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Enormi incertezze nelle Linee guida dei test degli anticorpi al Covid

Marcello Pamio

Qui di seguito la traduzione di alcuni passaggi salienti del documento ufficiale (aggiornato il 23 maggio 2020) intitolato “Interim Guidelines for COVID-19 Antibody Testing Interim Guidelines for COVID-19 - Antibody Testing in Clinical and Public Health Settings” [1], ovvero “Linee guida provvisorie per i test degli anticorpi al COVID-19 - Misurare gli anticorpi in contesti clinici e di salute pubblica”.

Dalla sua lettura si conclude che i test sierologici sono ancora in una fase sperimentale, il cui uso è stato autorizzato in tempi rapidi in base all’emergenza, ma che ci sono ancora molte incertezze.
Da notare che si raccomanda l’utilizzo dei test principalmente su gruppi persone che si sospetta fortemente possano essere state contagiate, altrimenti i “falsi positivi” su un campione in cui ci fosse un’ampia percentuale di non contagiati (per il ben noto “teorema di Bayes” nell’ambito del calcolo delle probabilità) potrebbero ammontare ad una rilevante percentuale dei test somministrati.

Da tenere presente che con le incertezza già sottolineate, i test sierologici potrebbero anche indicare un’infezione in via di declino (in via di guarigione dopo alcune manifestazioni sintomatiche, o anche in assenza di sintomi) con conseguente segnalazione all’autorità sanitaria locale e quarantena obbligatoria (fino a quando un successivo tampone risultasse negativo). E se davvero si fosse infetti, lo si potrebbe anche capire, ma quando si fanno test a tappeto (come appena rilevato) i falsi positivi sono assicurati dalle ferree leggi della matematica.

Per contro nel documento si legge che una persona con un livello relativamente alto di anticorpi, sebbene presumibilmente oramai immune, non verrebbe considerata immune a tutti gli effetti perché ancora mancano certezze sui livelli protettivi di anticorpi; questo vuol dire che se anche il test mostra che una persona ha contratto l’infezione da tempo, ha sviluppato gli anticorpi specifici, e non è più infettiva, non avrà un lasciapassare che la esimia dall’obbligo del distanziamento sociale e dell’uso di dispositivi di protezione individuali (guanti, mascherine etc.).

Se invece una persona risultasse totalmente negative al test (come dovrebbe risultare buona parte della popolazione, almeno in teoria) saprà solo che potrà ancora contrarre l’infezione (a meno che non l’abbia contratta da pochi giorni in maniera tale che gli anticorpi non siano rilevabili); a questo punto l’unica soluzione per monitorare lo stato di questa persona (in maniera peraltro approssimativa) sarebbe la ripetizione del test ogni settimana o ogni dieci giorni.

NB: le sigle COVID-19 (malattia da “nuovo coronavirus”) e SAR-CoV-2 (il virus che genera tale malattia) sono sostanzialmente equivalenti, sebbene la prima indichi per esattezza la patologia e la seconda l’agente patogeno.

Linee guida provvisorie per I test degli anticorpi al COVID-19 - Misurare gli anticorpi in contesti clinici e di salute pubblica.

I dati che forniranno informazioni per una guida all’uso dei test sierologici stanno rapidamente evolvendo. Le raccomandazioni per l’uso dei test sierologici per determinare l’immunità protettiva e l’infettività tra persone recentemente infettate dal SAR-CoV-2, saranno aggiornati man mano che nuove informazioni saranno disponibili.

Riassunto
Metodi sierologici sono stati sviluppati e avranno importanti utilizzi in ambito clinico e nella salute pubblica per monitorare e rispondere alla pandemia di COVID-19.

- Gli esami sierologici per il SARS-CoV-2 hanno l’Autorizzazione per l’Utilizzo di Emergenza (Emergency Use Authorization - EUA) da parte della Food and Drug Administration degli Stati Uniti (FDA), la quale ha controllato in maniera indipendente la loro efficacia.

- Al momento non c’è nessun vantaggio noto nell’usare un qualsiasi test che misuri i livelli di IgG[2], IgM[3] e IgG assieme, o i livelli totali di anticorpi.

- È importante che vengano minimizzati i falsi positivi scegliendo un test che abbia un’alta specificità e testando popolazioni e individui con un’elevata probabilità di precedente esposizione al SARS-CoV-2. Alternativamente un algoritmo di esame ortogonale (per esempio impiegare due test indipendenti in sequenza quando il primo risulta positivo) può essere utilizzato quanto è basso il valore predittivo di un potenziale positivo con un singolo test.

- Gli anticorpi comunemente sono individuabili da 1 a 3 settimane dopo l’inizio dei sintomi, momento nel quale l’evidenza mostra che l’infettività è fortemente diminuita e che è stato sviluppato un qualche grado di immunità da un’infezione futura. Tuttavia servono dati addizionali prima di modificare delle raccomandazioni di salute pubblica basate sui risultasti sierologici, incluse le decisioni sull’interrompere il distanziamento sociale e l’uso di dispositivi di protezione individuale.

Contesto
Gli esami sierologici per il SARS-CoV-2, adesso ampiamente disponibili, possono giocare un ruolo importante nel comprendere l’epidemiologia del virus nella popolazione generale e nell’identificare gruppi a più alto rischio di infezione. A differenza dei metodi di individuazione diretta del virus come gli esami ad amplificazione dell’acido nucleico o basati sull’individuazione dell’antigene, che possono effettivamente scoprire le persone con infezione acuta, i test degli anticorpi aiutano a determinare se l’individuo sottoposto a esame è stato mai infettato – anche se quella persona non ha mai mostrato sintomi. I test sierologici individuano indirettamente un’infezione che sta declinando o un’infezione passata di SARS-CoV-2, misurando la risposta umorale[4] al virus del soggetto esaminato. Di conseguenza i test sierologici non rimpiazzano generalmente i metodi di individuazione diretta quali strumenti principali per la diagnosi di un’infezione attiva dell’infezione da SARS-CoV-2, ma hanno diverse importanti applicazioni nel monitorare e rispondere alla pandemia del COVID-19.

