Home Page - Contatti - La libreria - Link - Cerca nel sito - Pubblicità nel sito - Sostenitori |
Nei
paesi industrializzati le persone mangiano
tra i 6 e 7 chili di additivi ogni anno
Tratto da “50 fatti che
dovrebbero cambiare il mondo”, Ponte alle grazie edizioni
Un panino di grano
tenero con prosciutto e senape in una bella confezione triangolare di
plastica, un pacchetto di patatine salate all'aceto, e una bottiglietta
di una bevanda gassata all'arancia: è il genere di pranzo che le
persone dei mondo occidentale mangiano ogni giorno. Sembra gustoso, non
è particolarmente consigliato per la salute, ma è sicuramente un
pranzo conveniente e che sazia. E si trova sulla mia scrivania.
Il panino al prosciutto
contiene non meno di tredici additivi con funzioni strane: emulsionanti,
agenti trattanti, stabilizzatori, regolatori di acidità (indicati sulla
confezione con una « E » seguita da un numero). Ci sono anche degli
ingredienti sorprendenti: che cos'è il frumentone e perché non lo ho
mai usato quando ho fatto il pane? Perché il prosciutto affumicato
dovrebbe avere bisogno di acqua? Apparentemente le patatine sono adatte
a vegetariani e ai celiaci, ma contengono ancora degli esaltatori di
sapidità: glutammato monosodico e ribonucleotide di sodio. E la bibita?
Contiene l'8% di succo d'arancia e poi sciroppo di glucosio-fruttosio,
zucchero, aspartame e saccarina, conservante, aroma, colorante e
qualcosa chiamato cloud (che, a chi interessa, è lo
stabilizzatore E1450).
Nel 2000, l'industria alimentare ha speso circa venti miliardi di
dollari per dare al nostro cibo un aspetto più carino, un gusto
migliore e una durata maggiore. Si tratta di un grande giro di affari,
indotto dall'enorme bisogno che i paesi industrializzati hanno di
nutrire a buon mercato - e con profitto - moltissime persone.
L'industria degli additivi alimentari è convinta che questi prodotti
chimici semplifichino la nostra vita. Permettono al nostro cibo di
rimanere fresco per un tempo maggiore e hanno reso possibile il concetto
di «cibi pronti». Senza gli additivi, sostengono, dovremmo spendere
molto più tempo in cucina. Dovremmo anche impiegare più tempo per fare
la spesa, dato che il nostro cibo durerebbe solo un paio di giorni prima
di iniziare ad andare a male. E poi dimenticatevi la margarina (che non
contiene grassi saturi), i piatti a basso contenuto calorico e i
prodotti con vitamine aggiunte. Come dice la Federation of European Food
Additives and Food Enzymes Industries, «l'utilizzo di additivi
alimentari... ha reso possibile la preparazione in larga scala di cibo
buono e sano a prezzi economici... in effetti, molti dei cibi odierni
non esisterebbero senza additivi».1
E’ facile
immaginare la discussione sugli additivi alimentari come un dibattito
tra chimica e natura, ma non è affatto così semplice. Per secoli, gli
uomini hanno usato sostanze naturali, quali sale e fumo, come mezzo per
conservare il cibo. Nelle società primitive dove l'esito di una battuta
di caccia non poteva essere certo e i raccolti potevano facilmente
essere vittime di malattie, la ricerca di un modo per conservare le
eccedenze di cibo era di vitale importanza.
Ai giorni nostri, in rapporto
al loro peso, meno dell'1% degli additivi alimentari servono alla
conservazione del cibo. Il 90% è rappresentato da quelli conosciuti
come additivi «cosmetici»: aromatizzanti, coloranti, emulsionanti (per
rendere il cibo più omogeneo nella vostra bocca), addensanti e
dolcificanti. Sono queste sostanze quelle che preoccupano maggiormente
chi si batte contro gli additivi. Mascherando ingredienti base insipidi
e di bassa qualità, sostanze dei genere possono convincerci che stiamo
mangiando qualcosa che è migliore dell'insieme delle sue parti. Solo
chi ha un'elevata conoscenza di come agisca ogni sostanza può essere
sicuro dì quello che sta mangiando. E ciò è preoccupante.
Il mercato mondiale degli aromi è di tre miliardi e seicento milioni di
dollari ogni anno.(2) La sintesi degli aromi è un processo estremamente
complesso e molti produttori custodiscono gelosamente le loro formule.
Anche un sapore che potremmo considerare semplice - per esempio, di
banana o di mela - è il prodotto dì un centinaio di reazioni chimiche.
La quantità di aromi chimici necessaria a rendere la mia bevanda
gassata più «aranciosa» è minima. I produttori non devono nemmeno
fornire i dettagli di cosa sia contenuto in questo aroma, tutto quello
che devono dire è se è naturale o artificiale.
Anche
questa distinzione è ingannevole. Le disposizioni dell'Unione Europea
prevedono che il termine «aromi naturali» possa essere usato solo per
sostanze aromatizzanti estratte da materiali animali o vegetali, ma non
viene richiesto che l'aroma naturale alla fragola dei vostro yogurt
debba provenire da una fragola. Tutto quello che vuole dire è che è
stato estratto da una fonte naturale.
La lettura dei siti Internet dei produttori di aromi è
un'esperienza surreale. Un sito descrive un'«emulsione di aroma
naturale al lime... omogeneizzata, resistente al calore, con
certificazione kasher e senza sali». Puoi comprare concentrato di
birra in polvere, liquidi che imitano il sapore di panna densa e di
torta al burro. Finché provengono da fonti naturali, molti consumatori
non lo sapranno mai.
