Il PNRR finanzia, tra le altre cose, la distruzione sistematica dell'ambiente con la scusa ecologica ed energetica. Soluzione? Pale eoliche come non ci fosse un domani, e agrovoltaico a manetta (che ruba la terra agricola per mettere pannelli solari).
Una pala eolica pesa 1.700 tonnellate di cui 1.300 tonnellate di cemento, 300 di acciaio, 48 di ferro, 24 di fibra di vetro… La vita di funzionamento è di circa 15 anni e poi va sostituita, ma non si sa come smaltirle, per cui mega danno ambientale. Provocano un inquinamento elettromagnetico e un danno all’ecosistema pazzeschi. L'eolico in mare devasta i fondali marini e il delicatissimo equilibrio di flora e fauna, modificando perfino il corso delle correnti sottomarine. I cavi con la corrente devono arrivare a terra percorrendo chilometri di mare…
Sulla terra ferma i generatori eolici creano un inquinamento acustico elevatissimo, facendo stragi di uccelli che finiscono nelle pale. DOVE CAZZO SONO GLI AMBIENTALISTI E GLI ECOLOGISTI? QUELLI CHE HANNO SCARTAVETRATO I MARONI AL MONDO CON I SACCHETTI NON DEGRADABILI! Quindi per le cagatine muovete il culo, per le cose serie invece marcate visita perché siete politicizzati e venduti. Vergognatevi!!! Lo stupro della Natura che stanno facendo è anche sotto la vostra egida, sappiatelo, per cui siete moralmente colpevoli! Tutto questo comunque va fermato con ogni mezzo…
Il mondo intero da un po’ di tempo viene mantenuto in allarme e allerta da uno dei più colossali falsi della storia. No, non mi riferisco alla psicopandemenza, ma alla “crisi climatica”. Hanno dovuto perfino cambiarne il nome in quanto dopo il 1999 le temperature si sono mantenute pressoché costanti, nonostante le emissioni aumentassero senza sosta, e dal “Riscaldamento globale”, detto anche “Global Warming”, sono passati al “Climate Change” o “Cambiamento climatico”. Negli ultimi anni però l’opinione pubblica ha cominciato a riflettere sul fatto che i cambiamenti climatici ci sono sempre stati nella storia del pianeta, e i camaleonti al potere, hanno cambiato di nuovo le carte in tavola: oggi non si parla più nemmeno di “Cambiamento climatico”, ma di “Crisi climatica”. Lo scopo è sempre quello: generare paura, allarmi ingiustificati e vagheggiare catastrofi ambientali, per diffondere il panico (avendo la giustificazione per legiferare ad hoc) e monetizzare in denaro sonante oppure in carriere politiche e/o accademiche. Le crisi sono sempre grandi opportunità per il regime.
Per fortuna non tutti hanno l’anello al naso e nel 2019 il professor Uberto Crescenti docente di geologia ed ex rettore Universitario, riunì un gruppo di accademici, proponendo loro di scrivere una petizione ai responsabili politici di questo paese, spiegando che il riscaldamento globale di origine antropica è una vera e propria truffa! La petizione è stata inviata al Presidente della Repubblica, del Senato, della Camera e del Consiglio. Risultato? Meno di zero. A livello globale una simile petizione è stata firmata da oltre 900 gli scienziati e inviata al Segretario generale dell'ONU, ma l’Organizzazione delle Nazioni l’ha buttata nel cesso, preferendo al suo posto la scientificità della piccola autistica...
Le epoche glaciali e interglaciali Il nostro pianeta ha vissuto in uno stato di perenne glaciazione - intervallato ogni 100.000 anni - da alcune migliaia di anni di Optimum climatici (periodi caratterizzati da un clima relativamente caldo) della durata di circa 20.000 anni. Nessuno ricorda che la concentrazione atmosferica di CO2 oggi è ben maggiore che nel passato quando la temperatura era lo stesso livello di oggi, se non addirittura più alta come in epoca romana e medioevale!
Il clima quindi non sembra essere governato dalla CO2 e che quella generata dalle attività umane non sta riscaldando il pianeta.
Durante l'attuale Optimum climatico vi sono stati periodi più caldi intervallati da periodi più freddi (chiamati piccole glaciazioni). Nella storia sono ben distinti gli Optimum climatici: Olocenico, Romano e Medievale e la cosa pazzesca è che la temperatura media del pianeta di oggi non ha ancora raggiunto i livelli di questi periodi caldi precedenti! Quindi di cosa stiamo parlando? L’attuale riscaldamento climatico è già successo molte volte in passato, e anzi si può affermare che il pianeta è oggi più freddo rispetto molti periodi del passato.
