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A cura di Fabio Dragoni, “La Verità” maggio 2021

Ioannidis, celebre epidemiologo di Stanford, tira le orecchie al microbiologo di riferimento per i chiusuristi: «Il mio studio non è stato ritirato». E a «Piazzapulita» contesta: «Mi hanno messo in bocca parole non mie»

Da qualche giorno è l'epidemiologo del momento anche qui in Italia. Professore di medicina, epidemiologia e salute pubblica all'università di Stanford, John P. A. Ioannidis è diventato noto anche al grande pubblico televisivo italiano. Si è parlato di lui nelle ultime due puntate di Piazzapulita su La 7. Chi legge La Verità non si farà cogliere impreparato. Il primo a parlarvi di lui è stato il nostro Antonio Grizzuti, che nel numero del 31 marzo vi ha illustrato uno dei suoi ultimi studi, pubblicato sul Journal of clinical epidemiology. Le conclusioni sono chiare: «Pur non potendo
escludere piccoli benefici dalle chiusure (in gergo Npi) in termini di contenimento della diffusione dei casi, non ne troviamo di significativi. Simili riduzioni possono essere raggiungibili con provvedimenti meno severi».

Ioannidis ha cioè confrontato i risultati delle serrate totali e delle sole limitazioni alla mobilità. E arriva a una conclusione. Indipendentemente dalla severità della chiusura, i risultati sono identici. In sostanza fa a pezzi il lockdown e con questo tutta la retorica dei chiusuristi. A partire da quella di Andrea Crisanti, che nella trasmissione andata in onda giovedì 22 aprile perde le staffe di fronte al deputato leghista Claudio Borghi. Questi invitava alla prudenza di fronte alle continue proposte di chiusura proprio citando il lavoro di Ioannidis che però - a detta di Crisanti - sarebbe stato ritirato poiché contestato da molti suoi colleghi. Con i quali Ioannidis si sarebbe addirittura scusato. Questa - in sostanza - la lapidaria sentenza di Crisanti, cui veniva generosamente concessa l'ultima
parola «in quanto esperto».

Passano sette giorni e in quella trasmissione – anche se in collegamento – si siede chi scrive.

Vengono mandati in onda alcuni minuti di una chiacchierata che Ioannidis ha avuto con un altro Andrea. Il divulgatore scientifico Casadio, che collabora spesso con la redazione di Piazzapulita. Trasmissione che pure Ionnidis ha visto e sul quale muove alcuni appunti. Con gentilezza, ma al contempo con fermezza.

Chiede che sia resa disponibile l'intera intervista in lingua originale. «Mi preoccupa il fatto che la trasmissione italiana ogni tanto mi metta in bocca alcune parole molto diverse da quelle che ho detto». E si sofferma con precisione in almeno due punti della trasmissione indicando ora, minuti e secondi in cui la traduzione di Casadio sarebbe stata tutt'altro che fedele.
Ioannidis, infatti, non si è solo riguardato quella intervista tradotta in italiano ma pure tutta la trasmissione.

E anche quella di una settimana prima. «Non parlo bene l’italiano», mi dice lo studioso, «ma lo capisco e sono quindi rimasto sbalordito dalle parole del professor Crisanti e da quelle con cui Andrea Casadio – una settimana dopo – ha travisato l’intervista»

Mi sento chiamato in causa di persona, avendo vivamente discusso con Casadio in quella sede su questi temi. Sebbene continuamente interrotto riesco a fatica a esprimere un paio di concetti chiave. A partire dal fatto che gli studi scientifici sono tutti fatti per essere analizzati, dibattuti e se del caso confutati. Ma questa operazione non può che avvenire mediante pubblicazione di osservazioni e repliche argomentate su riviste scientifiche. Soprattutto attraverso la pubblicazione di ricerche sottoposte alla revisione di altrettanti esperti cattedratici (peer review), come appunto nel caso Ioannidis.

Non possono essere certo le battute di colore di Casadio a demolire la validità del lavoro scientifico.
Il tono di loannidis si fa serio. «È stato abbastanza triste e non particolarmente onorevole che (Casadio, ndr) abbia scelto di presentarmi a Piazzapulita come un "bastian contrario", ma ognuno ha diritto alla sua opinione. Tuttavia, il fatto che nessuno dei miei documenti sia stato ritirato" non è un'opinione soggettiva. È un fatto oggettivo».

loannidis si rivolge direttamente ad Andrea Casadio: «Questa diffamazione è grave e inaccettabile e devasta principalmente la tua credibilità, non la mia, fino a quando non ti correggerai».

Eh già proprio così. Perchè i due Andrea (Casadio e Crisanti) sono accomunati non solo dal nome di battesimo ma anche da un’accusa che a loannidis non va affatto giù. Quella di aver ritirato un suo studio dalla circolazione. «Nessuno dei miei paper è stato ritirato». E loannidis inizia a snocciolare numeri sulla rilevanza scientifica dello studio. Dico la verità, mi perdo. Lo studioso alla fine mi ringrazia per averlo difeso in trasmissione.

In realtà ha ben poco da ringraziarmi. Mi sono semplicemente limitato a osservare che l'indice H di Ioannidis (un numero che misura la qualità e la produttività del lavoro di un accademico) era oltre tre volte quello di Crisanti. Mi verrebbe da notare che anche sommando l'indice H dei vari Crisanti, Galli, Burioni, Ricciardi e Pregliasco non arriveremmo al suo di numero. Non lo faccio. Non mi va di trascinarlo nel pollaio. Mi limito semplicemente a salutarlo. E ringraziarlo a mia volta per la pazienza.


Marcello Pamio

La StemExpress è una società che pochissime persone conoscono, eppure merita tutto il nostro interesse...
Si tratta del principale fornitore di «materiale biologico umano», cioè midollo osseo, sangue cordonale, sangue periferico, sangue materno, cellule primarie nonché teste di feti.
Riescono ad offrire un servizio completo ai propri ricchi clienti, dall’ordine alla consegna, garantendo la massima purezza e qualità dei campioni umani.
I loro clienti sono case farmaceutiche e università che useranno quei campioni per condurre ricerche e studi, per testare applicazioni e farmaci o per creare nuovi dispositivi diagnostici e chirurgici.

