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(Bomba
atomica)
La
seconda storia non raccontata
di
Marco Saba – tratto da www.cronologia.it
Dopo
il suicidio di Hitler (VERO?) il suo delfino Martin Bormann, da
lui nominato nel testamento del 29 aprile 1945, fece un patto con il
servizio segreto Usa, l’Oss all’epoca guidato da Allen Dulles: in
cambio di un sommergibile pieno di scienziati e materiali
tecnologicamente innovativi, si assicurò l’immunità per sé e per
alcuni altri gerarchi nazisti. (MENO HITLER?)
Si
trattava del sommergibile “Unterseeboot 234 XB”. Tra i graziati vi
era anche Heinrich Muller, un feroce capo delle SS. Il sommergibile partì
da Amburgo e portò Muller e Bormann nel golfo di Biscay in Spagna dove
li attendeva un’altra imbarcazione. Dopodiché continuò il viaggio
verso gli Usa per arrendersi il 14 maggio alla nave Uss Sutton.
Ecco
l’elenco di parte delle 300 tonnellate del prezioso carico: 560 chili
di uranio arricchito (ossido di uranio 235), 465 chili di atabrina
(chinino sintetico), benzil cellulosa (utilizzabile come moderatore per
un reattore nucleare), tre aerei Messerschmitt smontati, proiettili
anticarro (i precursori degli attuali proiettili all’uranio
impoverito), tre tonnellate di progetti vari, alcuni tipi di bombe ed
altro.
Ufficialmente
gli Usa non dicono che l’uranio trovato era arricchito, tuttavia in un
documento di disciplina militare del 1995 firmato da McNair ed
intitolato “Risposte radicali a regimi radicali”, troviamo: ”...
il sommergibile da trasporto tedesco aveva 550 chili di uranio non
specificato... ”.
Una richiesta di chiarificazione sulla reale natura dell’uranio,
avanzata da parte della Cnn a metà degli anni Novanta, si è scontrata
con l’opposizione da parte del governo Usa, del segreto per motivi di
sicurezza nazionale. E già, perché con tutti quei soldi e mezzi che
avevano dispiegato nel progetto Manhattan, nel novembre 1944 erano solo
riusciti a produrre pochi grammi di uranio arricchito... poi arriva il
sommergibile nazista, a maggio, ed ai primi di agosto le bombe sono già
pronte! Salvato in corner quindi tutto lo staff del progetto che avrebbe
altrimenti dovuto faticosamente giustificare il fallimento del progetto
più costoso della storia degli Usa.
Sarebbe
lungo qui elencare tutta la documentazione che prova senza ombra di
dubbio che: 1) senza l’uranio del sommergibile non sarebbe stato
possibile fabbricare la bomba all’uranio di Hiroshima; 2) senza la
benzil cellulosa, usata come moderatore, non sarebbe stato possibile
sintetizzare il plutonio; 3) senza l’aiuto dello scienziato Schickle
che era a bordo del sommergibile, il suo contraltare americano nel
progetto Manhattan, Louis Alvarez, non sarebbe riuscito a progettare in
tempo l’innesco ad implosione per la bomba al plutonio di Nagasaki!
Altri due scienziati, ingegneri aeronautici che erano a bordo del
sommergibile, vennero riciclati all’interno dell’industrie Fairchild
da cui uscirà negli anni cinquanta il famoso aviogetto F-105 usato
nella guerra del Vietnam.
Si
trattava di August Bringewald (ma guarda un po chi è costui !) braccio
destro dello stesso Willi Messerschmitt, e di Franz Ruf, che assieme
avevano partecipato in Germania alla costruzione del Messerschmitt 262
Schwalbe, il primo aviogetto.
Operazione
“graffetta”. Per arrivare a costruire la bomba atomica, così vuole
la tradizione, vennero spesi due miliardi di dollari in quello che verrà
ricordato come “progetto Manhattan”.
Questa operazione occupò negli Usa uno stuolo di scienziati che
lavorarono avvolti nel più grande segreto tra il 1942 ed il 1945. Le
bombe, precedute da una di prova nel New Mexico, vennero sganciate in
agosto su due città giapponesi: Hiroshima e Nagasaki. Ci furono
polemiche per il gran numero di morti, nell’immediato centinaia di
migliaia, polemiche perché era dato per scontato che il Giappone ormai
si sarebbe arreso comunque. La cosa in qualche modo bruciò agli Usa
tant’è che questi due bombardamenti nei loro annuali della storia
nucleare, vennero registrati come dei “test”.
