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Amore e
odio
Tratto
dal libro: «Il fanciullo difficile» di Alexander S. Neill
L’amore e
l’odio non sono degli opposti. L’opposto dell’amore è
l’indifferenza. L’odio non è altro che amore passato sul rovescio
della medaglia perché contrariato. L’odio comporta sempre in sé un
timore. Lo vediamo chiaramente nel caso del fanciullo che odia il
fratellino più piccolo. Il suo odio è causato dal timore di perdere
l’amore materno e inoltre dal timore dei propri pensieri cattivi nei
confronti del fratello. Guglielmino odiava il padre che era appena
tornato dalla guerra, perché temeva in lui il rivale che gli avrebbe
tolto il potere e la madre. Quando la mia ribelle scolaretta, Ansi,
arrivò alla scuola incominciò col prendermi a calci per farmi andare
in collera. Ero per lei il disgraziato sostituto del padre. Essa odiava
e temeva il padre. Non le era stato consentito di sedersi sulle sue
ginocchia; e il suo amore per il padre si era convertito in odio per il
fatto che egli non aveva corrisposto al suo amore. A un tratto essa
trovava un nuovo padre il quale non reagiva con severità; un padre che
essa non temeva. E il suo odio venne a terminare. Il fatto che il giorno
dopo si comportasse con me in maniera eccessivamente affettuosa e
gentile prova che il suo odio era amore contraffatto. Ma in questo caso
c’è un eccesso di determinazione. Capire in pieno il significato del
suo attacco contro di me significherebbe conoscere e capire prima di
tutto la storia del suo atteggiamento pervertito nei confronti del
sesso. Essa proveniva da una scuola femminile dove le compagne
discutevano di sesso negli angoli in maniera malsana e sudicia. Il suo
odio per il padre presentava molti aspetti di quell’odio che
un’errata educazione in materia sessuale le aveva fatto concepire. Ed
era intenso in lei l’odio per la madre che l’aveva spesso punita.
Pochi
genitori arrivano a rendersi conto che con il punire essi trasformano in
odio l’amore. Le madri che rilevano che i loro bambini diventano
affettuosi dopo una sculacciata, ignorano che l’odio suscitato dalla
sculacciata viene immediatamente represso. Ma le cose represse non sono
morte; sono solo assopite. C’è un libricino di Marcus intitolato «Morale
per i giovani». Faccio spesso l’esperimento di leggere ai ragazzi i
versi in esso contenuti. Una strofa dice:
Masino vide la sua casa in fuoco,
la sua mamma spirare tra le fiamme;
il babbo ucciso dal crollo dei mattoni,
e Masino rise – fino a star male.
Questa
strofa è la favorita. I ragazzi ridono molto rumorosamente quando la
sentono leggere. Proprio i ragazzi che amano i loro genitori ridono più
rumorosamente. Ridono a causa del loro odio represso per i genitori,
odio determinato dalle sculacciate o dai rimproveri o dalle punizioni.
Di solito codesto odio si manifesta in fantasie che apparentemente non
hanno a che vedere coi genitori.
L’odio di Guglielmino per il padre si manifestò nella storia della
tigre sotto forma di dialetto per la mia morte e gioia di soppiantarmi.
A un mio scolaretto, un ragazzo che ama il padre affettuosamente, piace
fantasticare di uccidere un leone. Se gli chiedo di descrivere questo
leone egli vi scopre ben presto qualche connessione con il padre. Una
mattina presi i miei scolari uno per uno e raccontai loro la storia
della mia morte. Quando parlavo del funerale tutti i volti si
illuminavano. Quel pomeriggio il gruppo fu particolarmente gaio. Le
storie di uccisioni di giganti sono sempre popolari fra i fanciulli
perché il gigante è papà.
L’odio del fanciullo per i genitori non dovrebbe affatto colpirci.
Esso data sempre dal periodo in cui il fanciullo era un egoista. In
fanciullo sotto i sette anni cerca l’amore e il potere. E ogni parola
irosa, ogni schiaffo, ogni privazione è un’ingiuria all’amore e al
potere. Ogni parola di rimprovero da parte della madre significa per il
fanciullo questo: «La mamma non mi vuole bene. Non importa»; ogni «Non
toccare!» da parte del padre significa: «Mi ostacola sempre. Se fossi
grande quanto lui…!». Sicuro, c’è nei fanciulli l’odio per i
genitori; ma esso non è così nocivo come l’odio per i fanciulli che
è nei genitori. I rimbrotti, le sfuriate, le sculacciate, le prediche
non sono che reazioni di odio da parte dei genitori. Così in
particolare il figlio di genitori che non si amano ha una brutta
possibilità di sviluppo. «Rifarsela» coi figli è abitudine generale.
Anche
nelle migliori circostanze il fanciullo affronta situazioni che lo
spingono a odiare. Il desiderio che il fanciullo prova di essere adulto
è un desiderio di potere. La sola statura dell’adulto conferisce al
fanciullo un senso di inferiorità. Perché è permesso ai grandi di
vegliare fino a tardi? Perché essi possiedono gli oggetti migliori –
macchine da scrivere, biciclette, ottimi arnesi, orologi? E’ il figlio
unico quello il cui potere è in maggior grado contrariato, ed è il
figlio unico quello che è più difficile a trattarsi in una scuola. Una
volta commisi l’errore di condurre a scuola un bimbetto dieci giorni
prima dell’arrivo degli altri ragazzi. Fu felicissimo di mescolarsi
con gli insegnanti, di sedere nella stanza del personale, d avere una
camera da letto tutta per sé. Quando arrivarono gli altri ragazzi
divenne molto antisociale. Finché era stato solo aveva aiutato a
costruire e riparare molti oggetti; quando arrivarono gli altri
incominciò a distruggere le cose. Il suo orgoglio era offeso. Egli
aveva dovuto d’improvviso cessare di sentirsi un adulto; doveva
dormire in una camera con altri quattro ragazzi; doveva andare a letto
presto. La sua violenta protesta mi fece prendere la decisione di non
offrire mai più a un fanciullo l’opportunità di identificarsi con
gli adulti.
L’odio per gli altri non è difficile a comprendersi; ma quando
entriamo nel regno della psicologia soggettiva siamo solo in grado di
procedere a tentoni. Dalla psicologia siamo portati con facilità alla
filosofia. E’ più facile rendersi conto dell’odio per un padre che
dell’odio per la propria personalità. Si potrebbe anche dire che il
primo è più sano.
(…)
Tratto
da: «Il fanciullo difficile» di Alexander S. Neill
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