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«Qualcuno
vuol darcela a bere»
di Giuseppe Altamore, giugno 2003
«E’
molto chiaro che fare affidamento sull’acqua in bottiglia, pensando
che solo perché non viene dal rubinetto sia più pura e immune
dall’inquinamento, non risolverà affatto i problemi di sicurezza e
approvigionamento»,
afferma Gianfranco Bologna, portavoce del WWF Italia.
«Ma
la migliore acqua da bere non si trova necessariamente in una bottiglia»,
chiarisce Bologna. «Se
vogliamo bere acqua pura dobbiamo porre maggiori sforzi nel proteggere
fiumi, laghi e falde idriche, e poi investire in modo che tale acqua
arrivi in modo sicuro al consumatore attraverso i rubinetti».
«La
prima ragione del 'male', sta
per l'appunto nell'ingiustificata credenza che l'acqua minerale sia più
pura e più sicura dell'acqua potabile. L'acqua minerale non è né
per definizione né in pratica necessariamente più pura e più sana
dell'acqua potabile, si legge nella relazione. Anzitutto l'acqua
minerale non è considerata dal legislatore un'acqua potabile, ma come
un'acqua terapeutica in ragione di certe caratteristiche fisico-chimiche
che ne suggeriscono un uso per fini specifici. Per queste ragioni è
consentito alle acque minerali di contenere sostanze come l'arsenico, il
sodio, il cadmio in quantità superiori a quelle invece interdette per
l'acqua potabile. Mentre non è permesso all'acqua potabile di avere più
di 10µg/l (microgrammi per litro) di arsenico, è frequente che la
maggior parte delle acque minerali siano contenute 40/50µg/l di
arsenico senza l'obbligo di dichiararlo sulle etichette. Lo stesso vale
per altre sostanze.
Valore limite di alcune sostanze contenute nell’acqua potabile e nell’acqua minerale |
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Valori limite acque
potabili |
Valori limite acque
minerali |
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Arsenico totale (µg/l) | 10 | 50 |
Bario (µg/l) |
- | 1 |
Cromo (µg/l) |
50 | 50 |
Piombo (µg/l) | 10-25 | 10 |
Nitrati (mg/l) | 50 | 45-10* |
Alluminio (µg/l) | 200 | Nessun limite |
Ferro (µg/l) | 200 | Nessun limite |
Manganese (µg/l) | 50 | 2000 |
Fluoruro (mg/l) | 1,50 | Nessun limite |
*
Valore relativo ad acque destinate all’infanzia
Una
clamorosa omissione che può essere pericolosa per la salute di chi beve
sistematicamente la stessa acqua minerale per anni senza controllo
medico. Ricordiamo, inoltre, che nel febbraio 2000, l'Italia ha ricevuto
un ammonimento da parte della Commissione dell'Unione europea, perché i
valori massimi previsti per alcune sostanze tossiche e indesiderabili
nelle acqua minerali italiane erano superiori alle norme imposte a
livello comunitario»
«La seconda ragione
del 'male' risiede
nel fatto che se - come abbiamo visto - l'acqua minerale non è né più
pura né più sana della potabile è certamente molto più cara: dalle
300 alle 600 e persino 1000 volte più cara», aggiunge Petrella.
Secondo gli ultimi dati, derivati da un'inchiesta della
Federconsumatori, il costo medio in Italia di 200 metri cubi d'acqua
potabile, corrisponde al consumo medio di una famiglia, è pari, nel
2000, a 361.269 lire annue, cioè 1806 lire al metrocubo (0.93 euro).
Un litro di Perrier costa più di 1000 litri di acqua di rubinetto, la
più cara d'Italia (quella di Forlì) e quasi 3000 volte di più
dell'acqua potabile di Milano.
«Il successo di mercato delle acque minerali è chiaramente uno
scandalo», continua Petrella.
