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Ritalin e senso di responsabilità
Giovanni Peccarisio per www.disinformazione.it

Leggo dal comunicato stampa di "Giù le mani dai bambini" del giorno 8-3-07 che l'agenzia italiana del farmaco Aifa con a capo un'ex dirigente di FarmIndustria ha nuovamente immesso, e questa volta in via definitiva, il Ritalin in Italia anticipando di tre settimane la data della delibera annunciata a suo tempo, facendo in tal modo un bel regalo a tutte le donne in occasione della loro festa.

Questo cosiddetto farmaco, già tolto dal mercato italiano (1989) per i molti, devastanti effetti collaterali, appartiene alla famigerata famiglia delle anfetamine e dovrebbe curare la sindrome da deficit di attenzione, iperattività ed impulsività dei bambini.
L'arroganza delle multinazionali che agisce tramite i vari strumenti in loro possesso, non ha veramente limiti.
Basti pensare che persino la Food and Drug Administration americana ha messo in guardia dall’uso del Ritalin perché può causare ictus, crisi maniaco-depressive, complicazioni cardiache e morte improvvisa.

Come non bastasse, a tutto ciò occorre aggiungere anche dell’altro.
I criteri diagnostici che portano alla somministrazione del Ritalin e di altri psicofarmaci, come ormai molte persone sanno, non più soltanto gli addetti, si basano essenzialmente sul Diagnostical and statistical manual, 4° edizione (Dsm-4a) redatti dall'Apa (Associazione psichiatri americani) od anche su un altro manuale pressoché identico, pubblicato dall'Oms (International classification diseases), 10a edizione (Icd-10°).

Questi due manuali descrivono diciotto comportamenti tipici di un bambino normalmente vivace; la descrizione però dell’osservazione di questi del tutto insufficienti diciotto comportamenti, in cui potrebbe essere riconosciuto qualsiasi normale bambino, viene preceduta dall’avverbio spesso, avverbio che nulla ha di scientifico.
Entrambi i manuali affermano che per poter formulare una diagnosi di Adhd è necessario che un insieme di sintomi, il cui numero oltretutto varia dal manuale a manuale a dimostrazione della soggettività non scientifica del termine spesso, perduri almeno per sei mesi.

Questo è l'unico criterio diagnostico per definire l'Adhd come risulta dalla parola stessa statistical di uno dei manuali. Ciò significa che la diagnosi è formulata su principi statistici e non su principi obiettivamente scientifici.
D'altra parte la stessa scienza medica riconosce che al momento, con gli strumenti a disposizione, con gli attuali esami medici di laboratorio non è in grado di diagnosticare la Adhd.
Su questa base lacunosa e ben poco scientifica, viene compiuta la scelta terapeutica che nella maggior parte dei casi, dopo l'iter a cui viene sottoposto il bambino, il ragazzo, il giovane, come ho già descritto in un mio precedente articolo, si conclude con una prescrizione farmacologica.

Delle prescrizioni farmacologiche fanno parte gli psicofarmaci e tra questi viene compreso il Ritalin anche se, come è già stato detto da più parti, il prodotto non è un semplice psicofarmaco bensì un metilfenidato; di fatto il Ritalin è una (meta) anfetamina.
Il 3 febbraio scorso a Padova si è tenuto un incontro sul tema: "Psicofarmaci e bambini" a cui hanno partecipato come relatori  Luca Poma, portavoce del comitato "Giù le mani dai bambini", il dottor Paolo Paolucci, responsabile di un centro disabili psichici dell’Ussl 16, Marcello Pamio, responsabile del sito www disinformazione.it ed il sottoscritto.
Dai vari interventi dei relatori e dalle testimonianze di persone presenti tra il pubblico è risultato che la prima cosa da fare è imparare a distinguere tra vivacità eccessiva, disagio affettivo e quello che invece è il vero e proprio deficit di attenzione, l’iperattività e l’ impulsività dipendenti da una causa organica quale ad esempio una sindrome post encefalica.

Nessuno di coloro che hanno a che fare con bambini che potrebbero rientrare nella supposta sindrome da Adhd, si possono permettere di lusso di sottrarsi alle proprie responsabilità e sbagliare diagnosi.
I primi responsabili sono i genitori che devono porre la massima attenzione ai disagi che manifestano i loro bambini poiché spesso sono conseguenza di contrasti fra adulti o errori educativi di base.
In secondo luogo sono tutti coloro che in un modo o l’altro fanno parte della attività scolastica e che considerano l'insegnamento un fine e non uno strumento tra molti altri a servizio dell'educazione del bambino, ragazzo, dell'adolescente e che si preoccupano più del profitto scolastico degli alunni piuttosto che avere a cuore la maturazione psicoaffettiva di esseri umani in formazione.

