Vai al contenuto


Prof. Pietro Perrino, genetista, già Direttore del CNR di Bari

Riassunto
La Xylella non è la causa della malattia degli olivi in Puglia. La malattia si chiama Complesso del Disseccamento Rapido dell’Olivo (CoDiRO) ed è causata da criticità ambientali, che hanno determinato la sterilità del suolo. Queste criticità durano da decenni e sono più forti proprio nelle aree focolaio del Salento, dove da anni la desertificazione è più evidente che in altre province della Puglia. C’è una stretta relazione tra inquinamento, desertificazione e CoDiRO. Purtroppo, i responsabili delle istituzioni non la vogliono vedere questa relazione e quindi non favoriscono modelli agricoli a basso impatto ambientale. Anzi, la cecità del nostro Ministero dell’Agricoltura ha prodotto un DM Martina, che addirittura obbliga gli agricoltori all’uso massiccio di pesticidi. I salentini stanno lottando contro i governi, regionale e nazionale, anche attraverso manifestazioni, per bloccare il DM. I vertici politici pugliesi sono sordi e ciechi di fronte ai risultati incoraggianti delle ricerche condotte da gruppi di olivicoltori privati e da gruppi di ricerca misti, composti da olivicoltori e ricercatori privati e ricercatori pubblici. La soluzione del problema del CoDiRO non è l’abbattimento degli alberi malati e non malati per contenere la diffusione della Xylella, ma il ripristino di buone pratiche agronomiche e agro tecniche di disinquinamento, già pronte sul mercato. In una società sana, la sequenza giusta delle priorità è: prima l’ecosistema, poi la società e per ultima l’economia. I nostri politici fanno il contrario. È evidente che così non può continuare. Non ci sarebbe futuro per il genere umano. L’economia di cui si parla qui non si riferisce a quella dei popoli (economia umana, biologica), ma a quella delle grandi corporazioni, che diventano sempre più ricche, mentre gli umani diventano sempre più poveri.

1. La causa della malattia degli olivi in Puglia non è la Xylella
In Puglia, i mass media hanno iniziato a divulgare la notizia della malattia degli olivi, ponendo l’accento soprattutto su un batterio, che ostruisce i vasi xilematici, identificato come Xylella fastidiosa sottospecie pauca, ceppo codiro. Il nome della specie (fastidiosa) deriva dal fatto che è un batterio di difficile identificazione, quello della sottospecie (pauca) deriva dal latino (poca) e quello del ceppo deriva dal fatto che la malattia era già stata denominata Complesso del Disseccamento Rapido dell’Olivo (CoDiRO). La malattia iniziò ad essere notata, verso la fine del primo decennio di questo secolo (2008-2010), in alcune aree del Basso Salento (LE), per poi (anni 2013-1014) iniziare ad essere più evidente e ad apparire, qui e la, anche in altre aree più a nord dello stesso Salento e ancora più recentemente (anni 2016-2018) anche in altre aree più a nord (Ostuni, Cisternino e Ceglie Messapica) della Stessa Puglia (Alto Salento).
Secondo gli entomologi il batterio è trasportato da un albero all’altro da alcuni insetti vettori che si nutrono di linfa che trovano nelle erbe spontanee ed alberi, inclusi gli olivi, ma ritengono che il vettore principale sia la cosiddetta sputacchina (Philaenus spumarius), un insetto molto diffuso in Puglia, ma anche altrove. Secondo alcuni patologi micologi, tra le cause della malattia ci sarebbero anche numerose specie di funghi patogeni tracheomicotici e fogliari e secondo alcuni entomologi ci sarebbero anche alcuni insetti parassiti dell’olivo.
Pertanto, soprattutto alcuni batteriologi ed entomologi, ritenendo che la causa del CoDiRO è principalmente la Xylella, un batterio da quarantena, e che il suo vettore o diffusore è la sputacchina, un insetto ubiquitario, hanno da subito suggerito che l’unico modo per bloccare la malattia è di contenere lo sviluppo dell’insetto con insetticidi, di distruggere le erbe spontanee con erbicidi o arature e di abbattere gli alberi d’olivo attaccati dal batterio, inclusi anche gli alberi che si trovano nel raggio di 100 metri intorno all’albero infetto. I cosiddetti esperti, in pratica suggeriscono di distruggere l’ecosistema e la sua biodiversità per non dare da mangiare ai parassiti. Ha un senso tutto ciò? Oltre alla stupidità umana, si osserva una vera e propria lacuna nella comprensione dell’importanza della biodiversità nella resilienza degli ecosistemi.
Nel merito, ho fatto conoscere il mio pensiero, attraverso interventi scritti (1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8), e interviste e presentazioni orali a diversi convegni in diverse sedi della Puglia (9, 10, 11). In tutti i casi, ho cercato di evidenziare che pensare di contenere la diffusione della malattia con l’abbattimento degli alberi, infetti e non infetti, e di usare insetticidi a tutto spiano e arare i terreni è una vera follia, poiché la causa non è la Xylella, come non lo sono i funghi e non lo sono gli insetti, ma, al più, si tratterrebbe di più cause, come specificato nella denominazione stessa della malattia: Complesso del Disseccamento Rapido dell’Olivo (CoDiRO).
Il condizionale (si tratterebbe) è d’obbligo, perché la mia opinione era e resta che le vere cause della malattia sono alcune criticità ambientali, cioè fattori che sono a monte della Xylella, dei funghi e degli insetti. Opinione suffragata anche dalle seguenti osservazioni oggettive: 1) allo stato attuale, non è stato ancora dimostrato, in modo inequivocabile, che la Xylella sia la causa della malattia; cito solo la Xylella perché è il patogeno più enfatizzato dai media, dall’osservatorio fitosanitario della Regione Puglia, dal Ministero dell’Agricoltura e dalla Commissione Europea; 2) ci sono piante d’olivo positive, cioè contenenti il batterio, ormai da anni, ma che non manifestano la malattia; 3) ci sono piante d’olivo negative, cioè senza batterio, ma che presentano la malattia e sono la stragrande maggioranza.
Nei miei contributi, ho più volte sottolineato che i patogeni, inclusa la Xylella, sono degli opportunisti e che possono diventare virulenti (aggressivi) soprattutto quando le piante d’olivo s’indeboliscono, diventando vulnerabili a tutti i fattori avversi, biotici, come lo sono tutti i parassiti, animali e vegetali (per es. la Xylella), e abiotici, come i cambiamenti climatici, tra cui le temperature, l’umidità, ecc., e la presenza di sostanze tossiche nell’aria e nel suolo. Le piante d’olivo, come tutte le piante, s’indeboliscono soprattutto quando non riescono più a nutrirsi normalmente, vivendo in un terreno sterile e/o inquinato (metalli pesanti, ecc.).
A tal proposito, la letteratura internazionale, principalmente di studiosi americani (4), ha ampiamente evidenziato, senza equivoci, che la molecola del glifosato, quella contenuta nell’erbicida Roundup, usato, da almeno tre decenni, dagli olivicoltori pugliesi e salentini in modo particolare, per eliminare le erbe spontanee che crescono negli oliveti, allo scopo di tenere pulite le aiole sotto gli alberi e quindi agevolare la raccolta delle olive dal suolo, causa sterilità del suolo. Si tratta di una sostanza che oltre ad uccidere le erbe, bloccando un enzima importante della catena metabolica, non solo delle erbe, ma molto verosimilmente anche delle stesse piante d’olivo, uccide anche la microflora del suolo, ossida i microelementi, rendendoli indisponibili anche alle radici delle piante d’olivo e per finire stimola molti patogeni presenti nell’ambiente (4, 6).
La stessa cosa fa l’AMPA (acido amminometilfosfonico, metabolita primario del glifosato), un derivato del glifosato, che recentemente è stato trovato, insieme al glifosato, anche nell’acqua potabile di rubinetto di diverse Regioni italiane (6). Dai report delle istituzioni regionali (4) si evince che in provincia di Lecce (aree focolaio dell’epidemia), il consumo di erbicida (il Roundup contenente glifosato) per ettaro è almeno quattro volte superiore a quello delle altre province pugliesi.
Se a ciò si aggiunge che nel Salento quasi tutta l’acqua d’irrigazione proviene da acque di falda e si considera che il glifosato e il suo metabolita AMPA vengono quindi ripescati per continuare ad avvelenare l’ecosistema (pianta-suolo) l’effetto nocivo del glifosato si moltiplica e si ripete in modo perpetuo. Ciò dovrebbe aiutare a comprendere perché l’erbicida Roundup dovrebbe essere considerato uno dei fattori critici dell’indebolimento dei meccanismi di difesa delle piante d’olivo nelle aree focolaio del Salento, più che altrove. La diffusione della malattia al difuori delle aree focolaio iniziali del Salento ha odore di fantasia degli autori, per lo più funzionari della Regione Puglia e/o della provincia di Brindisi (Alto Salento), sostenitori, probabilmente in buona fede, della relazione tra Xylella e malattia.
Da quando è scoppiato il caso Xylella in Puglia, diversi olivicoltori che non hanno mai creduto alla favola del batterio, anche in collaborazione con alcuni batteriologi e micologi pugliesi e napoletani (privati e pubblici), hanno tentato di salvare le piante d’olivo affette da CoDiRO, con o senza Xylella, ripristinando le buone pratiche agricole su una superfice di oltre 60 ettari, localizzati in 23 Comuni dell’area focolaio, e in un tempo relativamente breve (1-2 anni) hanno osservato una ripresa vegetativa significativa delle piante (una vera e propria guarigione). Alcuni di questi risultati sono stati già portati all’attenzione del pubblico nel 2015 (12). A parte ciò, sono in arrivo anche i risultati di progetti di ricerca, finanziati anche dalla Regione Puglia a gruppi di ricerca composti da olivicoltori e ricercatori o esperti, che quasi certamente confermeranno la possibilità di arrestare la malattia. In pratica, le piante d’olivo malate possono essere salvate con buone pratiche agronomiche e trattamenti che restituiscono all’ecosistema l’equilibrio perso in seguito all’inquinamento, causato anche dall’uso trentennale d’insetticidi, fungicidi, acaricidi ed erbicidi.
Insomma, una follia dopo l’altra, in quanto un popolo colto e che ragiona dovrebbe capire che viene prima la salvaguardia dell’ecosistema in cui vive, poi quella della propria società, che comunque dipende dallo stato di salute dell’ecosistema e alla fine quella dell’economia, che dovrebbe dipendere dallo stato dei primi due. Una gerarchia di valori che la natura non perdona a chi non la rispetta. Un popolo colto e preparato, e saggio, deve capire che non può consumare di più di quanto offre il proprio territorio e deve quindi cercare di aumentare la biocapacità del territorio in cui vive usando le sue risorse naturali e culturali, evitando, in tutti i modi possibili, di indebitarsi con altri paesi, sia sviluppati e sia in via di sviluppo. Naturalmente, ciò non avviene da almeno oltre mezzo secolo, perché i nostri politici, a poco a poco, hanno venduto la nostra sovranità popolare alle grosse corporazioni, soprattutto straniere, tanto che l’Italia non è più uno Stato (13).
E’ per questo che i nostri governi, servi di un sistema dominato dalle banche, continuano a sostenere politiche favorevoli a modelli agricoli industriali, ad agricoltura intensiva o ad alto impatto ambientale e ad ostacolare lo sviluppo di modelli agricoli economicamente non competitivi. Purtroppo non ci si rende conto che la Puglia è fondamentalmente una Regione arida, con scarse risorse idriche superficiali e sotterranee e quindi con nessuna possibilità di applicare modelli agricoli intensivi. La Puglia può solo applicare modelli agricoli a bassissimo impatto ambientale e cercare di massimizzare l’utilizzo delle proprie acque e di quelle reflue, prodotte dagli impianti di depurazione, per l’irrigazione e per usi industriali.
Una delle tante dimostrazioni che la Xylella può essere tenuta sotto controllo e che le piante d’olivo affette possono riprendere a vegetare senza problemi l’ha fornita un progetto di ricerca triennale svolto da un nutrito gruppo di ricercatori e finanziato anche dalla Regione Puglia (14). Pertanto, le istituzioni responsabili invece di finanziare l’abbattimento delle piante d’olivo dovrebbero favorire lo sviluppo di modelli agricoli a basso impatto ambientale. Ciò servirebbe anche ad evitare l’uso di pesticidi, responsabili, ormai, di parecchi danni all’ecosistema e alla salute dell’uomo.

