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Alla
scoperta del diavolo: l’Antico Testamento e i vangeli
di
Andrea De Pascalis – tratto da www.coscienza.org
1.
Premessa
Chi è, che cos’è il
diavolo?
Naturalmente noi tutti
pensiamo di conoscere la risposta a questa domanda: il diavolo è la personificazione
del male, lo spirito del male.
Ma questa risposta non
spiega nulla. Essa stessa è equivoca: il diavolo è il nome
simbolico che diamo all’idea del male che attraversa la storia, o
è un essere reale, che esiste a prescindere dal fatto che noi ne
riconosciamo la presenza?
Per
molti antropologi si tratta di un’idea simbolica. Per la teologia
cristiana si tratta ovviamente di un essere reale, ma non tutti
sono d’accordo sulla rilevanza e sul ruolo da assegnare al diavolo
all’interno della dottrina cristiana.
La verità è che su questo argomento esistono centinaia o
migliaia di testi, di studi, di ragionamenti, spesso contrastanti.
Qualcuno ha
affermato che l’essere umano ha scritto più sul diavolo che su Dio.
Forse è vero.
Eppure si può dire che non sappiamo poi molto delle questioni
che riguardano il diavolo. Il diavolo lo chiamiamo in causa quando
imprechiamo, quando abbiamo una contrarietà, quando ci colpisce un
malanno, quando accade un evento naturale avverso, quando appaiono
sull’orizzonte della storia i grandi criminali. Ma delle “origini”
e delle caratteristiche di colui al quale attribuiamo tante nefandezze
sappiamo solo per sentito dire.
Ecco dunque un buon motivo per andare alla scoperta del diavolo partendo
dalla sua storia, in modo aconfessionale, disincantato, critico ma
attento.
Dove
si origina il diavolo?
Quali sono le sue funzioni, i suoi “poteri” ed i suoi limiti? Come
si è arrivati, ad un certo punto della storia del cristianesimo, a
pensare ad una umanità assediata dal diavolo, preda del diavolo al
punto che per sradicare tale presenza si è ritenuto necessario
ricorrere alla maniere forti?
E l’idea di diavolo
è sempre stata fondamentalmente uguale a se stessa, o si è evoluta nel
tempo?
Volendo
cercare delle risposte in sintesi, possiamo porci due obiettivi:
a) limitare
il campo di analisi alla cultura giudaico cristiana per quel che
riguarda la “preistoria” del diavolo, l’Evo antico, e quindi solo
alla cultura cristiana per quanto riguarda il Medio Evo e la modernità;
b)
non addentrarci troppo nei dettagli di tesi innumerevoli e contrastanti,
ma limitarci a fissare dei paletti che ci consentano di capire meglio
qual è il...background culturale del diavolo.
Il
diavolo nel Pentateuco
Cominciamo
dall’Antico Testamento, che, com’è noto, si compone di testi
scritti in diverse epoche, da prima dell’esilio babilonese fino ai
tempi di Gesù.
La parte più antica
è il Pentateuco (Genesi, Esodo, Levitico, Numeri,
Deuteronomio) anch’esso composto in più fasi.
In Genesi si
distingue tra due strati di narrazione: il racconto Jahvista (dal nome
di Dio rivelato a Mosè, Jahvè) e il racconto eloista (che chiama Dio
Elohim). Ci sono poi aggiunte del cosiddetto “periodo sacerdotale”.
In questa parte più
antica della Bibbia, che risale al tempo in cui gli ebrei erano nomadi e
predatori, l’idea di diavolo non c’è.
C’è (ma solo nella
narrazione Jahvista) il mito della caduta di Adamo ed Eva, tentati dal
serpente, ma da nessuna parte si dice che il serpente è il diavolo.
Anzi,
si dice esplicitamente che il serpente era una bestia. “Il serpente
era la più astuta di tutte le bestie selvatiche fatte dal Signore Dio.
Egli disse alla donna: E’ vero che Dio ha detto: Non dovete mangiare
di nessun albero del giardino?..”.
Dunque
era una bestia, ed era una creatura di Dio, della quale si dice
che era astuta e non che era malvagia.
Questa
bestia dialoga con l’essere umano non perché sia una creatura
spirituale camuffata da bestia, ma semplicemente perché (come afferma
chiaramente una tradizione ben attestata negli apocrifi dell’AT)
nell’Eden, prima della caduta, l’essere umano comprendeva il
linguaggio degli animali. Tant’è che in molteplici tradizioni
successive l’uomo “restaurato” nelle perfezione edenica parla il
linguaggio degli animali. Si pensi, per fare un esempio che tutti
conosciamo, a S. Francesco che parla agli uccelli.
Bisogna
sfatare un altro mito: da nessuna parte in Genesi si lascia
intendere che la trasgressione di Adamo ed Eva era di natura sessuale.
Anzi si lascia capire che il peccato fu di orgoglio: il desiderio di
conoscere il bene e il male per diventare come Dio.
Da nessuna parte si
spiega qual è il motivo per cui il serpente inganna Adamo ed Eva.
Potrebbe essere la gelosia nei confronti dell’essere umano quale
creatura prediletta da Dio.
