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Bene e
Male
Tratto
dal libro: «Il fanciullo difficile» di Alexander Neill, 1927
Tutte le comunità
hanno un loro criterio di condotta: questo è bene, quello è male. In
una comunità militare il coraggio è bene, la codardia è male; in una
setta religiosa molto chiusa sarà male bestemmiare e sarà bene cantare
inni. Si può tuttavia dire che ci sono certe regole di condotta che
sono comuni a tutti i gruppi. Un gruppo di cinesi, un’associazione di
calciatori (…) accetterebbero di avere in comune la regola che è
ingiusto uccidere, rubare, mentire, diffamare. Ma anche in questo caso
bisogna parlare di relatività. I membri di una nazione non considerano
ingiusto uccidere in guerra o appropriarsi del territorio con la
conquista; e si sa che i seguaci di una religione usarono crocifiggere.
Il mio lavoro si esplica con i
bambini d’Inghilterra e d’Europa. I popoli da cui questi bambini
provengono sono, rispetto alla morale, un unico grande popolo. Una madre
tedesca, una madre inglese una
madre francese allevano i loro figli in una maniera molto simile. Il
concetto di bontà è lo stesso a Londra, a Vienna, a Berlino e a
Parigi.
E’ idea generale
in Europa la convinzione che l’uomo sia un peccatore per nascita e che
egli debba pertanto essere educato a divenire buono. La chiesa cristiana
afferma apertamente questa credenza; quella setta di eccentrici che sono
i Golders Green (1) l’afferma mediante simboli. Laddove la Chiesa
grida che noi siamo dei miserabili peccatori, gli stravaganti Golders
Green potrebbero gridare che noi siamo nati con cattivo gusto. Il
vescovo e lo stravagante maestro che calza sandali (calzo sandali
anch’io) convengono entrambi che il fanciullo deve essere guidato
verso la Luce. Non importa sapere se codesta Luce è la Luce della Croce
o quella del post-impressionismo, perché lo scopo è il medesimo:
redimere. Ed è il medesimo il risultato nei confronti del fanciullo:
infelicità, nevrosi.
Dal momento che chiese e scuole
convengono che il bambino è nato in peccato, non possiamo davvero
attenderci che madri e padri in Inghilterra si pongano in disaccordo con
tali supreme autorità. La Chiesa dice: «Se pecchi sarai punito nella
vita futura». I genitori dicono: «Se lo rifai ancora adopero il
battipanni». E nell’un caso e nell’altro ci si sforza di educare
con l’incutere timore. «Il timore di Dio ò l’inizio della saggezza».
Ciò è invece molto più spesso l’inizio della nevrosi e del crimine.
Più
di una volta mi sono sentito dire da un genitore: «Non capisco perché
il mio ragazzo di sia guastato. L’ho sempre punito severamente e sono
certo che in casa mia non mai avuto cattivi esempi». Il mio lavoro si
esplica con quei bambini che sono stati educati alla bontà mediante la
paura del bastone e di Dio. Il mio lavoro è negativo perché è un
lavoro di diseducazione di coloro che sono stati così educati.
I genitori di un cattivo ragazzo, messi a dura prova, non chiamano di
regola in causa il loro codice di morale. La loro scappatoia è sempre:
«Abbiamo fatto del nostro meglio per lui». E nasce quindi la
convinzione che è il ragazzo a essere in colpa; e si pensa che esso sia
di proposito cattivo. E i genitori di una certa educazione parleranno di
atavismo.
Non
posso dire che sia la verità, ma posso affermare la mia salda
convinzione che il ragazzo non è mai dalla parte del torto. Ogni
caso da me trattato è stato sempre un caso di prima educazione male
indirizzata.
Oggigiorno
noi inglesi crediamo che l’uomo sia una creatura di volontà. Il
novantanove percento degli abitanti dell’Inghilterra sarebbe
certamente disposto ad affermare che Crippen (uno dei più noti ed
efferati assassini inglesi dell’inizio del secolo) avrebbe potuto non
essere un omicida se solo avesse fatto uso della volontà. La legge
criminale si fonda sul presupposto che l’uomo è persona responsabile
capace di volere il male e il bene.