2. Decreto Martina e pesticidi: un’altra spruzzata di follia
Il Decreto Ministeriale Martina (con 27 articoli e 4 allegati), avente per oggetto “Misure di emergenza per la prevenzione, il controllo e l’eradicazione di Xylella fastidiosa nel territorio della Repubblica Italiana” (GU del 6 aprile 2018) è stato scritto ignorando le buone pratiche agronomiche e/o comunque rispettose dell’ambiente (ecosistema) ed entrando in contraddizione con lo stesso Ministero delle Politiche Agricole e Forestali e con il Parlamento Europeo.
I pesticidi indicati nel DM, tranne qualcuno (di tipo biologico), non sempre sono efficaci, mentre sono sicuramente dannosi per l’ambiente e la salute dell’uomo.
Il DM impone l’abbattimento (espianto) delle piante d’olivo, infette e non infette, come soluzione al problema, mentre l’European Food Safety Authority (EFSA), già nel 2015 sottolineava che l’eradicazione della Xylella fastidiosa (una volta insediata) era impossibile a causa dell’ampia gamma di piante ospiti e dei suoi vettori.
I bugiardini o schede tecniche dei fitofarmaci contenenti i principi attivi indicati nel DM riportano, tra l’altro, che sono molto tossici per gli organismi dell’ecosistema, anche acquatico, e con effetti a lungo termine. Le previste fasce di rispetto non trattate al fine di proteggere gli organismi acquatici e gli artropodi diventerebbero aree potenziali per lo sviluppo del vettore sputacchina.
I fitofarmaci elencati nel DM sono velenosi per le api e altri insetti utili anche all’impollinazione e, quindi, non v’è dubbio che mettono a rischio le produzioni agricole. In molti casi c’è il divieto esplicito di utilizzare il prodotto in presenza di api o comunque durante la fioritura e in pieno campo. Proprio in questi giorni, nel Veneto, numerosi agricoltori risultano indagati dalla Procura per aver provocato un disastro ambientale, come conseguenza dell’utilizzo di neonicotinoidi e altri prodotti che interrompono l’impollinazione e che causano la scomparsa di specie d’insetti utili all’agricoltura. È stata contestata la violazione dell’art. 452 bis del CP (RD 19 ottobre 1930, n. 1398), cioè indagati per aver “cagionato abusivamente una compromissione o un deterioramento significativi e misurabili di un ecosistema e della biodiversità della fauna in generale”. L’inchiesta dimostra la relazione tra l’uso di neonicotinoidi e la diminuzione del numero di api negli alveari che si trovano nella zona trattata (15).
L’UE ha vietato l’uso in pieno campo di alcuni insetticidi neonicotinoidi indicati nel DM. In particolare il divieto riguarda il clothianidin, l’imidacloprid e il thiamethoxam. Recentemente, per questi insetticidi, mortali per le api e i bombi e neurotossici per i bambini, 15 Paesi europei, tra cui l’Italia, hanno votato a favore del bando permanente dall’UE. Pertanto, da un lato l’Italia, in Commissione Europea, vota contro l’uso di questi insetticidi, dall’altro, in casa sua, con il DM inserisce uno di questi insetticidi, l’imidacloprid, nell’obbligo di trattamento contro la sputacchina in pieno campo. È o no è una contraddizione? Che i neonicotinoidi sono potenti neurotossici soprattutto per i bambini lo dice anche L’EFSA (2013 e 2018).
Tra l’altro, la Direttiva 2009/128/CE ha definito non sostenibile il modello di agricoltura basato sull’utilizzo dei pesticidi e invita gli Stati membri ad informare la popolazione sui rischi e sugli effetti acuti e cronici per la salute umana. Un migliaio di ricerche scientifiche dimostrano i danni dei pesticidi sulle persone (16).
L’Ordine dei Medici di Lecce si è schierato contro il DM, in quanto impone l’uso di insetticidi nocivi, annunciando un monitoraggio delle falde acquifere e mette in guardia le autorità sul fatto che di queste sostanze sono noti gli effetti acuti, ma non quelli a lungo termine sulla salute umana (17).
La Lega Italiana per la Lotta ai Tumori (LILT), ha dichiarato di essere contro il DM, alla luce di un suo documento circostanziato (18) sulle implicazioni sanitarie connesse all’adozione delle strategie fitosanitarie già indicate nel cosiddetto Piano Silletti, trasmesso nel 2015 ai vertici della Regione Puglia e della Commissione europea.
La LILT, sottolinea che oggi con il DM Martina l’allerta è ancora più drammatica. E cita un altro studio ancora più recente svolto dall’ASL di Lecce, l’Università del Salento e la Provincia di Lecce, i cui risultati mostrano inquinamenti con livelli critici per sostanze pericolose: l’arsenico, il berillio e il vanadio. Si tratta di molecole cancerogene e interferenti endocrini (IE), responsabili di disturbi a carico della funzionalità del sistema endocrino, con effetti avversi sulla salute dell’organismo, cellule germinali e progenie (19).
Anche l’Associazione Internazionale dei Medici per l’Ambiente (ISDE) ha preso posizione contro il DM Martina, poiché impone l’uso pesticidi dannosi per la biodiversità, la sicurezza alimentare e la salute, in barba ai principi di prevenzione, precauzione e i diritti degli agricoltori e delle popolazioni esposte, danneggiando le imprese che usano metodi di agricoltura biologica. Il DM obbliga, nelle aree infette, l’uso degli erbicidi, tra cui il già ricordato Roundup, contenente glifosato. L’ISDE, nel merito è già intervenuta con un appello internazionale (20).
Ancora più recentemente, l’ISDE ha diramato un comunicato stampa sulla pericolosità dei neonicotinoidi, citando l’acetamiprid, una molecola che potrebbe benissimo essere sostituita da sostanze efficaci usate dall’agricoltura biologica, come piretrine, olio essenziale di arancio dolce, citate nel DM, ma con meno enfasi. L’acetamiprid è neurotossico e, nei mammiferi, ha conseguenze biologiche negative su fegato, reni, tiroide, testicoli e sistema immunitario. Ha anche un’alta tossicità per gli uccelli. Gli effetti biologici dei neonicotinoidi sull’uomo devono ancora essere chiariti, ma i primi risultati mostrano associazioni significative tra esposizione e rischio di alterazioni dello sviluppo (21).
In Puglia, l’AIAB (Associazione Italiana per l’Agricoltura Biologica) con il sostegno di diversi esperti del settore, ha recentemente avviato un tavolo tecnico ad hoc con l’intento di bloccare il DM Martina. Allo scopo, il tavolo ha redatto una dettagliata relazione tecnica, di quattro pagine, che è stata già inviata al Presidente della Regione e a tutti i consiglieri regionali. Si che, ora non potranno più dire che non sapevano che i pesticidi sono solo dannosi e che la prima cosa da fare è di non usarli, in quanto la relazione è critica, ma anche ricca di proposte alternative (22).
Da quando in Puglia si parla di Xylella, i salentini si sono mossi contro l’abbattimento degli alberi, proposto dagli accademici e dai burocrati della Regione Puglia, del Ministero dell’Agricoltura e il Parlamento Europeo, attraverso convegni e manifestazioni popolari, ignorati dai media e dai canali televisivi di stato, ma ampiamente documentati da amatori e singoli cittadini, ai quali recentemente si sono aggiunti alcuni sindaci. La più recente manifestazione di mia conoscenza è quella relativa ad una conferenza stampa svoltasi in Valle d’Itria, con la partecipazione di olivicoltori che hanno dimostrato di essere in grado di guarire le piante malate e di patologi, fuori dal coro, che hanno collaborato all’esecuzione di progetti, finanziati anche dalla Regione Puglia, i cui risultati preliminari mostrano che l’abbattimento degli alberi è una follia (23).