In terzo luogo la responsabilità di diagnosi errate sta in quei molti medici e specialisti che sbrigativamente curano i sintomi farmacologicamente basandosi su strumenti diagnostici inadeguati, quali il Dsm di cui sopra, senza considerare con la dovuta attenzione le vere cause di disagio affettivo scambiato per malattia.
Dalla responsabilità non vengono esclusi gli esperti dei programmi ministeriali che ritengono di primaria e pressoché esclusiva importanza lo sviluppo delle capacità intellettive dello scolaro senza tenere conto che, di pari importanza, è la maturazione del suo mondo affettivo nonché la sana costituzione del suo organismo fisico soprattutto nel periodo compreso tra la, impropriamente detta, "scuola materna" e la fine della scuola media inferiore ossia tra i tre ed i quattordici anni.

Come ho già scritto e ribadito in altri articoli e in altri libri, il bambino è un essere unitario e come tale, molto più che nell'adulto, la dipendenza e gli influssi reciproci di corpo, parte psichica e spirituale sono strettissimi.
Alla luce di queste considerazioni è non solo necessario ma indispensabile quindi che tutti gli adulti che attorniano il bambino non agiscano in ordine sparso ma al contrario si scambino informazioni sul suo atteggiamento comportamentale, ciascuno nel rispetto dei propri ambiti specifici.

Perciò i genitori, che in ogni caso sono da considerarsi i primi, responsabili educatori, debbono imparare a colloquiare attivamente con gli insegnanti i quali a loro volta, avendo globalmente a cuore la salute dell'allievo loro affidato e non solo del suo rendimento scolastico, non potranno che essere sempre disponibili a questi incontri in una fattiva e reciproca collaborazione.
Il medico, il pediatra, il terapeuta, lo psicologo in una parola tutti coloro che agiscono nell'ambito medico, dovrebbero cercare anch’essi di farsi un quadro il più possibile completo del comportamento del piccolo o giovane paziente. Dovrebbero conoscere a fondo il suo comportamento sia nell'ambito familiare che nell'ambito scolastico per poter avere elementi maggiormente validi per una corretta diagnosi.

Personalmente conosco situazioni che operano in questo modo, anche se sono molto poche rispetto la maggioranza. So che all’apparenza tutto ciò può sembrare solo un ideale date le condizioni in cui spesso sono costretti ad operare e vivere genitori, insegnanti e medici in generale.
Quando però questo succede si  ottengono validi e duraturi risultati.
Occorre sempre tener presente che la crescita e lo sviluppo globale del bambino può avvenire grazie ad una armoniosa collaborazione tra le parti costitutive del bambino stesso. Esse si esprimono tramite la vitalità del corpo fisico, tramite l'espressione del mondo dei suoi sentimenti, nella serena manifestazione delle sue capacità individuali.

Così come esiste una stretta collaborazione tra tutte le parti costitutive del mondo interiore del bambino così lo stesso principio di collaborazione dovrebbe esistere anche nei vari ambienti che compongono il suo mondo, e quindi tra tutti gli adulti che hanno a che fare con il bambino stesso affinché quest'ultimo possa crescere e svilupparsi in una situazione omogenea.
Il bambino non può e non deve vivere in contrasto fra il suo essere, la sua personalità e l'ambiente esterno che lo circonda così come non può crescere sano quando esistano contrasti tra le sue parti costitutive e cioè corpo fisico, forze vitali, mondo dei sentimenti e capacità individuali.
Il ricorso esclusivo, per sanare situazioni di disagio, ad interventi farmacologici, soprattutto per quanto riguarda i vari psicofarmaci che troppo affrettatamente vengono somministrati senza tenere conto assolutamente della natura unitaria del bambino, tutto ciò può essere causato da una serie di de-responsabilizzazioni e da mancanza di collaborazione fattiva fra
famiglia, ambiente scolastico e classe medica.

Personalmente, basandomi su esperienze fatte in collaborazione con medici, sono convinto che nella quasi totalità dei casi non esiste un problema Adhd ma quello di diagnosi non corrette e che il disagio del bambino, del giovane può essere risolto senza necessariamente arrivare ad un intervento medico.
Occorre però che da parte dei genitori e degli insegnanti si possa formare una maggiore conoscenza e coscienza delle cause che possono determinare disagi e contrasti nel bambino.
In conclusione invito soprattutto i genitori ad informarsi in maniera più approfondita sull’argomento e, se è il caso, farsi aiutare da persone competenti per poter effettuare scelte il più possibile coscienti.

Giovanni Peccarisio, laureato alla "Libera Università della Scienza e dello Spirito" di Dornach (Svizzera), come Maestro Waldorf (scuole steineriane) e Maestro di pittura.
Consulente pedagogico, svolge la sua attività di conferenziere in varie sedi in Italia e all'estero.

 
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