Subito
dopo, nel novembre 1945, iniziò l’operazione Paperclip (testualmente:
graffetta) che consistette nel reclutare quanti più possibili
scienziati tra quelli nazisti per sottrarli ad altri paesi (soprattutto
all'Urss) che potevano cercare di avvantaggiarsi similarmente dei
progressi scientifici compiuti dalla Germania nazista. Questa operazione
in pratica consistette nell’importazione di circa 20.000 tedeschi tra
il 1945 ed i primi anni Settanta. L’origine vera del nomignolo
Paperclip è abbastanza triste. Il progetto di importazione di ex
nazisti aveva avuto l’approvazione da parte del Presidente Truman a
patto che gli scienziati esfiltrati, come si dice nel gergo dei servizi
segreti, non fossero esageratamente nazisti. Pertanto alla Cia decisero
di “medicare” i curricula di quelli troppo coinvolti nel regime, cioè
di riscriverli, e per riconoscerli dai curricula che potevano invece
passare così com’erano, appunto, vi apponevano una graffetta.
Anche
la Francia importò circa 800 scienziati tedeschi, mentre la Gran
Bretagna - ma queste sono le cifre ufficiali - ne importò 300. Quelli
che non erano importanti per la scienza, cioè gli ex gerarchi sia
nazisti che fascisti più in vista, compresi i collaborazionisti come
gli Ustascia Croati, vennero esfiltrati in America Latina assieme alle
ricchezze che in qualche modo si erano procurati durante la seconda
guerra mondiale - per lo più sottraendole ad ebrei e membri di altre
etnie che erano stati espropriati e/o eliminati nei campi di
concentramento. Il Vaticano, ad esempio, all’epoca aveva creato una
“ratline”, un corridoio attraverso il quale questi personaggi
arrivavano a Roma, travestiti da porporati, venivano forniti di
documenti falsi e spediti in Sudamerica. Il giro dei soldi invece fu più
difficile da scoprire, ma è evidente che vi furono gigantesche
operazioni di riciclaggio cui non pare estraneo il famoso Ior (Marcinkus,
Calvi, Sindona ecc. lo vedremo dopo alcuni anni)
Ma
torniamo negli Usa. L’“Atomo per la pace” L’orrore procurato
dalle bombe sul Giappone rischiava di compromettere definitivamente la
nascente scienza atomica, l’opinione pubblica era fortemente
contrastata. Fu pertanto necessario mettere in piedi una gigantesca
operazione di propaganda che venne chiamata “Atomo per la pace” e fu
patrocinata dal Presidente Eisenhower. Le Nazioni Unite, ed in
particolare l’Organizzazione Mondiale della Sanità, si legarono
tramite accordi bilaterali con l’Agenzia Internazionale per
l’Energia Atomica al fine di subordinarle eventuali studi
sull’impatto della radioattività sull’uomo. Nessun organismo
dell’Onu avrebbe potuto rivelare dati o fatti contrari agli interessi
della Aiea. In questo modo, si incaricò la volpe di guardare le
galline. Si individuarono a metà degli anni Cinquanta dei possibili
campi di applicazione del nucleare per distogliere l’attenzione
dell’opinione pubblica.
Nacque
così la “radioterapia” contro il cancro - in realtà per necessità
causata in massima parte dalla contaminazione radioattiva, e le centrali
nucleari elettriche - che in realtà servivano per arricchire il
combustibile per la corsa agli armamenti - ed altre amenità che per lo
più servivano a riciclare le scorie che già allora erano un problema.
La principale, l’uranio cosiddetto impoverito, venne usata in molte
applicazioni dove ci si sarebbe aspettato di trovare il piombo:
contrappesi di aerei civili e militari, additivo di denti ed
apparecchiature odontoiatriche, additivo nelle lenti di occhiali e
strumenti di precisione, zavorra, schermatura per altre sostanze
radioattive, come ad esempio il cobalto in ambito ospedaliero. Ma poi
anche fertilizzanti, proiettili (i primi usati nel Viet Nam nel 1966),
container, vernici, elettrodi per le saldature per colorare prodotti in
ceramica e vetro. In seguito si usò irradiare anche per conservare il
cibo, per testare prodotti industriali, per vedere se i bambini delle
elementari avevano la tubercolosi e per verificare la posizione dei feti
nelle donne incinte.
A
fronte di una serie di usi ufficiali, almeno negli Usa, vi furono
centinaia di migliaia di persone sottoposte ad esperimenti radioattivi
senza che ne fossero a conoscenza. Senza contare i lavoratori del
settore, minoranze etniche quali gli americani nativi che venivano usati
come minatori nelle miniere d’uranio e nel processo di costruzione
delle armi nucleari.
Il
tabù del cancro. In questi anni bui, che ancora non sono finiti, si è
cercato sostanzialmente di negare gli effetti della radioattività,
primo tra tutti la pandemia di cancro. La comunità scientifica, che
viveva dell’indotto del complesso industriale-militare, era in qualche
modo ricattata dal sistema: se uno scienziato levava la voce, perdeva
l’incarico di insegnamento, i fondi per la ricerca e veniva
inesorabilmente emarginato dai colleghi paurosi di fare la stessa fine.