3. Un punto di vista più generale: un tuffo nel passato alla scoperta della verità
Il problema degli olivi in Puglia è un vecchio problema, che s’inquadra bene in un progetto che parte da lontano (XIX sec.). Cioè da quando la teoria dei germi di Louis Pasteur prevalse su quella dei suoi contemporanei, come Antoine Béchamp e Claude Bernard, i quali sostenevano, a differenza di Pasteur, che la causa delle malattia non sono i germi (virus e batteri) ma il terreno. Si racconta che lo stesso Pasteur, poco prima di morire, confessò che il terreno è tutto, mentre il microbo è nullo (24, 25, 26, 27).
Tuttavia, le case farmaceutiche adorarono la teoria dei germi perché ciò permetteva loro di vendere le molecole (farmaci) capaci di uccidere virus e batteri e quindi avviare quel grande business che le portò a diventare sempre più ricche e quindi più potenti, tanto da possedere le banche e conseguentemente i governi.
Si è così sviluppato un sistema antisociale dominante, che diventa sempre più difficile da cambiare. In ogni caso, questo quadro serve a spiegare perché la storia della malattia degli olivi e della Xylella in Puglia non poteva avere una storia diversa, più vicina alla verità e cioè che la causa non è il batterio ma il terreno, quello che più sopra ho chiamato anche criticità ambientali.
In pratica, in un mondo dominato da falsità è difficile riuscire a far prevalere la verità. Possiamo solo sperare di aumentare nella popolazione la consapevolezza e la capacità di distinguere il vero dal falso. E solo quando avremo raggiunto la soglia critica, il cambiamento sarà quasi automatico.

4. A proposito, gli olivi malati possono essere salvati proprio dai germi (microrganismi)
Alcuni decenni fa, circa un secolo dopo Pasteur, un chimico francese, arriva Teruo Higa, un agronomo e microbiologo giapponese, e scopre i microrganismi effettivi. Higa cercava alternative alle sostanze chimiche impiegate in agricoltura, ma le sue ricerche restarono senza esito fino al 1981. Qualche anno dopo, analizzando il comportamento, il contenuto e l'effetto sulla vegetazione dei microrganismi usati nei suoi esperimenti, scoprì che una particolare combinazione di colture chiamata EM (Effective Microorganismi), aveva un effetto benefico soddisfacente in agricoltura (28).
Negli anni che seguirono, Higa continuò le sue ricerche sull’isola di Shigacki presso un'istituzione religiosa e trovò che la sua combinazione di culture microbiche era risultata stabile, riproducibile ed efficace anche in settori diversi da quelli agricoli, come per esempio per la depurazione delle acque, bonifiche e gestione dei rifiuti e per la preparazione di mangimi speciali.
Bene, recentemente, un ricercatore del CRA (Consiglio per la Ricerca in Agricoltura) di Pescia ha ottenuto dei risultati positivi con l’applicazione della tecnologia degli EM (29) per la gestione del verde ambientale ed ornamentale, ma a quanto pare il Ministero delle Politiche Agricole e Forestali, l’ente che vigila sul CRA, non li conosce. Se l’avesse conosciuti e presi in considerazione Il Ministro Martina avrebbe suggerito la tecnologia ai funzionari e ricercatori della Puglia, invece di decretare l’uso massiccio di pesticidi.
Ma non è tutto. Quando nel primo paragrafo, del presente contributo, parlavo del successo degli olivicoltori del Salento nel salvare le piante d’olivo affette da CoDiRO, c’è da aggiungere che quel successo era dovuto anche all’uso di microrganismi EM. La domanda allora è: come mai un’idea del genere è venuta agli olivicoltori salentini e non ai microbiologi dell’Università e/o centri di ricerca della Puglia o del Ministero dell’Agricoltura o della Commissione in Agricoltura dell’UE? Questa storia da sola è sufficiente a giustificare la mancanza di fiducia da parte della gente nelle istituzioni e nella cosiddetta scienza, che dopo diversi anni, anche di contrasti con i salentini, è ancora dell’idea che per salvare gli oliveti bisogna far fuori la Xylella o bisogna sostituire le varietà d’olivo suscettibili al batterio con varietà resistenti.
Ma che scienza è una scienza che, oltre tutto, mostra di non avere ancora capito l’importanza della biodiversità negli agroecosistemi? E proprio così, in quanto la sostituzione di varietà suscettibili con varietà resistenti comporterebbe un’ulteriore riduzione della biodiversità, oltre a rivelarsi un’operazione con effetti limitati nel tempo, poiché i patogeni, inclusa la Xylella, nel tempo avrebbero sempre la meglio sugli olivi e più in generale su tutte le colture suscettibili, se non vengono eliminate le cause vere della malattia.
L’uso d’impianti di varietà d’olivo resistenti alla Xylella o d’oliveti costituiti da varietà suscettibili innestati con varietà resistenti non sono da paragonare nemmeno lontanamente a quelli della storica resistenza dei vigneti alla fillossera (Phylloxera vastatrix o Viteus vitifoliae), come qualcuno potrebbe pensare, perché in questo secondo caso si parla di resistenza vera (totale) a un insetto del portainnesto (parte inferiore della pianta innestata con varietà suscettibili), mentre nel primo caso si tratta di tolleranza a un batterio (più polimorfico dell’insetto) della marza o nesto (parte superiore della pianta innestata) da innestare su un portainnesto suscettibile.

