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acqua
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vuol darcela a bere
L'acqua sulla Terra
è il 40 per cento in meno di trent'anni fa, e nel 2020 tre miliardi di
persone resteranno senza. Ma gli Stati più forti stanno già sfruttando
la situazione per trasformare questa risorsa in bene commerciabile. Il pianeta è rimasto a secco e, guarda caso, ce ne siamo accorti troppo tardi. Sotto la spinta della crescita demografica e per effetto dell'inquinamento, le risorse idriche pro capite negli ultimi trent'anni si sono ridotte del 40 per cento. Gli scienziati avvertono che, intorno al 2020, quando ad abitare la Terra saremo circa 8 miliardi, il numero delle persone senza accesso all'acqua potabile sarà di 3 miliardi circa. Le soluzioni prospettate finora per far fronte al problema hanno cercato di aumentare l'offerta, piuttosto che di contenere la domanda, rivelandosi però inefficaci: le grandi dighe sono al centro di dibattiti per gli alti costi umani e ambientali e per la razionalità ecologica, mentre la desalinizzazione, oltre ad avere costi economici proibitivi, presenta forti controindicazioni dal punto di vista ambientale ed energetico. Questi e altri stratagemmi mostrano tutti i loro limiti rispetto al complesso ecosistema del ciclo dell'acqua. Di fronte al fallimento della tecnica, aumentano le previsioni catastrofiche sulla battaglia planetaria che si scatenerà per l'accesso all'"oro blu" del XXI secolo. "Il whisky è per bere, l'acqua per combattersi", sosteneva Mark Twain, e le tesi di osservatori internazionali, personalità politiche ed esperti di strategia sembrano confermare quella riflessione. Di fronte ai dati allarmanti sullo stato delle risorse idriche del pianeta, la maggior parte degli esperti hanno dichiarato che "le guerre del ventunesimo secolo scoppieranno a causa delle dispute sull'accesso all'acqua". Quello delle "guerre per l'acqua" è un tema che si presta a catturare l'attenzione e le preoccupazioni dell'opinione pubblica, vista la centralità - e addirittura la sacralità - che l'acqua riveste in molte società e culture. Eppure il discorso, presentato esclusivamente nei termini della crescente scarsità - e conseguente rischio di conflitti armati - può risultare semplicistico: si tende a presentare la situazione come immodificabile, quasi apocalittica, senza interrogarsi sulle cause reali che hanno portato il pianeta sull'orlo del collasso idrico e che impediscono a un terzo dell'umanità di avere l'accesso diretto alle acque potabili. Fiumi inquinati, acqua imbevibile Viene da chiedersi come mai la Cina, sul cui
territorio si concentrano più del 40 per cento delle risorse idriche
mondiali, si trova ad affrontare una grave penuria d'acqua potabile e
irrigua: mettendo al primo posto la crescita industriale, il governo di
Pechino non si è infatti preoccupato di tutelare le risorse ambientali,
con il risultato che attualmente un terzo dei corsi d'acqua è
inquinato, mentre nelle città il 50 per cento dell'acqua non è
potabile. E le vendite dell'acqua in bottiglia delle multinazionali come
Danone e Nestlé esplodono grazie alla preoccupazione dei consumatori
per la scarsa qualità dell'acqua del rubinetto. Tariffe salate I conflitti per l'accesso all'acqua iniziano
all'interno dello Stato, coinvolgendo e opponendo i grossi coltivatori -
fautori dell'agricoltura intensiva - ai piccoli proprietari terrieri,
gli industriali agli operatori turistici, ma soprattutto tagliando fuori
le comunità rurali e indigene il cui "approccio" all'acqua è,
per così dire, di tipo imprenditoriale, e, inevitabilmente, gli
abitanti delle periferie delle megalopoli, in cui le infrastrutture
igienico-sanitarie sono poche o nulle. Questo tipo di conflitti non
dipende tanto da fattori naturali come il clima o la dotazione di
risorse idriche, quanto dalle scelte politiche, economiche e sociali di
chi gestisce la res publica. In Bolivia, dove l'acqua non manca,
all'inizio di aprile si è proclamato lo stato d'assedio per frenare le
azioni di protesta diffuse in tutto il paese contro l'aumento delle
tariffe dell'acqua del 20 per cento, previsto dal progetto governativo
della Legge delle Acque che ne affida la gestione a un consorzio di
multinazionali europee e americane. Acqua come il petrolio Nelle zone più aride la questione idrica è
sempre servita ad alimentare la propaganda di regimi nazionalisti - si
pensi alla retorica che circonda la costruzione di una grande diga, e ai
nomi che le vengono dati: Saddam, Ataturk, Nasser. Così l'acqua si è
trasformata, di volta in volta, in obiettivo strategico da colpire per
indebolire l'avversario, in uno strumento di ricatto che serviva a
garantire la supremazia regionale. Con l'attuazione del progetto Gap,
che prevede la realizzazione di 22 dighe e 19 centrali idroelettriche,