Nonostante sia nata da pochissimi anni (2010), la società sta cambiando l’intero settore globale, accelerando la ricerca e le sperimentazioni cliniche grazie all’implementazione dei loro centri di raccolta delle cellule staminali, ai laboratori di produzione cellulare e creando soprattutto la più grande rete globale di ospedali e cliniche tutte collegate tra loro.
Nel sito ufficiale si vantano dicendo che «riducendo il tempo necessario per raccogliere campioni o isolare le cellule primarie, possiamo aiutare a ridurre mesi e persino anni di un progetto».

La loro mission sarebbe quella di aiutare il mondo intero a guarire da tutte le malattie. Stupendo, ma cosa significa “ridurre il tempo di raccolta” dei campioni biologici, e soprattutto qual è il prezzo?
Dico questo perché qualche giorno fa, giovedì 5 settembre Cate Dyer, amministratrice delegata della StemExpress, ha dovuto ammettere in udienza che la sua azienda biotecnologica «fornisce a ricercatori medici cuori fetali battenti e teste fetali intatte», specificando macabramente che la testa del bambino poteva essere fornita ai ricercatori attaccata al resto del corpo oppure poteva «essere strappata via»…

Indagine giudiziaria
Per comprendere il quadro generale è necessario fare un saltino indietro nel tempo, quando tra il 2014 e il 2015 due giornalisti David Daleiden e Sandra Merritt - che lavorano per il Center for Medical Progress (Cmp) - sotto copertura fecero emergere uno scandalo vergognoso sulla compravendita di organi e tessuti di bambini abortiti. Al centro del mirino la tristemente nota «Planned Parenthood», l’organizzazione fondata nel 1939 che si occupa di fornire assistenza medica alle donne incinte.
Detto così sembra anche un scopo nobile, ma si tratta della potentissima organizzazione di cliniche abortiste americane (circa 860 nel territorio), che “vanta” 330.000 aborti annuali.
Numeri che fanno gongolare i dirigenti, nonostante si tratti di un vero e proprio olocausto!

In pratica Daleiden e Merritt erano riusciti a registrare dei video nei quali i responsabili della Planned Parenthood discutevano candidamente della vendita di organi fetali e pezzi umani vari a società biotecnologiche. Cosa questa vietatissima negli Stati Uniti, dove è possibile donare alla ricerca solo tessuto fetale.
La cosa incredibile è che dopo circa 5 anni dall’inizio delle indagini, sono riusciti a rovesciare il quadro e sotto accusa oggi non ci sono più i venditori di feti ma i giornalisti che hanno fatto lo scoop.
Sono accusati infatti di violazione della privacy e di aver registrato di nascosto, dando false generalità. Avete capito? Nonostante i 14 video che inchiodano questi delinquenti alle loro responsabilità, i colpevoli sono i giornalisti che hanno sputtanato il sistema diabolico...

Nei video si vedono questi venditori privi di anima, soffermarsi sul prezzo dei tessuti o delle teste di feti, mentre sorseggiavano un calice di vino o mentre mangiavano una bella insalatona!
Daleiden e Merritt sono stati sottoposti a una persecuzione giudiziaria: nel procedimento in corso a San Francisco rispondono in totale di 15 accuse di reato, di cui 14 per «registrazioni illegali» e una per «associazione a delinquere». Rischiano fino a 10 anni di prigione in base alla legge sulle registrazioni illegali, ed è la prima volta nella storia della California che un procuratore generale dello Stato (casualmente democratico e abortista convinto) persegue qualcuno ai sensi di quella legge e soprattutto che lo faccia a giornalisti sotto copertura!

In fin dei conti non è così strano l’accanimento nei loro confronti e la protezione del Planned Parenthood, perché questo gruppo fa parte del Sistema e riceve enormi finanziamenti annui da influenti e loschi individui: George Soros, Bill Gates (ha donato 14 milioni di dollari), Ted Turner, la Fondazione Buffet (Warren Buffet avrebbe dato 1,4 milioni), e moltissimi altri tra Fondazione Rockefeller e importanti società.
Recentemente il presidente Donald Trump ha cercato di far togliere i finanziamenti pubblici a Planned Parenthood, ma la “rete della morte” ha rinunciato a buona parte dei fondi federali piuttosto che rispettare la nuova regola imposta dall’Amministrazione che vieta loro di indirizzare le donne a un fornitore di aborto. Chiaro il messaggio?
Continueranno a spingere sempre più donne ad abortire e non certo per motivi etici o morali, o per far rispettare i diritti delle donne, ma solo per procacciarsi pezzi umani, teste, cuori pulsanti e organi vari da vendere alle ditte farmaceutiche e università.

A proposito di università, la Stanford è finita sotto l’occhio del ciclone per le sue ricerche sull’«apparato di perfusione cardiaca di Langendorff», in pratica è una tecnica in vitro usata in farmacologia e fisiologia che permette di esaminare la contrattilità e la frequenza cardiaca.
Per fare questo hanno bisogno di cuoricini caldi e soprattutto pulsanti.

La logica conseguenza di tutto questo è inquietante: se la StemExpress necessita di organi e cuori battenti per venderli, significa che hanno bisogno della materia prima: feti abortiti o feti da far abortire…
Questi guadagnano sulla morte di tantissime vite umane innocenti, come pure le industrie chimiche e le università.
Ma nonostante l'oscurantismo dei media e il boicottaggio delle Procure, non riusciranno a bloccare gli scandali della compravendita di organi e della pedofilia, che anzi continueranno a ritmo battente illuminando sempre quella parte oscura di mondo che di umano non ha più nulla...

