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Marcello Pamio - 20 agosto 2018

Un’indagine pubblicata sul British Medical Journal Open analizza il sistema italiano.

Il 62% dei medici dichiara di aver ricevuto soldi
Secondo un’indagine nazionale, condotta tra marzo e aprile 2017 dall’«Italian College of Medical Oncology Chiefs» (Cipomo), i cui risultati sono stati pubblicati a luglio del 2018 sul «British Medical Journal Open», il conflitto di interessi in medicina è sempre più presente.
Sono stati intervistati 321 oncologi italiani (il 13% dei 2.260 del totale), non solo ospedalieri, ma anche universitari, che hanno risposto - si ipotizza onestamente perché il questionario era assolutamente anonimo.
Il 62 per cento degli oncologi ha dichiarato di aver ricevuto pagamenti diretti dall’industria farmaceutica negli ultimi 3 anni, e il 75% di loro considera del tutto «appropriato» avere viaggi e alberghi pagati dall’industria per partecipare a congressi a livello nazionale e internazionale.
Non solo, un 60% è assolutamente d’accordo sull’opportunità di ricevere un compenso, quindi soldi, per ogni malato arruolato in uno studio clinico finanziato dall’industria.
Il dottor Fausto Roila, uno degli autori dello studio, che dirige la struttura complessa di oncologia medica all’ospedale Santa Maria della Misericordia di Perugia, ha spiegato il motivo dell’indagine: «perché in Italia se ne parla poco rispetto ad altri Paesi. Eppure riguarda tutti i medici, dagli ematologi ai gastroenterologi, dai cardiologi agli ortopedici, e così via. Ritenevamo importante stabilire quale fosse la percezione degli oncologi sul conflitto di interessi».La formazione dei medici è oggi finanziata «soprattutto da Big Pharma e spesso ai convegni il medico “esperto”, pagato dall’industria per fare una presentazione scientifica, veicola messaggi favorevoli ai prodotti di chi paga per organizzare il convegno. La formazione medica dovrebbe essere invece pagata dalle istituzioni per evitare condizionamenti. Stessa cosa succede per i convegni scientifici delle associazioni mediche finanziati con i contributi delle multinazionali farmaceutiche che pagano per i simposi satelliti e si fanno carico delle spese di iscrizione, viaggio e pernottamento dei medici. Oggi perfino le associazioni dei malati sono supportate dall’industria dei farmaci».

Leggi sulla trasparenza
Il fenomeno è così serio che diversi Paesi hanno stabilito delle regole. Per esempio in Francia dopo gli ultimi clamorosi scandali, il governo nel 2011 è intervenuto con una legge sulla trasparenza, mettendo a disposizione del pubblico un sito «Transparance Santé», che permette a tutti di consultare i dati pubblicati e i legami di chi opera nel settore della salute con le aziende farmaceutiche.
Anche in Danimarca, Paesi Bassi, Portogallo e Regno Unito sono state emanate norme che obbligano i medici a dichiarare i rapporti di collaborazione remunerati.
Negli Stati Uniti dal 2013 è entrata in vigore la legge «Physician Payment Sunshine Act», che permette di sapere (alla luce del sole, da qui il nome) quali sono i medici che vengono pagati dall’Industria chimica.
In pratica ogni transazione finanziaria, in denaro o di altra natura, che superi i 10 dollari, tra un medico o gruppo di medici e uno o più produttori di farmaci o altri prodotti sanitari deve essere notificata e inserita in uno speciale registro pubblico, diventato consultabile da chiunque.
A spingere l’adozione del «Sunshine Act» è stata l’inchiesta di «ProPublica», organizzazione indipendente di giornalismo investigativo che ha smascherato le enormi elargizioni dell’industria farmaceutica ai medici: tra il 2009 e il 2010 hanno “donato” a 18.000 medici circa 320 milioni di dollari, con punte fino a 250.000 dollari per una decina di fortunati beneficiari...