5. Fisica Quantistica e frequenze vibrazionali negli organismi viventi
Lo sviluppo della Fisica Quantistica ci ha fatto comprendere che la salute degli organismi viventi dipende da diversi fattori, tra cui le frequenze tipiche di ciascun organismo vivente e quelle dei suoi organi e tessuti. Se queste frequenze cambiano come conseguenza dell’interferenza negativa (distruttiva) di frequenze diverse provenienti da campi elettromagnetici presenti nell’ambiente esterno o interno, gli organismi diventano suscettibili alle malattie e a seconda della gravità possono anche cessare di vivere.
Non è fantascienza, come molti potrebbero pensare. Nel mondo ci sono ormai diversi centri che stanno sperimentando positivamente l’applicazione della fisica quantistica con strumenti diversi a seconda della malattia e della sua gravità, nell’uomo (30, 31, 32). Sulla base degli stessi principi, gli alberi hanno un effetto positivo sulla salute dell’uomo e degli altri organismi viventi che vivono nello stesso ecosistema, ma se l’ecosistema è inquinato gli alberi non hanno più lo stesso effetto terapeutico, perché l’inquinamento produce frequenze malefiche (33) e danni al DNA (34).
L’argomento è così importante che meriterebbe un adeguato approfondimento, ma l’obiettivo qui è solo accennarlo per far comprendere anche ai nostri politici di quanto sono lontani da una soluzione che sarebbe molto più naturale (non nociva) e meno costosa di quella che vogliono attuare: eliminare gli alberi d’olivo per tenere a bada la Xylella. Non è assurdo?
Nel caso del mondo vegetale, esistono già dei prodotti liquidi da diluire opportunamente e da spruzzare sulle piante e sul terreno (anche insieme alle acque d’irrigazione), tra l’altro per niente pericolosi per l’uomo, che hanno l’effetto di disinquinare e di influenzare positivamente le frequenze delle piante trattate e dell’ecosistema. I prodotti di mia conoscenza, già usati nelle campagne della Puglia, sono il Bio Aksxter (35) e Gold Manna (36).
Visitando le campagne del Salento, ho visto personalmente diversi oliveti affetti da CoDiRO che trattati con Bio Aksxter, nel giro di qualche anno, hanno iniziato a rivegetare e produrre normalmente. Risultati positivi sono stati osservati anche su vite, ciliegio e diverse piante da orto. Esistono nel merito dei video prodotti dagli stessi operatori, che auspico siano messi a disposizione di persone interessate. Il motivo per cui i divulgatori di queste tecnologie evitano di contattare le istituzioni è sempre lo stesso: si rischia di perdere tempo e di essere persino derisi.

6. Effetti della globalizzazione sull’economia e la salute degli ecosistemi
La globalizzazione in generale e quella dei mercati in particolare ha esasperato la competitività tra ed entro le nazioni. Ciò ha avviato un processo che porta sempre più all’eliminazione dei più deboli, rendendo l’ambiente sociale sempre più selettivo (una sorta di eugenetica). In realtà un ambiente competitivo non fa fuori i più deboli geneticamente, ma i più poveri perché non hanno possibilità economiche e quindi di accesso alle risorse. Gli effetti negativi di una società basata sulla competitività si ripercuotono sulla salute dei popoli e quindi degli ecosistemi in cui essi vivono.
Sapevamo già, ma è stato confermato dai risultati di vent’anni di ricerche sul progetto genoma umano che l’ambiente, in senso lato, è più importante dello patrimonio genetico. Infatti è sbagliato dire che il genoma si esprime o non si esprime. È più corretto, invece, affermare che il genoma viene letto o non viene letto. E chi è il lettore? L’ambiente. Nel caso specifico, le condizioni ambientali prodotte dall’agrotecnica. Una buona agrotecnica è in grado di leggere correttamente il genoma dell’olivo e di tutti gli organismi viventi. Un’agrotecnica che inquina, interferisce negativamente sulla lettura del genoma, dando via libera ai patogeni. Portando gli olivi a seccare.
Il motivo per cui si insiste nel voler attribuire le malattie ai patogeni e non all’ambiente è che in questo modo si continua ad alimentare tutta l’industria dei concimi chimici di sintesi e dei cosiddetti fitofarmaci. Questo tipo di agricoltura industriale comporta inquinamento e quindi aumento delle malattie anche per l’uomo e gli animali. Essa va benissimo per alimentare l’industria del Big Pharma, che dopo la Finanza e il Petrolio è il terzo business mondiale (3).
Il Big Pharma è agevolato anche da un sistema (industriale) alimentare sbagliato, sostenuto anche da politiche finanziate dallo stesso Big Pharma. Politiche che fanno di tutto per promuovere un sistema sociale malato, basato su un’economia competitiva e non collaborativa, come vorrebbe la biologia dell’essere umano. La legge della biologia richiede la cooperazione, mentre quella dell’economia delle corporazioni richiede la competizione. Per cui, la legge dell’economia è intrinsecamente distruttiva, cioè patologica (37).
Per migliorare la società è necessario incoraggiare la cooperazione e scoraggiare la competizione. Un contributo lo può dare la conoscenza e quindi i ricercatori liberi e indipendenti, non condizionati dall’establishment.
Fritjof Capra, nel suo libro “Il punto di svolta – Scienza, società e cultura emergente” ha giustamente affermato che “Abbiamo bisogno di un nuovo paradigma, di una nuova visione della realtà” (38). Nel suo libro, Capra spiega perchè dobbiamo necessariamente passare da una visione copernicana, cartesiana, newtoniana, meccanicistica e riduzionistica a un visione olistica. Riusciremo a fare questo salto quantico? Dipende da noi umani.

7. Conclusioni
La realtà agroecologica del Salento mostra chiaramente che la causa della malattia degli olivi non è la Xylella, ma un insieme di criticità ambientali, che i nostri politici non vogliono riconoscere, affrontare e risolvere perché significherebbe passare da modelli agricoli industriali o ad alto impatto ambientale a modelli agricoli a basso impatto ambientale, andando contro le grosse corporazioni, le quali possono così continuare a prosperare solo grazie a modelli industriali.
Il problema della malattia degli olivi in Puglia può essere risolto con un approccio olistico. Le prime azioni da compiere sono il rispristino di buone pratiche agronomiche, l’incentivazione di diverse forme di agricoltura biologica, l’incremento della biodiversità, attraverso l’allevamento di diverse varietà d’olivo, consociate ad altre piante arboree da frutto e piante erbacee, preferibilmente leguminose, nonché l’avviamento di misure di disinquinamento, azzerando l’uso di prodotti artificiali, come i fertilizzanti chimici e pesticidi (insetticidi, fungicidi, acaricidi ed erbicidi, specialmente il Roundup, contenente glifosato).
Dovrebbe essere incentivato anche l’uso delle acque reflue per l’irrigazione, determinando così una riduzione dell’uso delle acque di falda, e l’uso dei microrganismi effetti (EM), nonché di fertilizzanti disinquinanti, come Bio Aksxter e Gold Manna, già usati con profitto da alcuni agricoltori in Puglia e nel resto d’Italia. Si tratta di tecnologie poco note, anche perché molti agricoltori le applicano, quasi di nascosto, in quanto temono pressioni da parte di personaggi che direttamente o indirettamente sono interessati più a conservare l’attuale paradigma che a cambiarlo.
In generale, i politici, servi di un sistema dominato dalle banche e basato sulle falsità, non potranno mai cambiare l’attuale sistema. Il cambiamento in una società è possibile solo quando la consapevolezza raggiunge la soglia critica del cambiamento. Una soglia che evidentemente non abbiamo ancora raggiunto. Una dimostrazione ce l’ha data, in questi giorni, il nostro Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che ha ostacolato la formazione di un governo, che, a suo dire, avrebbe ostacolato i mercati (le banche) e fatto aumentare lo spread.
Per vincere la battaglia contro le istituzioni (destituzioni) che non intendono proteggere l’ecosistema, perché antepongono l’economia competitiva (distruttiva) delle grandi corporazioni ad un’economia collaborativa (biologica e costruttiva), è necessario raggiungere la soglia critica del cambiamento. Un traguardo possibile solo se si passa da una visione cartesiana e meccanicistica a una olistica.

