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L'Argentina si prepara a declassificare i file del governo sui fuggitivi nazisti che arrivarono nel paese alla fine della Seconda Guerra Mondiale, tra cui baffetto Adolfo.
Scusate ma qual è la notizia?
Chi ha il cervello connesso non si è mai bevuto la storiella…
Mentre le truppe sovietiche si facevano strada nel cuore di Berlino il 30 aprile 1945, Hitler e la neosposetta Eva Braun si uccisero nel führerbunker per evitare la cattura. 😂😂😂
Così dice la narrativa ufficiale.
La verità come sempre è un'altra cosa.
I gerarchi nazisti grazie alla complicità di Amerika e Vaticano vennero fatti uscire dalla Germania e portati oltre oceano.
Due le Operazioni congiunte: "Paperclip" e "Odessa".
L'Operazione Paperclip di stampo amerikano tra il 1945 e il 1959, avrebbe trasferito nei laboratori militari a stelle e strisce circa 1.500 scienziati nazisti.
L'Operazione Odessa (Organisation Der Ehemaligen SS-Angehörigen, Organizzazione degli ex-membri delle SS) realizzata dal Vaticano avrebbe messo in salvo numerosi nazisti in Sudamerica…
Lo so, rientro tra i bastardi revisionisti, ma non è colpa mia se la storia andrebbe riscritta tutta.

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L’ideologia che considera l’aumento numerico della popolazione come la principale causa della fame, della scarsità delle risorse e della povertà umana, proponendo come soluzione il controllo delle nascite, va sotto il nome di malthusianesimo.
Il nome deriva da Thomas Robert Malthus (1766-1834) un pastore americano, più noto come economista o demografo.

Le sue teorie sulla depopolazione sono tra le più influenti e controverse della storia degli ultimi 200 anni, ma purtroppo attualissime.
Malthus nacque nel 1766 a Survey da una famiglia benestante di proprietari terrieri.
Studiò a Cambridge dove si laureò in Lettere, specializzandosi successivamente in matematica e filosofia. Nel 1788 fu ordinato pastore della chiesa di Inghilterra e dieci anni più tardi, nel 1798, scrisse il saggio ”Sulla popolazione”.

Malthus sosteneva che la produzione alimentare cresce secondo una progressione matematica (1,2,3,4,5,6...), mentre la popolazione cresce con una progressione geometrica (2,4,8,16,32…). Questo sarebbe il motivo per cui l'umanità è destinata ad andare incontro alla fame se non si ferma la crescita della popolazione.
Malthus riteneva le riforme sociali altamente dannose per la società, perché il miglioramento economico delle classi povere avrebbe stimolato l'incremento demografico, il peggiore dei mali. Ogni iniziativa governativa di aiuto ai poveri era per Malthus motivo di epatite fulminante.

Le classi da difendere sono quelle che consumano senza produrre: ovviamente i grandi proprietari terrieri, per questo motivo criminalizzò i poveri e difese gli interessi della classe dominante colonialista. Scontato dire che il pastore godette del sostegno della Compagnia delle Indie, pura espressione degli interessi coloniali di Sua Maestà.
Il problema sapete qual è? Al giorno d’oggi moltissime personalità (Bill Gates, Elon Musk, Al Gore, ecc.), si basano sulle sue teorie.

Filippo Duca di Edimburgo (1921-2021), Presidente fondatore del WWF, dichiarò all'agenzia stampa tedesca l'8 agosto del 1988 che: “nel caso che io rinasca, mi piacerebbe essere un Virus letale, così da contribuire a risolvere il problema della sovrappopolazione….”

Per non parlare dell’ebreo William David Foreman (1946-2022), redattore della rivista Earth First, dirigente dell'associazione ecologista Deep ecology, che paragonava l'umanità al cancro del pianeta.

Da Malthus in poi l'ideologia del controllo della popolazione si è evoluta nella direzione di misure coercitive per controllare le nascite, fino al sostegno esplicito a misure eugenetiche e razziste!
Esattamente come il nazismo, verrebbe da dire! Sbagliato: le più becere strategie contro la Vita e contro l’umanità sono nate nel mondo angloamericano!

Charles Darwin
La vera svolta che portò alla nascita di una cultura contro la vita si ebbe con Charles Darwin (1809-1882), il famoso studioso britannico che identificò nella lotta per l'esistenza il motore del processo evolutivo.

Nel novembre del 1859 uscì la prima edizione del libro “Sull'origine Delle specie, per selezione naturale”, stampato in 1.250 copie, tutte bruciate nello stesso giorno.
Come Darwin stesso racconta, l'idea della selezione naturale gli fu suggerita dalla lettura dell'opera del pastore Thomas R. Malthus.
Come molti dell’epoca, Darwin era un massone, e la sua teoria diede un impulso allo sviluppo della moderna ideologia razzista ed eugenetica, al punto che divenne un elemento centrale dell'ideologia imperiale britannica! Moltissimi anni prima dell’apparizione sulla scena del baffetto!

Herbert Spencer e Francis Dalton
Herbert Spencer (1820-1903) fu un giornalista britannico convinto che il principio evoluzionistico di Darwin dominasse tutto il sapere umano e non solo l'evoluzione delle specie.

Tutto secondo lui si poteva spiegare grazie all’evoluzionismo, per cui si mise in testa l'idea di pubblicare una sorta di nuova enciclopedia interamente basata su questo concetto.
Ovviamente per questo progetto venne sostenuto e finanziato dai massoni dell'epoca...
Spencer divenne famoso come il creatore della dottrina del “darwinismo sociale”. Fu lui infatti a coniare l'espressione “sopravvivenza del più forte”, non a caso la sua idea era molto semplice: bisogna eliminare ogni legislazione che renda la vita comoda agli individui; la società, soprattutto nel campo dell'economia, deve essere regolata da leggi selvagge, senza facilitazioni come case comode e riscaldate, salari minimi e orario di lavoro regolato, perché questo andrebbe contro la legge darwiniana della selezione naturale.
L’evoluzionismo biologico è la giustificazione della sopravvivenza dei più forti!

Poi toccò a Francis Galton (1822-1911), cugino di Charles Darwin. Egli non era soddisfatto dei risultati del processo naturale di evoluzione e per questo sosteneva la necessità di migliorare la razza umana attraverso una selezione!