I dolcificanti artificiali sono
un altro settore immensamente redditizio. Il gruppo industriale Britain's
Food Additives and Ingredients Association giustifica la popolarità dei
dolcificanti facendo riferimento alla salute: «Il sovraconsumo è
collegato all'obesità e al diabete, per cui i dolcificanti senza
contenuto energetico sono ovviamente desiderabili in molti cibi»(3)
Le persone preoccupate dall'assunzione di zuccheri, possono ora
scegliere tra un'ampia varietà di cibi con pochi zuccheri, senza
sacrificare quel dolce sapore che cercano.
Ma c'è un'altra potente ragione per esagerare la dolcezza senza
zuccheri: il costo. Mentre addolcire un litro di bevanda con lo zucchero
costa circa sei centesimi di sterlina, il dolcificante privo di zucchero
più venduto, l'aspartame, ne costa solo due. La saccarina costa meno di
mezzo centesimo.(4) In tutto il mondo vengono usati ogni anno
approssimativamente quindicimila tonnellate di dolcificanti sintetici.(5)
Sia
le industrie di additivi alimentari sia gli organi regolatori, come la
Food Standard Agency della Gran Bretagna, sono convinti che i
dolcificanti naturali siano sani. Ma coloro che sono contrari sostengono
che sussistano dubbi considerevoli a proposito di molti dei prodotti più
usati. Gli esperti di tumori hanno espresso dubbi circa gli esperimenti
su un dolcificante, l'acesulfame-K, e hanno richiesto controlli più
rigorosi; un vice Direttore Generale Federale della Sanità degli Stati
Uniti in riposo ha detto che «è probabile che l'acesulfame-K può
essere cancerogeno... e che dovrebbe essere eseguita un'apposita ricerca
a lungo termine su topi e ratti».(6) E’ stato dimostrato che la
saccarina provoca il cancro nei roditori e a quanto si dice l'aspartame
è stato collegato ad effetti neurologici come le vertigini e l'emicrania.(7)
In Gran Bretagna la sicurezza degli additivi alimentari è determinata
dalla Commissione Europea sulla sicurezza dei cibi. Ci sono prove di
grandi pressioni dietro le quinte, con l'industria alimentare che cerca
di influenzare l'Unione Europea. E neppure la Food and Drug
Administration (FDA) degli Stati Uniti ne è immune. Nel 1977 uno studio
canadese confermò dei test iniziali che avevano dimostrato che i ratti
sviluppavano il tumore alla vescica quando venivano nutriti con alte
quantità di saccarina e la Food and Drug Administration propose un
bando totale. In seguito a una protesta pubblica, senza dubbio
sovvenzionata dai produttori, il Congresso ordinò una moratoria e poi
emanò una legge che richiedeva che i prodotti contenenti saccarina
dovessero portare l'indicazione sull'etichetta di essere potenzialmente
nocivi. Anche questa richiesta ora è stata limitata.
E’ chiaro che il pubblico inglese è preoccupato per la sicurezza dei
cibo: una ricerca della compagnia di sondaggi Mintel ha mostrato che il
44% dei consumatori è preoccupato al riguardo e il 36% degli adulti
crede che dovrebbe esserci un'etichettatura più chiara a proposito
degli ingredienti, degli additivi e degli «E seguiti dai numeri». Non
c'è dubbio che facciano bene a preoccuparsi. Ma inasprire le condizioni
di etichettatura non porterà necessariamente a una soluzione. Mentre i
comitati di controllo stimano che ci sono cinquecentoquaranta composti
di additivi alimentari sicuri per il consumo umano, sussistono dubbi
sulla sicurezza di centocinquanta di questi. Trenta potrebbero
addirittura causare danni duraturi a chiunque li consumi. (8)
L'Autorità
sulla Sicurezza Alimentare dell'UE ha annunciato nel marzo 2003 che
avrebbe cambiato i criteri di regolamentazione degli aromi: dal luglio
2005 saranno autorizzati solo gli aromi che fanno parte di un «elenco
sicuro». L'elenco comprenderà solo sostanze valutate secondo una
procedura stabilita e risultate appunto sicure. è un buon inizio, ma
ancora una volta il messaggio sembra essere chiaro: se il cibo viene
considerato «sicuro», l'Europa non si preoccuperà di controllare di
che cosa è fatto. Dunque non c'è differenza tra vere fragole e l'aroma
di fragola frutto di dozzine di composti chimici?
Ebbene, in questo momento, no. Ma ciò di cui noi vogliamo parlare è
che cosa ci mettiamo in bocca e il fatto che tutti questi additivi
alimentari stiano perpetrando una sorte di frode a danno di tutti noi.
Se compro un panino al prosciutto voglio sentire il sapore reale dei
prosciutto, non uno strano miscuglio di tessuto animale aromatizzato con
prodotti chimici. Non voglio dover leggere le parti stampate in piccolo
sulla mia bibita alla frutta per vedere se contiene dolcificanti.
Il cibo fresco e ben cotto possiede già di per sé tutto l’aroma e la
consistenza di cui ha bisogno.
Alcune
di queste cose interessano le scelte che compiamo, ma la maggior parte
riguardano scelte che sono fatte per noi dai venditori e dai produttori.
Fare pressioni per introdurre delle regole migliori è una cosa facile,
e la prossima volta che andate al supermercato fermatevi un momento a
dare un’occhiata alle scritte piccole: se c’è qualcosa che ha un
aspetto che non vi piace, non compratela. I produttori e i rivenditori
non ci metteranno molto a capire l’antifona.