Nella figura sopra si può vedere come dopo tre secoli di Periodo Caldo Medievale, seguirono altri tre secoli della Piccola Era Glaciale, con un minimo di temperatura globale medio intorno al 1690. La Piccola Era Glaciale corrisponde ad un periodo di minima attività solare e il minimo della PEG è noto gli astrofisici come “Minimo di Maunder” (grafico sotto).
Minimo di Maunder
Siamo usciti dalla piccola Era Glaciale (1690) cominciò circa 330 anni fa quando la temperatura media globale cominciava lentamente ad aumentare! L'attuale riscaldamento altro non è che la continuazione dell’uscita dalla Piccola Era Glaciale, i secoli più freddi degli ultimi 10.000 anni, ed è proprio per questo che il successivo riscaldamento non deve sorprendere!
Global cooling Forse a molti è sfuggito un piccolo particolare: negli anni Settanta del secolo scorso l'allarme climatico era il raffreddamento globale, il Global Cooling!
Time edizione del 1977
Quando però il clima ricominciò a scaldarsi e lo fece per una decina d'anni, ci fu una sorta di dietrofront: il nuovo ordine di servizio era che le attività umane fossero sempre responsabili di disastri ambientali ma stavolta hanno iniziato lanciare strali contro il riscaldamento globale. Addirittura chi sosteneva questo dava anche una spiegazione del raffreddamento precedente, e come mai fosse cessato. Dissero che oltre il gas serra CO2, l'umanità immetteva nell’atmosfera anche Ossidi di zolfo, che avrebbero l'effetto opposto sulla temperatura.
Quindi quando fa comodo i paraculi tirano in ballo l'ossido di zolfo che causa raffreddamento, o la CO2 che causa riscaldamento!
Il dato di fatto oggettivo è che negli ultimi 100 anni la temperatura è cresciuta nei periodi 1920-1940 e 1980-2000, ma ha smesso di aumentare - anzi è leggermente diminuita - negli anni 1940-1980 e 2000-2014. In tutto questo periodo però le emissioni di CO2 sono aumentate senza sosta! Attenzione nessuno sta dicendo che la CO2 non sia un gas serra, ma evidentemente la sua incidenza sul riscaldamento del pianeta è irrilevante.
Protocollo di Kyoto Il Protocollo di Kyoto, pubblicato l'11 dicembre 1997 impegnava i paesi che l'avessero sottoscritto a ridurre le emissioni in media di circa il 6% rispetto ai valori del 1990.
Nel 2008 fallimento del protocollo era lapalissiano, visto che le emissioni in quell'anno erano state il 40% superiori a quelle del 1990.
Nonostante questo l’Unione Europea approvava il pacchetto 20-20-20 per il clima. I 27 paesi dell’UE avrebbero dovuto ridurre le emissioni del 20% entro il 2020, aumentare l'efficienza energetica del 20% e portare al 20% il contributo dell'energia rinnovabile al fabbisogno energetico europeo. Follia delle follie. La colossale presa per il culo è che non ha alcun senso ridurre le emissioni in Europa quando quelle del resto del mondo continuano ad aumentare esponenzialmente. Attualmente i principali inquinatori sono Stati Uniti, Cina e India. Se le emissioni degli Stati Uniti sono aumentate del 3% rispetto quelle del 1990, quelle della Cina e India sono aumentate rispettivamente del 320% e 350%. Sapete qual è il risultato finale?
Le emissioni globali sono oggi il 60% in più di quelle del 1990, altro che il 6% che si auspicava il protocollo di Kyoto
Conclusioni Nonostante la narrazione deil mainstream, il clima è certamente uno dei fenomeni più complessi in Natura, in quanto governato da numerosi parametri: pensare che esso possa dipendere agendo solo su un parametro è da dementi seriali. La conclusione è molto semplice: l’aumento delle emissioni di gas serra e l’aumento del riscaldamento climatico non c’è alcuna correlazione e pertanto non vi è alcuna relazione di causa effetto!
