dall’esposizione all’uranio impoverito), del Donbass (14mila morti in 8 anni di cui 300 bambini), iracheno (500mila bambini morti a causa delle sanzioni fra il 1991 e il 2003, più che ad Hiroshima, massacro di fronte al quale la risposta della Albright, segretaria di stato USA dell’amministrazione Clinton scomparsa alla vigilia del ventitreesimo anniversario dell’aggressione Nato alla Jugoslavia, fu più o meno “ok il prezzo è giusto”, “the price is worth it”, sì ne valeva la pena). Ma come insegna Orwell, alcuni bambini sono più uguali di altri e alcune guerre più guerre di altre.

Una guerra del cui ripudio costituzionale (art 11) non solo si è fatto stupro e carta straccia, come di tutti gli altri articoli che regolano i principi fondamentali in questi due anni di apocalittico e impudico svelamento del piano di ristrutturazione globale e antropologica in senso feudale attuata dalle psicopatiche élite al potere (e che sta rapidamente trasformando le masse in peso sempre più inutile, gli useless eaters di Kissinger, tramite l’automazione e la deficienza artificiale), ma che è divenuto vessillo di una tavola di valori rovesciati: dalla “distruzione creativa” alla “guerra pacificatrice”, passando per il “veleno salvifico” e l’”obbligo con consenso”, il salto dell’unico neurone rimasto nel cervello lavato dell’italiota intriso di propaganda bellica e di discriminazione normalizzata è facile. Indolore. Insapore. Incolore. Come l’adesione alla NATO come nuovo dogma. Sicuro ed efficace, come il non-vaccino, come le non-bombe elargite a pioggia, a battesimo buono e giusto. Ha ben detto Paolo Borgognone: siamo un paese colonizzato che fa il colonialista con gli altri e la Russia è forse l’ultimo bastione in difesa proprio di quei valori ‘cavallereschi’ (onore, fedeltà, onestà e signorilità) che erano un tempo i nostri, quelli dell’occidente ormai in declino, nonché unico argine alla globalizzazione.

Il sonno della ragione genera mostri, ammoniva l’incisione di Goya. E così, di mostro in mostro, di distopia in distopia, di emergenza in emergenza (il terrorismo ha gentilmente ceduto il passo alla pandemia che ora lo cede alla guerra delle guerre), il Great Reset di Davos si configura innanzitutto come reset intellettuale, con l’immersione nel metaverso che, parafrasando Baricco, sfila via i fatti dalla realtà lasciandoci solo storytelling.

Alla militarizzazione della lingua ci hanno abituati da due anni tra “coprifuoco”, “guerra alla disinformazione” e “chiamata alle armi contro le fake news”, come dice Calvino "Dove si fa violenza al linguaggio è già iniziata la violenza sugli umani", mentre proprio l’impoverimento del linguaggio è secondo Cristophe Clavé fra le cause dell’improvvisa diminuzione del quoziente intellettivo medio della popolazione mondiale (inversione dell’effetto Flynn) rilevabile negli ultimi venti anni :“Non c’è bellezza senza il pensiero della bellezza”. Ed ecco la parola, il racconto, la narrazione. La “Grande narrazione” (The Great Narrative) di Klaus Schwab (di gennaio 2022 ), che dopo averci detto nella “Quarta Rivoluzione Industriale” (del 2016) e poi nel “Grande Reset” (del 2020) che non possederemo nulla e saremo felici – non solo nessuna proprietà e quindi neppure il pane che i caritatevoli presìdi continueranno ad elargire solo ai possessori di Ahnenpass, ma neppure più il nostro corpo grazie alla fusione trans e post-umana delle nostre sfere “fisica, digitale e biologica” - ora ci mostra ancora chiarissimamente il vero significato delle parole “resilienza”, “sostenibilità”, “inclusione”, gretinamente e ciecamente svuotate e ribaltate nella “political correctness” che l’antropologa Ida Magli definì “la forma più sofisticata di lavaggio del cervello che i governanti abbiano mai imposto a i propri sudditi”: quello degli odierni narratori oligarchici si configura nelle loro stesse parole come "sforzo collaborativo dei principali pensatori del mondo per modellare prospettive a lungo termine e co-creare una narrativa che possa aiutare a guidare la creazione di una visione più resiliente, inclusiva e sostenibile per il nostro futuro collettivo". A proposito di furti di parole.

«La grande marcia della distruzione intellettuale proseguirà. Tutto sarà negato. Tutto diventerà un credo. Sarà una posizione ragionevole negare le pietre della strada; diventerà un dogma religioso riaffermarle. È una tesi razionale quella che ci vuole tutti immersi in un sogno; sarà una forma assennata di misticismo asserire che siamo tutti svegli. Fuochi verranno attizzati per testimoniare che due più due fa quattro. Spade saranno sguainate per dimostrare che le foglie sono verdi in estate.».
Gilbert Keith Chesterton, Eretici, 1905