Fu lui a coniare il termine “eugenetica” (nel 1884 nell'opera “Human Faculty”), dal greco genesis, che significa “procreazione”, e l'aggettivo “eu”, che significa “buono”, quindi “buona procreazione”.
L’eugenetica pertanto è la disciplina che propone la riproduzione solo dei “geni buoni”.
Galton era convinto che tutte le qualità o i vizi umani si trasmettessero geneticamente,e per questo fu tra i primi ad affermare che le popolazioni di colore erano “geneticamente inferiori”, che gli ebrei erano “parassiti” e che la povertà si trasmettesse geneticamente.

La sterilizzazione delle masse
Nel 1910 l’ambientalista razzista Charles B. Davenport (1866-1944), fondatore dell’Eugenetics Record Office (ERO) negli Stati Uniti d’America si fece promotore della sterilizzazione dei meno adatti.

Ma già nel 1907 lo Stato dell'Indiana aveva promulgato la prima legge sulla sterilizzazione dei pazienti ricoverati in istituti psichiatrici, persone condannate per crimini sessuali e tutti coloro che venivano considerati imbecilli ai test del QI, oltre agli individui depravati ed epilettici.
Nel 1927 in Virginia passò la legge che consentiva di applicarla forzatamente ai pazienti disabili.

Le argomentazioni a favore di simili aberranti pratiche furono presentate in modo così convincente che nel 1937 un sondaggio fatto da Fortune rivelò che il 63% degli americani era favorevole.
Nel 1926 la Società Eugenetica Britannica stampò decine di migliaia di copie di un pamphlet in cui venivano spiegati i grandi vantaggi della sterilizzazione.

Queste informazioni sono importanti, perché stiamo parlando di molto tempo prima dell’arrivo in Germania di Adolf Hitler (1889-1945): Svezia, Danimarca, Finlandia, Norvegia, Svizzera, e ovviamente Inghilterra e Stati Uniti d'America adottavano già legislazioni a favore della sterilizzazione per il miglioramento della razza.
Solo nel 1933 Hitler promulgò la legge per la sterilizzazione eugenetica, che fu vista con favore dai potenti circoli americani e britannici…

Conclusione
La narrazione ufficiale ci insegna che fu il nazismo tedesco ad essere razzista, xenofobo e assassino, quando invece i veri eugenetisti sono da sempre stati gli angloamericani!
Cosa succederebbe oggi se dovessimo usare lo stesso metro di giudizio, tipo il QI nei Parlamenti italiani? Quanti ne dovremo castrare e/o sopprimere? La domanda è retorica ovviamente!

Ecco i principi cardine della Propaganda nazista.
Nonostante siano passati oltre ottant'anni, non è cambiato nulla. Ieri come oggi il condizionamento delle masse è fondamentale per il Sistema!

𝟭) 𝗜𝗻𝗰𝗼𝗹𝗽𝗮𝗿𝗲 𝗴𝗹𝗶 𝗮𝘃𝘃𝗲𝗿𝘀𝗮𝗿𝗶 𝗽𝗲𝗿 𝘁𝘂𝘁𝘁𝗶 𝗶 𝗽𝗿𝗼𝗯𝗹𝗲𝗺𝗶;

𝟮) 𝗥𝗶𝗽𝗲𝘁𝗲𝗿𝗲 𝗯𝘂𝗴𝗶𝗲 𝗳𝗶𝗻𝗰𝗵𝗲́ 𝗻𝗼𝗻 𝘃𝗲𝗻𝗴𝗼𝗻𝗼 𝗮𝗰𝗰𝗲𝘁𝘁𝗮𝘁𝗲 𝗰𝗼𝗺𝗲 𝘃𝗲𝗿𝗶𝘁𝗮̀;

𝟯) 𝗠𝗮𝗻𝗶𝗽𝗼𝗹𝗮𝘇𝗶𝗼𝗻𝗲 𝗮𝗴𝗴𝗿𝗲𝘀𝘀𝗶𝘃𝗮 𝗱𝗲𝗶 𝗺𝗲𝗱𝗶𝗮;

𝟰) 𝗜𝗻𝗳𝗼𝗻𝗱𝗮𝘁𝗲 𝘁𝗲𝗼𝗿𝗶𝗲 𝗱𝗲𝗹𝗹𝗮 𝗰𝗼𝘀𝗽𝗶𝗿𝗮𝘇𝗶𝗼𝗻𝗲;

𝟱) 𝗕𝗼𝗹𝗹𝗮𝗿𝗲 𝗴𝗹𝗶 𝗼𝗽𝗽𝗼𝘀𝗶𝘁𝗼𝗿𝗶 𝗰𝗼𝗺𝗲 𝗮𝗻𝘁𝗶𝗻𝗮𝘇𝗶𝗼𝗻𝗮𝗹𝗶;

𝟲) 𝗩𝗶𝘀𝗶𝗯𝗶𝗹𝗶𝘁𝗮̀ 𝗰𝗼𝘀𝘁𝗮𝗻𝘁𝗲 𝗱𝗲𝗹 𝗹𝗲𝗮𝗱𝗲𝗿;

𝟳) 𝗨𝘁𝗶𝗹𝗶𝘇𝘇𝗮𝗿𝗲 𝗺𝗮𝗻𝗶𝗳𝗲𝘀𝘁𝗮𝘇𝗶𝗼𝗻𝗶, 𝘀𝗹𝗼𝗴𝗮𝗻, 𝘀𝗶𝗺𝗯𝗼𝗹𝗶 𝗲 𝗶𝗰𝗼𝗻𝗲;

𝟴) 𝗢𝗴𝗻𝗶 𝗮𝘁𝘁𝗼 𝗱𝗲𝘃𝗲 𝗲𝘀𝘀𝗲𝗿𝗲 𝗴𝗶𝘂𝘀𝘁𝗶𝗳𝗶𝗰𝗮𝘁𝗼 𝗶𝗻 𝗻𝗼𝗺𝗲 𝗱𝗲𝗹𝗹𝗮 𝗻𝗮𝘇𝗶𝗼𝗻𝗲;

Disinformazione.it

Marcello Pamio - 1 maggio 2022

A lungo si è dibattuto se Adolf Hitler (1889-1945?), il padre del nazismo, nonché eroe dei militari ucraini, fosse o meno di origini ebraiche. Folle l’idea che nelle vene dell’architetto dell’Olocausto scorresse sangue giudeo, ma dovremmo essere abituati al fatto che la realtà spesso supera la più fervida delle fantasie, e le prove storiche lo confermano!

