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Design
alimentare
Tratto dal libro: "Fast
Food Nation: il lato oscuro del cheeseburger globale"
Il gusto delle patatine fritte di McDonald's è stato molto
apprezzato dai clienti e persino dai critici gastronomici. James Beard
le amava. Il loro gusto caratteristico non dipende dal tipo di patata
che McDonald's acquista, dalla tecnologia che la trasforma o dalle
attrezzature che la friggono. Altre catene comprano le patatine fritte
dalle stesse grandi aziende, usano la varietà Russet Burbanks e nelle
cucine hanno friggitrici simili. Il gusto di una patatina da fast food
dipende in gran parte dall’olio di cottura. Per decenni McDonald's
ha riscaldato le sue patatine fritte in una miscela composta dal sette
percento dì olio di semi di cotone e dal novantatre percento di sego
bovino. La miscela conferiva alle patatine fritte non solo un sapore
unico, ma anche un contenuto in grassi saturi animali superiore a quello
dell'hamburger.
In conseguenza del fuoco di fila di critiche sulla quantità
di colesterolo presente nelle patatine, nel 1990 McDonald's passò
all'olio completamente vegetale. Il cambiamento mise l'azienda davanti a
una sfida enorme: come fare patatine fritte il cui sapore ricordi
vagamente la carne di manzo senza cuocerle nel sego bovino. Per capire
come fu risolto il problema basta dare un'occhiata agli ingredienti
usati da McDonald's nella preparazione delle patatine fritte. In fondo
all'elenco c'è una dicitura apparentemente innocua e tuttavia
curiosamente misteriosa: “aromi naturali". Questo ingrediente
spiega come mai non solo le patatine fritte sono così buone, ma anche
come mai la gran parte del cibo dei fast food - anzi, la gran parte del
cibo che oggi mangiano gli americani - abbia il sapore che ha.
Aprite il frigorifero, il congelatore, gli armadietti della
vostra cucina, e leggete le etichette del cibo che avete in casa.
Troverete "aromi naturali" o "aromi artificiali" in
ogni elenco di ingredienti. Le analogie tra queste due vaste categorie
sono assai più significative delle differenze. Entrambe indicano
additivi elaborati dall'uomo, che conferiscono alla maggior parte del
cibo confezionato il suo gusto. Il primo acquisto di un prodotto
alimentare può essere guidato dalla confezione, dall'aspetto, ma è il
gusto a determinare gli acquisti successivi. Circa il novanta
percento del denaro speso dagli americani per nutrirsi viene usato per
comperare cibo confezionato, ma le tecniche di inscatolamento,
surgelamento e disidratazione distruggono buona parte del sapore. Dalla
fine della Seconda guerra mondiale negli Stati Uniti è emersa
un'industria che si occupa di rendere gradevole al palato il cibo
confezionato. Senza l'industria degli aromi, oggi il fast food non
potrebbe esistere. I nomi delle maggiori catene americane di fast food e
le loro specialità più vendute sono divenute famose in tutto il mondo,
si sono sedimentate nella nostra cultura popolare. Poche persone,
tuttavia, sanno quali sono le aziende che producono il gusto del fast
food.
L’industria dei sapori è assai riservata. Le maggiori
aziende non hanno alcuna intenzione di divulgare le formule precise dei
preparati aromatici e nemmeno le identità dei loro clienti. La
segretezza è ritenuta essenziale a difendere la reputazione dei marchi
più conosciuti. Le catene di fast food vorrebbero, comprensibilmente,
far credere al pubblico che il sapore del loro cibo nasca nelle cucine
dei loro ristoranti e non in fabbriche lontane, gestite da altre
aziende.
Lo stabilimento della IFF di Dayton è un'enorme
costruzione azzurro pallido con un moderno complesso di uffici collegato
sul davanti. Si trova in un parco industriale, poco distante da una
fabbrica di plastiche della BASF, da una fabbrica Jolly French Toast e
da uno stabilimento in cui si producono i cosmetici di Liz Claibome. Al
pomeriggio in cui sono andato a visitare
IFF ho visto decine di motrici e rimorchi parcheggiati
nell'area di carico e scarico e una sottile nuvola di vapore che si
alzava dalla ciminiera. Prima di entrare nello stabilimento ho firmato
un accordo di non divulgazione, con il quale mi impegnavo a non rivelare
i nomi dei prodotti che contengono gli aromi della IFF. Il luogo mi ha
fatto pensare alla fabbrica di cioccolato di Willy Wonka. Nei corridoi
aleggiavano odori meravigliosi, uomini e donne in camici immacolati
facevano il loro lavoro allegramente e sui tavoli e scaffali da
laboratorio c'erano centinaia di flaconcini di vetro. I flaconcini
contenevano aromi potenti ma anche fragili, che il vetro marrone e i
cappucci rotondi di plastica ben chiusi proteggevano dalla luce. I
lunghi nomi scritti sulle piccole etichette bianche mi erano
incomprensibili, neanche fossero in latino medievale. Erano strani nomi
di cose che sarebbero state mescolate, versate e trasformate in sostanze
nuove, come pozioni magiche.