 

Per approfondire:

Aborto a processo, venduti cuori e teste di bambini
http://www.lanuovabq.it/it/aborto-a-processo-venduti-cuori-e-teste-di-bambini

Sintomi di felicità. I nostri talenti nascosti, un numero accanto allo zero
https://www.avvenire.it/rubriche/pagine/sintomi-di-felicitai-nostri-talenti-nascosti-un-numero-accanto-allo-zer-ae7be45c72da47a982899f0dc84ba71d


Marcello Pamio

Non ho mai pagato in vita mia il balzello chiamato canone Rai, ma dopo gli ultimi accadimenti televisivi che purtroppo ho perduto, sto seriamente pensando di diventare un bravo e onesto contribuente.
Ebbene sì mi piacerebbe infatti contribuire a pagare lo stipendio a Wladimiro Guadagno, per gli amici Luxuria, per le sue precise lezioni di transgender dedicate ai ragazzini, e poter ricevere comodamente sul divano di casa le invocazioni sataniche della vergine sanremese, al secolo Virginia Raffaele.
Della serie: la Vergine che invoca Satana, simbolicamente è geniale!

Mentre rifletto sul da farsi, il mondo accademico sta riflettendo sulle analisi vaccinali...
A Pavia i professori dell’ateneo bloccano gli esami di Stato per protesta contro le posizioni sui vaccini del Presidente dell’ordine dei biologi Vincenzo D’Anna.
Il prof. Carlo Alberto Redi, decano del dipartimento di Biologia e uno dei più importanti genetisti italiani (dicono i media mainstream) condivide pienamente la protesta, affermando che «l’ordine nazionale sta facendo delle scelte che non suonano scientifiche. È giusto boicottare gli esami, spero che l’esempio venga seguito dalla comunità scientifica».
Che dire? Sono pienamente d’accordo con il decano Redi.

Non solo mi auguro che si blocchino tutte le università, anche quelle non sanitarie, ma spero in una protesta ancor più forte: l’auto-sospensione e/o licenziamento in massa di tutti i docenti che non vogliono promuovere le analisi di quei farmaci che vengono inoculati su centinaia di migliaia di neonati. Diamo un segnale deciso a quel pericoloso brodo antiscientifico che sta crescendo.
Diciamo una volta per tutte: la Scienza Vera, quella assolutamente non democratica, perché dovrebbe promuovere esami e analisi dei farmaci e vaccini che sono in commercio da anni?
Se vengono usati sulla popolazione, neonati inclusi, da anni sicuramente i test di sicurezza da qualche parte ci sono. Eccheccazzo!
Le istituzioni (Aifa, Iss, Ema) quindi fanno benissimo a non pubblicare gli studi perché da una parte sarebbe come piegarsi alle intimidazioni di potenti gruppi e associazioni di lobbisti come il Corvelva, e dall’altra darebbero il fianco ad altri attacchi vergognosi da parte sempre dell’antiscienza.

Solo un povero mentecatto infatti potrebbe dubitare delle industrie produttrici, che spendono miliardi di euro per debellare tutte le malattie del globo. O forse state pensando che ci vogliono ammalati?
Dietrologia becera a parte, l’ultima bella notizia arriva proprio dal Corvelva, l’associazione veneta colpevole di aver eseguito privatamente gli assurdi quanto inutili esami vaccinali: restituiranno infatti all’Ordine Nazionale dei Biologi la donazione che avevano ricevuto proprio per eseguire i test.
Questo dimostra che non tutto il male vien per nuocere; e siccome è bene quel che finisce bene, sono dell’umore giusto per andare a comperare la tv e pagare il canone rai, anche perché se a Sanremo hanno invocato nientepopodimenoché satana, non oso immaginare chi potranno invitare prossimamente a “Porta a Porta”….

Articolo 

https://www.corvelva.it/it/speciali-corvelva/comunicati/corvelva-rinuncia-al-contributo-dell%E2%80%99ordine-nazionale-dei-biologi.html

Marcia Angell, direttrice per oltre vent'anni del New England Journal of Medicine.
Tratto da “The New York Review of Books, vol. 56 n.1, del 15 gennaio 2009.

Recensione/presentazione del suo libro "La verità sulle case farmaceutiche" (Truth About The drug Companies).

Recentemente il senatore repubblicano Charles Grassley, membro della commissione Finanze del Senato, ha avviato una indagine finanziaria sui legami tra l'industria farmaceutica, i medici ed il mondo accademico, che in gran parte influiscono sul prezzo di mercato dei farmaci da prescrizione.
Egli non ha avuto molte difficoltà a trovare riscontri.

Prendiamo il caso del Dr. Joseph L. Biederman, professore di psichiatria presso la Harvard Medical School e direttore dell'Istituto di Psicofarmacologia pediatrica presso il Massachusetts General Hospital di Harvard. A lui si deve in larga misura se a bambini di due anni è stata fatta diagnosi di disturbo bipolare" e se sono stati trattati con un potente cocktail di farmaci, molti dei quali mai approvati per tale patologia dalla Food and Drug Administration (FDA) e nessuno dei quali autorizzato per minori di dieci anni.
Legalmente, i medici possono utilizzare per qualsiasi altra indicazione farmaci già approvati per una particolare indicazione, ma tale uso deve essere basato su una buona evidenza scientifica pubblicata. Non sembra proprio che qui ricorra tale ipotesi. Gli studi di Biederman sui farmaci con i quali si propone di trattare il disturbo bipolare nell'infanzia, sono stati - così il New York Times sintetizza il giudizio degli esperti interpellati - "tanto modesti e così mediocremente concepiti da risultare in larga misura inconcludenti."

Nel mese di giugno, il senatore Grassley ha rivelato che le aziende farmaceutiche, compresi i produttori dei farmaci per l'infanzia che B. prescrive per il disturbo bipolare, hanno pagato 1,6 milioni di dollari a Biederman per consulenze e conferenze tra il 2000 e il 2007. Due suoi colleghi hanno ricevuto somme analoghe. Dopo che la cosa è venuta alla luce, il presidente del Massachusetts General Hospital e il presidente della sua sezione medica hanno inviato una lettera ai medici dell'ospedale invitandoli a non aggravare ulteriormente questi casi di macroscopici conflitti di interessi, ma anche ad esprimere la propria solidarietà a chi ne aveva beneficiato: "Sappiamo che si tratta di un momento di incredibile dolore per i medici e le loro famiglie, e il nostro cuore è con loro"!