Alois Hitler (1837-1903), il padre di Hitler, nacque nel 1837 da Maria Anna Schicklgruber (1795-1847), una donna non sposata che non rivelò mai l’identità del padre biologico, e per questo registrò il figlio come illegittimo. Nel 1930 Hans Frank, l’avvocato di Hitler, avrebbe indagato sull’albero genealogico del gerarca, trovando le prove che il padre di Alois era un ebreo austriaco. Oggi sappiamo che Maria viveva e lavorava come domestica nella casa di Solomon Mayer von Rothschild (1774-1855) in Austria, e quando rimase incinta venne cacciata dall’ashkenazita. L’aveva ingravidata Solomon, che quindi risulta essere il nonno di Hitler?

Recentemente i giornalisti Jean-Paul Mulders e Marc Vermeer hanno fatto analizzare il DNA di 30 stretti consanguinei del führer scoprendo un comune aplogruppo E1b1b1 assai raro, tipico delle popolazioni ashkenazi e nord africane.

Albero filogenetico

Prende così corpo l’ipotesi che appunto il padre di Hitler, Alois fosse figlio illegittimo di Solomon Mayer Rothschild presso il quale sua madre Maria Anna Schicklgruber prestava servizio come domestica, circostanza che risulta dai registri del commissariato di polizia. Scoperta la gravidanza la donna fu cacciata. Al concepimento di Alois, Solomon Rothschild aveva 63 anni ed era in crisi con la moglie che non viveva più con lui.

Nel 1907 alla morte della madre partì per Vienna dove sparì per 10 mesi. Cosa andò a fare? Fu allora deciso quello che sarebbe stato il suo futuro?

Hitler conosceva le sue origini e cercò di cancellarle.
Nel 1931 ordinò infatti alle SchutzStaffel (SS) di indagare sulle presunte voci riguardanti i suoi antenati e ordinò al genealogista Rudolf Koppensteiner di pubblicare l’albero genealogico illustrato.

Albero genalogico

Fu pubblicato nel libro “Die Ahnentafel des Fuehrers” nel 1937 e ovviamente la famiglia di Hitler era tedesca-austriaca e non ebraica. L’origine ariana di Hitler quindi era salva...

Marcello Pamio

Era solo questione di tempo…
Il «dio in terra», quello col camice bianco e l’ego malato, da molti decenni sta mettendo le mani e i nanobisturi nel DNA, nella catena della Vita, nel «libro segreto» e delicatissimo.
Ovviamente se lo fanno è perché stanno lavorando per noi, d’altronde il fine ultimo è sempre il miglioramento, la diagnosi precoce, la prevenzione e la guarigione. Cosa c’è di più nobile?
Però questo tipo di manipolazione disastrosa ha un preciso nome: «eugenetica». Termine coniato nel 1883 dall’antropologo britannico Francis Galton (1822-1911), nipote di Charles Darwin (1809-1882), per indicare quella disciplina che avrebbe lo scopo di favorire e migliorare le qualità di una razza.
Le teorie malate di Galton, sostenute e amplificate dalle correnti darwiniste e malthusiane, vennero assorbite e diffuse prima nei paesi anglosassoni (Inghilterra e Stati Uniti in primis) e infine nella Germania nazista[1]. Avete letto bene, Hitler venne in contatto con le teorie razziali durante la sua prigionia nel carcere di Landsberg leggendo proprio i trattati razziali dei ricercatori inglesi e americani. Ma anche se il führer ha avuto un leggero ritardo, i suoi medici non hanno mai smesso di ricercare…

L’esempio di Candido Godoi è illuminante. Si tratta di una cittadina, in uno sperduto angolo del Brasile, che ha un primato assai strano: il 20% dei parti è gemellare, quindi 1 su 5, quando la media mondiale è di 1 ogni 100. Ma non è finisce qua, perché oltre alle centinaia di parti gemellari, i bambini sono tutti biondi e con gli occhi azzurri!
Sarebbero i «figli» (vedi foto sotto) del tristemente noto Angelo della Morte, il dottor Josef Mengele.

Ebbene sì, sempre più evidenze dimostrerebbero che il medico dei lager è fuggito dalla Germania, sotto protezione della CIA, grazie ad un passaporto falso della «Croce Rossa» e all’intercessione del Vaticano. Il dottor morte sarebbe prima andato in Argentina e poi in Brasile, e qui avrebbe fatto per decenni esperimenti sulla popolazione…
Secondo i libri di storia, con il processo di Norimberga il nazismo è stato spazzato via, insieme ai suoi aberranti esperimenti. Purtroppo la realtà è sempre molto distante.

Oggi all’eugenetica hanno infilato un vestitino nuovo, edulcorandola con altri nomi.
D’altronde cos’è la «diagnosi prenatale» e cosa sono gli studi sul patrimonio genetico per la selezione genotipica dei soggetti a rischio di malattie? Per non parlare della selezione germinale mediante la scelta di gameti conservati nelle banche del seme. O che ne so, scegliere in un catalogo i tratti genetici (biondo, alto, occhi azzurri, sportivo, ecc.) che vorremmo in nostro figlio?
Non è eugenetica vedere in cataloghi specializzati i profili delle madri surrogate? Quelle donne che porteranno il bambino in pancia per nove mesi e poi lo cederanno per soldi ad altri. Le donne in catalogo possono essere bionde, more, ricce, lisce, bianche, nere, asiatiche, e per ogni donatrice è elencata altezza, peso, titolo di studio e hobby[2]. Quindi il ricco compratore può scegliere e selezionare le caratteristiche della donna il cui utero porterà dentro la sua «merce».

Nel 1968 la manipolazione della genetica umana viene delineata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e indirizzata solo alla riduzione della mortalità imputabile alla malattia e alla prevenzione della malattia stessa. Ma sappiamo essere solo chiacchiere e distintivi…
Dall’inizio del XX secolo ai nostri giorni, di acqua sotto i ponti della macabra ricerca ne è passata tantissima, e tralasciando le modifiche animali, arriviamo direttamente alla creazione dei primi esseri umani con DNA modificato.
L’inquietante notizia arriva dalla Cina.