Bibliografia
1. Pietro Perrino, 22 agosto, 2014. Pietro Perrino: nelle stesse aree delle piante infette di Xylella fastidiosa ne convivono altre che, invece, sono sane.http://centrostudiagronomi.blogspot.it/…/pietro-perrino-nel…
2. Pietro Perrino 2015. Caso Xylella. L’intervento di Pietro Perrino presso la Regione Puglia. Il Foglietto, 14 aprile 2015.https://ilfoglietto.it/…/3875-caso-xylella-lintervento-di-p…
3. Pietro Perrino, 2015. Xylella, 29 motivi per dire no all’abbattimento delle piante di olivo. Il Foglietto, 23 giugno 2015.https://ilfoglietto.it/…/4037-Xylella-29-motivi-per-dire-no…
4. Pietro Perrino, 2015. Xylella? Le vere cause del CoDiRO sono glifosato, veleni e criticità ambientali. IL Foglietto, 22 luglio 2015. https://ilfoglietto.it/…/4083-xylella-le-vere-cause-del-cod…
5. Pietro Perrino, 2016. Il prof. Perrino presenta una serie di osservazioni critiche al Direttore Dip. Agricoltura su misure di contrasto a CoDiRO e Xylella. 19 marzo 2016.http://www.tagpress.it/…/codiro-e-xylella-prof-perrino-scri…
6. Giuseppe Altieri, Pietro Massimiliano Bianco, Valter Bellucci, Franesca Floccia, Carlo Jacomini, Pietro Perrino, Rosalba Tamburro e Franco Trinca, maggio 2016. Xylella fastidiosa e Olivo.
https://www.researchgate.net/…/Xylella-fastidiosa-e-olivo.p…
7. Pietro Perrino, 2016. Xylella. Il commento di Perrino alla sentenza della Corte di giustizia europea. Il Foglietto, 8 settembre 2016. https://ilfoglietto.it/…/4857-xylella-perrino-la-sentenza-d…
8. Pietro Perrino, 2016. Xylella fastidiosa, presentato un disegno di legge dalla Regione Puglia. Il commento di Pietro Perrino. Il Foglietto, 22 settembre 2016. https://ilfoglietto.it/…/4901-xylella-fastidiosa-presentato…
9. Pietro Perrino, 2015. Il problema non è la Xylella fastidiosa, come enfatizzano i mass media. Contributo presentato al Seminario di Studi LAUDATO SI, Bari Sala Conferenze Aldo Moro 12 novembre 2015. Servizi di BelSalento. Video: 32-47 min: https://www.youtube.com/watch?v=37DR8GXQs5U
10. Pietro Perrino, 2015. Mobilitazione Globale Sul Clima – Aula Magna Attilio Alto - Bari, 28 novembre 2015 – Servizi di BelSalento. Video: 6:47-29:20. http://belsalento.altervista.org/mobilitazione-globale-sul…/
11. Pietro Perrino, 2016. Task force 14 giugno 2016. Video:https://www.youtube.com/watch?v=oE7Jlj_t4WE
12. Luisiana Gaita, 9 ottobre 2015. Xylella, 450 ulivi germogliano dopo un anno di cure tradizionali e bio. Scienziati: “Interessante, ma serve cautela”. Il Fatto Quotidiano.it / Ambiente & Veleni.
https://www.ilfattoquotidiano.it/…/xylella-450-uli…/2108300/
13. Marco Mori, 2016. Il tramonto della democrazia. Analisi giuridica della genesi di una dittatura europea. Editore: Agorà & Co. (Sarzana). Collana: Il leviatano, 2016. Pagine: 240.
14. Marco Scrotichini, Jianchi Chen, Monica De Caroli, Giuseppe Dalessandro, Nicoletta Pucci, Vanessa Modesti, Alessia L’aurora, Milena Petriccione, Luigi Zampella, Francesco Mastrobuoni, Danilo Migoni, Laura Del Coco, Chiara Roberta Girelli, Filippo Piacente, Nicola Cristella, Paolo Marangi, Francesco Laddomada, Michele Di Cesare, Francesco Paolo Fanizzi e Stefania Loreti, 2018. A zinc, copper and citric acid biocomplex shows promise for control of Xylella fastidiosa subsp. pauca in olive trees in Apulia Region (southern Italy). Phytopathologia Mediterranea (2018), 57, 1, 48−72. www.fupress.com/pm. ISSN (online): 1593-2095 © Firenze University Press DOI: 10.14601/Phytopathol_Mediterr-21985.
15. Il Fattoquotidiano.it/Ambiente e Veleni, 5 maggio 2018. Udine, 38 agricoltori indagati per disastro ambientale: con i loro pesticidi hanno sterminato decine di migliaia di api. https://www.ilfattoquotidiano.it/…/udine-38-agrico…/4335476/
16. Articoli scientifici sui danni dei pesticidi alle persone.http://www.dmi.units.it/~s…/antipesticide-net-update-it.html
17. De Filippis, Ordine medici Lecce: “Le misure di contrasto alla xylella non prescindano dalla tutela dei cittadini”. Il Tacco d’Italia, 10 maggio 2018. (https://www.iltaccoditalia.info/…/de-filippis-ordine-medic…/
18. Caso Xylella, pesticidi e rischi per la salute umana profilo sanitario della provincia di lecce. A cura del LILT, 5 marzo 2015.http://www.legatumorilecce.org/…/caso-xylella-pesticidi-e-r…
19. Xylella e insetticidi, la Lilt: “Qui no: già troppe le contaminazioni; le malattie tumorali lo dimostrano”. Redazione Piazzasalento, 9 maggio 2018.www.piazzasalento.it/xylella-insetticidi-la-lilt-no-gia-tro….
20. Call to Action against the decision of the European Commission renewing the approval of glyphosate. ISDE, October 17, 2017.http://www.isde.org/glyphosate_appeal.pdf
21. Comunicato Stampa, ISDE Italia: Pesticidi dannosi per l’ambiente e per la salute umana non possono essere imposti per legge. ISDE, 8 maggio 2018. http://www.isde.it/…/2018.05.08-Comunicato-stampa-ISDE-Ital….
22. Margherita Ciervo et al. , 22 maggio 2018. Xylella, il documento del tavolo tecnico AIAB inviato alla Regione Puglia.https://www.aiabpuglia.org/xylella-il-documento-del-tavolo…/
23. Conferenza Stampa – Video: no agli espianti, no ai pesticidi. Cosate, Valle d'Itria - 19.05.2018, Contrada Termetrio. Decreto Martina. Follia illogica, illegittima, anticostituzionale. https://www.youtube.com/watch?v=fuo-LpbVh5Q&feature=share
24. Marcello Pamio, 2014. Fegato, virus e salute. Inserto di Biolcalenda. Ottobre. Anno 7 – N° 68. http://www.labiolca.it/…/…/inserto-effervescienza/effe68.pdf
25. Copyright Bee Wilder April 3, 2015. You Cannot Catch Bugs, Germs, Bacteria or Candida/Fungi https://www.healingnaturallybybee.com/you-cannot-catch-bug…/
26. Claudio Viacava, no data. Batteri, Virus, Parassiti - le verità scomode.
http://www.mednat.org/germi_teoria_viacava.pdf
27. Arthur M. Baker, 2005. Exposing the Myth of the Germ Theory, Not many people realize that bacteria and viruses are the result not the cause of disease. http://www.mednat.org/ExposingTheMythOfTheGermTheory.pdf
28. Teruo Higa, 1993. An Earth Saving Revolution. Microrganismi Effettivi – Benessere e rigenerazione nel rispetto della natura – La rivoluzione che ci salverà. Natura & Salute. Prontostampa srl (Bg), aprile 2015, pagine 180.
29. Domenico Prisa, 2014. Utilizzo di microrganismi benefici per il miglioramento qualitativo di piante ornamentali. Consiglio per la Ricerca e la Sperimentazione in Agricoltura, CRA-VIV, Pescia (PT) Via dei Fiori 8, 51012 e-mail: domenico.prisa@entecra.it
30. Marco Fincati, 2016. RQI – Il segreto dell’auto star bene, pagine 252.
31. Piergiorgio Spaggiari e Caterina Tribbia, 2016. La medicina attraverso la fisica dei quanti. Medicina Quantistica, pagine 240.
32. Nicola Limardo, 2016. Tecnologia Quantistica, applicata alla particella di Dio con una nuova teorizzazione della “Legge del Tutto”. Ristampa 2016, pagine 308.
33. Marco, Mencagli e Marco Nieri, 2017. La terapia segreta degli alberi. L’energia nascosta delle piante e dei boschi per il nostro benessere, pagine 216.
34. Maurizio Proietti, 2018. Inquinamento e Malattie – Autismo, permeabilità intestinale, celiachia, sensibilità chimica multipla. Edizioni Minerva Medica, S.p.A., pagine 276.
35. Alessandro Mendini e Silvana Zambanini, 2006. Bio Aksxter per una vita migliore – il fertilizzante disinquinante. Un manuale pratico di 107 pagine.
36. Nutrient Depletion of our Foods Submitted to: Mr. Kevin Guest Chief Marketing Officer USANA Health Sciences Submitted by: Lyle MacWilliam, MSc, FP MacWilliam Communications Inc. 7594 Klinger Road Vernon, British Columbia CANADA V1H 1H4 November 9, 2009.
http://www.myhealthyhome.com/…/NutrientDepletionofourFoods.…
37. Emilio Del Giudice (2013). Fisica Quantistica e Biologia. La legge dell’economia e quella della biologia. http://www.mauroscardovelli.com/…/Fisica_QuantisticaDel_Giu…
38. Fritjof Capra, 2014. Il punto di svolta – Scienza, società e cultura emergente. Quindicesima edizione nell’ “Universale Economia” – Saggi, novembre 2014, pagine 382