la Turchia ha due obiettivi: ribadire la sua supremazia rispetto a Siria
e Iraq - anche quelli alle prese con progetti idraulici altrettanto
imponenti - e controllare militarmente (con la scusa di proteggere i
cantieri dagli attentati) i territori dell'Anatolia sudorientale, che da
sempre sono roccaforte dei curdi. Tratto da http://www.oneworld.org |
La Banca mondiale sostiene la
privatizzazione dei diritti all'acqua nel terzo mondo Alcuni anni fa, Ismail Serageldin, il vice presidente della Banca mondiale, disse che le guerre nel ventunesimo secolo saranno guerre per l'acqua. Si riferì al fatto che le fonti di acqua fresca nel mondo sono destinate a scarseggiare in modo allarmante e che di conseguenza saranno inevitabili dei conflitti. In risposta alla crisi, la Banca mondiale ha deciso di sostenere la privatizzazione delle acque e la tariffazione a costo pieno. Questa decisione sta causando sconcerto in parecchi dei paesi del terzo mondo dove forse in futuro la gente non si potrà più permettere l'utilizzo dell'acqua dopo che venga privatizzata. In Bolivia, dove un rappresentante della Banca mondiale partecipa a pieno titolo nelle riunioni del Consiglio dei Ministri, la Banca si è rifiutata di prestare garanzia per un prestito di 25 milioni di dollari per il rifinanziamento dei servizi idrici a Cochabamba, la terza città del paese, se non a condizione che il governo vendesse il sistema pubblico delle acque al settore privato e permettesse che tutti i costi gravassero d'ora in avanti sui consumatori. Nelle trattative di vendita una sola offerta veniva considerata, e il sistema idrico passò nelle mani di un sussidiario della Bechtel Corporation, già tristemente famosa per un progetto idroelettrico in Cina detto "delle tre gole", che ha provocato lo sradicamento di 1.300.000 persone nella zona. Nel Gennaio 1999, prima di aprire un suo ufficio, Bechtel già annunciò il raddoppiamento dei prezzi dell'acqua. Per molti boliviani, questo significava che ormai l'acqua era più costosa dello stesso cibo. Molta gente che sopravvive con un salario minimo o che non ha lavoro, vedeva la bolletta dell'acqua consumare quasi la metà del loro magro budget mensile. Aggiungendo la beffa al danno, la Banca mondiale impose un regime di monopolio per i concessionari privati dell'acqua, annunciò il suo sostegno per la tariffazione a pieno costo, legò il prezzo dell'acqua al dollaro e dichiarò che nessuno dei suoi crediti poteva essere utilizzato per dare sussidi ai poveri per i servizi idrici. Tutte le acque, incluse quelle da fonti comunali, erano soggette a permessi di utilizzo ed i contadini dovevano perfino comprare dei permessi per le eventuali cisterne sui loro terreni che immagazzinavano l'acqua piovana! Storie di questo genere si vedono già in molte parti del mondo. Nel momento in cui l'umanità comincia a rendersi conto delle terribili implicazioni della crisi dell'acqua potabile, alcune multinazionali dell'alimentazione e dell'acqua, con il sostegno della Banca mondiale, stanno commercializzando le risorse idriche dei paesi del terzo mondo. Nel forum internazionale sull'acqua all'Aia nel marzo di quest'anno, organizzato dalle Nazioni Unite e dalla Banca mondiale, la voce dominante era chiaramente quella delle multinazionali. La privatizzazione delle risorse idriche comunali può essere una cosa terribile e i suoi effetti sono ben documentati. Le tariffe vengono raddoppiate o triplicate, i profitti dei gestori aumentano anche del 700 per cento, la corruzione è evidente, la qualità dell'acqua diminuisce, a volte in modo drammatico, si incoraggia l'utilizzo sconsiderato dell'acqua per aumentare il profitto e si chiude il rubinetto agli utenti che non possono pagare. Quando la privatizzazione arriva al terzo mondo, quelli che non possono pagare moriranno. Non vi disperate però. Almeno in Bolivia, la storia ha avuto, per ora, un lieto fine. Centinaia di migliaia di Boliviani si sono messi in moto marciando su Cochabamba per protestare contro le decisioni del governo. Il 10 aprile l'hanno vinta. Il governo ha espulso la Bechtel Corporation ed ha revocato la legislazione sulla privatizzazione delle acque. Oscar Olivera, il calzolaio boliviano che ha innescato la battaglia ha portato il suo messaggio in Nordamerica parlando ad una manifestazione a Washington in occasione di recenti riunioni della Banca mondiale e del Fondo Monetario Internazionale. Egli diceva che dove l'acqua viene privatizzata e commercializzata per profitto, non raggiunge più la gente che ne ha bisogno ma al contrario, servirà solamente per arricchire una manciata di multinazionali dell'acqua. Questo articolo è stato scritto da Maude Barlow per il Toronto Globe and Mail, Canada, l'11 maggio 2000. Abbiamo trovato il testo (in inglese) nella rivista NEXUS (La Leva di Archimede) www.theglobeandmail.com www.nexus.com www.nexusitalia.com |