Sebbene i test sierologici non dovrebbero essere utilizzati in questo momento per determinare se un individuo è immune, essi possono aiutare a determinare la proporzione di una popolazione precedentemente infettata con il SARS-CoV-2 e fornire informazioni sulle popolazioni che potrebbero essere immuni e potenzialmente protette. Quindi gli andamenti demografici e geografici dei risultati dei test sierologici possono aiutare a determinare quali comunità hanno sperimentato un tasso di infezione maggiore e quindi potrebbero avere un maggior tasso di immunità di gregge. In alcuni casi I risultati dei test sierologici potrebbero aiutare a identificare persone potenzialmente infettate con il SARS-CoV-2 e determinare chi si potrebbe qualificare come donatore di sangue che può essere utilizzato per la creazione di plasma immune come possibile trattamento per quelli che sono gravemente ammalati di COVID-19.

Sviluppo degli Anticorpi e immunità
Quasi tutti gli individui con Sistema immunitario funzionante svilupperanno una risposta immunitaria in seguito a infezione da SARS-CoV-2. Come le infezioni da parte di altri patogeni, l’infezione da SARS-CoV-2 stimola lo sviluppo di anticorpi IgM e IgG, che sono i più utili per stabilire la risposta anticorpale perché poco è noto della risposta delle IgA nel sangue.

Gli anticorpi in alcune persone possono essere riscontrati entro la prima settimana di insorgenza della malattia. Le infezioni da SARS-CoV-2 sono in qualche modo inusuali perché gli anticorpi IgM e IgG aumentano contemporaneamente nel siero nel giro di due o tre settimane dall’insorgere della malattia. Quindi non è comune rilevare le IgM senza le IgG. Non è noto per quanto a lungo gli anticorpi IgM e IgG rimangono riscontrabili rimangono riscontrabili rimangono riscontrabili in seguito all’infezione.

Inoltre può anche essere verificata la produzione di anticorpi neutralizzanti. Gli anticorpi neutralizzanti inibiscono la replicazione virale in vitro, e come con molte altre malattie infettive, la loro presenza è correlata con l’immunità nei confronti di una infezione futura, almeno temporaneamente.

La ricorrenza della malattia da COVID-19 appare molto rara, suggerendo la presenza di anticorpi che potrebbero conferire almeno un’immunità di breve termine all’infezione da SARS-CoV-2.

Consistentemente con questa osservazione, una infezione primaria sperimentale nei primati e una successiva produzione di anticorpi ha indotto protezione dopo reinfezione quando i primati sono stati reinfettati. Inoltre, lo sviluppo degli anticorpi negli uomini, si correla con una marcata diminuzione del carico virale nel tratto respiratorio. Prese assieme, queste osservazioni suggeriscono che la presenza di anticorpi potrebbe diminuire l’infettività di una persona e offrire un qualche livello di protezione dalla reinfezione. Tuttavia, mancano dati definitivi, e rimane incerto se gli individui con anticorpi (neutralizzanti o totali) siano protetti da una reinfezione da SARS-CoV-2, e in tal caso quale sia la concentrazione di anticorpi necessaria per conferire protezione.

Similmente su un documento dell’Università del Minnesota intitolato COVID-19: The CIDRAP Viewpoint[5] si legge:

I test sugli anticorpi possono fornire prova di una corrente o precedente infezione, perché indicano che il corpo ha prodotto una risposta immunitaria al virus. La formazione di anticorpi a seguito di un’infezione può richiedere più di una settimana; come tale, i test degli anticorpi non sono generalmente destinati ad essere utilizzati come strumento diagnostico per confermare l'infezione acuta, tranne in circostanze inusuali. Né è chiaro se l'avere gli anticorpi contro il virus proteggano qualcuno da una infezione futura. I pro e i contro di ogni test dovrebbero essere resi chiari ai leader politici, alle agenzie di sanità pubblica, ai sistemi sanitari e alla popolazione.

Per aggirare alcune delle carenze, il CDC ha raccomandato che gli operatori sanitari usino solamente test della più alta qualità, con il massimo livello di specificità; ha raccomandato che, su coloro che risultino positivi, conducano ripetuti controlli per verificarne il risultato; ha raccomandato di concentrare i test su pazienti con una storia di sintomi simili a quelli del Covid.

Note

[1] https://www.cdc.gov/coronavirus/2019-ncov/lab/resources/antibody-tests-guidelines.html?deliveryName=USCDC_2067-DM290

[2] Immunoglobuline G, il cui alto livello indica in genere una infezione avvenuta tempo addietro, perché il loro numero aumenta dopo un po’ di tempo dall’avvenuta infezione.

[3] Immunoglobuline M, il cui valore indica in genere una infezione recente, in quanto il loro numero aumenta in genere all’inizio dell’infezione. Il Covid-19 fa però eccezione come mostrato più avanti nel documento.

[4] Detta anche risposta immunitaria adattiva, è quella correlata alla produzione di anticorpi.

[5] https://www.cidrap.umn.edu/sites/default/files/public/downloads/cidrap-covid19-viewpoint-part3.pdf

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