La cancellazione del passato.
Mentre Julian Assange riafferma la propria umana (r)esistenza sposandosi in condizioni di prigioniero per aver detto la verità nel dissociato mondo in cui viviamo secondo le regole del bipensiero del Socing, ecco che ce l’hanno fatta: hanno trasformato il presente nel coagulo distopico orwelliano dove moderni Winston Smith obliterano il passato per possedere il futuro (“Chi controlla il passato, controlla il futuro: chi controlla il presente, controlla il passato”) nella frettolosa cancellazione dagli archivi di giornali mainstream di articoli del 2014 sulla carneficina dell’Euromaidan il colpo di Stato naziucraino in Donbass preparato e finanziato dagli USA; persino la pagina Wikipedia dedicata alla strage della Casa dei Sindacati di Odessa del 2 maggio 2014, tra il 29 e il 30 marzo è stata radicalmente modificata da ‘strage’ a generico ‘rogo’ con l’eliminazione di ogni riferimento alle precise responsabilità dei gruppi nazisti e nazionalisti ucraini (fra cui aver bruciato vive, sgozzato e finito a sprangate oltre 40 persone, superando ogni livello di disumanità nello strangolamento di una donna incinta con un cavo del pc e filmando l’atrocità con frasi di dileggio sulla “mammina russa e il suo figlioletto”, come pochissimi giornalisti hanno riportato, di certo il compianto Giulietto Chiesa con molti suoi documentari su quello che aveva definito un “Progrom programmato”, fra cui Odessa, 3anni per PandoraTv); o nella cancellazione di documentari sulla abominevole sepoltura dell’infanzia nei due minuti di odio russofobo impartito nelle scuole dove si vendono dolcetti di “sangue di bambino russo” (del resto nei libri di testo ucraini ai bambini viene insegnato a odiare la Russia, come denunciato dal ministro dell’istruzione russo Kravzov) e nei campi estivi di addestramento alla guerra per bambini e adolescenti (come denunciò The Guardian in un reportage del 2017 Ukraine’s far-right children’scamp) con una iconografia sfacciatamente banderofila (al nazista Stefan Bandera si ispira il battaglione Azov e buona parte di quelli che costituiscono il cosiddetto ‘esercito’ ucraino) e spesso satanista (manufatti satanici sono stati ritrovati accanto a quelli nazisti) alla luce del sole nero (Schwarze Sonne) e di un nazismo sdoganato dagli ‘antifascisti’ di casa nostra e ora acquistabile persino su amazon da felpe a tazze con logo del battaglione. Del resto, non tutti i nazisti sono uguali, esistono i nazisti buoni, come quelli di cui fa romantica apologia un incommentabile Gramellini senza destare dal sonno le dormienti platee di sinistrati pacifinti che acclamano l’ex attore, così democratico che ha appena sospeso tutti i partiti di opposizione e chiuso tutti canali tv non allineati, con persecuzione e persino incarcerazione per i blogger che osino dissentire ( Gleb Lyaschenko rischia 8 anni di prigione per aver scritto “Per 8 anni la Russia ha chiesto e persino implorato l’Ucraina di cambiare rotta… L’Ucraina ha rifiutato per 8 anni. Ed ecco il risultato”.)

La menzogna e la carneficina (dei cervelli).
Tutto fa brodo nel metaverso de-cognitivizzato delle masse suddito, prima covidiotizzate ed ora ucretinizzate dalle sempre più grossolane mistificazioni del Narratore Unico, tra fucili di cartone, crisis actor colti nella preparazione del trucco (con tanto di esposizione dell’inganno), improbabili giornalisti con elmetto di ordinanza che ha sostituito la mascherina con tranquilli passanti o turisti accanto o peggio sfondi di ologrammi che sconfinano tagliando la spalla in primo piano, la stessa modella-blogger incinta usata come vittima in diversi set (con 7 vite come i gatti), il crollo di una scala mobile della metro di Roma del 2018 spacciato per bombardamento russo su Kiev, sequenze tratte da videogiochi o persino episodi di Star Wars diffusi nei tg nazionali come attacchi russi, sfilate aeree di anni precedenti o teatri di altre guerre ed altri tempi fatti passare per attuali, carri armati ucronazi (non russi) che calpestano spietati automobili, fino al missile Tochka-U lanciato dai battaglioni nazionalisti sui civili di Donetsk (intercettato dall’antimissilistica russa che ne ha limitato i danni, ma che ha fatto comunque strage di persone in coda per la pensione, 20 morti e 28 feriti gravi inclusi bambini donne e anziani) spacciato per “massacro a Kiev presumibilmente perpetrato dall’esercito russo”… La Stampa è stata subito querelata dalla testata Ura.ru per aver usato la foto di un suo fotoreporter all’indomani dell’attacco, ma anche denunciata in sede ONU dalla Russia, per un falso che il prof Angelo d’Orsi definisce, in una lettera di addio al giornale di cui è storico collaboratore da molti anni, il punto più basso del giornalismo italiano “Avete toccato il fondo della disonestà giornalistica. State spingendoci verso la terza guerra mondiale”. Per inciso, anche Manlio Dinucci termina la sua lunga collaborazione con Il Manifesto dopo la censura di un suo articolo nel quale chiedeva di “aprire un dibattito sulla crisi ucraina” denunciando il piano strategico degli Stati uniti contro la Russia elaborato tre anni fa dalla Rand Corporation, un rifiuto di uniformarsi alla direttiva del Ministero della Verità che gli è costato la rimozione dell’articolo in pieno stile orwelliano (fra i punti stabiliti dal piano, “Anzitutto si deve attaccare la Russia sul lato più vulnerabile, quello della sua economia fortemente dipendente dall’export di gas e petrolio: a tale scopo vanno usate le sanzioni commerciali e finanziarie e, allo stesso tempo, si deve far sì che l’Europa diminuisca l’importazione di gas naturale russo, sostituendolo con gas naturale liquefatto statunitense. In campo ideologico e informativo, occorre incoraggiare le proteste interne e allo stesso tempo minare l’immagine della Russia all’esterno.” Non c’è che dire hanno realizzato tutto).

La fiera delle fake news di stato continua con fantomatici ‘massacri’ su obiettivi sensibilizzanti il benpensante (ospedali pediatrici, teatri, centri commerciali, asili - “I BAMBINI!!” - con morti totalmente inventati, asili e ospedali invece sgomberati da tempo e con violenza dagli stessi ucronazi per farne depositi di armi), un colpo di antiaerea ucraino e non un missile russo ha colpito il palazzo di Lungansk , e a Mariupol come altrove sono ‘paradossalmente’ (per l’euroatlantista borghese mediamente eterodiretto) proprio i russi cattivoni a mettere in salvo i civili usati invece come scudi umani dal loro stesso governo, cacciati nelle cantine senza acqua né cibo né luce né informazioni sui corridoi umanitari aperti e scippati delle loro case che vengono usate come perfette feritoie da cui sparare (ammazzando chiunque si rifiuti di farli entrare e lanciandone i cadaveri giù in strada, come raccontano gli abitanti di Mariupol intervistati, per i quali i russi sono liberatori). Come qualche acuto osservatore ha fatto notare, se i Russi fossero la NATO avrebbero fatto tabula rasa in pochissimo anziché condurre azioni chirurgiche e di bassa intensità con armamenti anche obsoleti, ma i Russi non sono la NATO e non solo non hanno velleità espansionistiche ridicolmente affibbiate loro dai corrispettivi guerrafondai del cosiddetto democratico occidente (godono di un territorio sconfinato e non densamente abitato, di riserve di minerali, di grano, di gas, hanno autosufficienza energetica, economica, alimentare e, soprattutto, spirituale) né soprattutto intenzione di danneggiare i civili. Tutto questo non lo vedrete né ascolterete in nessun canale di informazione mainstream, dopo la censura e chiusura di ogni voce non allineata (vedi Sputnik o Russia Today), ma emerge dalle testimonianze dei civili messi in salvo dai russi attraverso i corridoi umanitari che vengono loro negati, delle famiglie che riescono ad uscirne senza essere massacrate a bruciapelo dagli stessi ucraini mentre cercano la salvezza allontanandosi in bicicletta o in auto dai territori devastati, grazie al prezioso lavoro dei due soli giornalisti italiani rimasti watchdog (cane da guardia) non lapdog (cagnolino da salotto) del potere: Vittorio Rangeloni e Giorgio Bianchi, che il Donbass lo racconta dal vivo da almeno 8 anni, i quali rischiano la pelle ogni giorno per darci frammenti di verità taciute.

