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segreti della Celiachia
Farine,
glutine e intolleranze alimentari
Roberto
De Carli per www.disinformazione.it
– 17 marzo 2007
Alcuni giorni fa sul sito
www.disinformazione.it, ho letto l’articolo “I segreti della
Celiachia”, che spiegava come la modificazione genetica potrebbe
portare ad una intolleranza epidermica.
Commercializzando prodotti per la panificazione lavoro a stretto
contatto con i panificatori e negli ultimi anni mi sono accorto che
viene richiesto dai miei clienti della farina che possa essere tollerata
bene da chi ha problemi di celiachia.
Queste farine esistono ma sono difficilmente panificabili proprio per il
basso contenuto di glutine, il quale consente di ottenere un impasto
liscio ed omogeneo, facilmente lavorabile e un pane ben sviluppato.
Leggendo l’articolo, peraltro
molto interessante, mi è venuto subito da fare alcune considerazioni
che non sono state trattate e che dal mio punto di vista sono importanti
o perlomeno dovrebbero essere tenute in seria considerazione per
un’analisi completa del problema.
Il grano oltre ad essere stato modificato geneticamente nel corso degli
ultimi decenni, nanizzandolo (mediante irraggiamento) per agevolare il raccolto ed
eseguendo degli incroci genetici per diminuirne la parte coriacea
(quella esterna) del chicco (per aumentare la parte proteica, passando
dal 35% al 20% circa), ha subito dei cambiamenti drastici attraverso
nuove tecniche molitorie che hanno portato all’esasperazione di tutte
le fasi di macinazione compresa la velocità di macinazione.
Non solo, la farina viene abburrattata
(setacciata, filtrata) di più rispetto gli scorsi anni eliminando
ulteriormente fibre e ceneri con la conseguenza che la percentuale della
parte proteica è aumentata ulteriormente.
La prova è che le farine di tipo “
Con la fase di macinazione
sempre più veloce con molini sempre più sofisticati ed efficienti (per
ovvie ragioni di concorrenza e competitività) si è arrivati ad avere
una farina molto più stressata che ha costretto - per mantenere gli
standard di qualità - l’aggiunta del glutine vitale di frumento
secco.
Solo in queste considerazioni (modificazione genetica, incroci e tecnica
molitoria) si potrebbe fare una stima approssimativa di un aumento del
valore proteico del 50-60% passando da un 5-6% al 9-11% di glutine dei
grani nazionali ed europei.
Premetto che quanto detto e
quello che dirò più avanti non vuole essere una denuncia
all’industria molitoria, ma semplicemente una modesta considerazione,
anzi, conoscendo bene il settore sono il primo ad affermare che i molini
sono stati costretti ad una aggiunta sempre più importante di glutine
proprio per stare alle esigenze del mercato.
Personalmente faccio consulenza ai panettieri che hanno problemi tecnici
o che vogliono produrre dei pani nuovi, e mi vedo costretto io stesso,
in taluni casi, all’aggiunta di glutine.
Questa procedura di aggiungere il glutine è molto frequente nei molini
e nei produttori di semilavorati per panificazione e proprio per questo
va fatta un’ulteriore considerazione.
Ricordate il detto: “anche
l’occhio vuole la sua parte”?
È proprio il caso di dire che
oggi l’uomo l’ha preso troppo alla lettera: siamo arrivati al punto
che il pane per molti panettieri (e soprattutto per i clienti) deve
essere prima di tutto bello gonfio e ben sviluppato. Non sempre però il
bello è anche buono e soprattutto sano. Anzi di solito è proprio il
contrario.
Per fortuna mi sto accorgendo che questa tendenza sta lentamente
modificandosi: molti cercano infatti di migliorare la qualità del pane
con tempi di lievitazione più lunghi, migliorando così il sapore e la
masticabilità.
L’altra considerazione
riguarda proprio i molini.
Per soddisfare le richieste hanno cominciato a modificare le farine,
miscelandole a vari grani nazionali ed esteri, tipo Manitoba provenienti
dall’Australia e dal Canada.
Il grano tipo Manitoba è un grano che ha un alto valore proteico (19%
circa) il cui il glutine dovrebbe essere più o meno il 16%, e viene
usato per fare delle farine forti per lavorazioni particolarmente lunghe
e con molti liquidi.
Qualche anno fa questo tipo di
grano ha avuto dei forti aumenti di prezzo, e molti molini hanno
cominciato ad aumentare le quantità aggiunte di glutine vitale di
frumento secco nelle loro miscele, abbassando così la percentuale di
utilizzo di questo grano.
So per certo che alcuni molini arrivano ad aggiungere quantità di
glutine intorno al 7-8% e con molta probabilità qualcuno anche di più.
Oltretutto questi molini si trovano poi con un problema: aggiungendo
molto glutine vitale la farina diventa rigida e per tanto sono costretti
ad aggiungere anche del glutine idrolizzato oppure degli enzimi per
renderla più estensibile.
Immaginate un elastico che quando è troppo duro e rigido si spezza
prima del dovuto.
Tutto questo è permesso da una
legislazione indifferente che non ha imposto alcuna quantità minima o
massima di aggiunta di glutine.
La logica conseguenza di quanto detto, è che con tutto il glutine
aggiunto alle farine il nostro stomaco sicuramente farà molta più
fatica a digerirlo, questo perché il glutine è una gomma.
Ma con l’aumento del glutine nelle farine, chi fornisce gli enzimi per
digerire tutta questa gomma?
Non potrebbe questo essere la causa, o un importante co-fattore, delle
sempre più numerose intolleranze alimentari?
Concludo dicendo che i molini più seri sono certamente quelli che
macinano il grano molto lentamente senza esasperare la macinazione e
utilizzano dei grani di tipo Manitoba per migliorare le prestazioni dei
grani nazionali senza dover aggiungere glutine.