Normativa italiana del Movimento 5 stelle
Anche da noi in Italia il Movimento 5 stelle vorrebbe introdurre una legge sulla falsariga della «Sunshine Act» e rendere obbligatoria la trasparenza nelle transazioni tra medici e industria dei farmaci. La proposta di legge è stata depositata ad aprile 2018 in parlamento.
Secondo il dottor Adriano Cattaneo, medico del movimento «NoGrazie» che si occupa di difendere la salute dagli interessi economici e si batte per un’informazione indipendente sui farmaci, «la legge, che si ispira a una bozza da noi elaborata, permetterebbe a qualsiasi cittadino di sapere, per esempio, quanto denaro riceve da una multinazionale del farmaco il proprio medico curante, o a quali e quanti congressi partecipa con i soldi delle ditte, che poi sono i nostri, visto che sono inclusi nel prezzo dei prodotti».
Ovviamente «Assobiomedica» si sta muovendo sullo stesso filone, ma dalla parte opposta, e sta facendo pressioni sul governo contro questa proposta di legge. Secondo loro sarebbe inutile vista la loro proposta di un codice etico volontario.
Lo sanno anche i bambini che i codici etici su base volontaria non funzionano, propri perché NON obbligano le imprese e/o i medici ad aderirvi.
Vista la moralità delle aziende farmaceutiche e la cupidigia dei camici bianchi, serve per forza una legge che obblighi alla trasparenza, pena ritorsioni commerciali e professionali.
Nella proposta di legge presentata da Massimo Baroni del M5s, capogruppo della «Commissione Affari sociali», si legge: «Nell’Unione europea non esistono norme specifiche per disciplinare i rapporti tra industria e medici, sebbene oltre 100 parlamentari dei 47 Stati membri del Consiglio d’Europa abbiano firmato le raccomandazioni sui conflitti di interesse nel settore sanitario, facendo riferimento esplicito alla necessità di un Sunshine Act europeo».

Comparaggio & marketing
«Che i conflitti di interessi condizionino pesantemente il mondo della medicina e della ricerca scientifica è un dato di fatto, e le strategie utilizzate anche se sono sotto gli occhi di tutti spesso restano invisibili». [1]
Attenzione perché qui non si parla sono di regalini tipo tablet, i-phone, penne, quadri, viaggi, oppure cene, uscite in barca, ecc. perché oggi le tecniche usate sono molto variegate.
Non basta corrompere il medico di turno, convincendolo a suon di doni a prescrivere la molecola ics o la molecola ipsilon, oggi le lobbies hanno bisogno di personaggi noti e influenti («influencer») che possano appunto influenzare le scelte dei colleghi medici.
Infatti si parla d’ingaggio di consulenti (i famosi «opinion leader» o «testimonial») per diffondere le informazioni che l’Industria presenta, anche in modo contraffatto, per magnificare i propri farmaci.
Poi c’è quella che il dottor Roila definisce la “grande vergogna”, e cioè quella dei «ghost writer» e dei «guest author». Gli scrittori fantasma (ghost writer) sono squallidi medici e/o ricercatori pagati dall’industria per stilare un lavoro scientifico che sarà poi sottoposto a una rivista scientifica importante. Il lavoro non sarà firmato da loro, perché lo dovrà fare l’«autore speciale» (guest author), il barone noto al mondo accademico, che non ha scritto il protocollo della ricerca, non ha partecipato alla raccolta dei dati e all’elaborazione e spesso non ne sa proprio nulla in merito, ma alla fine per fama e soldi lo firma spacciandosi per il vero autore.
Perché lo fanno? Semplice: sono criminali in camice bianco che vogliono aumentare il loro «impact factor» (il punteggio nelle pubblicazioni), far lievitare l’ego e ovviamente anche il conto in banca!
Questi però una volta smascherati chissà come mai non vengono mai radiati dagli ordini…
Un meccanismo questo molto perverso e pericoloso perché così facendo «di fatto è l’industria a decidere le future figure apicali in campo medico, coloro che dirigeranno le strutture complesse di ospedali e università. E questo vale per tutti, non solo gli oncologi. Nel silenzio più assoluto sul problema», afferma sempre il dottor Roila.

EFPIA, codice di trasparenza europeo
Da qualche anno alcune grosse multinazionali farmaceutiche, forse per evitare problemi o forse per anticipare le mosse e far sembrare inutile una legge, hanno cominciato a pubblicare i pagamenti e i regali fatti ai medici, volendo dimostrare una maggiore trasparenza.
In Europa è stato istituito nel 2011 ma è attivo dal 2013 l’«European Federation of Pharmaceutical Industries and Associations» detto EFPIA. Si tratta di un codice voluto dalle Associazioni e le Industrie farmaceutiche che riguarda la trasparenza dei trasferimenti di valore tra aziende, operatori sanitari e organizzazioni sanitarie.
«Farmindustria», l’associazione di categoria a cui appartengono oltre 200 aziende farmaceutiche, essendo membro di EFPIA, ha recepito nel proprio Codice Deontologico le regole previste a livello europeo e dal 2016 “tutti” i trasferimenti di valore vengono pubblicati. Tutti non è corretto affermarlo perché purtroppo si tratta del classico codice su base volontaria e NON imposto per legge, per cui moltissimi medici, ricercatori e baroni non dichiarano i soldi che recepiscono dalle lobbies.