Marie Monique Robin

Non era mai successo prima.
Nella lunghissima storia plurimillenaria l’uomo è sempre stato immerso nella natura cercando con tutti i limiti del caso, di rispettarne il ruolo basilare per la vita stessa.
Oggi invece, ci siamo così allontanati dalla Natura che viviamo completamente immersi nella chimica di sintesi, cioè nell’anti-natura per antonomasia.
Nel giro di poco più di un secolo, oltre 105.000 sostanze chimiche diverse sono state immesse nell’ambiente dalle industrie. Moltissime di queste sono cancerogene, creano malformazioni nei feti e danni al DNA.
Le respiriamo, beviamo, mangiamo ogni giorno, e come se non bastasse, ce le fumiamo e spalmiamo sulla pelle.

Qual è il risultato di questa pazzia?
Crescita esponenziale di tutte le patologie cronico-degenenerative, tumorali e autoimmunitarie.
La spesa sanitaria nazionale, cioè il mercato dei farmaci, cresce ogni anno a vista d’occhio: nel 2011 ha raggiunto la ragguardevole cifra di 26,3 miliardi di euro (1), oltre 50.000 miliardi delle vecchie lire. Ogni cittadino italiano quindi, spende all’anno di media, 434 euro, per avvelenarsi.

Idem per i tumori: nel 2011 nel nostro paese sono stati diagnosticati 360.000 nuovi casi di tumori maligni, cioè 1000 nuovi tumori al giorno (2), senza contare quelli epiteliali.
Escludendo infatti questi ultimi, il tumore più frequente tra uomo e  donna, risulta essere quello del colon-retto con quasi 50.000 nuove diagnosi all’anno.
Pelle e intestino, sono gli organi più colpiti dal tumore.
La pelle è il primo organo a diretto contatto con l’ambiente esterno e quindi con i veleni del mondo; il colon-retto è l’organo che accumula e dovrebbe espellere verso il mondo esterno, i veleni e le tossine autoprodotte con il nostro stile di vita.

Secondo l’ISTAT, i decessi per tumore nel 2007 sono stati 172.000 (il 30%) degli oltre 572.000 decessi totali verificatisi quell’anno.
I morti per cause cardiovascolari sono stati invece 223.000 (il 39%).
Questi dati confermerebbero che la prima causa di morte sono i problemi cardiocircolatori.
Ma non è così.
Quando una persona, magari di una certa età, muore in ospedale, si certifica il decesso per arresto cardiocircolatorio e/o cardiorespiratorio, e questo fa gonfiare le statistiche.
Se teniamo conto di questo artifizio matematico, oggi il cancro è la prima causa di morte almeno nel mondo occidentale!
E’ chiaro come la luce del sole che la chimica in tutto questo gioca un ruolo fondamentale.

Diossine nel piatto
Nel 2006 è stata eseguita un’analisi chimica su campioni di alimenti, provenienti da Gran Bretagna, Polonia, Svezia, Italia, Spagna, Grecia e Finlandia, ha rinvenuto in tutti i prodotti - chi più, chi meno - inquinanti vecchi e nuovi, comprese sostanze chimiche di tipo persistente e bioaccumulabile come il DDT e i PCB banditi da decenni perché riconosciuti cancerogeni.
La ricerca, durata 10 anni, ha preso in esame 27 campioni di alimenti (tra cui latte, carne, pesce, pane, olio d'oliva e succhi d'arancia), di marche comuni e presenti normalmente nei supermercati e ha riscontrato la presenza di ben 119 contaminanti, tra cui le cancerogene diossine.
Questa è solo una delle tante indagini che dimostrano, dati alla mano, come oggi, grazie alla mortifera industrializzazione della vita, mangiamo chili di sostanze chimiche deleterie e cancerogene ogni anno.

Storia dei pesticidi
I pesticidi sono i soli prodotti chimici concepiti dall’uomo e intenzionalmente liberati nell’ambiente per uccidere o danneggiare altri organismi viventi.
Tutta la grande famiglia dei pesticidi, è identificabile dal suffisso “cida” (erbicida, fungicida, ecc.), che deriva dal latino cœdere, che significa “uccidere” o “abbattere”.
Quindi pesticidi, secondo l’etimologia sono dei sterminatori di “pesti” (dall’inglese pest: animale, insetto o pianta nociva e dal latino pestis che indica un flagello o una malattia contagiosa).
Ecco perché nel mondo industriale, si evita accuratamente di parlare di pesticidi, preferendo la dicitura prodotti fitosanitari, o l’ancor più edulcorato, prodotti fitofarmaceutici.
Sostituire il termine corretto e reale pesticidi con fitofarmaceutico non è solo un gioco di prestigio semantico che rassicura tutti, ma mira proprio ad ingannare prima i coltivatori e poi noi consumatori.

L’impiego di pesticidi risale all’antichità, ma fino al Ventesimo secolo gli sterminatori di pesti, erano derivati di composti minerali o vegetali, di origine naturale (piombo, zolfo, tabacco o foglie di neem). Oggi invece usiamo derivati cancerogeni del petrolio…
I pesticidi conobbero un primo balzo in avanti grazie alla chimica inorganica del XIX secolo, ma bisognerà attendere la Grande Guerra perché siano gettate le basi della loro produzione di massa, e questo grazie allo sviluppo della chimica organica e della ricerca sui gas bellici.

Pesticidi, chemio e guerra chimica hanno un unico padre: Fritz Haber
L’origine storica dei pesticidi e dei chemioterapici, è intimamente legata alla guerra chimica, la cui paternità è attribuibile al chimico tedesco Fritz Haber, i cui lavori sul processo di fissazione dell’azoto atmosferico, serviranno per la produzione dei famosissimi concimi chimici azotati, ma anche degli esplosivi.
Allo scoppio della Guerra, Haber è alla direzione del prestigioso Kaiser Wilhelm Institute a Berlino, e il suo laboratorio viene sollecitato a partecipare allo sforzo bellico. La sua missione sarà quella di sviluppare gas irritanti per stanare dalle trincee i soldati nemici, e questo alla faccia della Dichiarazione dell’Aia del 1899 che vieta l’uso di armi chimiche.

Tra tutti i gas studiati uno solo emerge per caratteristiche utili allo scopo: il cloro.
Il cloro è un gas gialloverde (da cui il nome greco chloros che significa appunto verde chiaro), estremamente tossico, caratterizzato da un odore soffocante che penetra violentemente le vie respiratorie.

