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Rockefeller si fa l’Arca di Noè. Cosa ci nasconde?
Maurizio Blondet - 06/12/2007
I lavori per lo scavo nel granito della Doomsday Seed Vault
Nella gelida isola di Spitsbergen,
desolato arcipelago delle Svalbard (mare di Barents, un migliaio di
chilometri dal Polo) è in via di febbrile completamento la superbanca
delle sementi, destinata a contenere i semi di tre milioni di varietà
di piante di tutto il mondo.
Una «banca» scavata nel granito, chiusa da due portelloni a prova di
bomba con sensori rivelatori di movimento, speciali bocche di aerazione,
muraglie di cemento armato spesse un metro.
La fortificazione sorge presso il minuscolo agglomerato di Longyearbyen,
dove ogni estraneo che arrivi è subito notato; del resto, l'isola è
quasi deserta.
Essa servirà, fa sapere il governo norvegese titolare dell'arcipelago,
a «conservare per il futuro la
biodiversità agricola».
Per la pubblicità, è «l'arca dell'Apocalisse» prossima ventura.
Il
fatto è che il finanziatore principale di questa arca delle sementi è
Questa dà al
progetto 30 milioni di dollari l'anno.
Ce
ne informa l'ottimo William Engdahl (1) che ragiona: quella gente non butta soldi in
pure utopie umanitarie.
Che futuro si aspettano per creare una banca di sementi del genere?
Di banche di sementi ne esistono almeno un migliaio in giro per le
università del mondo: che futuro avranno?
Fu un grande lavoro che cominciò con la creazione dell'Agricolture
Development Council (emanazione della Rockefeller Foundation), e poi
dell'International Rice Research Institute (IRRI) nelle Filippine (cui
partecipò
Nel
1991 questo centro di studi sul riso si coniugò con il messicano (ma
sempre dei Rockefeller) International Maize and Wheat Improvement
Center, poi con un centro analogo per l'agricoltura tropicale (IITA,
sede in Nigeria, dollari Rockefeller).
Questi infine formarono il CGIAR, Consultative Group on International
Agricolture Research.
In varie riunioni internazionali di esperti e politici tenuti nel centro
conferenze della Rockefeller Foundation a Bellagio, il CGIAR fece in
modo di attrarre nel suo gioco
Questi portarono il verbo nei loro Paesi, costituendo una rete di
influenza straordinaria per la penetrazione dell'agribusiness Monsanto.
«Con
un oculato effetto-leva dei fondi inizialmente investiti»,
scrive Engdahl, «negli anni '70
Tutto nel nome della scientificità umanitaria («la fame nel
mondo») e di una nuova agricoltura adatta al mercato libero globale.
Il progetto di scavo della banca
La
genetica è una vecchia fissa dei Rockefeller: fino dagli anni '30,
quando si chiamava «eugenetica», ed era studiata molto nei laboratori
tedeschi come ricerca sulla purezza razziale.
La mappatura del gene, la sequenza del genoma umano, l'ingegneria
genetica da cui Pannella e i suoi coristi si aspettano mirabolanti cure
per i mali dell'uomo - insieme agli OGM brevettati da Monsanto, Syngenta
ed altri giganti - sono i risultati di quelle ricerche ed
esperimenti.
Nel 1946, del resto, Nelson Rockefeller lanciò la parola d'ordine
propagandistica «Rivoluzione Verde» dal Messico, un viaggio nel quale
lo accompagnava Henry Wallace, che era stato ministro dell'Agricoltura
sotto Roosevelt, e si preparava a fondare la già citata Pioneer Hi-Bred
Seed Company.
Norman Borlaug, l'agro-scienziato acclamato padre della Rivoluzione
Verde con un Nobel per la pace, lavorava per i Rockefeller.
Lo
scopo proclamato: vincere la fame del mondo, in India, in Messico.
Ma davvero Rockefeller spende soldi per l'umanità sofferente?