Dal libro "Non esiste alcuna emergenza climatica", di Franco Battaglia, ed. 21mo secolo
Quella dell’inquinamento da farmaci è una questione della quale si sa ancora poco e si discute ancora di meno. La nostra è sempre più una società con maggiore disponibilità e facilità di accesso ai farmaci. Ciò comporta la conseguenza positiva di un miglioramento delle cure e di una longevità davvero impensabile solo alcuni decenni fa, eppure c’è anche un inquietante rovescio della medaglia.
Tutte le vie dell’inquinamento da farmaci Sono in particolare tre i momenti nei quali si può verificare l’inquinamento da farmaci. Prima di tutto nellafase della produzione, quindi direttamente dagli scarichi delle aziende farmacologiche. Poi nel momento dello smaltimento dei farmaci, sia quelli scaduti che quelli inutilizzati. Uno studio del 2014, realizzato nelle farmacie di Verona e provincia in collaborazione con Federfarma, ha evidenziato come ancora il 22% degli intervistati (che erano i clienti delle farmacie) smaltiva i farmaci scaduti e quelli non utilizzati direttamente nel wc, nel lavandino o nella spazzatura. Molti quindi sono ancora refrattari a utilizzare gli appositi contenitori che ormai qualsiasi farmacia, anche nei paesi più piccoli, mette a disposizione dei clienti. Infine, l’inquinamento da farmaci può derivare dall’eliminazione dei principi attivi dal nostro organismo una volta assunto il farmaco. Attraverso le fognature, le feci e le urine che contengono tracce dei farmaci assunti, raggiungono l’acqua, fiumi, laghi, mari e oceani. Secondo l’Aifa (Agenzia Italiana del Farmaco) “l’escrezione di farmaci dopo l’uso terapeutico umano e veterinario è la porta principale d’ingresso dei farmaci nell’ambiente ed è una conseguenza inevitabile del consumo di medicinali e pertanto molto più difficile da controllare. I farmaci sono generalmente solubili in acqua e quindi finiscono negli scarichi fognari. Molte sostanze chimiche farmaceutiche non sono degradabili per resistere all’ambiente acido dello stomaco o per avere una lunga durata, e possono penetrare, persistere e diffondersi nell’ambiente, specialmente nelle acque, e ritornare, attraverso la catena alimentare, negli esseri umani”. Di questi problemi si occupa la Ecofarmacovigilanza, una scienza emergente che racchiude – secondo la definizione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità – “le attività di rilevazione, valutazione, comprensione e prevenzione degli effetti negativi legati alla presenza dei prodotti farmaceutici nell’ambiente”.
Quantità ed effetti dell’inquinamento da farmaci Da alcuni anni i progressi della scienza consentono di realizzare studi capaci di verificare la presenza di farmaci nell’ambiente, cosa una volta impossibile, e di valutare dunque la eco-tossicità dei principali prodotti in commercio. Da tali studi è chiaro che non si tratta di concentrazioni altissime, e quindi non parliamo di emergenza immediata, ma di sostanze presenti nell’acqua in concentrazioni molto piccole: nell’ordine dei microgrammi al litro o addirittura nanogrammi al litro. Gli studi quindi si concentrano nel valutare i rischi di una esposizione continua a un basso dosaggio di decine di sostanze attive diverse. I primi risultati di tali ricerche furono quelli derivanti dagli studi di due chimici berlinesi, Thomas Heberer e Hans-Jurgen Stan, che già negli anni Ottanta del secolo scorso, cercando prove di inquinamento di un erbicida nelle acque di laghi e di fiumi, si imbatterono nella presenza di acido clofibrico. Si tratta di una sostanza presente nei farmaci anti-colesterolo. Da quel momento in poi anche altri laboratori notarono la presenza di tale sostanza sia in Europa che nel Nord America. Più recentemente, nel 2011, l’Agenzia Nazionale di Sicurezza Sanitaria Francese ha rilevato come un quarto dei campioni di acqua potabile analizzati contenessero tracce di farmaci, in particolare antiepilettici e ansiolitici. E ancora, concentrandoci sul nostro Paese, una ricerca condotta in Lombardia ha evidenziato la presenza di numerosi farmaci (dagli antibiotici agli antitumorali, dagli antinfiammatori ai diuretici, dagli ansiolitici agli antidepressivi) nelle acque lombarde, nei sedimenti dei fiumi Po, Lambro e Adda e negli acquedotti di Varese e Lodi. Le conseguenze della presenza di tali