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		Omega-3 dal pesce: 
		non sono salutari. 
		Moltissimi studi scientifici lo sostengono. Meglio quelli dei vegetali.
		SSNV - 
		Fonte dell'articolo:
		
		www.scienzavegetariana.it
		visto su
		
		www.vegetariani-roma.it 
		Sul blog del dott. 
		Neal Barnard (www.pcrm.org), il presidente dell'associazione dei Medici 
		per una Medicina Responsabile, è apparso pochi giorni fa un interessante 
		commento che sottolinea come gli acidi grassi omega 3 provenienti dal 
		pesce, cioè il DHA e l'EPA (omega-3 a lunga catena), frequentemente 
		utilizzati come integratori sotto forma di capsule di olio di pesce, e 
		che ricordiamo NON sono nutrienti essenziali , non siano nemmeno quel 
		toccasana che molti ritengono, ma anzi, oltre a non essere utili, 
		possono anche risultare dannosi. 
		Presentiamo il commento del dott. Barnard, con l'aggiunta di 
		approfondimenti e ulteriori commenti a cura della dottoressa Luciana 
		Baroni, presidente di Società Scientifica di Nutrizione Vegetariana.
		Gli acidi grassi 
		omega-3 del pesce sono correlati al rischio di cancro alla prostata
		Grazie 
		a un nuovo studio pubblicato sull'American Journal of Epidemiology 
		(Brasky, 2011), le persone ci penseranno ora due volte prima di assumere 
		capsule di olio di pesce - o di mangiare pesce. Risulta infatti che gli 
		uomini con maggiori livelli di ematici di DHA sono a maggior rischio di 
		sviluppo di cancro alla prostata. I ricercatori hanno esaminato i 3.461 
		partecipanti al Prostate Cancer Prevention Trial, uno studio sulla 
		prevenzione del cancro alla prostata, e hanno riscontrato come i 
		soggetti con i più alti livelli di DHA nel sangue avessero una 
		probabilità di sviluppare una forma aggressiva di cancro alla prostata 
		di due volte e mezza superiore rispetto ai soggetti con i livelli 
		ematici più bassi.
		Gli acidi grassi 
		omega-3 del pesce sono correlati al rischio di aritmie cardiache e non 
		prevengono il cancro
		Molti 
		studi recenti hanno dimostrato che le promesse pubblicitarie dell'olio 
		di pesce non sono mai state mantenute. Nello specifico, non è di aiuto 
		ai malati di cuore, non serve contro la malattia di Alzheimer, non 
		previene la depressione, e, almeno fino ad ora, non rende i bambini più 
		intelligenti.
		Già nel 2005 uno studio pubblicato sul Journal of the American Medical 
		Association (JAMA) evidenziava come, nonostante le supposte proprietà 
		antiaritmiche dell'olio di pesce, in realtà la supplementazione con 
		questo tipo di integratore poteva aumentare il rischio di aritmie 
		cardiache in alcuni pazienti (Raitt, 2005). L'anno successivo, la stessa 
		rivista pubblicava una rassegna sistematica di 38 studi scientifici che 
		avevano valutato gli effetti del consumo degli acidi grassi omega-3 sul 
		rischio di cancro, dalla quale emergeva che l'olio di pesce è inefficace 
		nella prevenzione del cancro (MacLean, 2006).
		Gli acidi grassi 
		omega-3 del pesce non sono in grado di ridurre gli eventi 
		cardiovascolari
		Nello stesso anno, compariva anche sul British Medical Journal una 
		rassegna sistematica con le stesse finalità, che, in sintonia con la 
		precedente, confermava non solo che non vi era evidenza di un effetto 
		protettivo della supplementazione con integratori a base di omega-3 a 
		lunga catena sul rischio di cancro, ma nemmeno che questi risultino in 
		grado di ridurre la mortalità totale e gli eventi cardiovascolari 
		(Hooper, 2006).
		Gli acidi grassi 
		omega-3 del pesce non risultano protettivi nei confronti dello sviluppo 
		dell'insufficienza cardiaca
		Studi 
		successivi confermavano poi l'assenza di un evidente benefico effetto di 
		questi acidi grassi sulla salute cardiovascolare: nel 2009 l'analisi di 
		oltre 5.000 soggetti nell'ambito del Rotterdam Study portava i 
		ricercatori a concludere che l'assunzione di pesce o di integratori di 
		EPA e DHA non risulti protettiva nei confronti dello sviluppo di 
		insufficienza cardiaca (Dijkstra, 2009). Nel 2010 il New England Journal 
		of Medicine riportava i risultati di uno studio condotto su poco meno di 
		5.000 pazienti che avevano già sofferto infarto miocardico, dal quale 
		emergeva l'assenza di differenze significative nell'incidenza di nuovi 
		eventi cardiovascolari tra coloro che consumavano integratori di omega-3 
		e il gruppo di controllo che aveva ricevuto un placebo, oltre alla 
		terapia farmacologica standard (Kromhout, 2010).
		Gli acidi grassi 
		omega-3 del pesce correlati all'insorgenza del diabete di tipo 2
		
		Inoltre, a sorpresa, uno studio condotto dai ricercatori dell'Harvard 
		School of Medicine ha trovato una correlazione tra assunzioni di pesce e 
		di supplementi a base di acidi grassi omega-3 a lunga catena e il 
		diabete di tipo 2.
		Gli acidi grassi 
		omega-3 del pesce correlati all'insorgenza del diabete mellito
		