Il suddito ideale del regime totalitario non è il nazista convinto o il comunista convinto, ma colui per il quale la distinzione tra realtà e finzione, tra vero e falso non esiste più".
(Hanna Arendt, “Le origini del totalitarismo”)

Del resto è una fiction tv “Servitore del popolo” (in cui Zelensky interpreta un insegnante di storia di liceo che si batte contro la corruzione in politica e diventa proprio presidente dell’Ucraina, a breve anche sui nostri schermi) ad incoronare Zelensky alla presidenza (“Servitore del popolo” è anche il nome del partito da lui fondato nel 2017) in una oscillazione liquida fra realtà e rappresentazione, da comico e spogliarellista improvvisato a criminale di guerra che non solo permette ai nazisti di ammazzare il suo stesso popolo ma richiede a gran voce la terza guerra mondiale (no fly zone) in uno European war tour NATO-diretto in esclusiva per il pubblico occidentale, italiota in particolare, e i cui discorsi sono predisposti direttamente dai suoi sceneggiatori come l’onesta felpetta e gli sfondi fittizi da cui li propina. Attore che si è portato al governo co-fondatori e produttori della società di intrattenimento televisivo Kvartal 95 Studio, finanziata dall’oligarca ebreo Ihor Kolomoyskyi che ha finanziato ancheil battaglione Azov, e tutti questi soggetti (di una fiction contro la corruzione) sarebberocoinvolti in transazioni milionarie tramite società stabilite in paradisi fiscali come rivela l’inchiesta giornalistica dei Pandora Papers pubblicata dal Consorzio Internazionale dei Giornalisti Investigativi (ICJI) nell’ottobre 2021. Ma anche qui, c’è corruzione e corruzione, e alcuni oligarchi sono più uguali degli altri. Di certo, la realtà ha di gran lunga superato la fiction.

Ricordiamo en passant che la mozione presentata all’ONU a novembre 2014 dalla Russia contro la glorificazione del nazismo fu votata con 115 favorevoli, 3 contrari (guarda caso Ucraina, Canada e Stati Uniti) e 55 astenuti (fra cui l’Unione Europea, per la quale il nazismo evidentemente non è più il male assoluto).

Sulle “tante unanimi bugie in simultanea mai viste neppure in tempi di guerra fredda” ci metteva in guardia il lucido Giulietto Chiesa già 8 anni fa a Settembre 2014, pochi mesi dopo il golpe nazista in Ucraina: “Percepite quello che ho percepito io? In Ucraina è cominciata la Terza guerra Mondiale”

L’ipocrisia, la superficialità e i ‘malvagi per pigrizia’.Il Prof Mamone Capria, già vittima di censura della post-democrazia pandemica, in una lettera aperta ai colleghi qualche settimana fa scriveva “Ha detto un moralista francese del XVII secolo che l’ipocrisia è l’omaggioche il vizio rende alla virtù.L’Italia oggi sta morendo anche diipocrisia, e penso che in generale ma soprattutto tra i lavoratori della conoscenza, chi può permetterselo, e fintanto che può, dovrebbe evitare di contribuirvi.

Questo paese ha dato prova di essere ancora una volta il terreno di sperimentazione perfetta, nello spirito e nel corpo, con la sua plebe assolutamente etero-dirigibile e tanto rabbiosa quanto ipocrita nella viltà dell’abdicazione alla scelta. La stragrande maggioranza degli italiani è costituita dagli ignavi che Dante colloca nel canto terzo dell’Inferno, coloro che durante la loro vita non hanno mai agito né nel bene né nel male né hanno osato avere un'idea propria limitandosi ad adeguarsi sempre a quella del più forte. Sono gli ignavi che, ricordando Hanna Arendt, potremmo definire tristemente “malvagi per pigrizia” (La triste verità è che molto del male viene compiuto da persone che non si decidono mai ad essere buone o cattive). È la superficialità ad aver creato una massa totalmente de-empatizzata e se solo il bene ha profondità, come scrive la Arendt, allora è nostro dovere come esseri umani coltivare la profondità, andare a fondo nella conoscenza, e quindi nella coscienza, per poi risalire ed avere una visione d’insieme che sia non certo la verità ma sua costante ricerca, non la dottrina dell’Uno ma l’esercizio del Due (‘dubbio’ dal sanscrito dva o dvi = due). L’esercizio di quel puntinismo che ci insegna che tanti puntini formano un ‘quadro’ e che più che una rappresentazione è strumento di conoscenza della percezione visiva, partendo dalla constatazione che ogni colore influenza ed è a sua volta influenzato da quelli vicini. Questo comporta la complessità come cifra epistemica del presente che necessita di occhiali di lettura articolati e in relazione fra loro, non certo appiattiti su istantanee imposte e materialmente taroccate dalla propaganda o dallo stesso capo della comunicazione ucraina, un berretto verde messo lì dallo stesso Biden, come pure tutto il governo di Zelensky, come ci svela Franco Fracassi che da tempo indaga le relazioni pericolose fra Biden e i gruppi di potere ucraini infiltrati dai nazisti, passando per la Burisma e i 194 laboratori ai confini della Russia. L’Ucraina di oggi, ci spiega Fracassi, è dunque figlia dell’azione di Biden, un paese governato da nazisti portati al potere direttamente dagli USA.

Ecco lo sguardo della complessità oltre la facile psichiatrizzazione del dissenso, tipica del MiCulPop, già collaudata in 2 anni di plandemia. Per questo è apprezzabile che sia stato un giornale mainstream come Panorama a parlare del problema dell’estrema destra in Ucraina che la Russia denunciava come una delle motivazioni del suo intervento volto denazificare una terra in ostaggio dei battaglioni da almeno 8 anni, illustrando in un lungo articolo di Elisabetta Burba tutta l’iconografia nazista e antisemita all’interno degli affreschi delle chiese ucraine e le scenette antisemite per i bambini.