Uno scienziato con gli occhi a mandorla ha dichiarato di aver contribuito a creare i primi esseri umani geneticamente modificati al mondo: due gemelle di cui ha alterato il DNA.
Alla fine due gemelline Lulu e Nana, di meno di un mese, sono i primi esseri umani nati con il loro DNA modificato grazie a una tecnica di ingegneria genetica chiamata Crispr.
Lo ha annunciato all’«Associated Press» lo stesso He Jiankui dell’Università di Shenzhen, in occasione di convegno a Hong Kong, il quale ha subito spiegato che l’intento non era di curare o prevenire malattie ereditarie, ma di rendere l’organismo resistente all’infezione dal virus HIV dell’Aids. A parte il fatto che ci sarebbero tante cose da dire su questo fantomatico retrovirus, ma ricordo che già nel 2015 i cinesi (ahinoi leader in questo settore) avevano annunciato al mondo di avere modificato geneticamente embrioni umani, non adatti, però, a essere impiantati.
Sono riusciti a manipolare uno zigote umano, derivato da ovociti fecondati da due spermatozoi, ottenuti con procedure di fecondazione in vitro.
All’epoca hanno usato la medesima tecnologia, la «Crispr-cas9» e i risultati sono stati allucinanti: il gene è stato “riparato” solo in pochi casi, mentre si sono avute diverse mutazioni non volute in altri geni. Infine, gli embrioni sono risultati essere composti da cellule geneticamente differenti.[3]

Nonostante questo sono andati avanti.
Finora tale tecnica è stata usata solo sulle cellule somatiche per curare malattie, ma non certo su quelle riproduttive o addirittura su embrioni umani.
Modificare e alterare ovuli, spermatozoi o embrioni significa mette le mani nelle caratteristiche genetiche che poi verranno trasmesse alla prole dell’individuo GM.
Questi esperimenti sono ufficialmente banditi nella maggior parte dei Paesi, eppure le tecniche di manipolazione genetica umana stanno proseguendo.
Alcuni ricercatori hanno addirittura definito l’esperimento del cinese «una mostruosità», perché gli embrioni manipolati erano sanissimi e non avevano malattie genetiche.

Perfino la dottoressa Jennifer A. Doudna, docente di chimica e biologia molecolare a Berkeley, una di quelle che ha contribuito alla creazione di Crispr, nel 2015 ha chiesto una moratoria mondiale sull’utilizzo della tecnologia che lei stessa ha sviluppato. Come mai?
Nel 2017 nella prefazione del libro scritto dalla Doudna, si paragona l’editing molecolare alla «bomba atomica», e in effetti nelle mani sbagliate, queste manipolazioni sono una vera e propria bomba ad orologeria che può deflagrare in maniera inaspettata.
Subito dopo l’annuncio della nascita delle due gemelle, la «Technology Review», rivista scientifica del prestigioso «Massachusetts Institute of Technology», riferisce che la procedura di modifica del DNA è stata descritta in un documento dell’università cinese di Shenzen ed era stata approvata dal comitato etico dell’ateneo.
Sette gli embrioni che sarebbero stati geneticamente modificati sul recettore CCR5, per una maggiore resistenza al virus dell’Hiv, e in futuro - aprite bene le orecchie - a quelli di vaiolo e colera[4].

Quindi gli embrioni prima, e le due gemelline poi, sono cavie da laboratorio per testare quella che sarà sicuramente la nuova frontiera genetica della «guerra ai germi».
Oltre ai vaccini esterni (che non funzionano e fanno danni), questi genialoidi da manicomio stanno manipolando il DNA per attivare e/o stimolare i geni adibiti alla risposta immunitaria!
Più chiaro di così!

Fin prima del concepimento l’uomo verrà geneticamente programmato per resistere a qualsiasi malattia infettiva e non, che loro hanno deciso.
Il concepimento naturale, da quest’ottica, è di per sé un atto riprovevole e soprattutto foriero di «errori», per questo sarà sostituito negli anni, dalla perfezione dell’ingegneristica molecolare.

Film di fantascienza, come «Gattaca: la porta dell’universo» (1997), o «The Island» (2005), stanno diventano sempre più realistici.
Nel primo la suddivisione in classi della società è rigidamente basata sul codice genetico. Solo i cosiddetti «Validi» sono concepiti in laboratorio e “scelti” dai propri genitori per avere accesso ai ruoli più in vista, mentre i «Non-validi», quelli nati da un rapporto amoroso naturale, sono destinati ai lavori più umili. Il messaggio è millimetrico: i figli dell’amore sono sfigati nella vita!
Il secondo film invece descrive un futuro molto prossimo, in cui una colonia chiamata «L’Isola» letteralmente “coltivati” in laboratorio migliaia di cloni come riserva di organi per i rispettivi padroni-umani.
Quanto manca alla realizzazione di queste visioni? Soprattutto ora che la bomba atomica è stata sganciata all’interno del DNA umano?

Supponendo che le due gemelline Lulu e Nana ce la facciano a crescere, quali potranno essere le conseguenze dirette e/o indirette del loro patrimonio genetico manipolato? La ricombinazione genica, e l’innata attitudine della Natura di correggere eventuali “errori” o “ingerenze”, aprono scenari da far impallidire il maestro dell’horror, Stephen King…

 

[1] «Eugenetica», http://www.treccani.it/enciclopedia/eugenetica/

[2] «Chi offre di più? Ovuli, uteri in affitto e bambini sintetici…», Marcello Pamio,  https://disinformazione.it/2018/05/29/chi-offre-di-piu-ovuli-uteri-in-affitto-e-bambini-sintetici/

[3] «In un laboratorio cinese è stato modificato un embrione umano», Internazionale, 25 aprile 2015 https://www.internazionale.it/scienza/2015/04/25/embrione-modificato-cina

[4] «Bimbe Ogm, Mit: c'è documento e ok etico» http://www.rainews.it/dl/rainews/articoli/ContentItem-ee664197-a83a-4c03-b4b8-c349e164b0aa.html?refresh_ce


Ricciotti Lazzero – tratto da «Storia illustrata», nr. 338 del 1986

La chiameremo Volkswagen, auto del popolo. Così volle il capo del Reich deciso a fare decollare anche in Germania, come era accaduto in America, la motorizzazione di massa. L’obiettivo era di produrre 1 milione e mezzo di vetture ogni anno. Ma lo scoppio della guerra mandò all’aria il progetto…

Uno dei primi modelli di Wolkswagen (Vw3), 1935

«Herr Doktor Porsche: voglio un'automobile popolare, ein Kleinauto [una piccola auto] con la quale gli operai tedeschi possano andare in fabbrica motorizzati come gli americani, e non più in bicicletta. Il prezzo non deve superare i 1.000 marchi. Mi presenti delle proposte».
La Volkswagen, cioè l'«auto del popolo», nacque cosi, nell'autunno del 1933, con un monologo di Hitler davanti a Ferdinand Porsche, pilota austriaco e costruttore di vetture da corsa, convocato a Berlino, alla cancelleria del Reich. Il leader nazista, assunto il potere con le sue «camicie brune», si preparava a far piazza pulita di tutto cche potesse ricordare la repubblica di Weimar e la sua traballante democrazia. Pochi in Europa compresero allora il suo programma, ma agli industriali tedeschi fu subito chiaro che quell'uomo avrebbe dato, con il rapido riarmo della Germania, una spinta impressionante all'economia nazionale. La Reichswehr (cioè l'esercito democratico del primo dopoguerra) non era ancora diventata la Wehrmacht, ma Hitler, pur legato dalle restrizioni del trattato di Versailles, sapeva come districarsi. La Volkswagen è, appunto, uno dei tanti episodi del riarmo nazista.