Altro caso è quello del Dr. Alan F. Schatzberg, titolare della cattedra di psichiatria del dipartimento di Stanford e presidente eletto della American Psychiatric Association. Il senatore Grassley ha scoperto che Schatzberg ha gestito più di 6 milioni di dollari di prodotti nella Corcept Therapeutics, una società che ha collaborato a fondare e che testa il "Mifepristone" - farmaco abortivo altrimenti noto come RU-486 - da lui impiegato per trattare gli stati depressivi. Allo stesso tempo Schatzberg figura quale principale referente in un "Istituto Nazionale di Salute Mentale", che sovvenziona la ricerca sul Mifepristone per questo impiego, e figura tra gli autori di tre articoli sul tema. In una dichiarazione rilasciata alla fine di giugno, l'ateneo di Stanford dichiarò di non veder nulla di male in questa convenzione, anche se un mese dopo il consiglio universitario annunciò la sostituzione di Schatzberg, quale ricercatore di riferimento, "al fine di eliminare qualsiasi fraintendimento".

Il caso forse più eclatante tra quelli finora esposti dal senatore Grassley è quello del dottor Charles B. Nemeroff, presidente della Emory University-Dipartimento di Psichiatria e, insieme con Schatzberg, coeditore di un rinomato Textbook of Psychopharmacology. Nemeroff è stato il ricercatore di punta, percependo una sovvenzione di 3,95 milioni di dollari in cinque anni dall'Istituto Nazionale di Salute Mentale, 1,35 dei quali destinati alla Emory dalla GlaxoSmithKline a titolo di contributo per lo studio....di diversi farmaci da lei prodotti. Per attenersi ai regolamenti universitari ed alle leggi dello stato, egli era tenuto a comunicare alla Emory quanto percepito da

GlaxoSmithKline, ed a sua volta la Emory doveva informarne, per importi superiori a 10.000 dollari annui, il National Institutes of Health, unitamente all'assicurazione che il risultante conflitto di interessi sarebbe stato eliminato.
Ma il senatore Grassley, confrontando i registri della Emory con i documenti contabili della multinazionale, scoprì che Nemeroff aveva omesso di indicare qualcosa come 500.000 dollari ricevuti da GlaxoSmithKline per decine di conferenze dirette a promuovere i prodotti della società.
Nel giugno 2004 la Emory ha condotto la sua indagine sull'operato di Nemeroff, ed ha riscontrato molteplici violazioni dei suoi regolamenti. Nemeroff ha risposto assicurando la Emory in una nota:

"in considerazione della convenzione National Institutes of Health/Emory/GSK (GlaxoSmithKline), ho già comunicato a GSK (che ne ha già preso buona nota) che limiterò a cifra inferiore ai 10.000 dollari all'anno le mie spettanze per le consulenze fornite". Ma in quell'anno ricevette 171.031 dollari dalla società, nello stesso momento in cui denunciava alla Emory, perché ne desse comunicazione al Nat. Inst. Of Health, un...timido importo di 9.999 dollari, per rimanere sotto alla soglia di 10.000.

Peraltro la Emory è stata destinataria di borse di studio e di altre entrate procurate da Nemeroff, e questo autorizza il sospetto che la sua supervisione lassista sia dipesa dai propri conflitti di interesse. Come riportato da Gardiner Harris sul New York Times, Nemeroff stesso aveva sottolineato i suoi buoni servigi alla Emory in una lettera del 2000 indirizzata al preside della facoltà di medicina, nel corso della quale giustificava così il personale coinvolgimento in una dozzina di accordi per consulenze aziendali......, dicendo:

"Sicuramente lei ricorderà che la Smith-Kline Beecham Pharmaceuticals ha procurato una cattedra importante al dipartimento e che vi è qualche ragionevole probabilità che la Janssen Pharmaceuticals farà altrettanto. Inoltre, la Wyeth-Ayerst Pharmaceuticals ha finanziato un programma di ricerca Career Development Award nel dipartimento, e personalmente ho chiesto sia ad AstraZeneca Pharmaceuticals che alla Bristol-Meyers Squibb di fare altrettanto. Se sarò ricompreso in questo affare, ciò contribuirà a farli decidere per un finanziamento alla nostra facoltà".

Poiché era stato il senatore Grassley a fare il nome di questi psichiatri, a costoro è stata dedicata molta attenzione dalla stampa; ma l'intero mondo della medicina è invaso da analoghi conflitti di interesse. (Per la cronaca il senatore ha rivolto adesso la sua attenzione ai cardiologi). In effetti, la maggior parte dei medici prendono soldi o accettano regali, in un modo o nell'altro, dalle case farmaceutiche. Molti di loro sono pagati in veste di consulenti, o come relatori in congressi sponsorizzati dalle case farmaceutiche, o perché si prestano a mettere il loro nome su lavori scritti dai produttori di farmaci o da loro incaricati, o anche in qualità di apparenti "ricercatori", il cui vero compito spesso consiste semplicemente nell'indirizzare i propri pazienti su un determinato farmaco e nell'informarne la ditta. Sempre più medici beneficiano di pranzi gratuiti e altri di regali veri e propri. Inoltre, le aziende farmaceutiche sovvenzionano i più importanti convegni delle organizzazioni professionali e la maggior parte dei periodici corsi di aggiornamento indispensabili ai medici per mantenere attiva la loro abilitazione all'esercizio della professione.

Nessuno conosce esattamente le cifre complessive pagate dalle ditte farmaceutiche ai medici, ma ritengo, sulla base dei bilanci delle nove più importanti aziende farmaceutiche americane, che si tratti di decine di miliardi di dollari l'anno. Con tali strumenti l'industria farmaceutica ha acquisito il controllo totale sulla valutazione e la prescrizione dei propri prodotti da parte dei medici. Tutto ciò asserve i medici, particolarmente i cattedratici di prestigiose scuole mediche, influenza i risultati della ricerca, la pratica medica e persino la definizione di ciò che costituisce una malattia!