Connettere i puntini. Tra i fatti (non opinioni) la cui conoscenza è importante per comprendere l’iniziativa russa, fatti che vengono puntualmente taciuti, c’è in primis l’annosa questione del Donbass, da cui era arrivato un allarme per la recrudescenza della guerra nelle crudeltà sui civili vittime anche di torture che non vedrete mai nel mainstream (adulti e ragazzini spogliati e legati ai pali con nastro adesivo, con una palla in bocca per non sentirne le grida, per non parlare dei soldati russi vittime di crocifissioni, sgozzamenti, arti segati e occhi cavati in totale violazione della Convenzione di Ginevra sul trattamento dei prigionieri di guerra). Lo schema, sottolineano le poche voci indipendenti, è lo stesso usato in Siria, dove l’Isis è creatura USA armata in funzione antisovietica e l’intervento russo arriva a finire e non iniziare l’azione bellica. E se la reductio ad hitlerum di Putin è già paradossale oltre che superficiale se consideriamo che alla Russia il nazismo è costato un tributo di 25 milioni di morti (interessante in questo senso l’ultima folle demonizzazione della lettera Z, il nastro di San Giorgio che sconfisse il drago, simbolo adottato per ricordare la sconfitta del nazismo di cui i russi si fregiano con orgoglio dal 2014 contro la rinascita del nazismo alle porte di casa), aggiungiamo al pentolone l’espansione della Nato fino ai confini dell’ex Unione Sovietica con dispiegamento di sistemi di lancio in Ucraina che renderebbero Mosca raggiungibile da un missile ipersonico in 5 minuti (ci ricordiamo della crisi dei missili di Cuba? Ma lì le parti erano invertite e la minaccia era rivolta alla parte ‘buona’ del mondo…) e le recenti importanti esercitazioni NATO in territorio ucraino (benché ancora non parte dell’Alleanza Atlantica). Alla linea rossa superata si aggiunge la minaccia di guerra biologica con risvolti che coinvolgerebbero anche l’Italia nella collaborazione di medici italiani con l’IKEVUM di Kharkiv gettando luci ancor più sinistre sulla narrazione pandemica passata e su minacce future di uso di armi biologiche che qualcuno starebbe paventando e sventolando come false flag attribuibile ai russi per una ulteriore escalation su scala mondiale.

Sulla questione dei laboratori, dapprima ferocemente negata poi ammessa di fronte alle evidenze anche dalla narrazione ufficiale, aveva rotto il silenzio FoxNews. Le indagini condotte dal Comitato Investigativo della Russia hanno dimostrato poi il coinvolgimento diretto del Pentagono nello sviluppo di componenti di armi biologiche in Ucraina, e personale del figlio del Presidente, Hunter Biden, quello del laptop dello scandalo, nel finanziamento della creazione di agenti patogeni nei laboratori ucraini. La questione, poi ammessa dalla stessa sottosegretaria di Stato Victoria Nuland (colei che durante l’Euromaidan distribuiva dolcetti ai ‘resistenti’ e che, intercettata durante la decisione a tavolino sulla futura composizione del governo filoatlantista postgolpista, liquidava eventuali ostacoli da parte dell’UE con l’elegante “Fuck the UE!” si fotta l’Unione Europea)

Come ben riassume Francesco Amodeo, con il sacrificio del popolo ucraino, e la collaborazione del popolo italiota inconsapevole, gli USA sono riusciti ad ottenere ciò che avrebbero potuto raggiungere solo con una guerra mondiale: facendo combattere questa guerra da altri, sono riusciti a separare la Russia dall’UE, porre fine al gasdotto North Stream 2 ed esportare il 50% del loro gas in Europa (con buona pace degli ambientalisti gretini sui rischi e danni del fracking per estrarre il gas di scisto e sui costi di trasporto del gas liquefatto). Aggiungiamo lo sdoganamento del grano OGM sulle nostre tavole ed il quadro è un capolavoro. Nel frattempo la Russia, immune alla globalizzazione, ribalta le sanzioni trasformando i grandi marchi del consumismo occidentale in franchising di prodotti russi e iniziando la de-globalizzazione e la de-dollarizzazione (con il pagamento della fornitura del gas in Rubli eancorando il rublo all’oro), stringendo alleanze in un mondo che da unipolare sta diventando multipolare. Che ruolo avrà l’Italia in questo nuovo mondo multipolare se resterà colonia NATO?

Da “non ti vaccini, muori” a “non odi la Russia, muori”. Intellettualmente di certo. Anche se sei già morto, come il grande Dostoevskij. L’assurdo divieto al prof Paolo Nori di fare lezione su Dostoevskij non è che l’inizio di una russofobia creata e alimentata ad arte dagli stessi oligarchi dell’informazione e che ci ha costretto ad assistere a una serie di azioni barbare e indegne di un paese che non si può ormai dire più civile: l’epurazione riservata dalla Rai a chi osi dare una visione appena più complessa della tifoseria del solito divide et impera come il prof Orsini; l’esclusione dei disabili russi dalle paralimpiadi e persino dei gatti russi (i gatti!) dalle competizioni; la copertura delle statue del cosmonauta Gagarin, primo uomo nello spazio; la minaccia di esclusione da Wimbledon 2022 per i tennisti russi, Daniil Medvedev e Andrey Rublev se non “abiurano” dissociandosi pubblicamente da Putin; in certi locali si rischia grosso persino a chiedere un Moscow Mule o un White Russian, mentre un ragazzino viene picchiato nel bresciano perché russo (dopo anni di bla bla su bullismo e inclusione) e una studentessa disabile è cacciata dallo studio del suo medico per lo stesso motivo. Ma è nell’arbitrario sequestro delle proprietà degli oligarchi russi in Europa che possiamo vedere le connessioni con i piani delle élite nel solco del Great Reset, con l’attacco frontale alla proprietà privata, già overtonizzato dal blocco dei conti dei camionisti canadesi in protesta contro le restrizioni (“non avrai nulla e sarai felice” e controllabile, ovvio), attacco che si configura nei ceti più bassi con la riforma del catasto e l’impoverimento intenzionale e sistematico che non dipende dalla guerra, ma da decisioni prese dall’alto, passando per la digitalizzazione forzata quindi a maggiore controllo (ecco il credito sociale cinese cui hanno vincolato il lasciapassare e che ora rispunta nei citizen wallets a Roma come a Bologna, anglicismo coloniale per la tessera della premialità in base all’obbedienza, secondo i diktat dell’Agenda 2030). E se gli oligarchi dell’Occidente si chiamano filantropi, nel lavaggio in neolingua del bipensiero, di ben altre oligarchie si dovrebbe preoccupare l’Europa, in particolare dell’oligarchia dell’informazione che concentra tutto nei grandi gruppi come GEDI (Giorgio Bianchi mette in guardia anche sulla globalizzazione dell’informazione che mette a frutto il data mining della profilazione volontaria attraverso i social - quello più militarizzato di tutti, Facebook, viene da un progetto DARPA - infiltrandoli dopo aver incensato di autorevolezza da mainstream gli influencer che possono poi tornare a spargere menzogna spacciandola per verità ).