Consulenti FDA pagati dalle industrie
Lo studio pubblicato il 6 luglio 2018 dalla rivista «Science»[2] è a dir poco sconvolgente.
Il titolo «Conflitti nascosti?» (Hidden Conflicts?) spiega che oltre la metà dei consulenti indipendenti che hanno il compito di rivedere e valutare i farmaci per la FDA, «Food and drug administration» (l’agenzia governativa che supervisiona farmaci, alimenti e droghe negli States), hanno ricevuto finanziamenti dall’industria farmaceutica.
I soldi sono stati “donati” (post-hoc) solo dopo che la nuova molecola è stata approvata, così da fugare ogni dubbio sulla buona fede dei consulenti.
I risultati denunciati da «Science» affermano che su 107 medici consulenti della FDA, 26 tra il 2013 e il 2016 hanno preso più di 100.000 dollari dai produttori di farmaci.
Mentre per i 28 farmaci approvati (nel periodo 2008-2014), ben 66 hanno ricevuto finanziamenti (consulenze, rimborso spese di viaggio, aiuti in denaro per la ricerca, ecc.), di cui sette di loro addirittura quasi 850.000 dollari!

Conclusioni
Serve quanto prima una legge chiara e semplice, che renda trasparenti TUTTI i conflitti d’interesse che esistono nel mondo accademico e sanitario.
Fintantoché non sapremo con esattezza i nomi e cognomi dei medici, degli istituti ufficiali e delle associazioni sanitarie che ricevono denari dalle industrie chimiche siamo liberi di pensare che moltissimi dei cosiddetti “esperti” (epidemiologi, virologi, pediatri ecc.) che vengono intervistati dai media mainstream e che appaiono costantemente in televisione, facciano parte della schiera di venduti al soldo delle multinazionali.
L’Ars Medicandi, cioè l’arte medica, si basa proprio sul rapporto di fiducia tra medico e paziente.
La fiducia però è crollata ai minimi storici e la responsabilità su chi grava?
Sulle spalle delle persone che ancora si illudono delle doti taumaturgiche del medico, o su quelle di un Sistema oramai metastatizzato e allo sfascio da tutti i punti di vista?
Non a caso gli scandali che investono aziende produttrici di droghe e classe medica, avvengono un giorno sì e uno sì; farmaci che vengono ritirati dal commercio solo dopo aver danneggiato e/o ucciso moltissime persone; medici che pretendono l’obbligo vaccinale per neonati e bambini, e poi il 90% di loro non si vaccina neppure per l’influenza…
Cari medici, posate lo stetoscopio e battetevi il petto almeno tre volte, pronunciando la locuzione latina del «mea culpa»….

Per maggiori informazioni

«Il conflitto d’interessi dei medici con Big Pharma. N.d.R.», a cura di Gianna Milano, «FEDAIIFS, Federazione delle associazioni degli Informatori del Farmaco e del Parafarmaco», https://www.fedaiisf.it/il-conflitto-dinteressi-dei-medici-con-big-pharma

[1] «Il conflitto d’interessi dei medici con Big Pharma. N.d.R.», «FEDAIIFS, Federazione delle associazioni degli Informatori del Farmaco e del Parafarmaco», a cura di Gianna Milano, https://www.fedaiisf.it/il-conflitto-dinteressi-dei-medici-con-big-pharma/

[2] «Hidden Conflicts?», Charles Piller, «Science», 6 Jul 2018: Vol. 361, Issue 6397, pp. 16-20


Marcello Pamio

Ce ne siamo già occupati altre volte in passato: gli errori medici sono la terza cause di morte nel mondo Occidentale, dopo le malattie cardiovascolari e il cancro.
Quello che esce da un recente studio pubblicato dal British Medical Journal ha però dell’incredibile: l’errore medico non è incluso nei certificati medici e nelle statistiche riguardanti le cause di morte! Questo significa una sola cosa: i numeri delle morti che noi tutti conosciamo sono sottostimati. Quindi le cause iatrogene potrebbero risalire il podio diventando la seconda o addirittura la prima causa di morte al mondo.
Ovviamente i media tacciono. Argomento tabù, gli sponsor sono sacri. Farmaci killer spietati? Assolutamente no, le droghe non si toccano, gli interessi economici sotterrano le morti che passano in secondo piano. Esattamente come i morti civili nelle guerre: danni collaterali.
Oggi la realtà è la seguente: probabilmente i farmaci uccidono più delle guerre.
A fare un po’ di luce due ricercatori Martin Makary Michael Daniel che hanno cercato di stimare il contributo dell’errore medico sul tasso di mortalità americano.
La loro ricerca è stata pubblicata il 3 maggio scorso dal prestigiosa e accreditata rivista britannica (British Medical Journal, 3 maggio 2016; 353).

