La
mammografia senza ombra di dubbio rappresenta l’esame
medico-preventivo più diffuso nel mondo occidentale tra le donne oltre
i cinquant’anni!
Per i pochi (beati loro!) che ignorano il significato di tale esame, la
mammografia prende il nome proprio dall’oggetto della visita: le
mammelle, e consiste in una
radiografia con lo scopo di individuare tumori maligni all’inizio
della loro formazione. Assieme alle radiazioni ionizzanti per completare
il quadro fisiologico e biochimico si possono associare anche esami
quali: palpazione, biopsia, ecografia, ecc.
Come è potuto accadere che questi delicatissimi organi ispiratori di
sogni proibiti sia nel poppante che nell’adulto, si trovano nel mirino
degli esperti della salute da almeno trent’anni?
Il motivo è che il cancro alla mammella ha un triste primato, quello di
collocarsi tra i primi posti in ordine di incidenza e mortalità tra la
popolazione femminile nei paesi industrializzati[1]:
per essere più precisi la neoplasia colpisce circa 200 mila donne ogni
anno in Europa e circa 31 mila in Italia, provocando in quest’ultima
11 mila vittime.[2]
Queste cifre spaventose vengono usate come cavallo da battaglia dalla
scienza medica per portare avanti ricerche e programmi preventivi di
massa. Programmi di protezione universalmente noti come screening, il
cui obiettivo come dicevamo prima è di prevenire le malattie cancerose
o se già iniziate di scoprirle in tempo per poter intervenire.
Il primo studio sullo screening mammografico è stato l’Health
Insurance Plan (HIP) iniziato a New York nel 1963 e da allora in
successione, chi prima e chi dopo, ha attuato il piano di controllo
nazionale imperniato nella sensibilizzazione del mondo femminile al
gravoso problema. Campagne informative spingono anche oggi tutte le
donne sopra una certa età considerata a rischio, quaranta o
cinquant’anni a seconda dello Stato, a fare una radiografia al seno
anche se non presentano alcun disturbo e/o sintomo fisico e senza
neppure la prescrizione medica.
Nonostante tutti questi enormi sforzi di prevenzione e gli altrettanti
fondi messi a disposizione per la ricerca negli ultimi trent’anni il
trend di crescita del tumore al seno invece di calare è aumentato.
Com’è che cinque anni fa i casi ufficiali erano 27 mila e oggi sono
31 mila[3]?
E perché gli studi condotti finora non hanno rilevato alcuna riduzione
della mortalità generale associata allo screening mammografico[4]?
Le dichiarazioni ufficiali tendono a dimostrare che le mammografie di
massa salvano ogni anno migliaia di donne - e nessuno mette in
discussione questo - i dati oggettivi però sono che nel XXI secolo il
cancro al seno rimane uno dei tumori che causa più morti.
Se è vero come è vero allora
che tale neoplasia cavalca la stessa onda dei programmi preventivi,
perché a nessuno viene il dubbio che forse questi screening non hanno
quell’affidabilità che gli viene tanto accreditata? O al contrario,
un eccesso di esami non potrebbe mettere in serio pericolo la stabilità
emotiva della donna provocando ansia e preoccupazioni gratuite?
Qualche
giorno fa, precisamente il 20 ottobre, Richard Horton, il direttore di
una delle più prestigiose riviste mediche del mondo: The Lancet,
ha pubblicamente dichiarato: “…non ci sono in letteratura prove
affidabili a favore dei programmi di screening mammografico”[5].
Una voce autorevole fuori dal coro che dimostra come anche nel mondo
scientifico esistono ricercatori seri e consapevoli che non si lasciano
abbagliare da falsi miti e che, dati alla mano, non esitano a mettere in
discussione ricerche mediche le cui aspettative alle volte vengono
sopravalutate.
La
sentenza lapidaria di Horton dovrebbe far riflettere le autorità
sanitarie sulla facilità con cui i medici prescrivono determinati
esami, ma soprattutto le donne che spesso e volentieri (e la storia ne
è testimone) sono cavie inconsapevoli di un sistema freddo e
distaccato; un sistema dove alle volte conta più una statistica
all’interno di una tabella che la salute di un essere umano.
Nessuno
ha la presunzione, non è questa la sede, di affermare ciò che è bene
e ciò che è male, quello che va fatto e quello che non va fatto; il
punto fondamentale è che ogni anno migliaia di donne muoiono lasciando
un vuoto incolmabile nelle famiglie che abbandonano e nella vera ricerca
della salute e della sua salvaguardia.
Nessuno punta il dito contro lo screening mammografico, sarebbe troppo
facile e non porterebbe alcun risultato utile; il dito semmai dovrebbe
essere puntato contro quella ricerca investigativa e massificata, dove
la lente di Sherlock Holmes viene sostituta dai raggi X, che non va a scavare
solo nel seno di una donna, ma per ovvie conseguenze emotive, va molto
più in profondità: nell’animo e nella psiche.
Ricordiamo che in qualsiasi test scientifico di laboratorio e non, a
causa della trasduzione e interpretazione dei dati, alle volte i
risultati possono essere involontariamente falsati o errati, infatti
anche la mammografia presenta spesso falsi positivi, cioè dalle analisi
sembra un tumore e invece non lo è. “Per oltre mille donne tra i
40 e i 50 anni che potrebbero fare il controllo periodico, salveremmo
una vita, ma circa 400 verrebbero invitate per un ulteriore
accertamento, col risultato di provocare ansia e paura”[6]
Naturalmente una singola
vita salvata non ha prezzo, però nessuno pensa a quelle donne costrette
a convivere per anni e anni con l’ansia e la paura di sviluppare il
tremendo male del secolo? Ogni piccolo dolore o gonfiore del seno
farebbe scattare immediatamente il piano ics: lotta per la sopravvivenza
e/o paura di morire.
Le conseguenze di tutto ciò? Be’, certamente vivere in continuo
“allarme rosso” non fa bene all’organismo; come anche pensare
continuamente ad un problema senza riuscire a risolverlo: oltre a
disperdere inutilmente energia vitale il cervello potrebbe anche decidere
di materializzarlo veramente (la psiconeuroimmunoendocrinologia
insegna).
Le donne hanno il diritto di decidere il meglio per la propria salute e
conoscere effettivamente il rapporto rischio/beneficio di una terapia
preventiva.
Pretendere informazioni e spiegazioni dettagliate, non limitarsi ad
accettare per buono e legittimo tutto quello che ci viene detto, perché
salute è informazione!
Quando si ha l’informazione corretta e la libertà di scelta
terapeutica allora e solo allora saremo i veri padroni e artefici della
nostra salute e del nostro destino.
|