Il 22 aprile 1915 l’esercito tedesco scarica 146 tonnellate di gas di cloro (detto dicloro o diossido di cloro) a Ypres in Belgio: le truppe francesi, britanniche e canadesi, prese alla sprovvista caddero come mosche, cercando di proteggersi le vie aeree con banali fazzoletti.
Fritz Haber pagherà molto cara questa vittoria, perché qualche giorno dopo aver usato il gas, la moglie Clara Immerwahr, chimico pure lei, si suicida con un colpo di pistola direttamente nel cuore, usando l’arma di servizio del marito, promosso al grado di capitano.
Ma come si sa: business is business, e il lavoro è lavoro, per cui Haber continua nella sua ricerca come se niente fosse successo.

Per gli Alleati, che nel frattempo si erano dotati di maschere antigas, il cloro non fu più un problema, per cui Haber mise a punto il fosgene, costituto da una miscela di dicloro e monossido di carbonio. Meno irritante per naso e gola del cloro stesso, ma rappresenta la più letale arma chimica preparata a Berlino, poiché attacca violentemente i polmoni riempiendoli di acido cloridrico.
Questa arma chimica, il fosgene, continua ad essere largamente utilizzato come composto dei pesticidi, ed è uno dei componenti del sevin, l’insetticida all’origine della catastrofe ambientale e umanitaria di Bhopal nel dicembre 1984.

Verso al fine della Guerra, quando le vittime dei gas si contano a decine di migliaia, il Nostro lancia l’ultimo ritrovato, il gas mostarda, detto anche iprite, che prende il nome dalla località in cui è stato sperimentato, come il gas cloro: le trincee di Ypres in Belgio.
Gli effetti del gas mostarda sono terribili: provoca vastissime vesciche sulla pelle, brucia la cornea causando cecità permanente e attacca il midollo osseo inducendo la leucemia. Proprio la distruzione del midollo, darà lo spunto di partenza alla grande ricerca medica per sviluppare il prodotto principe dell’oncologia: la chemioterapia.

I lavori di Fritz Haber, dopo l’armistizio, gli costarono l’iscrizione nella lista dei criminali di guerra e per questo si rifugiò in Svizzera fino a quando nel 1920 ricevette addirittura il Premio Nobel per la chimica.
L’ironia della sorte è che Fritz Haber era ebreo, ed è stato pure l’inventore del Zyclon-B, il gas usato nei campi di concentramento. Muore il 29 gennaio 1934 e non saprà mai che una parte della sua famiglia morirà asfissiata dal gas che lui stesso ha inventato.

La legge di Haber
Mentre sviluppava queste terribili armi, si dedicava anche a confrontare la tossicità dei gas formulando una legge che permettesse di valutarne l’efficacia, ossia la loro potenza letale.
Questa legge, usata ancor oggi, ha preso il suo nome: “legge di Haber”, ed esprime la relazione tra la concentrazione di un gas e il tempo di esposizione necessario a provocare la morte di un essere vivente.
La “legge Haber”, ha anche ispirato direttamente la creazione di uno degli strumenti più crudeli, dal punto di vista morale, e più assurdi da quello scientifico, per la valutazione e la gestione dei rischi chimici: la “Dose Letale-50” o semplicemente DL-50.
Questo paradossale indicatore di tossicità, misura la dose di sostanza chimica necessaria per sterminare la metà degli animali usati nei laboratori.

Organoclorati e il DDT
I lavori del chimico tedesco spianarono la strada alla produzione industriale degli insetticidi di sintesi, il più celebre dei quali è il DDT (diclorodifeniltricloroetano) che fa parte della famiglia degli organoclorati.
Gli organoclorati, sono composti chimici in cui uno o più atomi di idrogeno sono stati sostituiti da atomi di cloro, formando una struttura stabile.
Sintetizzato nel 1874 dal chimico austriaco Othmar Zeidler il DDT è rimasto a dormire in un cassetto fino al 1939 quando il chimico svizzero Paul Muller, stipendiato dalla Geigy (oggi Syngenta) individua le sue proprietà insetticide. A tempo di record, nove anni dopo, per questa grande scoperta ricevette il Premio Nobel per la medicina.
All’indomani della Seconda guerra mondiale il DDT è celebre in tutto il globo come l’insetticida miracoloso. Questo sarà la manna per l’industria chimica, in testa Monsanto e Dow Chemical che dal 1950 al 1980 riverseranno nel mondo 40.000 tonnellate. Solo nel 1963 la produzione tocca le 82.000 tonnellate.
Prima del suo divieto, avvenuto nel 1972, gli USA saranno irrorati con 675.000 tonnellate di DDT.
Nonostante sia classificato dall’OMS come “moderatamente pericoloso” i suoi effetti a lungo termine sono disastrosi: perturbatore endocrino, tumori, malformazioni congenite, disturbi della riproduzione, ecc.

Organofosforati
Una seconda categoria di insetticidi fa la sua comparsa dopo la Seconda Guerra Mondiale: gli organofosforati, il cui sviluppo è legato sempre alla ricerca militare di nuovi gas bellici.
Queste molecole sono concepite per attaccare il sistema nervoso degli insetti e presentano una tossicità molto più elevata degli organoclorati. In questa pericolosissima famiglia troviamo: parathion, malathion, diclorvos, clorpirifos, sevin e il sarin (gas sviluppato nei laboratori della nazista IG Farben, oggi considerato dalle Nazioni Unite “arma di distruzione di massa”).

Agli inizi degli anni Quaranta, i ricercatori isolano l’ormone che controlla la crescita delle piante, riproducendone sinteticamente la molecola. Constatano che iniettando l’ormone in piccole dosi, si stimola la crescita delle piante, mentre in dosi massicce, provoca la morte della pianta.
Così creano due diserbanti che danno il via ad una vera e propria “rivoluzione agraria”. Si tratta dell’acido 2,4-diclorofenossiacetico (2,4-D) e il 2,4,5-triclorofenossiacetico (2,4,5-D), due molecole che fanno parte dei clorofenoli.
Per comprenderne la pericolosità, è bene sapere che una miscela dei due, origina il tristemente noto “agente arancio”, il defoliante usato dall’esercito americano nella Guerra in Vietnam. Dal 13 gennaio 1962 al 1971 sono stati sganciati qualcosa come 80 milioni di litri di defolianti.

Oggi in Europa come siamo messi?
Ogni anno vengono sparse nell’ambiente 220.000 tonnellate di pesticidi: 108.000 tonnellate di fungicidi, 84.000 tonnellate di erbicidi e 21.000 tonnellate di insetticidi. Se ci aggiungiamo le 7000 tonnellate di “regolatori della crescita” questo equivale a mezzo chilo di sostanze attive per ogni cittadino europeo.
L’80% delle sostanze irrorate riguarda solo quattro tipi di colture, che però rappresentano il 40% delle superfici coltivate: i cereali a paglia, il mais, la colza e la vite (uno dei prodotti dove si usa più chimica)

Cosa provoca nella salute umana tutta questa chimica?
Dipende ovviamente dall’esposizione e dal tempo di esposizione.
I più colpiti ovviamente sono le popolazioni agricole, soprattutto i coltivatori che maneggiano queste sostanze, senza una corretta protezione; poi veniamo noi consumatori.
I disturbi osservati riguardano prevalentemente le mucose e l’epidermide, con irritazioni, ustioni, prurito o eczemi; l’apparato digerente; sistema nervoso; malattie neurodegenerative come il morbo di Parkinson o le miopatie, alcuni tipi di cancro (cervello, pancreas, prostata, pelle e polmone) e quelli del sangue; leucemie, linfomi non Hodgkin.
Questo tipo di linfoma, secondo l’Istituto nazionale per la ricerca sul cancro di Bethesda (USA), in 18 dei 20 studi esaminati è associato agli erbicidi a base di acido fenossiacetico, i pesticidi organoclorati e organofosforici.
Altri risultati, questa volta dell’Istituto nazionale per la ricerca sul cancro di Rockville, indicano per i clorofenoli una supermortalità per quattro tipi di cancro: linfoma NH, tumore al cervello, alla prostata e all’intestino.
Una trentina di studi epidemiologici hanno esplorato il rischio di tumore al cervello tra gli agricoltori e la maggioranza evidenzia un aumento del rischio del 30%. Il tumore al cervello è in crescita esponenziale, soprattutto a livello pediatrico, cosa questa inconcepibile solo qualche decennio fa.

Il Gaucho e le api
Prodotto a base di imidaclopride ideato dalla Bayer ha fatto “miliardi di vittime”.
Si tratta di un insetticida sistemico che viene applicato sulle sementi e penetra nella pianta attraverso la linfa avvelenando i parassiti della barbabietola, del girasole o del mais. Ma purtroppo avvelena anche gli insetti pungitori-succhiatori come le api. Si stima che tra il 1966 e il 2000 solo in Francia siano spariti letteralmente 450.000 alverari.