Occorre considerare che gli studi clinici per l'impiego di farmaci vengono testati sull'uomo. Prima che un nuovo farmaco entri in commercio, il produttore deve finanziare studi clinici per dimostrare alla Food and Drug Administration che il farmaco è sicuro ed efficace, solitamente facendo un confronto con un placebo o un "manichino pillola". I risultati di tutte le prove (che possono essere svariate), sono sottoposti alla FDA, e se una o due prove risultano positive - dimostrano cioè efficacia della sostanza senza rilevanti rischi - il farmaco è generalmente autorizzato, anche se tutte le altre prove fossero negative. I farmaci sono autorizzati solo per una specifica indicazione (ad esempio, per trattare il cancro ai polmoni) ed è illegale per le case farmaceutiche commercializzarli per qualsiasi altra indicazione.

Ma i medici possono prescrivere farmaci autorizzati come "off-label", vale a dire, senza riguardo per l'indicazione approvata, di modo che forse la metà di tutte le prescrizioni sono state redatte per indicazioni off-label. Dopo che i farmaci sono sul mercato, le imprese continuano a sponsorizzare studi clinici, a volte per ottenere l'approvazione FDA per ulteriori usi, a volte per dimostrare un vantaggio rispetto ai concorrenti, e spesso solo come pretesto per ottenere che i medici prescrivano questi farmaci ai pazienti. (Tali test sono giustamente chiamati "semina" studi.).

Dal momento che le aziende farmaceutiche non hanno accesso diretto ai pazienti, esse hanno l'esigenza di appoggiare le loro sperimentazioni ad atenei medici, dove i ricercatori ottengono di poter utilizzare, a scopo didattico, pazienti di ospedali e cliniche, o di società private di ricerca (CROs), che attraverso i medici di base arruolano pazienti. Sebbene le CROs siano di solito più efficienti, i finanziatori preferiscono utilizzare le scuole mediche, sia perché la ricerca condotta da queste è formalmente più quotata, ma soprattutto perché consentono loro di sfruttare la grande influenza di medici ritenuti poter rappresentare l'opinione prevalente o essere considerati "key opinion leaders "(KOLs). Sono queste le persone che scrivono libri e articoli su riviste mediche, redigono le "linee guida", occupano posti importanti nella FDA governativa ed in altri gruppi di consulenza, o in rinomate società professionali, e prendono la parola in innumerevoli riunioni e cene che si svolgono ogni anno per ragguagliare i clinici sui farmaci da prescrivere. L'avere un "KOLs" come il Dr. Biederman sul libro paga vale ogni centesimo speso.

Pochi decenni fa, le scuole mediche non disponevano di estesi rapporti finanziari con l'industria, ed i ricercatori universitari che portavano avanti la ricerca finanziata da case farmaceutiche non avevano altri legami con loro. Ma oggi le università hanno molteplici rapporti con l'industria e si trovano in una posizione morale che li metterebbe in difficoltà se volessero rimproverare alla propria facoltà di comportarsi come loro fanno. Un recente sondaggio ha rilevato che circa i due terzi dei centri medici accademici hanno rilevanti partecipazioni nelle aziende che sponsorizzano la ricerca all'interno della stessa istituzione. Una inchiesta sul settore universitario medico ha scoperto che i due terzi dei cattedratici dovevano il loro incarico alle aziende farmaceutiche e che i tre quinti avevano ricevuto da queste incarichi personali. Nel 1980 le facoltà mediche iniziarono a dettare norme che disciplinano i conflitti d'interesse, ma generalmente queste sono assai variabili, il più delle volte molto permissive ed oggetto di disinvolte forzature.

Dato che le aziende farmaceutiche pretendono, come condizione per erogare un finanziamento, di essere capillarmente coinvolte in tutti gli aspetti della ricerca che sponsorizzano, è facile per loro introdurre falsificazioni dirette a far apparire i loro farmaci migliori e più sicuri di quel che sono.
Prima del 1980 veniva data ai ricercatori universitari una totale autonomia nella conduzione dei lavori, ma ora le case farmaceutiche impiegano spesso i loro dipendenti ed i loro agenti nel progettare gli studi, eseguire i test, scrivere i lavori, e decidere se e in quale forma pubblicare i risultati. Talvolta le facoltà mediche procurano ricercatori che sono poco più che manovali, per cui l'arruolamento di pazienti e la raccolta dei dati seguono le direttive dell'azienda.

In considerazione di un controllo simile e dei conflitti di interesse che permeano la ricerca, non c'è da meravigliarsi che i risultati negativi degli studi sponsorizzati dalle case farmaceutiche (e pubblicati su riviste scientifiche a loro tornaconto), non vengano in gran parte resi noti, mentre la pubblicazione di quelli positivi venga riproposta in altri lavori appena variati nella forma; oppure che quelli negativi vengano presentati come positivi. Per fare un esempio, un controllo su 74 studi clinici relativi ad antidepressivi, ha svelato che 37 su 38 risultati positivi siano stati pubblicati, ma dei 36 dei 37 o sono stati occultati o pubblicati spacciandoli per positivi. Non è poi raro che un documento pubblicato focalizzi l'attenzione sull'effetto secondario che sembra più favorevole.

L'occultamento dei risultati fallimentari emersi da ricerche è oggetto di un coinvolgente libro scritto da Alison's Bass, dal titolo "Effetti collaterali: un accusatore, uno che ha fatto la soffiata ed un bestseller, in una ricerca su antidepressivi". Questa è la storia di come il gigante farmaceutico britannico, la GlaxoSmithKline, abbia sepolto prove che il suo antidepressivo, il Paxil, top nelle vendite, è inefficace e potenzialmente dannoso per i bambini e gli adolescenti. Bass, ex reporter del Boston Globe, descrive il coinvolgimento di tre persone: uno scettico psichiatra universitario, un moralmente indignato esponente del reparto di psichiatria della Brown University (il cui presidente ha ricevuto nel 1998 più di $ 500.000 per consulenze da industrie farmaceutiche, tra le quali la GlaxoSmithKline), e un infaticabile sostituto procuratore generale di New York. Hanno preso posizione contro la GlaxoSmithKline ed il sistema psichiatrico, e alla fine l'hanno avuta vinta contro ogni previsione.