La lista annuale delle cause più comuni di morte negli Stati Uniti è stilata dal CDC, il Centro di Controllo e Prevenzione delle Malattie.
Tale lista utilizza i certificati di morte compilati da medici, agenzie funebri e medici legali.
Uno dei maggiori limiti del certificato di morte è che esso fa affidamento al codice ICD di assegnazione internazionale della Classificazione delle Patologie che causano la morte.
Ciò che ne risulta è che le cause di morte non associate ad un codice ICD, come ad esempio fattori legati a errori dell’uomo o del sistema, non vengono menzionati!
I due ricercatori hanno analizzato la letteratura scientifica sugli errori medici per identificare il loro contributo nella mortalità negli USA in relazione alle cause elencate dal CDC.

Morte da attenzioni mediche
L’errore medico è stato definito un atto inconsapevole o un processo che non raggiunge il risultato aspettato (errore di esecuzione), o l’utilizzo di un piano di azione errato per raggiungere uno scopo (errore di pianificazione) o una deviazione del processo di cure che può o meno causare danno al paziente.
Il danno al paziente può provenire da un errore medico a livello individuale o di sistema.
Ci focalizziamo su eventi letali evitabili per sottolineare il range dei potenziali miglioramenti da mettere in atto.
Il ruolo dell’errore può essere complesso.

Mentre molti errori sono non-consequenziali (non portano cioè a conseguenze gravi per la salute), in altri casi un solo errore può determinare la morte in qualcuno con un’aspettativa di vita lunga o può accelerarne la fine.
Il seguente caso dimostra come un errore possa contribuire alla morte di una persona.

Caso: ruolo svolto dall’errore medico nella morte di una paziente
Una giovane donna guarì dopo aver subito un intervento di trapianto andato a buon fine. Successivamente, venne ricoverata nuovamente per alcuni disturbi non specificati che vennero studiati sottoponendola ad un iter di esami intensivi, alcuni dei quali non necessari, inclusa una pericardiocentesi. Giorni dopo, in seguito ai suddetti esami, dovette tornare in ospedale per un’emorragia intra-addominale e un arresto cardiopolmonare. L’autopsia rivelò che l’ago inserito durante la pericardiocentesi aveva escoriato il fegato causando un pseudoaneurisma che sfociò in una rottura dello stesso e nella conseguente morte della donna.
Il certificato di morte riportò che la causa del decesso era da ricondursi ad una patologia cardiovascolare della paziente.

Quanto è grande il problema?
Negli Stati Uniti la più comune fonte che riporta stime di decessi annuali causati da errori medici è un report datato 1999 molto limitato e obsoleto dell’Istituto di Medicina (IOM).
Tale report descrive una media di 44.000 – 98.000 decessi annuali.
La conclusione non si basava su una ricerca primaria condotta dall’istituto stesso ma su uno studio di pratica medica condotto ad Harvard nel 1984 e su uno studio del 1992 condotto in Utah e in Colorado.
Già nel 1993, Leape, un investigatore che si occupava dello studio di Harvard pubblicò un articolo secondo il quale le stime riportate in tale studio erano troppo basse, sostenendo che il 78% anziché il 51% delle 180.000 morti iatrogene effettivamente riscontrate erano evitabili (alcuni sostengono che tutte le morti iatrogene siano evitabili).
Questa incidenza più elevata è stata conseguentemente supportata da studi che affermano che il report IOM del 1999 ha sottostimato l’entità del problema.

Un altro report del 2004 riguardante i decessi di pazienti ricoverati associati all’Agenzia per la Qualità nella Sanità e per la Verifica della Sicurezza del Paziente riferita alla popolazione con assistenza sanitaria, stimò che 575.000 decessi sono stati causati da errori medici tra il 2000 e il 2002 che sono circa 195.000 morti all’anno (tavola 1).
Allo stesso modo il Ministero della Salute degli Stati Uniti esaminando gli archivi dei ricoverati nel 2009 riportò che 180.000 decessi tra coloro aventi assicurazione sanitaria erano dovuti a errori medici. 12
Utilizzando metodi simili, le pubblicazioni mediche di D.C. Classen descrivono una media di 1,13%. 13
Se questa media venisse applicata a tutte le ammissioni registrate negli ospedali statunitensi nel 2013 15  il numero delle morti diventerebbe più di 400.000 all’anno, e cioè 4 volte maggiore alle morti stimate dal IOM.

