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Gli ogm fanno male
        all’ambiente
        «The
        Independent» - tratto da «Internazionale» 511, 24 ottobre
        2003
La prima, grande sperimentazione compiuta sulle coltivazioni transgeniche parla chiaro: l’impatto sulla biodiversità è negativo. Il commento dell’Independent.
I
        risultati delle coltivazioni sperimentali di ogm (organismi
        geneticamente modificati) sono sorprendentemente chiari. In due dei tre
        casi studiati (mais, barbabietola da zucchero e colza a semina
        primaverile) gli erbicidi adatti alle colture ogm hanno danneggiato gli
        animali e le piante selvatiche dell’ambiente circostante. Un effetto
        che non dovrebbe stupire: tra le altre cose, uno degli obiettivi di
        queste biotecnologie è consentire l’impiego di erbicidi e pesticidi
        più efficaci per tenere a freno le piante infestanti e i parassiti
        senza danneggiare la coltura. Meno erbacce vuol dire meno insetti, e
        quindi meno uccelli, come gli zigoli o le allodole.
        Ma i fautori degli ogm sostenevano che le cose sarebbero andate
        diversamente: le nuove colture avrebbero permesso di usare erbicidi più
        efficaci e mirati invece dell’attuale cocktail chimico, e quindi gli
        agenti impiegati sarebbero stati meno nocivi per la natura. Ora però
        questa teoria è stata confutata.
        Nel caso della barbabietola e della colza, la coltivazione di varietà
        modificate ha ridotto la biodiversità dell’ambiente circostante. Nel
        terzo caso, quello del mais, la biodiversità è aumentata, ma
        l’effetto potrebbe dipendere dal fatto che il mais convenzionale è
        stato trattato con un erbicida molto potente il cui uso sta per essere
        proibito, dopo altri paesi, anche in Gran Bretagna.
Tre questioni in sospeso
        Va detto che questi
        esperimenti erano circoscritti all’impatto sulla biodiversità. Ma ci
        sono altre tre questioni da tenere presenti. La prima è se sia
        pericoloso mangiare alimenti che contengono ogm.
        La seconda è se queste colture possono andare incontro a
        un’impollinazione incrociata con altre piante, incluse quelle
        infestanti, con conseguenze «imprevedibili», che in realtà sono già
        previste, come la creazione di supererbacce resistenti agli erbicidi.
        (…)
        L’ultima questione è se le biotecnologie possano determinare un
        aumento significativo dei raccolti. Finora ci sono riuscite grazie a un
        controllo più efficace sugli infestanti e sui parassiti, ma
        compromettendo la biodiversità, come ha rivelato la sperimentazione.
        In parole povere, la scelta si riduce all’alternativa tra raccolti
        abbondanti e biodiversità. Si tratta insomma della stessa alternativa
        offerta dall’agricoltura intensiva dalla rivoluzione industriale in
        poi, e negli ultimi decenni è stato generalmente riconosciuto che la
        politica agricola dovrebbe andare nella direzione opposta a quella
        indicata dagli ogm: bisognerebbe allontanarsi dall’agricoltura
        intensiva e spostarsi verso la tutela della biodiversità. Non bisogna
        essere fanatici dell’agricoltura biologica per capire che il prezzo
        ambientale delle moderne tecniche agricole è troppo elevato. La priorità
        non dovrebbe essere assegnata a un’ulteriore intensificazione delle
        monocolture e degli allevamenti intensivi, bensì all’interruzione dei
        sussidi e delle barriere tariffarie, alla protezione e al ripristino
        degli habitat originari e alla promozione del benessere degli animali
        (…)