La campagna di odio nei confronti di tutto ciò che è Russo trova sua iperbolica eco nelle parole costate una querela da parte dell'ambasciatore russo in Italia ancora al quotidiano La Stampa che in un articolo auspicava l’uccisione fisica del presidente Putin. Capro espiatorio perfetto.

Tornando alla damnatio memoriae, un cartello a Mosca recita: “In alcuni Paesi hanno deciso di non interpretare Šostakovič, noi invece abbiamo deciso che la musica di Vivaldi è sempre bellissima. Non si può cancellare la cultura”. La differenza fra questo tipo di messaggio e una propaganda che si vanta di una sempre più grezza e isterica Cancel Culture in perfetto stile MinCulPop orwelliano che adatta il passato al presente per controllare il futuro, è abissale. I barbari siamo noi.

Dalla pandemia alla carestia. La guerra è dunque innanzitutto cognitiva, dove il territorio da conquistare è l’uomo nel suo essere mero recipiente di uno storytelling che ha preso il posto di qualunque residuo di informazione. Lo storytelling pandemico resterà in questo senso modello archetipico della manipolazione dell’informazione a senso unico, della parola dogmatica e ossimorica: dal medico (in)curante alle bombe di pace il passo è stato breve. E mentre il mondo dei pacifinti insanguina la terra parlando di pace, arma i nazisti che uccidono i civili sventolando bandiere giallo-blu in assembramenti non repressi con manganellate o idranti e prontissimi a passare dalle mascherine all’elmetto (i 12 miliardi non andranno a finanziare solo i nazisti ma anche l’esercito europeo che potrà così sedare ogni dissenso interno, con buona pace, appunto, del caro bollette e dell’inflazione in arrivo, le sanzioni sono per noi non certo per la Russia che se la sta cavando benissimo), l’Organizzazione Mondiale della In-sanità sforna in sordina un “Trattato Pandemico “ per il 2024 che verticalizza ulteriormente ogni decisione e prosegue la normalizzazione del format emergenziale. Il consolidamento del nuovo ordine totalitario necessitava di un passaggio narrativo, sempre sfruttando la paura e l’identificazione del capro espiatorio come forza motrice delle masse ormai ipnotizzate, ma il racconto, la grande narrazione, è la stessa. Non sono pochi ad aver notato che la geopolitica della pandemia coincide con quella della guerra, e che i paesi che hanno adottato le maggiori restrizioni sono anche gli stessi che sembrano fare di tutto per fare la guerra al proprio popolo, che sia con le bombe o con azioni suicide quali l’applicazione di sanzioni.

Ma i cervelli italioti frullati a dovere in questi due anni di pandemenza, grafenizzati, prionizzati ed ora riempiti dal nulla ipocrita e dalla dissonanza cognitiva ed emotiva (i bambini ucraini valgono più di quelli serbi o anche di quelli italiani esclusi da mezzi pubblici, attività ludiche e attività sportive), sembrano non riuscire proprio a vedere, neppure ora che anche il CTS, la famigerata cabina di regia che mandava droni all’inseguimento di solitari camminatori e arrestava i fuggitivi a un metro da casa, ha ammesso candidamente nelle parole cristalline di Donato Greco che ogni limitazione è stata inutile.

E cosi, mentre finisce lo stato di emergenza già illegittimo reso ancor più beffardo perché protratto per sostenere e finanziare una guerra in un paese neppure parte dell’UE né della NATO (del 31 marzo l’ennesimo schiaffo all’art 11 della Costituzione col voto di fiducia), il 1 aprile si aprono nuove finestre di Overton, con l’inedito stato di “inidoneità all’insegnamento” che punisce e relega i docenti rimasti con la schiena dritta in sgabuzzini per evitare contatti con gli alunni. Si chiama “demansionamento”, cioè rieducazione all’obbedienza con gogna pubblica per chi ha fatto dell’insegnamento la propria vita (Montessori aiutaci tu), il che potrebbe aprire scenari ancor più grotteschi di quelli dei nostri medici vessati e lasciati a morire di inedia con le loro famiglie per non aver ceduto al ricatto del siero assassino (come sta emergendo dallo Pfizergate e come ammesso persino da quell’edificio di corruzione, così Kennedy li definì, dei CDC di Atlanta, an edifice of fraud, che ci avrebbe privato dei dati per non urtare la nostra sensibilità nella piena adesione al diktat inoculatorio) e presto rimpiazzabili per decreto da quelli ucraini senza battesimo vaccinale e senza bisogno di alcuna equipollenza di titoli. Ma si aprono anche, dall’altro lato, più pericolose finestre con la parallela sottrazione alle generazioni future, già rivelatesi le più vulnerabili all’obbedienza anestetica al verbo unico, di quegli strumenti del pensiero che potrebbero poi rivelarsi strumenti di azione e di cui proprio la scuola dovrebbe farsi baluardo, quali lo studio della filosofia: è notizia di ieri la sua eliminazione dai programmi spagnoli, in favore di diritti lgbt ed ecofemminismo.

Come dico spesso, lo studio della filosofia e la lettura dei distopici sarebbero di per sé il vaccino contro ogni dogmatismo e totalitarismo: l’esercizio del pensiero e la rappresentazione delle distorsioni del suo divieto. Spetta a ciascuno di noi seminare ove possibile il dubbio e bucare il telo di questo Truman show, esporre la narrazione e difendere gli strumenti di conoscenza del reale per navigare in questo presente distopico e dispotico, ripristinare il passato e salvaguardare il futuro.

Perché la conoscenza è un’arma e chi ha gli occhi aperti, non li chiude più.