Non sono stato invitato a vedere i settori di produzione
dello stabilimento IFF perché lì avrei potuto scoprire segreti
commerciali. Invece ho visitato svariati laboratori e cucine pilota dove
gli aromi di marchi ben noti al pubblico vengono testati o corretti e
dove vengono creati aromi totalmente nuovi. Il laboratorio snack e
prodotti da forno salati è responsabile del sapore di patatine,
sfogliatine di mais, pane confezionato, crackers, cereali per la prima
colazione e cibo per animali domestici. Il laboratorio dolciario crea il
sapore di gelati, biscotti, caramelle, dentifrici, colluttori e
antiacidi. Ovunque guardassi vedevo prodotti famosi e ampiamente
pubblicizzati piazzati su banchi e tavoli di laboratorio. il laboratorio
bevande è pieno di bottiglie trasparenti con liquidi dai colori accesi.
Da lì escono i sapori di famose bibite, integratori per lo sport, tè
in bottiglia, succhi di frutta naturali al cento per cento, latti di
soia biologici, birre e superalcolici di malto. In una cucina pilota ho
visto un chimico assai distinto, un uomo di mezza età con un'elegante
cravatta sotto il camice, che preparava con cura un'infornata di
biscotti con glassa bianca e granella bianca e rosa. In un'altra cucina
pilota c'erano un forno per pizze, un grill, una macchina per i milk
shake e una friggitrice per patatine, tutte apparecchiature identiche a
quelle che ho visto dietro il banco di innumerevoli fast food.
Oltre a essere l'azienda produttrice di aromi più grande
al mondo,
L’atto di bere, succhiare o masticare una sostanza causa
il rilascio di gas volatili che fluiscono fuori dalla bocca e
raggiungono le narici, oppure attraversano il corridoio posto sul fondo
della bocca verso uno strato sottile di cellule nervose chiamato
epitelio olfattivo, situato alla base del naso, tra gli occhi. Il
cervello mescola i segnali complessi provenienti dall'epitelio con i
segnali semplici della lingua, assegna un sapore a ciò che si trova
nella vostra bocca e decide se si tratta di una cosa che volete
mangiare.
Il bisogno umano di nuovi sapori è una forza spesso
ignorata e trascurata nei testi di storia. Il commercio di spezie ha
costruito imperi, fatto esplorare terre sconosciute, cambiato grandi
religioni e filosofie. Nel 1492 Cristoforo Colombo prese il mare alla
ricerca di condimenti. Oggi l'influenza del sapore sul mercato mondiale
non è meno decisiva. Spesso il gusto dei prodotti determina l'ascesa e
la caduta di imperi industriali: aziende di bibite, di merendine, catene
di fast food.
L’industria del sapore emerse alla metà del
diciannovesimo secolo, quando i cibi confezionati cominciarono a essere
prodotti su larga scala. Avendo riconosciuto la necessità di additivi
aromatici, i primi trasformatori di alimentari si rivolsero ai
produttori di profumi, che avevano anni di esperienza nel campo degli
oli essenziali e degli aromi volatili. Le grandi case profumiere
inglesi, francesi e olandesi produssero molti dei primi composti
aromatici. Agli inizi del ventesimo secolo la potente industria
chimica tedesca assunse la guida tecnologica della produzione di aromi.
La leggenda dice che un ricercatore tedesco scoprì il metilantranilato,
uno dei primi aromi artificiali, per caso, mentre mescolava sostanze
chimiche nel suo laboratorio. Improvvisamente il laboratorio fu invaso
da un dolce odore d'uva. Più tardi il metilantranilato divenne il
composto aromatico principale del succo di frutta Kool-Aid all'uva. Dopo
L’industria americana degli aromi oggi rende circa 1,4
miliardi di dollari. Ogni anno negli USA vengono introdotti diecimila
nuovi tipi di cibi confezionati e quasi tutti richiedono la presenza di
additivi aromatici, ma di questi prodotti circa nove su dieci non hanno
successo. Le innovazioni più recenti nel mondo degli aromi e i
comunicati aziendali appaiono su pubblicazioni come Food Chemical News,
Food Engineering, Chemical Market Reporter e Food Product Design. La
crescita della IFF ha rispecchiato quella dell'industria degli aromi
nella sua totalità. L’IFF nacque nel 1958 dalla fusione di due
piccole compagnie e ha visto moltiplicarsi il proprio fatturato annuale,
quindici volte dai primi anni settanta; oggi ha stabilimenti di
produzione in venti paesi.