Similarmente, pubblicazioni di C.P. Landrigan (Classes e Landrigan hanno cooperato a pubblicazioni riguardanti la Sicurezza del Paziente) hanno riportato che lo 0,6% delle ammissioni ospedaliere in un gruppo di ospedali della Carolina del Nord nell’arco di 6 anni (2002-2007) sono risultate letali a causa di eventi avversi ed è stato stimato che il 63% fosse causato da errori medici. 14
Riportati ad una media nazionale questi dati si traducono in 134.581 morti annuali di pazienti a causa di una scarsa cura del paziente.
Da notare che nessuno di questi studi menziona le morti di pazienti curati esternamente, ovvero quelle risultanti da errori su pazienti curati a casa o assistiti nelle loro case oppure di pazienti curati in ambulatori esterni o cliniche private.

Una rivista specializzata redatta da James stimò gli inconvenienti in campo medico utilizzando una analisi ponderata e descrisse un range pari a 210.000 – 400.000 di morti annuali associate ad errori medici tra i pazienti ricoverati negli ospedali. 16
Noi abbiamo calcolato una media di decessi causati da errori medici di 251.454 per anno, utilizzando gli studi sviluppati sul report dell’IOM del 1999, valutando anche le ammissioni ospedaliere registrate nel 2013 negli Stati Uniti.
Crediamo che anche la nostra ricerca non sia del tutto realistica e sia molto riduttiva, in quanto si basa per lo più su documenti o ricerche che comunque riguardano esclusivamente i decessi di pazienti in ospedale.
Nonostante le nostre supposizioni fatte estrapolando dati di studi effettuati sul più ampio range di popolazione statunitense possibile, emerge sempre di più la quasi totale assenza di dati nazionali evidenti e la conseguente necessità di una sistematica analisi di questo problema.
Confrontando le nostre stime con quelle del Centro Clinico di Controllo e Prevenzione (CDC) nazionale se ne deduce che gli errori medici sono la terza causa più comune di decessi negli Stati Uniti. (fig 1).2

Cause di decessi negli Stati Uniti, anno 2013
Basandoci sulle nostre stime gli errori medici sono la 3° causa di morte negli Stati Uniti

Elenco delle principali cause di morte nel 2013:

-        Malattie cardiache: 611.000

-        Cancro:                  585.000

-        Errori medici:          251.000 (tra gli errori medici non sono registrate le morti al di fuori degli ospedali).

-        Suicidi:                   41.000

-        Incidenti:               34.000

-        Armi da fuoco:        34.000

Le priorità della Salute
Abbiamo stimato che gli errori medici siano la 3a causa di decessi negli Stati Uniti e pertanto ciò richiede la dovuta attenzione. Gli errori medici che conducono alla morte del paziente sono sottostimati e poco conosciuti anche in molti altri paesi, incluso il Regno Unito e il Canada. 20 21
Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO) 117 nazioni codificano i decessi utilizzando la classifica standard ICD (che esclude l’errore umano) come metodo primario di valutazione. 22
Il metodo ICD ha una ridotta capacità di individuare l’errore umano. Al massimo ci sono alcuni codici che includono un qualche aspetto legato al ruolo di eventuali errori che possano aver influenzato l’evoluzione della patologia, come ad esempio la codifica legata a patologie anti-coagulanti possibilmente sviluppatesi come effetto collaterale di un’overdose di farmaci.
Quando un errore medico sfocia nella morte del paziente, sia l’aspetto psicologico della morte che i problemi legati alla somministrazione della cura dovrebbero essere analizzati.
La questione degli errori medici non deve essere svincolata dall’approccio scientifico. Una più appropriata analisi tecnica del ruolo dell’errore medico nella morte del paziente potrebbe aumentare la consapevolezza e guidare alla collaborazione tra diverse realtà nonché ad un maggiore investimento su Ricerca e Prevenzione.

Contributi e Fonti:  Martin Makary è lo sviluppatore della checklist post operatoria, precursore della checklist chirurgica istituita dall’Organizzazione Mondiale della Sanità.
Makary è un chirurgo oncologo al John Hopkins Hospital e autore di “Unaccountable”, libro che tratta la trasparenza di informazioni nella sanità.
Micheal Daniel è un allievo specializzato nella Ricerca per la Sicurezza del Paziente al John Hopkins ed è particolarmente coinvolto nella Ricerca e Analisi dei Servizi Sanitari.
Questo articolo è nato da una discussione tra loro riguardante la scarsità di fondi a disposizione per supportare un servizio di qualità e di sicurezza relativo alle “altre” cause di morte (ovvero l’errore medico).