Non smettete mai di protestare; non smettete mai di dissentire, di porvi domande, di mettere in discussione l’autorità, i luoghi comuni, i dogmi. Non esiste la verità assoluta. Non smettete di pensare. Siate voci fuori dal coro. Siate il peso che inclina il piano. Siate spesso in disaccordo perché il dissenso è un’arma. Siate sempre informati e non chiudetevi alla conoscenza perché anche il sapere è un’arma. Forse non cambierete il mondo, ma avrete contribuito a inclinare il piano nella vostra direzione e avrete reso la vostra vita degna di essere raccontata. Un uomo che non dissente è un seme che non crescerà mai” (Bertrand Russell)


Beatrice Cavalli, Marcello Pamio

Secondo i dati pubblicati da Greenpeace dall’inizio del 2019 in Siberia sono bruciati qualcosa come 15 milioni di ettari di bosco, e ne stanno bruciando altri 5,6 milioni.[1]
Attualmente vengono effettuati interventi di spegnimento solo per un miserrimo 10%.
Numerose sono le petizioni sottocritte per chiedere che vengano effettuati interventi necessari e urgenti[2].
Il 25 luglio scorso la Camera bassa del Parlamento russo si è rifiutata di approvare il mandato protocollare al proprio Comitato specializzato di rivolgersi al Governo della Federazione Russa con la proposta di dichiarare lo stato di emergenza nelle regioni della Siberia colpite dagli incendi boschivi[3].
Ovviamente si sono accese discussioni relative alla situazione, e diversi sono i punti di vista: qualcuno ritiene che si debba intervenire, altri che non si debba fare assolutamente nulla.
Proponiamo le due posizioni antitetiche, sfruttando i pareri di due tra i numerosi giornalisti che si sono espressi sul problema.

Il primo è il giornalista Sergej Mardan, il quale nell’articolo del 1 agosto scorso, pubblicato sulla “Komsomol’skaja Pravda[4] fa notare che gli incendi boschivi in Siberia non sarebbero una novità, in quanto la tajga brucia ogni estate.
Quindi l’allarme diffuso in internet e le petizioni sottoscritte costituirebbero per lui una isteria infondata, dato che le cifre statisticamente non si differenzierebbero di molto da quelle dell’anno scorso: al 31 luglio di quest’anno, infatti, dal Ministero per le situazioni di emergenza della Federazione Russa (MČS Rossii) sono stati effettuati interventi per lo spegnimento di incendi boschivi su 107.000 ettari di bosco, mentre altri 2,8 milioni di ettari di bosco che bruciano vengono solo tenuti sotto controllo visto che gli incendi non presentano pericolo per centri abitati. Mentre l’anno scorso sono stati effettuati interventi di spegnimento su 64.000 ettari, mentre 2,4 milioni di ettari incendiati sono stati solo tenuti sotto controllo.

Sempre per Sergej Mardan, assurdo e infondato sarebbe l’isterismo sull’allarme di catastrofe ecologica mondiale lanciato dopo la dichiarazione del Governatore di Krasnojarsk secondo il quale cercare di spegnere gli incendi boschivi sarebbe economicamente senza senso.            
Egli fa presente che soltanto lungo la ferrovia Transiberiana e la ferrovia Bajkal-Amur (BAM) si trovano città e aeroporti, ma più all’interno non ci sarebbe anima viva, quindi che bruci tutto il bosco senza problemi. Su quelle verdi distese - dice il giornalista - cresce la foresta vergine, esattamente come cresceva 100, 1000, 100 mila anni fa. Ogni anno questa foresta brucia e poi in un periodo (insignificante rispetto all’eternità), di 30-40 anni cresce quella nuova, per cui non ha senso, dal punto di vista economico, volare per 1000 km all’interno della tajga per spegnere gli incendi: il bosco non è di nessuno e per giunta è una risorsa rinnovabile, mentre il carburante costa 60 rubli al litro, per mandare un aereo antincendio ad una distanza di 1000 km servono 25 tonnellate di carburante, e di voli ne occorrono più di uno, ed anche più di 10 e perfino più di cento.
Alla fine cerca di indorare la pillola, dicendo che in Russia, su una superficie totale boschiva di 1,14 miliardi di ettari, ne stanno bruciando 2,5 milioni, quindi solo un ridicolo 0,2%...

Ma le cose staranno davvero così?
Sicuramente può essere che quest’anno gli incendi boschivi siano usati come distrazione di massa, cioè per distogliere l’attenzione della popolazione da altri problemi, basti pensare alla situazione relativa alle prossime elezioni, in particolare al rifiuto di registrare diversi candidati realmente indipendenti e alla registrazione dei candidati pseudo-indipendenti sostenuti dal partito di potere “Edinaja Rossija” con pretesti vari e spudorate violazioni della legge.
O peggio ancora, si pensi all’approvazione nel silenzio tombale del progetto di legge che prevede modifiche a tutta una serie di leggi e codici volte ad indebolire ulteriormente ed a cancellare il diritto di proprietà su immobili e terreni, e a legalizzare i programmi e le azioni già in essere dell’attuale potere di spoliazione e deportazione dei proprietari. Certamente gli incendi stanno distraendo la popolazione, ma significa forse questo che la preoccupazione sia infondata o non abbia ragione di essere?

Il secondo giornalista è Andrej Uglanov, redattore capo del settimanale «Argumenty nedeli»Argomenti della settimana»), il quale nel suo video intitolato «Lesnye požary: kto stoit za prestuplenijem veka»Incendi boschivi: chi c’è dietro al crimine del secolo»)[5] pone al mondo alcune interessanti domande.
Come mai bruciano i boschi al confine con la Cina? E come mai la gente ogni anno soffoca nel fumo degli incendi boschivi? Chi ha trasformato 12 anni fa il 70% dei boschi statali della Russia in lotti di bosco ceduo privati, dandoli in mano - guarda caso - alla mafia cinese?

Perché German Gref è in libertà e non in carcere per la lobbizzazione del Codice boschivo anti russo del 2007?
Come mai dopo 200 anni di prosperità boschiva della Russia le attuali autorità hanno tagliato alla radice il servizio di guardie forestale migliore al mondo e il servizio aereo di spegnimento incendi?

E la domanda più importante: di chi è la mano che ha dato fuoco ai boschi?
Il giornalista fa notare come i canali televisivi federali presentano la situazione. Per loro, brucia già tutto, e solo l’eccelso Putin e Medvedev sono i grandi salvatori: volano dappertutto, distribuiscono sberle a tutti, e hanno già trovato gli incendiari. Hanno spinto a spegnere il fuoco i militari, e nonostante tutto quanto, Medvedev si è lasciato sfuggire che “mancano guardie forestali!”.
Questo è, secondo il giornalista Andrej Uglanov, il punto cruciale che sta all’origine del problema e delle responsabilità.