La caratteristica più ricercata in un cibo, il suo aroma,
normalmente è presente in una quantità troppo infinitesimale perché
possa essere misurata in termini culinari tradizionali come i grammi o i
cucchiaini da tè. Oggi spettrometri sofisticati, cromatografi a gas e
analizzatori di vapori forniscono mappe dettagliate dei componenti del
sapore di un cibo, riconoscendo le sostanze chimiche aromatiche in
quantità piccole come una parte per miliardo. Il naso umano è però
ancora più sensibile di qualsiasi strumento inventato finora. Un naso
può distinguere aromi presenti in quantità di poche parti per
trilione, cioè lo 0,000000000003 percento. Aromi complessi come
quello del caffè o della carne arrostita possono essere composti da gas
volatili provenienti da quasi un migliaio di sostanze chimiche diverse.
Il profumo di fragola nasce dall'interazione di almeno 350 sostanze
chimiche, presenti in quantità minime. La sostanza che dà il sapore
dominante di paprika può essere percepita in quantità pari a .02 parti
per miliardo; una goccia basta a dare sapore a cinque piscine di media
grandezza. Di solito gli additivi aromatici sono gli ultimi o i
penultimi nell'elenco degli ingredienti di un cibo confezionato (le
sostanze coloranti in genere sono presenti in quantità ancora minori).
Di conseguenza il sapore di un cibo confezionato spesso costa meno delle
altre componenti e della confezione. I soft drink contengono additivi
aromatici in proporzione maggiore rispetto alla maggior parte degli
altri prodotti. Gli aromi di una lattina da 33 centilitri di Coca-Cola
costano circa mezzo centesimo.
Un tipico aroma artificiale di fragola, come quello che
troviamo in un milk shake alla fragola di Burger King, contiene questi
ingredienti: amil-acetato, amil-butirato, amil-valerato, anetolo,
anisil-formato, benzil-acetato, benzile-isobutirato, acido butirrico,
cinnamil-isobutirato, cinnamil-valerato, olio essenziale di cognac, díacetíle,
dipropil-chetone, etil-acetato, etil-amilchetone, etil-butirato,
etil-cinnamato, etil-eptanoato, etil-eptilato, etil-Iactato,
etil-metilfenilglucidato, etil-nitrato, etil-propionato, etil-valerato,
eliotropina, idrossifreniP2-butanone (soluzione al dieci percento in
alcol), alfa-ionone, isobutil-antranilato, isobutil-butirato, olio
essenziale di limone, maltolo, 4metilacetofenone, metil-antranilato,
metil-benzoato ' metil-cinnamato, carbonato di metil-eptina,
metil-naftil_chetone, metilsalicìlato, olio essenziale di menta, olio
essenziale dì neroli, nerolina, neril-isobutirato, burro di giaggiolo,
alcol fenetilico, etere di rum, gamma-undecalactone, vanillina e
solvente.
Sebbene gli aromi normalmente nascano da una miscela di
numerose sostanze chimiche volatili, spesso la nota dominante viene da
un singolo ingrediente che, annusato da solo, trasmette
inconfondibilmente l'aroma di un certo alimento. Per esempio
Fetil-2-metilbutirato ha esattamente l'odore di una mela. I cibi di oggi
sono una tabula rasa: per dar loro un gusto specifico si aggiunge una
sostanza chimica. Aggiungendo metil-2-peridilchetone il prodotto sa di
popcorn. Aggiungendo etil-3-idrossibutanoato il prodotto sa di
marshsmallow. Oggi le possibilità sono praticamente illimitate. I cibi
confezionati potrebbero persino contenere aromi artificiali come esanale
(l'odore dell'erba appena tagliata) o acido 3-metil-butanoico (l'odore
del sudore) senza che ne cambi l'aspetto o il valore nutrizionale.
Gli anni sessanta furono l'età dell'oro per gli aromi
artificiali. Le versioni sintetiche dei componenti aromatici non erano
certo raffinate e non avevano bisogno di esserlo, data la natura di gran
parte del cibo confezionato. Negli ultimi vent'anni i trasformatori di
cibo hanno tentato assiduamente di inserire nei loro prodotti solo
"aromi naturali". Secondo
(…)
Tratto
dal libro: "Fast Food Nation:
il lato oscuro del cheeseburger globale"
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