Dove finiscono i pesticidi?
Secondo David Pimentel, professore di Agricoltura e scienze della vita alla Cornell University: “meno dello 0,1% dei pesticidi applicati per il controllo degli agenti nocivi raggiunge il bersaglio. Più del 99,9% dei pesticidi migra nell’ambiente, e qui aggredisce la salute pubblica, contaminando il suolo, l’acqua, l’atmosfera dell’ecosistema”.
Nel corso della stagione il ruscellamento porta via in media il 2% di un pesticida applicato al suolo, raramente più del 5% o 10%...
In compenso si sono osservate perdite per volatilizzazione tra l’80-90% del prodotto applicato, alcuni giorni dopo il trattamento. Con i trattamenti aerei può essere portato via dal vento fino alla metà del prodotto.
In conclusione la stragrande maggioranza di questa chimica mortifera torna nell’ambiente e va ad inquinare pericolosamente il suolo, l’aria e l’acqua, entrando di conseguenza nella catena alimentare umana, minando la salute pubblica.

Cancro: malattia della civiltà
L’adozione della parola “cancro” è attribuita a Ippocrate, che osservando le ramificazioni che caratterizzano i tumori ne associò la forma a quella di un granchio (karkinos in greco).
La parola karkinos è stata presa a prestito nel latino dal medico romano Celso all’inizio della nostra era.
E’ al medico italiano Bernardino Ramazzini che si deve il primo studio sistematico sul rapporto tra cancro ed esposizione a inquinanti o a sostanze tossiche. Nel 1700 questo professore di medicina dell’Università di Padova pubblica il De morbis artificium diatriba (sulle malattie dei lavoratori e per questo considerato il padre della medicina del lavoro), opera in cui presenta una trentina di corporazioni esposte allo sviluppo di malattie professionali, i particolare al tumore al polmone. Sono a rischio tutti coloro che lavorano a contatto con il carbone, piombo, arsenico, o metalli, come i vetrai, pittori, doratori,vasai, conciatori, tessitori, chimici, speziali, ecc.

Aumento delle malattie croniche e invecchiamento
Ovviamente per le industrie l’aumento di tutte le patologie, in primis il cancro, non è dovuto alla chimica che loro stessi producono e spargono nel pianeta.
Un argomento regolarmente avanzato per spiegare l’aumento delle malattie croniche è l’invecchiamento della popolazione.
Certamente l’aspettativa di vita è cresciuta e quindi ci saranno più anziani che possono ammalarsi di cancro, ma quello che bisogna esaminare è l’evoluzione del tasso di incidenza dei casi di cancro o di malattie neurodegenerative nelle varie fasce di età.
E qui constatiamo che il tasso di incidenza di certi tumori è raddoppiato tra le persone di più si 65 anni.

L’invecchiamento della popolazione non spiega perché negli USA il numero delle donne e uomini che soffrono di tumore al cervello è 5 volte maggiore che in Giappone. Senza parlare dei tumori infantili, il cui aumento non può certo dipendere dall’allungamento dell’aspettativa di vita!
L’aumento dell’incidenza del cancro si riscontra in tutte le fasce di età, soprattutto nelle più giovani, quindi non c’entra assolutamente nulla l’invecchiamento della popolazione!
Per esempio, tra una donna nata nel 1953 e una nata nel 1913, il rischio di cancro al seno si è moltiplicato quasi per 3, mentre il rischio di cancro al polmone si è moltiplicato per 5.
Tra un uomo nato nel 1953 e uno nato nel 1913, il rischio di cancro alla prostata si è moltiplicato per 12, mentre il rischio di cancro al polmone è rimasto uguale.

L’Agenzia internazionale di ricerca sul cancro (IARC) con sede a Lione, ha analizzato 63 registri europei del cancro, e il risultato è che nel corso dell’ultimo trentennio, la crescita annua dell’incidenza è stata dell’1% per la fascia di età da 0 a 14 anni e dell’1,5% per gli adolescenti (15-19 anni).
Il fenomeno si aggrava di decennio in decennio.
Per i bambini il tasso aumenta dello 0,9% dal 1970 al 1980, ma del 1,3% tra il 1980 e il 1990.
Per gli adolescenti la crescita è dell’1,3% tra il 1970 e il 1980 e del’1,8% tra il 1980 e 1990.

Secondo il voluminoso rapporto di 889 pagine intitolato Cancers et Environnement, tenendo conto dei mutamenti demografici, e cioè aumento e invecchiamento della popolazione francese, l’aumento dei tassi di incidenza dal 1980 è stimato a +35% negli uomini e +43% nelle donne!
Questa è la triste realtà. Nonostante i grandi e molto ben prezzolati esperti che in televisione continuano ad evangelizzare il gregge ripetendo che i tumori sono in diminuzione, e questo ovviamente grazie alla medicina e soprattutto agli screening di massa, la realtà è ben diversa: negli ultimi trent’anni i tumori sono costantemente aumentati!
Per essere ancora più precisi, 9 sono i tumori la cui incidenza NON ha cessato di crescere nel corso degli ultimi 25 anni: il cancro ai polmoni, mesoteliomi, emopatie maligne, tumori cerebrali, cancro al seno, alle ovaie, ai testicoli, alla prostata e alla tiroide.

Cancro e stile di vita
Secondo il nostri calcoli - dice il direttore dello IARC, il dottor Christopher P. Wild - tra l’80 e il 90% dei tumori sono legati all’ambiente e allo stile di vita”.
Questo è ciò che risulta dagli studi sulle persone che migrano da una regione del mondo a un’altra: dove l’esposizione agli inquinanti chimici e lo stile di vita variano, i soggetti adottano per così dire il modello cancerogeno delle regioni in cui si stabiliscono. Non è il loro patrimonio genetico a cambiare, ma il loro ambiente, quindi si potrebbe parlare di epigenetica.
Il risultato indica che l’ambiente svolge una funzione primaria nelle cause del cancro!
Non ci sono ormai più dubbi che la chimica sta lentamente avvelenando la Natura e noi stessi.

Chi controlla la chimica e farmaceutica?
A livello mondiale i giganti che controllano il settore della chimica e agrosementiera (Big Agro) sono: Basf Agro SAS, Bayer CropScience, Dow AgroScience, DuPont, Monsanto Syngenta.
Big Pharma oggi è rappresentata da Pfizer, Glaxo Smith Kline, Johnson & Johnson, Merck, Novartis, Astra Zeneca, Roche, Bristol-Myers Squibb, Wyeth (Pfizer), Abbott Labs.
Con il termine Big Pharma s’intendono le prime 10 corporazioni della chimica e farmaceutica, cioè le industrie che a livello mondiale controllano la produzione e vendita di veleni legali: farmaci, vaccini e droghe.

Quello che non tutti sanno è che Big Pharma e Big Agro sono tra loro interconnesse e gestite dalle medesime figure, dai medesimi banchieri internazionali….
Da una parte ci avvelenano lentamente con la chimica di sintesi, predisponendoci a tutte le malattie possibili e immaginabili, e dall’altra ci curano sempre con la chimica di sintesi…
Follia? No, il risultato è che siamo sempre più ammalati rispetto al passato e non moriamo più di vecchiaia, ma per patologie degenerative e tumorali.
In tutto questo folle (per noi, ma non per loro) sistema, le industrie guadagnano migliaia di miliardi di dollari.
Non c’è alcun interesse da parte delle industrie, degli enti sovranazionali di controllo e salvaguardia della salute (FDA, EMEA, EFSA, OMS, ecc.), e ovviamente dei politici (beceri e squallidi camerieri dei banchieri), a cambiare l’attuale tendenza.
Dobbiamo essere noi i fautori del cambiamento, e questo è un dovere morale nei confronti dei bambini, di noi stessi e della Natura in genere.

Tratto dal libro: “Il veleno nel piatto: i rischi mortali nascosti in quello che mangiamo", di Marie Monique Robin, ed. Feltrinelli

[1] Rapporto nazionale anno 2011 – L’uso dei farmaci in Italia – Rapporto Osmed.
[2] “I numeri del cancro in Italia 2011”, AIOM, Associazione italiana di oncologia medica e AIURTUM, Associazione italiana registri tumori