Già dai tempi dell’Impero Russo tutto ciò che succedeva nei boschi veniva regolato dai codici boschivi.
Nel 1831 venne creato il corpo delle guardie forestali, e a quel tempo i boschi erano di proprietà sia statale che privata.
Nel 1918 tutto passò sotto il controllo dei comitati boschivi dei governatorati (gubernii), successivamente inziò la gestione dei boschi sulla base di un piano unico statale. Poi tutti i boschi dell’Unione Sovietica furono trasmessi al governo e successivamente al governo del Paese furono attribuite le funzioni di protezione dei boschi dagli incendi.

Nel 1947 fu creato il Ministero dell’economia boschiva dell’URSS, e l’anno seguente approvato l’elenco di tutte le aziende silvicole e di tutte le unità forestali territoriali che le componevano (lesničestva).
Si trattava di un enorme complesso diviso in unità forestali territoriali con ingressi e passaggi a ciascuno dei quali era assegnata una guardia forestale.
Il primo colpo ai boschi russi fu inferto subito dopo la morte di Stalin, quando la gestione dei boschi fu trasmessa al Minselchoz che fece uscire il decreto di cessazione dei lavori per la creazione delle linee forestali difensive statali, dei boschi di quercia a destinazione industriale e di abolizione della programmazione statale di rimboschimento e imboschimento obbligatoria per i kolchoz e i sovchoz.

Nei successivi 20 anni ne vennero fatte di cotte e di crude, ma si riuscì a non attentare al sistema di gestione dei boschi nelle unità territoriali amministrative più basse che risalivano al sistema di gestione di prima della rivoluzione.
La vera e propria gozzoviglia, spiega l’autore del video, incominciò con Boris Nikolaevič Eltsin sotto il quale vi furono una serie di codici boschivi, che peraltro perfino sotto di lui non intaccavano l’appartenenza statale dei boschi.
La devastazione definitiva del patrimonio boschivo è avvenuta sotto Putin ad opera dei suoi capi di Stato. Il codice boschivo del 2007 (definito già allora da Greepeace “criminale”) uccise i leschozy e lesničestva che si erano formati in 200 anni.

Il bosco tutto ad un tratto divenne bene mobile, i diritti sul quale non dovevano essere registrati.
Da quel momento si poteva vendere il bosco separatamente dalla terra, sicché il bosco lo poteva tagliare chiunque. Così hanno tagliato di tutto, cancellando l’unica cosa che poteva trattenere l’acqua, e così quello rimasto prende fuoco per una qualsiasi scintilla: perfino la lente formata dalla rugiada mattutina attraverso la quale passa un raggio di sole può incendiare l’erba secca.
I vari animali: orsi, alci, volpi e tutti gli altri esseri viventi, di punto in bianco sono stati scacciati dalla loro nicchia ecologica. Moltissimi orsi oggi capitano nelle città perché non sanno più dove vivere.
Hanno distrutto oltre i leschozy, anche il servizio di difesa aerea dei boschi: tutti i piccoli aerei che prima volavano e tenevano sotto controllo gli incendi, che potevano portare paracadutisti ed operai, sono stati soppressi. Adesso per spegnere gli incendi inviano l’enorme IL-76 del Ministero della difesa della Russia che costa uno sproposito.

Quindi dal 2007 rimasero senza lavoro 170.000 guardie forestali con le loro famiglie, tutte persone che difendevano il bosco e gli animali compresi.
Secondo il nuovo codice, la difesa dei boschi sarebbe dovuta ai nuovi padroni, che se ne infischiavano degli incendi, degli orsi e delle persone.
Non solo, incendiare i terreni improduttivi è diventato di moda.
Hanno iniziato a tagliare i boschi e la colpa è del Codice boschivo del 2007.
Il suo autore è stato il Ministero dello sviluppo economico, a capo del quale c’era una persona di etnia tedesca cresciuta in Kazachstan che non sapeva cos’è un bosco, oppure voleva vendicarsi del Paese che mandò i suoi genitori in esilio a causa della loro nazionalità.

Fu così che German Gref inventò questa sua azione criminale: privatizzare tutto (terra, acqua e boschi) trasmettendo questa carta al Presidente del Comitato per lo sfruttamento delle risorse naturali, Natalja Komarova, della Duma di Stato. Lei, assieme ai membri del suo comitato, benedisse l’infame documento. Alla Duma questo codice lo presentò l’allora capo del governo Fradkov. Nella Duma questo codice venne timbrato dall’allora presidente del parlamento Gryzlov, mentre nel Consiglio della Federazione dopo un breve colloquio con Putin dall’allora presidente Mironov.

E così oggi in Russia tutto brucia, mentre i principali colpevoli si godono la vita in libertà invece di stare in carcere e soffocare per il fumo.
Il taglio del legno in Russia è al primo posto nel mondo per commercio, ma anche le perdite di copertura boschiva in Russia hanno costituito solo l’anno scorso 5,5 milioni di ettari, tre volte di più che negli Stati Uniti.
L’autore fa il confronto con la situazione incendi negli Stati Uniti, dove non solo esiste un’organizzazione capillare che interviene prontamente alla prima segnalazione, ma anche tutte le spese relative allo spegnimento degli incendi sono a carico del centro federale.

In Russia, invece, grazie a Gref si obbligano le regioni a farsi carico di tutte le spese!
In America, inoltre, c’è un severo controllo sul taglio dei boschi per il quale è necessaria l’approvazione della commissione competente e il benestare della popolazione. Una volta effettuato il taglio, poi, vengono marchiati non solo gli alberi tagliati, ma anche i relativi ceppi, e se ai controlli qualcosa non quadra sono multe per mezzo milione di dollari e carcere per cinque anni.

In Russia tagliano i boschi fondamentalmente delle bande di criminali legati ai cinesi...
Viene portato in Cina legname per 6 miliardi di dollari all’anno (valutazione al prezzo stracciato del legname tondo).


Non è possibile immaginare le enormi masse di legname portate via ininterrottamente senza fine, accatastate ai confini con la Cina per poi essere trasportate tranquillamente durante l’anno nelle loro fabbriche di lavorazione. E sono quasi sempre tagli illegali!
Le poche guardie forestali rimaste non possono fare nulla, altrimenti finirebbero ammazzati tutti.
Riguardo alle dimensioni degli incendi boschivi in Russia: negli ultimi anni si usa misurare la superficie colpita dagli incendi in ettari. Risultato: milioni. Cifre impressionanti.