		Seguendo 195.204 adulti per un periodo di 14-18 anni, i ricercatori 
		hanno evidenziato come ad un maggior consumo di pesce e integratori di 
		acidi grassi omega-3 a lunga catena corrispondesse un maggiore il 
		rischio di sviluppare il diabete mellito (Kaushik, 2009).
		Gli acidi grassi 
		omega-3 del pesce non migliorano le funzioni cerebrali negli anziani
		Nel 
		frattempo, i produttori di olio di pesce hanno puntato tutte le loro 
		speranze sulle funzioni cerebrali. Forse l'olio di pesce vi renderà più 
		intelligenti, hanno pensato. Ma l'anno scorso, la ricerca in questo 
		campo di applicazione ha distrutto anche questa speranza. A un gruppo di 
		867 anziani è stato assegnato, in modo casuale, un integratore di olio 
		di pesce contenente elevate quantità di DHA ed EPA o un placebo (una 
		pillola senza alcun supposto contenuto attivo) a base di olio di oliva. 
		Dopo due anni, gli anziani che consumavano l'integratore di acidi grassi 
		omega-3 a lunga catena non hanno mostrato alcun beneficio aggiuntivo, 
		sulle funzioni cognitive, rispetto ai soggetti che assumevano l'olio di 
		oliva (Dangour, 2010).
		Gli acidi grassi 
		omega-3 del pesce non migliorano lo sviluppo cognitivo dei nascituri
		Uno 
		studio successivo pubblicato sul JAMA ha confermato che i supplementi di 
		omega-3 (in questo caso, DHA) non sono in grado di rallentare la 
		progressione del declino mentale e dell'atrofia cerebrale nei malati di 
		Alzheimer (Quinn, 2010). Né, dall'altro lato dello spettro dell'età, i 
		neonati sembrano ottenere benefici. Infatti un altro studio pubblicato 
		sempre su JAMA ha mostrato che il consumo di olio di pesce ricco di DHA 
		delle donne in gravidanza non migliora il successivo sviluppo cognitivo 
		dei nascituri nel corso dell'infanzia e nemmeno l'incidenza di 
		depressione post-partum della madre (Makrides, 2010).
		Conclusioni
		Questi 
		dati portano quindi a considerare l'olio di pesce come il falso elisir 
		di lunga vita degli imbonitori del passato. La nuova, ennesima 
		segnalazione che collega i livelli ematici di DHA al cancro alla 
		prostata (Brasky, 2011) è un motivo in più per evitare il pesce e gli 
		integratori di olio di pesce.
		Gli acidi grassi omega-3 del pesce (DHA ed EPA) NON sono nutrienti 
		essenziali. Il nostro organismo può infatti produrre gli acidi grassi 
		omega-3 a lunga catena, cioè quelli presenti nel pesce, a partire dal 
		loro precursore naturale, l'acido alfa-linolenico, l'unico acido grasso 
		omega-3 essenziale, il quale deriva da fonte vegetale (semi di lino, 
		noci, soia).
Questo meccanismo permette all'organismo di regolare le quantità di acidi grassi a catena più lunga, cioè DHA ed EPA, sulla base delle sue necessità, evitando quindi di doversi cimentare con elevate quantità di questi grassi che, come deriva da questo breve commento, risultano, se non dannosi per la salute, sicuramente inefficaci e comunque dannosi al portafoglio non solo dei consumatori ma anche del Sistema Sanitario Nazionale, dal momento che vengono forniti gratuitamente sotto forma di farmaco ad alcune categorie di pazienti.
Fonte:
Blog di Neal Barnard, Omega-3 Fatty Acids Linked to Prostate Cancer Risk, 27 aprile 2011 (con approfondimenti e commenti aggiuntivi di Luciana Baroni).
Reference degli studi citati:
Brasky TM, Till C, White E, et al. Serum phospholipid fatty acids and prostate cancer risk: results from the Prostate
Cancer Prevention Trial. Am J Epidemiol. Published ahead of print April 24, 2011. doi: 10.1093/aje/kwr027.
Raitt MH, Connor WE, Morris C, et al. Fish oil supplementation and risk of ventricular tachycardia and ventricular
fibrillation in patients with implantable defibrillators: a randomized controlled trial. JAMA. 2005;293:2884-2891.
MacLean CH, Newberry SJ, Mojica WA, et al. Effects of omega-3 fatty acids on cancer risk: a systematic review.
JAMA. 2005;295:403-415.
Hooper L, Thompson RL, Harrison RA, et al. Risks and benefits of omega-3 fats for mortality, cardiovascular
disease, and cancer: systematic review. BMJ. 2006;332:752-760.
Dijkstra SC, Brouwer IA, van Rooij FJA, Hofman A, Witteman JCM, Geleijnse JM. Intake of very long chain n-3 fatty
acids from fish and the incidence of heart failure: the Rotterdam Study. Eur J Heart Fail. 2009;11:922-928.
Kromhout D, Giltay EJ, Geleijnse JM. n-3 fatty acids and cardiovascular events after myocardial infarction. N Engl J
Med. 2010;363:2015-2026.
Kaushik M, Mozaffarian D, Spiegelman D, Manson JE, Willett WC, Hu FB. Long-chain omega-3 fatty acids, fish
intake, and the risk of type 2 diabetes mellitus. Am J Clin Nutr. 2009;90:613-620.
Dangour AD, Allen E, Elbourne D, et al. Effect of 2-y n3 long-chain polyunsaturated fatty acid supplementation on
cognitive function in older people: a randomized, double-blind, controlled trial. Am J Clin Nutr. 2010;91:1725-1732.
Quinn JF, Rama R, Thomas RG, et al. Docosahexaenoic acid supplementation and cognitive decline in Alzheimer
disease. JAMA. 2010;304:1903-1911.
Makrides M, Gibson RA, McPhee AJ, et al. Effect of DHA Supplementation During Pregnancy on Maternal
Depression and Neurodevelopment of Young Children. JAMA. 2010;304:1675-1683.
Fonte dell'articolo: www.scienzavegetariana.it