Tornato a Stoccarda, Porsche si mise subito al lavoro e il 17 gennaio 1934 era già in grado di presentare al führer un memorandum. «La vettura popolare che io concepisco» scrisse «non è un'automobilina di misure e di prestazioni ridotte, ma una macchina che può entrare in concorrenza con tutte le altre della sua classe. Perché una tale macchina possa trasformarsi in una vettura popolare sono necessarie soluzioni totalmente nuove». I dati tecnici intorno a cui lavorare dovevano essere i seguenti: motore posteriore a sogliola (cioè a cilindri contrapposti) di 1.250 centimetri cubici raffreddato ad aria, potenza massima 26 Hp a 3.500 giri al minuto, passo 2,50 m, carreggiata 1,10 m, peso a vuoto 650 kg, velocità massima 100 chilometri all'ora, capacità di superare pendenze del 30 per cento, 8 litri di benzina ogni 100 chilometri.

Secondo i calcoli di Porsche quell'auto non poteva costare meno di 1.500 marchi. Ma alla firma del primo contratto, il 22 giugno 1934, con la Rda (Reichsverband der deutschen Automobilindustrie, Associazione del Reich dell’Industria automobilistica tedesca), per una serie di 50.000 vetture, il costruttore bavarese si vide ridurre drasticamente la cifra a 900 marchi. I nazisti gli diedero 20.000 marchi al mese per le spese di progettazione e Porsche, sebbene la somma fosse insufficiente, preparò in 10 mesi con 12 tecnici, in un laboratorio ricavato nel garage della sua villa, le prime 3 vetture, battezzate Vw3.
Al Salone dell'automobile di Berlino, nella primavera del 1935, il führer annunciò pubblicamente che «una nuova vettura popolare, la quale non sarebbe costata più di una motocicletta di media cilindrata e a basso consumo di carburante» stava «per essere realizzata e messa a disposizione del popolo tedesco». Le prove cominciarono il 12 ottobre 1936, dopo la conclusione dei grandiosi Giochi olimpici, e si conclusero pochi giorni prima di Natale. Furono scelti due itinerari: andata e ritorno sulla nuova autostrada con fondo in cemento che da Stoccarda, passando per Karlsruhe, portava a Darmstadt, Francoforte e Bad Nauheim e un anello pieno di curve e di salite nella Foresta Nera: Stoccarda-Pforzheim-Baden Baden-Offenburg-Kniebis-Freudenstadt-Stoccarda. Al volante di ogni vettura si pose un ingegnere del team Porsche, al suo fianco un tecnico della Rda che prendeva nota di tutto. Ogni vettura superò i 50.000 chilometri e dimostrò di possedere tali qualità «da raccomandare un ulteriore sviluppo delle prove».

Sulla base di questi primi test Porsche fu autorizzato a preparare una seconda serie di 30 vetture di prova (la serie Vw30) e la Rda non lesinò sul denaro. I collaudi cominciarono prima della fine del 1937. Questa volta ognuna delle 30 vetture doveva superare, viaggiando giorno e notte, il muro dei 100.000 chilometri. Al volante si posero 200 SS che, alternandosi ininterrottamente, strapazzarono al massimo la vettura voluta da Hitler. Queste SS non avevano particolari qualità tecniche: si trattava di normali automobilisti prelevati nelle caserme e vincolati al più assoluto segreto.

Era chiaro che si voleva costruire una vettura eccezionale, da usare un giorno in guerra. Porsche andò due volte negli Stati Uniti a studiare i metodi di produzione di massa e visitò pure lo stabilimento inglese della Austin. In America ebbe un lungo colloquio con Henry Ford, che si dichiarò molto scettico su quel progetto tedesco, elogiando invece il suo leggendario «modello T». «Vuole venire in Germania, mister Ford?», gli chiese Porsche. «Il führer sarebbe molto interessato a vederla». «No», rispose il vecchio costruttore americano, «non posso. Tra poco in Europa scoppierà la guerra...». Porsche lo guardò stupefatto e certamente credette di trovarsi di fronte a un pazzo. Poi, prima di rientrare in Germania dove gli sarebbero stati concessi la laurea honoris causa in ingegneria, il titolo di «professore» e il Deutscher Nationalpreis (Premio nazionale tedesco), cercò di reclutare un folto gruppo di tecnici americani. Ma non ci riuscì: la sua offerta venne accettata soltanto da 20 oriundi tedeschi.

I nazisti ordinarono altri 30 modelli di Volkswagen a scopo di prova e di propaganda e affidarono al Deutsche Arbeitsfront (il Fronte del lavoro, cioè il sindacato unico hitleriano) la responsabilità di costituire la società e di realizzare gli stabilimenti necessari. La società nacque nel maggio 1937, mentre in Germania era già stata introdotta la coscrizione obbligatoria, i primi corpi d'armata cominciavano a esercitarsi in manovre regionali, sul fronte occidentale sorgeva la linea Sigfrido e Wernher von Braun si stava occupando, con altri scienziati, del problema dei missili, Si chiamò Gezuvor, abbreviazione di Gesellschaft zur Vorbereitung des Volkwagens (Società per la preparazione della Volkswagen). Porsche ne diventò il capo e due funzionari del Deutsche Arbeitsfront i direttori commerciali. Obiettivo della Gezuvor, una società della grandezza dell'attuale Fiat, era quello di produrre un milione e mezzo di automobili all'anno.

A questo punto Porsche elaborò il modello finale, la Vw38 (così chiamata perché ideata nel 1938), con un motore di 996 cmc. Contemporaneamente fu scelta la zona dove far sorgere lo stabilimento: una striscia di 10.000 acri a Fallersleben, un'ottantina di chilometri a est di Hannover, nella proprietà del conte Friedrich Werner von der Schulenburg, che viveva nell'antico castello di Wolfsburg, al centro della tenuta. Il terreno fu acquistato in gennaio, la posa della prima pietra avvenne già il 26 maggio. Il progetto della fabbrica era stato realizzato a velocità sostenuta dall'architetto austriaco Peter Koller. Lo stabilimento doveva stendersi per quasi un chilometro e 700 metri lungo la riva settentrionale del Mittelland Kanal, mentre sull'altra riva gli urbanisti avrebbero creato una città per 90.000 operai e le loro famiglie: la Stadt des KdfWagen, che poi sarebbe diventata semplicemente Wolfsburg.