Il libro segue le singole lotte di queste tre persone nel corso di molti anni, culminati con la GlaxoSmithKline obbligata, nel 2004, a transare sulle accuse di frode pagando 2,5 milioni di dollari (una sciocchezza rispetto agli oltre 2.700 milioni di vendite annuali del Paxil). Ha inoltre preannunciato di rendere nota una sintesi di tutti gli studi clinici completati dopo il 27 dicembre 2000. Di ancor maggiore rilievo l'attenzione dedicata alla deliberata e sistematica prassi di occultare i risultati sfavorevoli della ricerca, che mai sarebbe emersa senza un'inchiesta giudiziaria. Uno dei documenti interni della GlaxoSmithKline - precedentemente segreto - recita: "sarebbe commercialmente inaccettabile dichiarare che l'efficacia non è stata dimostrata, in quanto ciò potrebbe compromettere il profilo della paroxetina (Paxil)".

Molti farmaci che si pretende siano efficaci, hanno probabilmente un'efficacia leggermente superiore al placebo, ma non c'è modo di appurarlo, visto che i risultati negativi sono tenuti nascosti. Un indizio è stato individuato sei anni fa da quattro ricercatori che, invocando il Freedom of Information Act, hanno ottenuto dalla FDA relazioni su ogni studio clinico - che prevedesse il confronto-pacebo - presentato per ottenere l'approvazione iniziale dei sei più usati farmaci antidepressivi approvati tra il 1987 e il 1999: Prozac, Paxil , Zoloft, Celexa, Serzone e Effexor. Essi hanno scoperto che, in media, l'80 per cento dei placebo hanno la stessa efficacia di questi farmaci.

La differenza tra farmaco e placebo è stata così piccola che era improbabile che essa potesse rivestire un qualche significato clinico. I risultati sono stati più o meno gli stessi per tutti e sei i farmaci: tutti sono risultati egualmente inefficaci. Ma visto che sono stati pubblicati solo i risultati "favorevoli" e quelli sfavorevoli sono stati....sepolti (in questo caso, all'interno della FDA), il pubblico e la professione medica hanno ritenuto questi farmaci potenti antidepressivi.

Le sperimentazioni cliniche sono influenzate anche tramite criteri di ricerca adottati unicamente allo scopo di produrre risultati favorevoli per gli sponsor. Ad esempio, il farmaco del finanziatore può essere confrontato sì con un altro farmaco, ma somministrato a una dose così bassa che quello del finanziatore appare più potente. Oppure un farmaco destinato a patologie dell'anziano può essere testato sui giovani, in modo che gli effetti collaterali abbiano minori probabilità di manifestarsi. La stessa metodica distorsiva utilizzata normalmente nel confrontare un nuovo farmaco con un placebo viene adottata anche quando il confronto riguarda un farmaco preesistente. In breve, ed è questa la ragione fondamentale per la quale i ricercatori devono essere veramente disinteressati nei confronti dei risultati del loro lavoro, spesso è possibile guidare le sperimentazioni cliniche in modo che diano i risultati che si desiderano.

Più della ricerca, sono i conflitti di interesse ad influire sui dati. Essi determinano inoltre gli indirizzi e gli strumenti ai quali si conforma la medicina praticata, attraverso la loro influenza sulle linee-guida rilasciate da organismi governativi e professionali, e attraverso i loro effetti sulle decisioni FDA.
Alcuni esempi: in un sondaggio effettuato presso duecento esperti che hanno redatto linee guida pratiche, un terzo dei membri della giuria ha riconosciuto di avere interessi finanziari in relazione ai farmaci prescelti. Nel 2004, dopo il National Cholesterol Education Program indetto per riportare drasticamente entro livelli desiderati il colesterolo "cattivo", è stato rivelato che otto dei nove membri che avevano redatto il "manifesto" di indicazioni avevano legami finanziari con i produttori di farmaci per abbassare il colesterolo. Novantacinque tra i 170 nominativi che avevano collaborato a redigere la più recente edizione del "Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali" dell'American Psychiatric Association (DSM), avevano intrattenuto relazioni finanziarie con le aziende farmaceutiche, intercorse peraltro con la totalità di coloro che avevano curato le sezioni dedicate ai sui disturbi dell'umore e la schizofrenia. L'aspetto comunque più allarmante è che molti membri delle commissioni permanenti di esperti che offrono consulenza alla FDA per l'approvazione dei farmaci hanno anche legami finanziari con l'industria farmaceutica.

Negli ultimi anni, le aziende farmaceutiche hanno messo a punto una nuova ed estremamente efficace strategia per espandere i loro fatturati. Invece di propagandare farmaci per il trattamento di malattie, hanno iniziato a propagandare le malattie alle quali adattare i loro farmaci! La strategia è quella di convincere quante più persone possibili (insieme ai loro medici, ovviamente) che le loro condizioni di salute richiedono un lungo periodo di terapia. Talvolta chiamato "malattia del cantastorie", questo è il tema di due nuovi libri. Il primo è di Melody Petersen Meds, del nostro quotidiano: "Come le case farmaceutiche hanno trasformato sé stesse in abili macchine da mercato e preso all'amo l'intera nazione in tema di prescrizione di farmaci"; il secondo di Christopher Lane's: "La timidezza: come la si è fatta diventare una malattia".

Per inventare nuove malattie o ingigantire le preesistenti, le aziende affibbiano loro denominazioni altisonanti attraverso acronimi. Così ora il bruciore di stomaco è diventato "sindrome gastroesofagea da reflusso" o GERD; l'impotenza "disfunzione erettile" o DE; la tensione premestruale "sindrome premestruale" o PMMD e la timidezza è "ansia sociale" (ancora non è stata coniata l'abbreviazione). E' bene notare che queste (supposte) malattie sono impropriamente definite sindromi croniche che colpiscono essenzialmente le persone normali, per cui il mercato è enorme e facilmente ampliato. Ad esempio, un alto dirigente della rete di vendite suggerì ai rappresentanti come incentivare l'acquisto del Neurontin: "Neurontin per il dolore, Neurontin per la monoterapia, Neurontin per i disturbi bipolari, Neurontin per tutto." Sembra che la strategia di marketing del farmaco - ed è stato un notevole successo - sia di convincere gli americani che ci sono solo due tipi di persone: quelle che hanno problemi che richiedono un trattamento farmacologico e quelle che ancora non sanno di averne. Queste strategie sono state ideate nel settore del farmaco, ma non avrebbero potuto affermarsi senza la complicità della classe medica.

