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Non
brevettiamo la vita
Dal
libro: «Transgenico No», ed. Malatempora –
www.malatempora.com
Il motivo
fondamentale che ci ha spinto al «no» incondizionato verso le
biotecnologie risiede sostanzialmente nel fatto che le queste tecnologie
vengono sviluppate esclusivamente per questioni di ordine economico.
Non uno dei ritrovati
biotecnologici nasce con il puro intento altruistico e di sviluppo della
specie umana. Assolutamente no, le multinazionali di Frankenstein in
quanto società private esistono per produrre profitto e non per
costruire un mondo migliore.
A uno sguardo superficiale questa presa di posizione può risultare
eccessivamente radicale o addirittura insensata. In realtà prende le
mosse da una base piuttosto solida e cioè dal fatto che tutte le «invenzioni
biotecnologiche» utilizzate effettivamente oggi sono il frutto di un
brevetto. Per coloro che non lo sapessero il brevetto è, in sommi capi,
un’istituzione (tutta occidentale) volta a difendere i diritti
economici sulle invenzioni e sui prodotti, cosiddetti, dell’ingegno.
In pratica garantendone il monopolio assoluto, impedendo a chiunque
altro di utilizzare il brevetto o parti sostanziali di esso.
Per far da subito un esempio di come attraverso questa istituzione per
altro obsoleta si facciano soltanto gli interessi delle aziende vale la
pena citare il brevetto su uno dei geni ritenuti responsabili del tumore
al seno il BRCA1 della «Myriad Genetics».
Oggi rivolgendosi per esempio al servizio sanitario nazionale britannico
uno screening completo su entrambi i geni cancerogeni, costa in lire
circa un milione e mezzo a cui vanno aggiunte circa settantacinque mila
lire per i test successivi. Negli USA invece grazie alla Myriad Genetics
il test costa circa quattro milioni e mezzo di lire e i test successivi
la modica cifra di novecentomila lire.
Credo che in casi come questo le cifre parlino da sole. Per avere lo
stesso servizio, che tra l’altro garantisce soltanto per un 5% di casi
di tumore al seno (il restante 95% è attribuibile a cause non
genetiche) dobbiamo sborsare cifre iperboliche.
Altro
esempio illuminante arrivato come sempre dagli USA: la ditta Byocite
detiene il brevetto sulle cellule del cordone ombelicale, il quale
risulta particolarmente utile nel trattamento delle malattie del midollo
osseo.
Dunque se negli USA (dove è registrato il brevetto) qualcuno usa le
cellule del midollo osseo per trattare qualche malato deve pagare i
diritti alla Byocite. E via via di questo passo ciascuno può immaginare
sa sé dove sia possibile arrivare. Le cifre relative alle richieste di
brevetto per le cellule dell’organismo umano sono improponibili e in
continua crescita e
coinvolgono gli organi più impensabili.
La
brevettazione di geni umani comporta un aumento considerevole dei costi
per gli esami e per le cure e ciò in epoca di smantellamento
progressivo dei sistemi sanitari nazionali corrisponderà a un costo
molto alto anche in termini sociali. Se il modello da seguire è quello
americano dove la sanità è un privilegio di pochi, naturalmente anche
i brevetti e l’ingresso di aziende private saranno presto in tutto il
mondo realtà anticivilizzatrici.
Come
si fa a dire che le biotecnologie faranno fare un salto in avanti alla
società, quando impediranno, di fatto, l’esistenza di sistemi
sanitari nazionali, cioè uguali per tutti (o quasi)? Come si fa a
chiamare progresso un’invenzione utilizzabile soltanto da chi se la
potrà permettere? Come si fa a inneggiare a sistemi di protezione
economica che faranno aumentare i costi per test e cure che oggi costano
meno? Il progresso tecnico fino a oggi non ha fatto scendere i costi?
Non osiamo immaginare il costo che avrà in futuro per gli utenti una
diagnosi prenatale (test in grado di indicare eventuali danni al sistema
genetico di un nascituro) e la relativa terapia genica (terapia in grado
di correggere tali difetti).
Lo sviluppo, la ricerca medica oltre tutto non sono fatte soltanto di
oggetti brevettabili, spesso il lavoro che si fa è immateriale. La
prevenzione, la profilassi sono aspetti fondamentali della ricerca e
alla lunga rischiano di passare in secondo piano perché non in grado di
portare profitti sufficienti. In pratica avremo (attenzione queste non
sono previsioni ma realtà già in atto) come priorità assoluta nella
ricerca medica la brevettabilità della scoperta, pena l’annullamento
dei finanziamenti a disposizione di questo o quel laboratorio. Eppure
nonostante questi fatti le «multi» del biotech insistono con la loro
propaganda inventando addirittura un motto per la sponsorizzazione dei
brevetti in campo medico: «patients need patents» che in soldini ci
vorrebbe far credere che i malati hanno bisogno di brevetti.