Fu Hitler stesso a dirigere la cerimonia inaugurale, davanti a 70.000 soldati, SS e civili osannanti. Dal 1° agosto prossimo, disse, gli operai tedeschi potranno versare 5 marchi alla settimana e prenotarsi, sottoscrivendo una Kdf-Wagen-Sparkarte (una speciale cedola di prenolazione, n.d.r.), per la nuova automobile che verrà consegnata appena comincerà la produzione. L'automobile si chiamerà Kdf-Wagen (cioè vettura della Kraft durch Freunde, la «potenza attraverso la gioia», un'organizzazione per le vacanze degli iscritti al sindacato nazista, n.d.r.), costerà 990 marchi (396 dollari al cambio ufficiale di allora, n.d.r.) e consumerà appena 6 litri e mezzo di benzina normale ogni 100 chilometri. Gli altri dati tecnici li fornirono i giornali: pneumatici 4,50/16, peso 650 kg, altezza 1,55 m, potenza 23,5 Hp a 3.000 giri e una particolare distribuzione dei pesi che rispecchiava la tendenza sportiva di Porsche: il 44 per cento nella parte anteriore, il 56 dietro. Nessuna possibilità di scelta del colore: tutte le vetture sarebbero state grigio-azzurro.

Lo stabilimento era disegnato sulla carta, ma mancava la manodopera. I massicci richiami alle armi e il superlavoro nelle officine e nei cantieri per fornire carri armati, aerei e navi alla Wehrmacht, alla Luftwaffe e alla Kriegsmarine avevano assottigliato il numero degli uomini qualificati. Hitler si rivolse a Mussolini e Mussolini gli mandò subito un migliaio di operai che vennero ospitati in grandi baracche di legno, mentre altri furono smistati nella zona dei laghi Masuri, a Rastenburg, per costruire la «tana del lupo». Nonostante gli sforzi delle maestranze la Volkswagen per usi civili non entrò mai in produzione: la seconda guerra mondiale scoppiò prima che la linea di montaggio venisse posta in marcia. Duecentodieci Vw, tutte nere, giravano, sì, per le città tedesche, ma erano state costruite a Stoccarda e consegnate a funzionari del partito. Nessuna vettura venne mai data a coloro che pur avevano pagato le rate prescritte sborsando decine di milioni di marchi. In questo senso, l'«operazione Maggiolino» dei nazisti si trasformò in una grossa truffa: chi anticipò quel denaro non ebbe indietro nemmeno un Pfennig.

Dopo due anni di lavoro quella fabbrica gigantesca lungo il Mittel­land Kanal era stata realizzata sol­tanto per il 50 per cento, mentre la città operaia (la cui esistenza, rap­presentando appunto un segreto mi­litare, non appariva su nessuna carta geografica) poteva già ospitare 2.358 famiglie.
Scoppiata la seconda guerra mondiale e senza tener conto di coloro che avevano versato puntualmente le rate (oltre 20.000 persone) i tecnici nazisti ricavarono dal modello civile del Maggiolino due versioni militari: la Kübelwagen (Kübel significa tinozza o secchio), cilindrata 985 cmc (1.131 cmc dal marzo 1943), potenza 24 Hp, quattro marce avanti più retromarcia, con limitatore al differenziale, passo 2,40 m, lunghezza 3,74 m, larghezza 1,60 m, altezza 1,65 m, peso 685 kg, posto per quattro persone; la Scbwimmwagen (l'«auto che nuota»), cioè una vettura anfibia a quattro ruote motrici, cinque marce in avanti e retromarcia, passo 2 m, lunghezza 3,825 m, larghezza 1,48 m, altezza 1,615 m, peso 910 kg, elica a tre pale ribaltabile verso l'alto, velocità in acqua (a seconda del tipo: 128 o 166) 10 o 12 chilometri all'ora, velocità su terra 80 o 74 chilometri.

La Kübelwagen accompagnò la marcia della Wehrmacht e delle SS.

Nel deserto africano diede parecchi grattacapi, ma la maggior parte di essi fu eliminata usando nuovi tipi di ruote e pneumatici maggiorati. La vettura fu trasformata anche in una specie di piccola autoblindo, montandovi una torretta per mitragliatrice, e addirittura in un'ambulanza di fortuna. In Unione Sovietica la vettura si dimostrò eccezionalmente manovrabile, anche nei campi inondati di fango durante la stagione del disgelo. Ne furono costruiti oltre 52.000 esemplari e gli americani, appena catturarono alcune auto ai soldati di Rommel, le trasportarono nel Maryland, all'Aberdeen Proving Ground. Qui le sottoposero a una serie di esami provvedendo poi a stampare un manuale tecnico per i soldati americani al fronte. Il volumetto, intitolato The German Volkswagen, usci a cura del War Department proprio il giorno dello sbarco in Normandia (6 giugno 1944).

Tonnellate di bombe sullo stabilimento
Della Schwimmwagen (o Volkswagen 166) furono realizzati 14.625 esemplari che operarono su tutti i fronti, con esito sorprendentemente buono. In campo nemico i primi a usarla furono gli inglesi.
Lo stabilimento di Wolfsburg era intanto entrato nell'occhio del ciclone: i bombardieri dell'89 forza aerea americana, dopo un primo attacco nell'estate 1943, tornarono a presentarsi quattro volte nel 1944 lanciando 821 tonnellate di bombe ad alto potenziale. La fabbrica venne di­strutta per quasi il 60 per cento, ma il numero delle vittime risultò in proporzione lieve: 160 morti e 55 feriti. Il 10 aprile 1945 una pattuglia del 405° reggimento d'assalto statunitense arrivò finalmente nella zona e prese possesso di quegli enormi edifici, senza sapere che farne. I soldati stavano per andarsene via quando due preti, un cappellano protestante della Wehrmacht e un sacerdote francese avvisarono il comandante che nella cittadina al di là del Mittelland Kanal c'erano 30 bambini americani, figli di quei tecnici che Porsche aveva reclutato prima della guerra negli Stati Uniti. Che cittadina? Il tenente cadde dalle nuvole: sulla sua carta quel centro non esisteva. L'ufficiale si precipitò a Wolfsburg con i suoi uomini e trovò i piccoli sani e salvi.