Melody Petersen, che era un reporter del New York Times, ha scritto un'ampia, convincente requisitoria contro il settore farmaceutico. Essa stabilisce in dettaglio i vari modi, sia legali che illegali, con i quali le aziende farmaceutiche possono realizzare autentici exploit (vendite annuali di farmaci per oltre un miliardo di dollari) e il ruolo essenziale che svolgono i KOLs. Il suo esempio è soprattutto il Neurontin, che è stato inizialmente approvato solo per una indicazione molto limitata, il trattamento dell'epilessia nell'ipotesi che altri farmaci risultassero inefficaci nel controllo degli attacchi. Attraverso bustarelle pagate a nomi eccellenti del mondo accademico per poter mettere i loro nomi sugli articoli esaltando il Neurontin per altri usi (malattia bipolare, stress post-traumatico, insonnia, stanchezza delle gambe, vampate di calore, emicrania, tensione da cefalea, e altre ancora), tramite il finanziamento di conferenze nel corso delle quali venissero raccomandati questi utilizzi, la casa farmaceutica è stata in grado di trasformare il farmaco in un "blockbuster", con un fatturato di $ 2,7 miliardi nel 2003. L'anno seguente, in un caso ampiamente trattato da Petersen per il Times, la Pfizer ha ammesso le proprie responsabilità in ordine alla commercializzazione illegale ed accettato di pagare 430 milioni di dollari per evitare il danno di ulteriori spese comportate da cause penali e civili intentatele. Un sacco di soldi, ma per la Pfizer è stato più o meno come un costo commerciale, e ne è valsa la pena, visto che il Neurontin ha continuato ad essere utilizzato come un tonico per tutti gli usi, generando miliardi di dollari di vendite annuali.

Il libro di Christopher Lane ha messo a fuoco un soggetto più limitato, e cioè il rapido aumento del numero di diagnosi psichiatriche nella popolazione americana e l'uso di psicofarmaci per il loro trattamento. Poiché non vi sono prove oggettive per rilevare la malattia mentale e il confine tra normale e anormale è spesso incerto, la psichiatria costituisce un campo particolarmente fertile per la creazione di nuove malattie o per drammatizzare quelle preesistenti. I criteri diagnostici sono terreno esclusivo dell'attuale edizione del "Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali", prodotto di un gruppo di psichiatri la maggior parte dei quali, come ho già detto in precedenza, avevano legami finanziari con l'industria farmaceutica. Lane, docente di letteratura alla Northwestern University, traccia l'evoluzione del DSM dal suo timido inizio nel 1952, come modesto prontuario (DSM-I), all'attuale formulazione di 943 pagine (la versione riveduta del DSM - IV), che costituisce l'indiscussa "bibbia" della psichiatria, standard di riferimento per i tribunali, le carceri, le scuole, le imprese di assicurazione, il pronto soccorso, i distretti medici e le strutture mediche di ogni genere.

Data la sua importanza, si potrebbe pensare che il DSM rappresenti l'autorevole distillazione di un ampio corpus di prove scientifiche. Ma Lane, utilizzando documenti inediti degli archivi della American Psychiatric Association e interviste con i suoi rappresentanti di spicco, dimostra che è invece il frutto di tutto un complesso di politica accademica, di ambizione personale, di ideologia, e, cosa forse più grave, dell'influenza dell'industria farmaceutica. Quello di cui difetta il DSM è il rigore scientifico. Lane riporta la dichiarazione di un collaboratore del team del DSM-III: "C'è stata una ricerca sistematica molto scarsa, e gran parte della ricerca che esisteva era realmente un pot-pourri slegato, incoerente, e ambiguo. Penso che la maggioranza di noi ha riconosciuto che la quota di quella buona, solida scienza alla quale ci ispiriamo per prendere le nostre decisioni, sia stata piuttosto modesta".

Lane utilizza la timidezza, come caso di indagine sulla "malattia-del cantastorie" in psichiatria. La timidezza come malattia psichiatrica ha fatto il suo debutto come "fobia sociale" nel DSM-III nel 1980, anche se al tempo veniva descritta come rara. Nel 1994, quando il DSM-IV è stato pubblicato, essa era diventata "ansia sociale", ed oggi si sostiene che sia una malattia estremamente diffusa. Secondo Lane, la GlaxoSmithKline, sperando di aumentare le vendite per il suo antidepressivo, il Paxil, ha deciso di promuovere la sindrome da ansietà sociale a "grave condizione medica". Nel 1999, la società ha ricevuto l'approvazione FDA a commercializzare il farmaco per il trattamento....dell'ansia sociale. Essa ha lanciato una vasta campagna mediatica per realizzarlo, ricorrendo anche a poster, esposti nelle pensiline degli autobus di tutto il paese, che raffigurano individui in condizioni pietose, con la didascalia "Immagina di essere allergico alla gente ...": aumentando così le vendite. Ecco un'affermazione fatta da Barry Brand, direttore di produzione del prodotto Paxil: "il sogno di ogni venditore è trovare un mercato non capito o sconosciuto e sfruttarlo. Questo è ciò che siamo stati in grado di fare con la sindrome da ansia sociale".

Alcuni dei più grandi blockbuster sono psicofarmaci. La teoria che i disturbi psichiatrici derivino da uno squilibrio biochimico è usata quale giustificazione per il loro uso diffuso, anche se la teoria deve essere ancora dimostrata. I bambini sono obiettivi particolarmente vulnerabili. Forse che i genitori osano dire "No" quando un medico dice loro che un bambino difficile è malato e raccomanda un trattamento farmacologico? Oggi ci troviamo nel bel mezzo di una presunta epidemia di malattia bipolare nei bambini (che sembra aver rimpiazzato la sindrome da iperattività e da deficit di attenzione come situazione più pubblicizzata nell'infanzia), con un incremento della diagnosi di quaranta volte dal 1994 al 2003. Questi bambini sono spesso trattati con diversi farmaci off-label, molti dei quali, indipendentemente dalle loro proprietà, sono sedativi, e quasi tutti caratterizzati da effetti indesiderati potenzialmente gravi.