Solo molto più tardi
arriva nella Bibbia l’idea della identificazione del serpente con il
diavolo. È decisivo un versetto del Libro della Sapienza (II:24):
“Ma la morte è entrata nel mondo per invidia del diavolo (satan)”
Il Libro della
Sapienza appartiene ad un’epoca relativamente tarda, tra il III e
il I secolo a.C., quando si erano messi in moto, come vedremo, altri
meccanismi.
Nella parte più antica
della Bibbia invece non c’è posto per il diavolo perché non c’è
bisogno di giustificare il male nel mondo, di attribuirlo a qualcuno
diverso da Dio.
È Dio l’unico motore
della storia, è da lui che arrivano sia il bene che il male.
Il primo Jahvè è un
Dio crudele, esigente, che a volte ricorre ad espedienti ed inganni per
indurre l’uomo a sbagliare.
In Giosuè 11:
gli israeliti mettono a ferro e fuoco la terra di Canaan sterminandone
gli abitanti. Ed è il Signore ad ordire quello sterminio:
«In quel tempo
Giosuè ritornò e prese Cazor e passò a fil di spada il suo re, perché
prima Cazor era stata la capitale di tutti quei regni. Passò a fil di
spada ogni essere vivente che era in essa, votandolo allo sterminio; non
lasciò nessuno vivo e appiccò il fuoco a Cazor. Giosuè prese tutti
quei re e le loro città, passandoli a fil di spada; li votò allo
sterminio, come aveva comandato Mosè, servo del Signore. Tuttavia
Israele non incendiò nessuna delle città erette sui colli, fatta
eccezione per la sola Cazor, che Giosuè incendiò. Gli Israeliti
presero tutto il bottino di queste città e il bestiame; solo passarono
a fil di spada tutti gli uomini fino a sterminarli; non lasciarono
nessuno vivo. Come aveva comandato il Signore a Mosè suo servo, Mosè
ordinò a Giosuè e Giosuè così fece: non trascurò nulla di quanto
aveva comandato il Signore a Mosè ..... Infatti era per disegno
del Signore che il loro cuore si ostinasse nella guerra contro Israele,
per votarli allo sterminio, senza che trovassero grazia, e per
annientarli.»
È
un Dio che usa non pochi “trabocchetti” per ingannare e distruggere.
Così Jahvè prima spinge Abramo, che si è recato in Egitto, a fingere
che Sara sia sua sorella, e quando il faraone si innamora di Sara e la
fa portare in casa sua credendola non sposata, Dio punisce il Faraone
“colpendo lui e la sua casa con grandi piaghe”.
Ecco
che Dio è colui che manda le malattie.
Nella vicenda delle
sette piaghe d’Egitto, è Jahvè che indurisce il cuore del Faraone
cosicché non accolga la richiesta di liberare Israele, e poi punisce
quell’indurimento dell’animo con le piaghe. Più volte infatti si
dice: «Ma il Signore rese ostinato il cuore del Faraone, che non volle
lasciarli partire…».
In
Esodo 4:21-25, il Signore dice e compie cose terribili: «Il
Signore disse a Mosè : "Mentre tu parti per tornare in Egitto,
sappi che tu compirai alla presenza del faraone tutti i prodigi che ti
ho messi in mano; ma io indurirò il suo cuore ed egli non lascerà
partire il mio popolo. Allora tu dirai al faraone: Dice il Signore:
Israele è il mio figlio primogenito. Io ti avevo detto: lascia partire
il mio figlio perché mi serva! Ma tu hai rifiutato di lasciarlo
partire. Ecco io faccio morire il tuo figlio primogenito!". Mentre
si trovava in viaggio, nel luogo dove pernottava, il Signore gli venne
contro e cercò di farlo morire».
Jahvè
provoca la resistenza del faraone, e poi lo punisce terribilmente per
quella resistenza di cui è Jahvè stesso il vero responsabile morale.
In definitiva, c’è un Dio terribile che è principio e causa del bene
e del male, per cui non c’è bisogno di alcun essere soprannaturale
che agisca per indurre in tentazione l’uomo o per seminare le
malattie, la morte, le distruzioni.
L’agguato
del Signore a Mosè è un fatto di cui non viene spiegata la causa. Non
c’è una colpa di Mosè da punire. Qui sembra esserci un Dio assassino
che cerca di far morire un suo fedele. Forse è la spiegazione della
morte improvvisa che coglie anche colui che crede.
Il
male e la malattia sono concepiti come un castigo che viene direttamente
da Dio.
C’è poi il brano di
Esodo (XII: 29) in cui il Signore invia la decima piaga e fa morire
tutti i primogeniti d’Egitto. Sembra sia lui stesso il braccio che
uccide (“A mezzanotte il Signore percosse ogni primogenito nel
paese d’Egitto...”). Ma pochi versetti prima si era parlato
anche di uno “sterminatore”, che sembra essere un soggetto diverso
dal Signore:
«Il Signore passerà
per colpire l’Egitto, vedrà il sangue sull’architrave e sugli
stipiti: allora il Signore passerà oltre la porta e non permetterà
allo sterminatore di entrare nella vostra casa...».
La
teologia cristiana indica talvolta nello sterminatore il diavolo, ma
questa è solo una ipotesi non giustificata dal testo.
La realtà è che nel
periodo in cui quei testi furono scritti c’era una certa
sovrapposizione tra Jahvè e le creature che eseguivano i suoi comandi.
Questo è vero soprattutto per la figura del malak Jahvè.