Il macchinario non distrutto dalle bombe era stato da tempo evacuato in varie parti della Germania affinché non cadesse in mano ai russi: venne recuperato soltanto in parte. La zona (sebbene conquistata dagli americani) passò agli inglesi della 52° divisione di fanteria che trasformarono una parte dei capannoni intatti in officine di riparazione per i loro veicoli. Alcuni operai e tecnici tedeschi ridotti alla fame si presentarono a offrire i loro servizi. Nell'agosto del 1945 questi uomini assemblarono diverse Kübelwagen usando tutti i pezzi che riuscirono a scovare. In settembre costruirono poi un Maggiolino, e altre 58 vetture entro la fine dell'anno.
A questo punto la situazione si complicò: essendo stata quella fabbrica proprietà dei nazisti, i russi (secondo gli accordi) vollero una parte dei macchinari. Gli inglesi risposero che si trattava di uno stabilimento efficiente, perché produceva automobili necessarie alle truppe d'occupazione, e misero alla frusta la manodopera. Nel 1946 uscirono dai capannoni 9.871 Maggiolini e altri 8.939 l'anno successivo. Gli operai si dedicavano anche alla costruzione di motori per altri veicoli, e gli inglesi cercarono di convincere Henry Ford a ricostruire a suo beneficio quel grande stabilimento. Ma l'americano rifiutò.
Per togliersi quel grattacapo, le autorità delle forze d'occupazione l'8 ottobre 1949 riconsegnarono la fabbrica ai tedeschi: ciò che accadde da allora è storia nota. Il Maggiolino ideato dai nazisti apparve su tutte le strade del mondo facendo una concorrenza spietata alle altre utilitarie. Ora, a quarant'anni di distanza, lo costruiscono ancora nel Messico, e ha clienti affezionati. Le Kübelwagen e le vetture anfibie delle SS sono intanto diventate pezzi da amatore.

Tratto dal libro di Bryan Mark Rigg: “I soldati ebrei di Hitler: la storia mai raccontata delle leggi razziali naziste e degli uomini di origine ebraica dell’esercito tedesco

Si tratta di una storia poco conosciuta, ma oltre 150.000 uomini di origine ebraica prestarono servizio militare nella Wehrmacht, cioè nell’esercito nazista in Germania, durante il regime di Hitler. Addirittura molti di questi ebrei furono ufficiali e si macchiarono di crimini contro gli stessi ebrei nei campi di concentramento.
La condizione di persone che combatterono per un regime che non riconobbe i loro diritti umani non è nuova. Per tutto il periodo della guerra civile americana, migliaia di neri liberi e schiavi, così come moltissimi mulatti (metà neri e metà bianchi), combatterono per gli stati confederali d’America. Alcuni di questi afroamericani erano padroni di schiavi disposti a combattere per difendere la loro proprietà. Questi uomini combatterono per preservare un ordine sociale volto a mantenere in schiavitù la maggior parte degli afroamericani del Sud.
Il Giappone arruolò dei soldati coreani nel proprio esercito durante la seconda guerra mondiale.
Alcuni nipponici americani prestarono servizio nelle forze armate americane durante l‘ultimo conflitto mondiale contro il Giappone.

Gli esempi potrebbero continuare, ma nonostante le evidenti similitudini, la storia degli ebrei che prestarono servizio militare nella Germania nazista è alquanto diversa. Innanzitutto gli ebrei, a differenza degli afroamericani avevano goduto per anni degli stessi diritti dei tedeschi.
Nel 1933 la maggior parte di loro non si sentiva ebrea (moltissimi non sapevano nemmeno di esserlo), di conseguenza non si sentivano minacciati dall’antisemitismo. Fu solo con le leggi razziali di Norimberga del 1935 che alcuni di loro cominciarono a sentirsi legati agli ebrei.
Tuttavia rimasero fedeli alla Germania, servendola con obbedienza. Questi ebrei combatterono per un governo che non solo aveva sottratto loro i diritti umani, ma che aveva assassinato molti dei loro parenti. Diventando a loro volta dei criminali…

Definizione di ebreo
Il termine “ebreo” deriva dalla denominazione della tribù di Giuda, che prende il nome di uno dei dodici figli di Israele (Giacobbe). Gli ebrei discendono da tribù nomadi aramaiche che sotto la guida di Abramo attraversarono l’Eufrate nel territorio del Canaan intorno al 1850 a.C.
Essi erano chiamati Ivrim (Ebrei).
In epoche bibliche un bambino “ereditava” la sua ebraicità dal padre, secondo invece la legge rabbinica attuale (Halachà), l’ebreo è una persona nata da madre ebrea o una persona che si converte al guidaismo.
Gli ebrei non sono una razza: non esistono caratteristiche genetiche comuni a tutti gli ebrei e soltanto dagli ebrei.

Ebrei occidentali e orientali
Prima dell’ascesa del nazismo, molti ebrei tedeschi avevano discriminato gli Ostjuden, gli ebrei orientali.
Molti pensavamo che gli Ostjuden, poveri, culturalmente arretrati e sporchi, nuocessero alla reputazione degli Jeckes, ebrei tedeschi, istruiti e colti.
Per gli stessi ebrei tedeschi, questi “ebrei da ghetto” provenienti dall’Est, soprattutto dalla Polonia, seguivano la religione irrazionale e superstiziosa dei mistici ebrei.
La situazione in Austria non era diversa da quella tedesca e infatti molti ebrei mostravano disprezzo nei confronti delle “persone con la barba che indossavano il caffettano”.
L’idea comune tra gli ebrei tedeschi e i Mishlinge (“mezzi ebrei” o “ebrei per un quarto”) era che Hitler basasse le sue invettive antisemite esclusivamente sugli Ostjuden emigrati dalla terra del bolscevismo.
Per esempio il dottor Max Naumann, ebreo e maggiore dell’esercito in congedo, reduce della prima guerra mondiale, scrisse una lettera a Hitler il 20 marzo 1935, affermando che lui e i suoi seguaci avevano combattuto per tenere gli Ostjuden al di fuori della Germania.
Neumann voleva che Hitler cacciasse con la violenza gli Ostjuden.
Molti ebrei vedevano gli Ostjuden come un serio pericolo per la propria condizione sociale e consideravano la loro eventuale permanenza in Germania come causa dell’intensificarsi del sentimento antisemita. Gli stessi ebrei liberali definirono gli Ostjuden “inferiori”.