I problemi che ho discusso non si limitano alla psichiatria, anche se in questo campo raggiungono la loro più florida estensione. Simili conflitti di interesse e pregiudizi riguardano quasi ogni campo della medicina, in particolare quelli che dipendono in larga misura da farmaci o tecniche terapeutiche. E' semplicemente impossibile dare credito a buona parte della ricerca clinica pubblicata, od alle opinioni del medico di fiducia o ad autorevoli linee-guida. Non mi fa certo piacere arrivare a questa conclusione, formatasi gradualmente e con riluttanza nel corso degli oltre vent'anni come direttore del "The New Journal of Medicine".

Un risultato di pregiudizi diffusi è che i medici imparano a praticare una medicina basata su un uso esasperato di farmaci. Anche se cambiamenti negli stili di vita sarebbero più efficaci, i medici ed i loro pazienti spesso sono convinti che vi sia un farmaco per ogni malattia ed ogni insoddisfazione. I medici sono anche portati a credere che i nuovi e più costosi farmaci di marca siano superiori ai vecchi farmaci o a quelli generici, anche se raramente vi è qualche prova in tal senso, visto che gli sponsor non sono soliti confrontare con i loro altri farmaci a dosaggi equivalenti. Inoltre i medici, influenzati da rinomati docenti universitari, imparano a prescrivere farmaci per uso off-label senza prove di efficacia.

E' facile per le aziende farmaceutiche, che sicuramente ne portano grande responsabilità, muoversi a loro agio in una situazione come questa. La maggior parte delle grandi aziende farmaceutiche si sono sobbarcate gli oneri conseguenti a frodi, commercializzazione farmaci off-label, e altri reati.

TAP Pharmaceuticals, per esempio, nel 2001 si è dichiarata colpevole ed ha accettato di pagare 875 milioni di dollari per sistemare il contenzioso penale e civile sorto dalla lesione della legge federale in seguito all'impiego fraudolento del Lupron, un farmaco usato per il trattamento del cancro alla prostata. Oltre a GlaxoSmithKline, Pfizer e TAP, altre case farmaceutiche si sono accollate gli oneri per transare su simili frodi: come Merck, Eli Lilly, e Abbott. Le ammende, seppure in alcuni casi enormi, sono poca cosa se paragonate ai profitti procurati da tali attività illegali, e quindi non sono niente di più che mezzi dissuasivi. Ancora, quanti sostengono le ragioni dell'industria farmaceutica, sostengono che sta semplicemente cercando di fare realizzare il suo scopo principale, quello di fare gli interessi dei suoi investitori, anche se talvolta va un....po' troppo lontano.

I medici, le università e le organizzazioni professionali non hanno scusanti, avendo una grande colpa verso i pazienti che ripongono fiducia in loro. La missione delle scuole mediche e degli ospedali universitari - e questo giustifica il loro stato di esentasse - è quello di educare le future generazioni di medici, effettuare ricerche importanti per il progresso scientifico e curare i cittadini malati, non quello di allacciare rapporti d'affari con l'industria farmaceutica. Per quanto sia riprovevole la prassi usuale di tante case farmaceutiche, credo che il comportamento di gran parte della professione medica lo sia ancora di più. Le industrie farmaceutiche non sono enti di beneficenza; esse si aspettano un ritorno dal denaro che spendono, ed evidentemente non è per loro indifferente avere utili o meno.

Sarebbero indispensabili riforme così numerose per ripristinare l'integrità della ricerca clinica e della pratica medica, che è impossibile riassumerle in breve. Molti vorrebbero cambiamenti radicali nella legislazione e nell'attività della FDA, compresi gli iter per l'approvazione dei farmaci. Ma vi è anche, ovviamente, la necessità assoluta che la professione medica si affranchi in misura prevalente dai settori economico-finanziari. Sebbene la collaborazione tra industria farmaceutica ed università possa dare importanti contributi scientifici, di solito questi sono apportati dalla ricerca di base, e non dagli studi clinici, ed anche questa sarebbe discutibile se comportasse l'arricchimento personale dei ricercatori. Gli esponenti delle facoltà universitarie che realizzano studi clinici non devono accettare alcuna somma da parte delle aziende farmaceutiche, eccetto il mero sostegno alla ricerca, e questo sostegno non dovrebbe mai essere subordinato all'accettazione di patti aggiunti, inclusa la pretesa dell'industria farmaceutica di avere il controllo sulla progettazione, l'interpretazione e la pubblicazione dei risultati della ricerca.

Le scuole mediche e gli ospedali universitari dovrebbero applicare rigorosamente tale norma, e non dovrebbero stipulare accordi con le aziende sui cui prodotti membri delle loro facoltà stanno conducendo studi. Infine, di rado esiste una valida ragione per la quale i medici dovrebbero accettare doni da aziende farmaceutiche, anche quelle di piccole dimensioni; anzi dovrebbero provvedere autonomamente a pagarsi le spese dei convegni e dei corsi di aggiornamento.

Dopo tanta sfavorevole pubblicità, università e organizzazioni professionali stanno cominciando a parlare di controllo dei conflitti di interesse, ma finora la risposta è stata tiepida. Essi parlano prevalentemente di "potenziali" conflitti di interesse, come se si trattasse di una mera ipotesi lontana dalla realtà, e per giunta limitatamente alla loro divulgazione e "risoluzione", non già del loro divieto. In sostanza, sembra che ci sia il desiderio di eliminare solo l'odore di corruzione, mentre si continua a prendere soldi. Rompendo la dipendenza dall'industria farmaceutica, la classe medica avrà più prerogative sulla designazione di membri di commissioni e su altre importanti funzioni.

Questo rappresenterà la rottura con un modello comportamentale estremamente redditizio. Ma se la professione medica non pone fine a questa corruzione di sua iniziativa, perderà la fiducia del pubblico, e il governo (non solo il senatore Grassley) intensificherà e imporrà una regolamentazione. E nessuno dell'ambiente medico vuole questo.

Link per leggere il testo in originale: http://www.nybooks.com/articles/22237