Non c’è stato neppure un momento nella storia delle biotecnologie in cui si sia fatto a meno di brevetti, o a forme di pressione economico-politica su operatori del settore e dell’opinione pubblica. Non c’è un passato glorioso da ricordare: la storia del biotech iniziata con una disputa legale (1971), oggi vede i capi di stato di tutto il mondo (USA e Gran Bretagna in testa) darsi da fare per convincere le commissioni sanitarie ad autorizzare una volta per tutte la clonazione umana, ultimo tassello mancante del progetto globale.
Non
spetta certo a noi, ma una piccola riflessione sul come si sia arrivati
a permettere la brevettazione, quindi a considerare invenzioni gli
esseri viventi la vogliamo fare.
La facciamo perché dietro sontuosi volumoni di bioetica piuttosto che
di ingegneria genetica ci sono interessi devastanti di chi è pro, ma
anche di chi è contro.
Contro, ad esempio, ci sono le multinazionali farmaceutiche rimaste
fuori (o in ritardo) dal nuovo mercato aperto dal biotech. Non dobbiamo
dimenticare che l’industria farmaceutica tradizionale subirà un
ridimensionamento non indifferente sul piano delle vendite e della
credibilità.
Chi sottoporrebbe il proprio delicato pargolo a vaccini effettuati per
mezzo di siringoni dolorosissimi e pericolosi, potendo scegliere di
vaccinarlo con una bella arancia transgenica (contenete l’ultima
versione del vaccino)? Quindi dobbiamo considerare con un certo occhio
critico anche coloro che si definiscono contro, perché dietro i buoni
propositi potrebbero celarsi interessi forse anche peggiori degli altri.
Basti ricordare lo scandalo di tangenti che coinvolse il governo
italiano e alcune industrie leader nella produzione di farmaci, pochi
anni or sono per capire che spaventoso giro di affari si sia dietro
all’industria farmaceutica.
Esistono aziende farmaceutiche che sono sopravvissute allo sviluppo
scientifico non grazie a ricerche volte al miglioramento dei propri
prodotti, ma attraverso una spregiudicata politica di favoreggiamento.
Del resto i farmaci veri sono soltanto una decina, forse anche meno; gli
altri servono solo a confondere e a far soldi. Sono 10 anni che le
lobbies farmaceutiche bloccano lo sfoltimento dei farmaci che farebbe
risparmiare migliaia di miliardi ai vari welfare.
(…)
Il
secondo passaggio vissuto dalle biotecnologie una volta legittimate
giuridicamente fu quello di organizzare una politica di commissionamento
e successivo accaparramento delle ricerche affidate alle Università e
ai laboratori di ricerca pubblici.
Infatti, in tutti i paesi del mondo le ricerche pubbliche vengono
finanziate da aziende private in maniera più o meno trasparente, per
poi passare direttamente nelle mani di queste a ricerca sviluppata. A
questo punto interviene la brevettazione della ricerca. La cosa
potrebbe, fino a questo punto, sembrare naturale, c’è uno scambio di
risorse tra il pubblico e il provato impostato per il conseguimento di
risultati altrimenti irraggiungibili per scarsità di risorse o per
mancanza di attrezzature.
E infatti il problema è un altro: le aziende farmaceutiche una volta
brevettato il gene piuttosto che la pianta manipolata, impediscono la
prosecuzione degli studi da parte del laboratorio che fino a quel
momento se ne era occupato. Non solo, ma addirittura alcune industrie
farmaceutiche obbligano i ricercatori pubblici al segreto sul loro
lavoro per periodi piuttosto lunghi successivi alla brevettazione. In
questo modo in maniera criminale le «multi» del biotech si rendono
responsabili di un vero e proprio blocco allo sviluppo della ricerca.
Altro
che sviluppo, progresso, aiuto ai malati! Qui siamo di fronte, ancora
una volta, alla tutela degli interessi privati delle aziende che
attraverso il segreto sulle ricerche si garantiscono una copertura nei
confronti dei concorrenti.
Concorrenti! E’ incredibile vedere come criteri come la cooperazione
per la causa dello sviluppo che dovrebbero essere alla base della
ricerca medica lascino il posto a criteri quali appunto la tutela nei
confronti della concorrenza che se non erro non appartiene di diritto ai
principi della medicina.
Monopolio è il termine che più spesso di tutti gli altri risuona
quando in ballo ci sono le biotecnologie e di questo dobbiamo certamente
temere, poiché intanto nessuno ci garantisce che ciò che verrà
brevettato sarà qualcosa di nuovo. Potrebbe essere come nel caso della
Myriad semplicemente una forma di tutela economica per qualcosa che già
si conosceva e che anzi in precedenza veniva utilizzato e fatto
utilizzare a costi considerevolmente più bassi.
(…)