Le Leggi di Norimberga
Con la parola Mischling, s’intende “meticcio, incrocio, ibrido”.
Il governo di Hitler stabilì ufficialmente nel 1935 che ebreo era da definirsi chiunque fosse “ebreo più che al 50 per cento”, affermando però che un padre ebreo poteva trasmettere l’ebraicità allo stesso modo di una madre ebrea.
Con le Leggi di Norimberga vennero create due nuove categorie razziali: i mezzi ebrei (Mischling ebrei di primo grado) e gli ebrei per un quarto (Mischling ebrei di secondo grado).
Un “mezzo ebreo” aveva due nonni ebrei; un “ebreo per un quarto” ne aveva solo uno.
Mentre chiunque avesse meno del 25 per cento di “sangue” ebreo sarebbe stato considerato tedesco!

Nonostante tali definizioni i nazisti avevano le idee molto confuse riguardo i Mischlinge, poiché questi erano sia tedeschi, sia ebrei.
Frustrato probabilmente da tutta la confusione che tali definizioni portarono, Hermann Goering, capo della Luftwaffe e numero due dopo Hitler, pare abbia affermano: “Sarò io a decidere chi è ebreo” (We Jude ist, bestimme ich).
Per i nazisti gli ebrei che si erano convertiti al cristianesimo rimanevano ebrei, ma la maggior parte dei cristiani che si era convertita al giudaismo era considerata ebrea al 100 per cento.

La presa di coscienza dei Mischlinge
Dopo la promulgazione delle Leggi di Norimberga iniziarono assidue ricerche per stanare gli ebrei.
Quando i Mischlinge furono costretti a prendere atto delle proprie origini ebraiche, alcuni di loro ignorandole completamente, attraversarono una profonda fase di rifiuto.
Quando i nazisti misero di fronte alla realtà del loro passato le famiglie che non sapevano le proprie origini, molti reagirono con incredulità, rabbia e disperazione.
Sebbene gli ebrei e i Mischlinge non fossero considerati tedeschi al 100 per cento dalle leggi naziste, la maggior parte di essi si consideravano ancora di nazionalità tedesca.
Subito alcuni cercarono di cambiare la propria condizione razziale, rinnegando i parenti ebrei. Veniva negata l’esistenza di parenti ebrei per liberare i propri figli dalle leggi. Alcuni ariani non avevano il coraggio di restare accanto al proprio coniuge durante questo periodo. Diversi genitori ariani abbandonarono i propri figli mezzi ebrei e ancor più sorprendentemente alcuni nonni ebrei respinsero i propri nipoti mezzi ebrei.

Non sorprende il fatto che alcuni ebrei ortodossi accolsero con favore le Leggi di Norimberga poiché impedivano i matrimoni misti!
Il risultato fu che i Mischlinge si sentivano presi in mezzo a due fuochi: per i nazisti erano il frutto di peccati sessuali e per gli ebrei praticanti uno dei loro genitori aveva infranto il patto sacro di non sposarsi al di fuori della comunità ebraica (con un goym, subumano, inferiore o animale).
Molti Mischlinge, soprattutto per via dei tempi che correvano, cercarono in tutti i modi di essere considerati ariani e reputati normali dalla società nazista.
Per un periodo, la Wehrmacht offrì a molti Mischlinge e ad alcuni ebrei un modo per dimostrare il loro patriottismo e per evitare la discriminazione, quindi molti accettarono il dovere militare senza riserve. Il conflitto interiore non era da poco: sa una parte si sentivano sicuri nell’esercito, dall’altra però sentivano di tradire la propria famiglia ebrea.

Questo è il motivo per cui dopo la guerra, gli alleati e gli stessi ebrei trovarono molta difficoltà nel comprendere il concetto di Mischling o il fatto che alcuni ebrei tedeschi avessero prestato servizio nella Wehrmacht.
Alcuni Mischlinge ed ebrei che avevano prestato servizio nell’esercito si recarono in Israele dopo il 1945 per combattere nella guerra d’indipendenza di Israele e nei conflitti successivi.

Assimilazione ebraica
L’assimilazione degli ebrei tedeschi alla società tedesca ebbe così grande successo che, secondo alcuni storici, divennero più tedeschi che ebrei fino al 1933. Un rapporto della Gestapo afferma, nel 1935, che gli ebrei della fazione non sionista, specialmente gli ebrei assimilati, erano “più tedeschi dei tedeschi”.
Fra il 1800 e il 1900 circa 70.000 ebrei si convertirono al cristianesimo in Germania e nell’Impero Austro-Ungarico.
Alcuni ebrei si convertirono per ottenere più stima, avere la possibilità di sposare chi volevano, una condizione migliore e migliori posti di lavoro.
Pochi si convertirono perché sedotti dal messaggio cristico. Quasi tutti lo fecero solo per essere assimilati.
La via più breve per un ebreo di entrare a far parte della società dominante tedesca era quella di sposare un non ebreo.
La conseguenza di tutto ciò fu che i bambini nati in Austria e In Germania erano parzialmente ebrei (Mischling).

L’esercito tedesco di Hitler
Nel 1939 gli ebrei rimasti in Germania erano 328.176 rispetto ai 600.000 del 1933.
Dal momento che furono circa 17 milioni i soldati che prestarono servizio nella Wehrmacht, una valutazione prudente del possibile numero di soldati ebrei che combatterono per Hitler raggiunge la folle cifra di 150.000 persone.
Alcuni storici affermarono erroneamente che gli ebrei non potevano diventare ufficiali in Germania. In realtà lo fecero in molti, ma molto spesso dovettero convertirsi prima di diventarlo.
Alcune persone di origine ebraica parteciparono direttamente all’Olocausto come carnefici, principalmente a causa del loro grado e delle loro responsabilità
Il famoso medico di Dachau, dottor Hans Eppinger, un ebreo per un quarto o forse per metà, effettuò degli orribili esperimenti sui pazienti.
Stella Goldschlag, un’ebrea, aiutò la Gestapo a dare la caccia agli ebrei nascosti a Berlino per la loro deportazione. Era una bellissima donna, con gli occhi blu e i capelli biondi. La Gestapo comunicò che avevano intenzione di dichiararla ariana! Soprannominata il “veleno biondo”, fu responsabile della morte di decine, se non centinaia di persone.
Alcuni ebrei dirigevano addirittura dei campi di concentramento.
L’Obersturmfuhrer delle SS Fritz Scherwitz (nome vero Eleke Sirewiz) un ebreo e membro del Partito, controllava il campo di Lenta, poco distante da Riga e si macchi di efferati crimini.

Tratto dal libro: “I soldati ebrei di Hitler: la storia mai raccontata delle leggi razziali naziste e degli uomini di origine ebraica dell’esercito tedesco