Il cancro divenne un tabù e migliaia di miliardi di dollari vennero
spesi annualmente per nascondere la vera origine della pandemia, come
l’anno scorso puntualizzò Karl Morgan, figura chiave del progetto
Manhattan, all’età di 93 anni. Allo stesso modo, se qualcuno faceva
causa per il cancro preso magari nella fabbrica d’uranio o perché
come soldato era stato portato a vedere uno dei centinaia di test
nucleari, ingentissime somme venivano spese dal governo per evitare
l’ammissione di responsabilità: se si fosse creato un precedente, si
sarebbe aperta la diga delle cause per danni.
Ma
proprio l’anno scorso, negli Usa, lo scandalo è esploso ed il governo
per la prima volta ha dovuto ammettere, almeno per i lavoratori del
settore, la relazione causa-effetto tra la radioattività, il cancro ed
altre malattie. Nel 1995 Clinton aveva creato una commissione per
indagare sugli esperimenti sull’uomo e, in un memorandum riservato,
venne fuori che alcuni degli scienziati nazisti esfiltrati col progetto
Paperclip erano poi diventati i responsabili degli esperimenti
radioattivi sull’uomo. L’anno scorso invece venne creato un Comitato
governativo che si sta ancora occupando di indagare sui coinvolgimenti
di società o enti americani con il nazismo; questo è il risultato
delle ricerche di Israele che hanno portato alla scoperta dei famosi
conti segreti in Svizzera e di tutta una serie di multinazionali che
hanno sfruttato il lavoro dei detenuti dei campi di concentramento.
Ne
ricordiamo solo una a titolo di esempio: la Ig Farben. Dal dissolvimento
di questa “Montedison” tedesca nasceranno tra le altre, le seguenti
società: Monsanto, Ciba (ora Novartis), Searle, Eli Lilly, Roche e
Bayer Ag. Le prime due sono coinvolte nei cibi transgenici, la terza è
quella dell’aspartame, il famoso dolcificante. Le ultime due producono
i chemioterapici per la cura del cancro che costano svariati miliardi al
chilo e sono... cancerogeni (come si legge nei foglietti delle
controindicazioni).
Una
breve lista di altre società che hanno sfruttato il lavoro degli
internati nei campi di concentramento: Adler Sa, Aeg, Astra (ora fa gli
organismi modificati geneticamente), Auto-Union, Bmw, Messerschmitt,
Metall Union, Opta Radio, Optique Iena, Photo Agfa, Puch, Rheinmetall
Borsig Ag (ora produce le corazze all’uranio dei carri armati), Shell,
Schneider, Siemens, Daimler Benz, Dornier, Erla, Ford, Goldschmitt,
Heinkel, Junker, Krupp, Solvay, Steyr, Telefunken, Valentin, Vistra,
Volkswagen, Zeiss-Ikon, Zeitz, Zeppelin.
Il
“pericolo rosso”. Quello che gli americani non poterono prevedere,
tuttavia, fu il fatto che questa massiccia importazione di nazisti
avrebbe drogato per 50 anni la politica estera del paese, ma non solo:
anche quella interna. Ad esempio Joan Clark, per anni rappresentante
degli Usa presso le Nazioni Unite era la nipote stessa del Von Braun
delle V-2. Altro scienziato graziato dal “lavaggio” del
curriculum... Ricordate il Maccartismo? La persecuzione ossessiva di
chiunque fosse in odore di comunismo? Proprio negli stessi anni le
maglie dell’immigrazione americana nei confronti dei nazisti si
aprirono completamente: non c’era più bisogno di avere un curriculum
non nazista, bastava che, anche se uno era stato capo di un campo di
concentramento, dicesse che aveva combattuto sul fronte contro i
sovietici.
Ironia
della sorte, le prime vittime di questa politica furono gli stessi
americani che si trovarono questi scienziati e medici nazisti, gli
stessi degli esperimenti nei campi di concentramento, a capo dei
progetti più importanti di esperimenti sull’uomo condotti in America:
da quelli della Nasa a quelli della stessa Cia. Infatti Dulles, per
eccesso di zelo, aveva salvato l’intera rete spionistica nazista, la
famosa Abwehr di Reinhard Gehlen, e l’aveva riciclata nel cuore
dell’Europa, nella Germania divisa, per combattere ad oltranza il
“pericolo rosso”.
Inutile
dire a questo punto, che l’agente italiano della rete Dulles-Gehlen
era un famoso aretino, ufficialmente imprenditore materassaio, con
l’hobby della cospirazione in Italia, dentro i migliori circoli
bancari, amico di industriali molto riservati (che annotava in una
"lista") e con ottime entrature latino-americane. Al
giuramento del Presidente degli Stati Uniti, Reagan, il 20 gennaio 1981
era stato invitato ed era presente, lo vediamo al suo fianco in una
fotografia.
Ma
questa è un’altra storia.
Indovinate
chi è, e cercatelo nei "MISTERI
D'ITALIA"
Marco
Saba