La chiave è nella frase che Henry Kissinger pronunciò negli anni '70,
mentre nasceva
Il petrolio, i Rockefeller lo controllavano già con
Oggi sappiamo che Rivoluzione Verde era il sinonimo pubblicitario per
OGM, e il suo vero esito è stato quello di sottrarre la produzione
agricola familiare ed assoggettare i contadini, specie del Terzo Mondo,
agli interessi di tre o quattro colossi dell'agribusiness
euro-americano.
In
pratica, ciò avvenne attraverso la raccomandazione e diffusione di
nuovi «ibridi-miracolo» che davano raccolti «favolosi», preparati
nei laboratori dei giganti multinazionali.
I semi ibridi hanno un carattere commercialmente interessante per il
business: non si riproducono o si riproducono poco, obbligando i
contadini a comprare ogni anno nuove sementi, anziché usare (come fatto
da millenni) parte del loro raccolto per la nuova semina.
Quei semi erano stati brevettati, e costavano parecchio.
Sono praticamente un monopolio della Dekalb (Monsanto) e della Pioneer
Hi-Bred (DuPont), le stesse aziende all'avanguardia negli OGM.
La
relativa autosufficienza e sostenibilità auto-alimentantesi
dell'agricoltura tradizionale era finita.
Ai semi ibridi seguirono le «necessarie» tecnologie agricole americane
ad alto impiego di capitale, gli indispensabili fertilizzanti chimici
Monsanto e DuPont e con l'arrivo degli OGM, gli assolutamente necessari
anti-parassitari e diserbanti studiati apposti per quello specifico seme
OGM.
Tutto brevettato, tutto costoso.
I contadini che per secoli avevano coltivato per l'autoconsumo e il
mercato locale, poco importando e poco esportando, non avevano tanto
denaro.
Ecco
pronta la soluzione: lanciarsi nell'agricoltura «orientata ai mercati
globali», produrre derrate non da consumo ma da vendita, cash-crop,
raccolti per fare cassa.
Addio autosufficienza ed autoconsumo, addio chiusura alle importazioni
superflue.
I contadini potevano vendere all'estero sì: sotto controllo di sei
intermediari globali, colossi e titani come
Ma
questo ai grandi imprenditori agricoli con latifondi.
I piccoli contadini, per le sementi-miracolo e i diserbanti e i
fertilizzanti scientifici, si dovettero indebitare «sul mercato»,
ossia con gli usurai.
I tassi d'interesse sequestrarono il raccolto-miracolo; a molti,
divorarono anche la terra.
I contadini, accade in India specialmente, dovettero lavorare una terra
non più loro, per pagare i debiti.
La stessa rivoluzione sta prendendo piede in Africa.
Chilometri di monoculture di cotone geneticamente modificato, sementi
sterili da comprare ogni anno.
E
il meglio deve ancora arrivare.
Dal 2007
La estensione di sementi geneticamente modificate - ossia di cloni con
identico corredo genetico - è ovviamente un pericolo incombente per le
bocche umane: una malattia distrugge tutti i cloni, ed è la carestia.
Occorre
la biodeversità, di cui si sciacquano le labbra ecologisti e verdi
radicali.
E qui si comincia ad intuire perché si sta costruendo l'Arca di Noè
delle sementi alle Svalbard: quando arriva la catastrofe, le sementi
naturali dovranno essere controllate dal gruppo dell'agribusiness, e da
nessun altro.
Le banche di sementi, secondo
Le più grandi sono usate e possedute da Monsanto, Syngenta, Dow
Chemical, DuPont, che ne ricavano i corredi genetici da modificare.
Perché hanno bisogno di un'altra arca di Noè agricola alle Svalbard,
con tanto di porte corazzate e allarmi anti-intrusione, scavata nella
roccia.
Le altre banche sono in Cina, Giappone, Corea del sud, Germania, Canada,
evidentemente non tutte sotto il controllo diretto dei grandi gruppi.
