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Le stranezze culinarie di alcuni vegetariani
Franco Libero Manco, AVA Associazione Vegetariana Animalista
www.vegetariani-roma.it; www.universalismo.it; www.medicinanaturale.biz

Anche tra gli addetti ai lavori c’è un modo strano di concepire l’alimentazione vegetariana nella sua pratica attuazione. Molti credono che per nutrirsi in modo vegetariano occorra inventarsi un nuovo modo di mangiare, di preparare gli alimenti; che sia necessario attingere ad esotiche culture, far uso di spezie per impreziosire le pietanze. Quando si parla di cucina vegetariana sembra sia un obbligo inserire il seitan, la soia e i suoi derivati che imitano la carne: spezzatini,  wurstel, salsicce, affettati in genere e fare grande uso frittelle, pizzette, passate,  sfornati, crostatine, strudel ecc. Un’incredibile confusione regna non solo in chi cerca di avvicinarsi alla cucina vegetariana ma anche tra gli stessi vegetariani. Raramente si trova nella cucina dei ristoranti vegetariani, come nelle cucine delle persone vegetariane, una bella e salutare insalatona di verdure tenere e crude, un bel piatto di spaghetti integrali al sugo di pomodoro e basilico, un bel minestrone di verdure di stagione; difficilmente si trova un bel piatto di legumi conditi con un semplice filo d’olio d’oliva extravergine o un bel piatto di patate lesse o al forno: in tali circostanze prevalgono cereali e verdure, elaborati in tutti i modi.

Alcuni si divertono ad esibire la frutta tormentata nelle sue fattezze originali, tagliuzzata a mò di cuoricino, stelline, rotelline, cubetti, favorendo in questo modo l’inevitabile ossidazione dell’alimento; altri imitano, pateticamente, fettuccine o spaghetti adoperando zucchine ed altri ortaggi. Ma più è lontano il risultato finale dall’alimento naturale più è carente di nutrienti essenziali. Così succede che la cucina vegetariana risulti un coacervo di alimenti elaborati che tentano di imitare la carne, i formaggi ed il latte, in un insano surrogato di quella convenzionale.

Sembra che l’uomo sia il solo animale a non sapere cosa mangiare, a non sapere qual è il suo cibo elettivo. Come se l’alimentazione vegetariana la stessimo inventando oggi, nel 2000 dopo Cristo, mentre in realtà è semplicemente un ritorno saggio e maturo ad una naturalità persa negli ultimi decenni. Prima, infatti, l’alimentazione dei nostri progenitori per millenni è stata fondamentalmente vegetariana, anche perché il costoso alimento carneo era accessibile principalmente alle classi abbienti.

Non è questo il messaggio che abbiamo il dovere di trasmettere. Questo approccio all’alimentazione vegetariana è inesatto, complesso, fuorviante, innaturale e poco valido anche sotto l’aspetto nutrizionale. Il messaggio che viene percepito è che mangiare vegetariano sia complicato, difficile, elaborato, costoso; che per preparare pietanze vegetariane occorra seguire corsi di cucina, ricorrere ai nutrizionisti, conoscere il valore dei nutrienti per poterli bilanciare al fine di non incorrere a ipotetiche carenze e così via, cosa di cui non hanno mai avuto bisogno i nostri antenati. Gli stessi nutrizionisti vegetariani (quasi in tono minaccioso) non fanno che ribadire che l’alimentazione vegetariana e vegana è valida sotto il profilo nutrizionale a condizione che sia ben bilanciata nei suoi componenti al fine di non incorrere a carenze nutrizionali; come se i vegetariani fossero così sprovveduti da consumare solo patate o solo polenta.

La cucina vegetariana non è questa, non è mai stata questa, al limite può essere un’alternativa saltuaria, come sfizio sporadico, come voglia di provare di tanto in tanto nuove combinazioni, nuovi gusti, ma mai come metodica ufficiale e sistematica. Tutta la ricerca scientifica dell’alimentazione igienista raccomanda la semplicità, la frugalità, il rispetto della naturalità degli alimenti, la parsimoniosa elaborazione, l’attenta combinazione,  evitando incompatibili misture, strane insalate nelle quali si trova di tutto: noci, mele, arance, pinoli ecc. che nulla hanno a che vedere con le vere e salutari insalate che dovrebbero essere preponderanti in ogni pasto e non come semplice contorno in un mare di pietanze stracotte, straelaborate in cui difficilmente si riesce a percepire il gusto dell’alimento base annullato dagli intingoli, dalle misture e dalle spezie di ogni tipo.

E’ vero che quando si mangia fuori casa (o quando un onnivoro sceglie un ristorante vegetariano) si desidera provare piatti diversi da quelli che comunemente consumati, diversi dal solito piatto di spaghetti, ma la bravura sta nel preparare in modo accattivante, salutare e saporito i piatti tipici della tradizione vegetariana umana, senza alterare i sapori naturali. Tornare ai piatti semplici rispettando l’integrità degli alimenti voluta dalle leggi naturali, poche pietanze ma semplici e saporite, questa deve essere, è stata e sarà sempre il modo di mangiare dei vegetariani


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