Ma la statistica ci dice che l’anno peggiore per incendi boschivi si ebbe in Russia nel 1915, quando era in corso la Prima Guerra Mondiale: 160.000 chilometri quadrati di boschi, in ettari pari a 16 milioni.
Nel terribile 2010, quando soprattutto a Mosca tutto era avvolto nel fumo, gli incendi hanno interessato 20.000 chilometri quadrati. Nel 2017 ben 14.000 chilometri quadrati.
Nel 2018 sono stati 30.000 chilometri quadrati.
Quest’anno 2,3 milioni di ettari, cioé 23.000 chilometri quadrati.
La Russia zarista negli anni di guerra è stata in grado di affrontare incendi di 160.000 chilometri quadrati, e oggi i sabotatori con il loro codice Gref non vengono a capo neanche della decima parte?
A differenza dell’epoca oggi abbiamo aerei, elicotteri, e satelliti. Ma tutto è stato annullato proprio da Gref.
Perché ogni giorno la televisione mostra sempre gli incendi? E come Medvedev e Putin stiano lottando col fuoco quasi da soli?  

Le varianti di risposta possono essere due.
La prima, come sempre la statistica mente, e gli incendi in realtà sono 10 volte di più.
La seconda, è, come detto prima, un sistema per distrarre l’attenzione della gente da qualche imbroglio politico: il crollo catastrofico delle entrate della popolazione o le imminenti elezioni a Mosca e San Pietroburgo o altro.
Così è meglio spaventare per bene tutti con gli incendi e le inondazioni.

L’analisi di Andrej Uglanov è decisamente la più approfondita e responsabile.
Chi parte dal presupposto che “tanto, in trenta o quarant’anni il bosco ricresce” non tiene in considerazione il fatto che non è detto che bastino trent’anni perché si ripristini tutto l’ecosistema, ammesso poi che si ripristini, con tutta la biodiversità iniziale; che in ogni caso bisognerebbe essere sicuri che non bruci più di quanto ricresce; che in Russia la distruzione dei boschi e delle foreste avviene non solo ad opera del fuoco: i boschi vengono tagliati illegalmente col pretesto dei “tagli sanitari”, vengono distrutti, inquinati, etc.
Sembra che per coprire questa distruzione si arrivi a “ritoccare” le immagini satellitari perché appaia “verde” ciò che ora è ormai deserto.

Riassumendo le cause principali che hanno portato a questa situazione:

- modifica a livello legislativo dello status giuridico dei boschi;
- sistematica distruzione del sistema di protezione dei boschi;
- favoreggiamento del taglio selvaggio con leggi a favore di “acquirenti” stranieri (cinesi);
- favoreggiamento della distruzione col mancato intervento immediato per lo spegnimento degli incendi con la scusa di questioni di finanziamento e che sarebbe economicamente non vantaggioso.

Considerazioni personali
Un’analisi approfondita del problema non può essere contenuta in qualche paginetta.
In Russia i boschi vengono sistematicamente distrutti ovunque e questo è particolarmente visibile nelle città. A Mosca per esempio, con la scusa di renderli “confortevoli” e “attivi” i boschi-parchi-riserve naturali vengono “diradati” e privati del sottobosco per far posto a piste ciclabili, a locali dove strafogarsi di panini e hamburger, ecc.
Questo in Russia. Ma vogliamo vedere cosa succede in Italia? Cosa ne è stato del Corpo Forestale dello Stato? Cosa succede a chi taglia alberi illegalmente? Vengono forse condannati a pagare, o messi in prigione come - secondo Andrej Uglanov - succederebbe negli Stati Uniti?

Non succede anche in Italia che i boschi vengano “diradati” e privati del sottobosco per far posto alle piste ciclabili, o ad altri vari “panem et circenses”, tipo poligoni di tiro con l’arco, o giochi ed intrattenimenti vari? Non ha forse anche l’Italia il suo Gref o simile?
Dove sono quelli che si adoperano per proteggere i boschi? Come possiamo aiutarli?
Molti anni fa un russo mi disse che in Italia, come del resto in tutta l’Europa, non ci sono più boschi.
Al momento quella affermazione mi lasciò perplessa: “Come non ci sono boschi? Certo che ci sono, in montagna, per esempio”.

Successivamente ho compreso cosa intendeva: in Italia non ci sono più boschi veramente naturali, vergini, ma solo parchi modellati dagli uomini. Parchi ridotti e aggiustati dall’uomo a propria misura.
E più l’essere umano degenera e si degrada fisicamente e mentalmente, più riduce e aggiusta (distrugge) a sua misura la natura - la fa diventare “comoda”.
Se vogliamo salvare il salvabile dobbiamo ritrovare il piacere e la soddisfazione di far fatica: di salire e scendere con le nostre gambe, non importa quanto ripide e lunghe siano la salita o la discesa, camminare con le nostre gambe, saltare, portare pesi con i nostri muscoli, sbarazzandoci di tutto il superfluo, e scopriremo che muoversi non è poi così faticoso. Muoversi è Vita.
Nel bosco non si può andare con le ruspe, neanche con quelle piccole, né con le moto, né con le biciclette, e neanche con le slitte trainate dai cani. Nel bosco si può andare solo a piedi, percorrendo sentieri il più stretti e meno visibili possibile, senza fare danno, senza lasciare traccia, facendo il minor rumore possibile, cercando di non disturbare la Natura neanche col rumore dei nostri pensieri.

Mosca, 20.08.2019

[1] https://greenpeace.ru/blogs/2019/08/14/17597/

https://greenpeace.ru/blogs/2019/08/16/kak-pozhary-sibiri-vlijajut-na-klimat-vo-vsjom-mire/

[2] https://www.change.org/p/требуем-ввести-режим-чс-на-всей-территории-сибири-по-лесным-пожарам-июль-2019г) questa petizione dal 22 luglio ha raccolto più di un milione di firme. Chiede di dichiarare lo stato di emergenza sul territorio della Siberia.

[3] https://www.youtube.com/watch?v=tz3VQrcKUKI&feature=youtu.be&fbclid=IwAR1rpRAFUelrdU6OP8VC3yZHYYfwn--VP4bgizhq0fDqzxYK2Xna34mXbxw

[4] https://www.kp.ru/daily/27010/4072087/

[5] https://www.youtube.com/watch?v=9Bz1m6anTRk