sostanze nelle acque e nel suolo sono state studiate sugli animali. Sempre secondo l’Aifa, uno studio in Pakistan ha rivelato che gli avvoltoi subiscono gravi danni renali dal consumo delle carcasse di bestiame trattate con questo farmaco. In un periodo di tempo relativamente breve, il numero di avvoltoi è diminuito così drasticamente da renderli una specie in via di estinzione. Un altro esempio è la sterilità delle rane attribuita a tracce di pillole contraccettive orali nelleacque. La presenza di ormoni sessuali femminili (etinilestradiolo) nell’ambiente acquatico sembra provochi mutazioni sessuali nei pesci. È ipotizzabile che gli esseri umani, che sono in cima alla catena alimentare, possano essere interessati dagli inquinanti farmaceutici ambientali. Ancora, due ricerche realizzate sia in Corea che in Cina hanno dimostrato come un comune antidolorifico da banco come l’ibuprofene crei seri danni riproduttivi al pesce del riso; uno studio tedesco ha invece descritto tutti i danni al fegato, ai reni e alle branchie della trota arcobaleno causati dal diclofenac, un antinfiammatorio molto utilizzato. Uno dei problemi più gravi poi è sicuramente quello della dispersione degli antibiotici. In questo caso. Il pericolo principale, infatti, è la resistenza microbica in quanto – come scrivono Bikash Medhi and Rakesh K. Sewal, due farmacologi indiani dell’Institute of Medical Education and Research di Chandigarh, in un editoriale pubblicato sull’Indian Journal of Farmacology – “l’esposizione continua a basse dosi di antibiotici attraverso l’acqua potabile potrebbe condurre infatti a forme di resistenza” combattendo anche i batteri utili all’ecosistema acquatico e contribuendo in questo modo allo sviluppo di pericolosi ceppi resistenti.
L’importanza di sensibilizzare farmacisti e pazienti Calcolando che in solo dieci anni, dal 2000 al 2010, le prescrizioni di farmaci sono aumentate del 60%, con un incremento annuale che si aggira intorno al 2-3%, e che solo una parte di questo aumento è dovuto all’invecchiamento della popolazione, la prima soluzione al problema dell’inquinamento da farmaci è facilmente individuabile: arrivare ad un uso più responsabile dei farmaci. Questo in due differenti modi: abbattendo notevolmente la quantità di medicinali che restano inutilizzati e che quindi vanno poi a incrementare i rifiuti farmacologici, e diminuendo i farmaci assunti, anche in modi sbagliati e in quantitativi eccessivi, che vanno a creare quella dispersione nelle acque continua e dannosa. Maggiore sensibilità, dunque, viene richiesta anche a medici e farmacisti nel prescrivere medicinali solo in casi davvero necessari e cercando di definire un piano di cura appropriato, con i giusti quantitativi.
Un aiuto dalla ricerca: verso la green pharmacy Un aiuto per diminuire l’impatto dell’inquinamento da farmaci sta arrivando poi direttamente dalle aziende che si occupano dello sviluppo e della produzione dei medicinali. In Nord Europa si parla ormai di “green pharmacy”, in particolare grazie a movimenti ecologisti che cercano di favorire la produzione e la scelta di farmaci rispettosi dell’ambiente. Dalla “Green and Sustainable Chemistry Conference” che si è svolta a Berlino la prima settimana di aprile è arrivato un importante impegno da parte delle aziende chimiche per lo sviluppo di una “chimica green”, una branca recente della chimica che ha come obiettivo “la creazione di prodotti e l’utilizzo di processi che riducano o eliminino la generazione di sostanze dannose”. I partecipanti alla conferenza di Berlino hanno suggerito di lavorare su soluzioni ecologiche: le sostanze chimiche devono fornire una certa prestazione ma dovrebbero anche essere progettate fin dall’inizio. Il dottor Klaus Kümmerer dell’Università di Lüneburg, ad esempio, sta lavorando nella progettazione di medicinali che siano facilmente biodegradabili dai batteri presenti nell’ambiente. I medicinali gettati nel wc potrebbero dunque essere aggrediti da tali batteri per diventare molecole sicure come l’acqua e l’anidride carbonica. Potrebbe sembrare futuristico ma, in fondo, fino a non molti anni fa chi pensava che si sarebbe effettivamente giunti a realizzare la plastica biodegradabile che oggi invece è una realtà?
Tratto da https://www.biopianeta.it/2016/04/danni-inquinamento-farmaci/