La
tecnologia «Terminator» può suggerire uno scenario complottista
fantastico: una malattia prima sconosciuta che infetta le sementi
naturali conservate nelle banche fuori-controllo USA, obbligando a
ricorrere al caveau delle Svalbard, l'unico indenne.
E' un pensiero che ci affrettiamo a scacciare: chi può osar diffamare
benefattori dell'umanità affamata come Rockefeller, Monsanto, Bil Gates,
Syngenta?
Ma Engdahl ricorda le parole del professor Francis Boyle, lo scienziato
che stilò la prima bozza delle legge americana contro il terrorismo
biologico (Biological Weapons anti-Terrorism Act), approvata dal
Congresso nel 1989.
Francis
Boyle sostiene che «il Pentagono
sta attrezzandosi per combattere e vincere la guerra biologica»,
e che Bush ha a questo scopo emanato due direttive nel 2002, adottate «senza
conoscenza del pubblico».
Per Boyle, nel biennio 2002-2004, il governo USA ha già speso 14,5
miliardi di dollari per le ricerche sulla guerra biologica.
Il National Institute of Health (ente governativo) ha connesso 497 borse
di studio per ricerche su germi infettivi con possibilità militari.
La
bio-ingegneria è ovviamente lo strumento principale in queste ricerche.
Jonathan King, professore al MIT, ha accusato: «I
programmi bio-terroristici crescenti rappresentano un pericolo per la
nostra stessa popolazione; questi programmi sono invariabilmente
definiti 'difensivi', ma nel campo dell'armamento biologico, difensivo e
offensivo si identificano».
Altre possibilità sono nell'aria, e Engdahl ne ricorda alcune.
Nel
2001, una piccola ditta di ingegneria genetica californiana,
Epicyte
aveva creato questa semente miracolo con fondi del Dipartimento
dell'Agricoltura USA (USDA), il ministero che condivide con Monsanto i
brevetti del Terminator; ed a quel tempo, la ditta aveva in corso una
joint-venture con DuPont e Syngenta.
Ancor prima, anni '
Perché solo le donne?
Forse che gli uomini, nei Paesi poveri, sono esenti da tetano, e non si
feriscono mai con ferri sporchi e arrugginiti?
Se
lo domandò il Comite pro Vida, l'organizzazione cattolica messicana ben
conscia delle campagne anti-natalità condotte in Sudamerica dai
Rockefeller.
Fece esaminare il vaccino fornito dall'OMS gratuitamente e generosamente
alle donne di età fertile: e scoprì che esso conteneva gonadotropina
corionica umana, un ormone naturale che, attivato dal germe attenuato
del tetano contenuto nel vaccino, stimolava speciali anticorpi che
rendevano incapaci le donne di portare a termine la gravidanza.
Di fatto, un abortivo.
Risultò che questo vaccino-miracolo era il risultato di 20 anni di
ricerche finanziate dalla Rockefeller Foundation, dal Population Council
(dei Rockefeller), dalla CGIAR (Rockefeller), dal National Institute of
Health (governo USA)… e anche
Guarda
caso, lo stesso Stato che oggi partecipa all'Arca di Noè e che la
sorveglierà nelle sue Svalbard.
Ciò fa tornare in mente ad Engdahl (non a noi) quella vecchia fissa dei
Rockefeller per l'eugenetica del Reich: la linea di ricerca preferita
era ciò che si chiamava «eugenetica negativa», e perseguiva
l'estinzione sistematica delle razze indesiderate e dei loro corredi
genetici.
Margaret Sanger, la femminista che fondò (coi soldi dei Rockefeller) il
Planned Parenthood International,
Come scrisse in una lettera ad un amico fidato, il succo del progetto
era questo: «Vogliamo eliminare
la popolazione negra».
Ah pardon, scusate: non si dice «negro», si dice «nero», «afro-americano».
E' questo che conta davvero, per i progressisti.
Maurizio Blondet