«Ci troviamo di fronte a un fenomeno di sfruttamento a fine di lucro di
un bene demaniale che secondo quanto ha riconfermato la legge sull'acqua
del 1994 (la legge Galli) fa parte del patrimonio inalienabile delle
regioni. Lo sfruttamento avviene con il beneplacito formale ed esplicito
delle autorità pubbliche. Le regioni hanno ceduto il diritto di
gestione delle acque minerali a delle tariffe ridicolmente basse. Il
caso della Lombardia, una delle regioni a più alta densità di fonti
minerali illustra bene la situazione. Su più di 2000 miliardi di lire
che rappresentano il business delle acque minerali in Lombardia per 8
miliardi di litri di acqua estratti di cui solo 2 miliardi e mezzo sono
stati imbottigliati e venduti (che fine hanno fatto gli altri 5,5
miliardi di litri estratti?), la regione Lombardia ha visto arrivare
nelle sue casse meno di 300 milioni di lire, una miseria rispetto agli
incassi delle imprese private.
Quel che è grave è che più dell’80% delle acque minerali sono
imbottigliate in contenitori di plastica (in Pet), il cui costo si
aggira sui 1° cent contro i 25 cent per la bottiglia di vetro. I costi
dello smaltimento ricadono sulle regioni che spendono di più di quanto
incassino dai canoni delle concessioni di sfruttamento delle fonti.
«Non è difficile capire, ora,
perché il business dell’acqua minerale sia così lucroso e le ragioni
che hanno spinto il capitale privato a influenzare, tramite la pubblicità
e la potenza della grande distribuzione, il comportamento delle
popolazioni occidentali a diventare dei grossi consumatori d’acqua
minerale», precisa Petrella. «Aneddoto che aggiunge il 'comico' a una
situazione inquietante: nel febbraio 2002 un decreto del Ministero della
Sanità ingiungeva agli esercizi di vendere al consumatore l’acqua
minerale naturale originariamente preconfezionata in confezione integra
o aperta soltanto al momento della consumazione. Una tale misura, se
fosse entrata in vigore, avrebbe comportato uno sperpero inimmaginabile
di bottiglie. Fortunatamente, di fronte alla numerose critiche, il
Ministero ha ritirato il decreto alcuni giorni dopo averlo adottato».
Il business dell’acqua minerale è un business a forte
concentrazione industriale e finanziaria. Nestlé (multinazione
svizzera) e Danone (francese) sono rispettivamente la numero uno e la
numero due delle imprese mondiale d’acqua imbottigliata. Da sole
rappresentano più del 30% del mercato mondiale. Nestlé possiede più
di 260 marche d’acqua minerale in tutto il mondo, fra cui Vittel,
Contrex, Terrier (la più importante del mondo) e le italiane San
Pellegrino, Lievissima, Panna. Fanno parte invece della Danone:
Ferrarelle, San Benedetto (Guizza)… Il grande business delle minerali
in Italia è, dunque, fonte di benefici soprattutto per gli azionisti
della Nestlé e della Danone.
«La
terza ragione del 'male' risiede
nella mercificazione dell’acqua e nella privatizzazione dei servizi
d’acqua. Questi hanno trovato nel business delle acque minerali uno
strumento potente di stimolo e di 'legittimazione'. Perché non
mercificare anche l’acqua potabile, si sono detti gli operatori
privati? Che differenza c’è – domandano – tra l’acqua potabile
e l’acqua minerale? Se la mercificazione di quest’ultima non solleva
nessun problema economico, politico, sociale, etico, perché – si
chiedono il consumatore e il finanziere – si deve impedire di vendere
e acquistare l’acqua potabile come ogni altra merce? Perché le
imprese private non dovrebbero prendersi cura anche dei relativi servizi
idrici?
Il
mondo commerciale dell’acqua minerale sta scombussolando l’intero
settore dell’acqua.
Attirate
dagli alti livelli di profitto e dalla allettanti promesse future del
business acqua, potenti imprese come la Coca Cola sono entrate
anch’esse nel settore introducendo un nuovo tipo di 'acqua da bere',
l’acqua purificata. L’acqua 'purificata' non è altro che acqua
d’acquedotto sottoposta ad alcune operazioni di demineralizzazione e
di declorizzazione. Piano piano, il legislatore ha autorizzato anche in
Italia la vendita in bottiglia dell’acqua di rubinetto. Una grande
confusione caratterizza sempre più il 'business dell’acqua' composto
da un numero crescente di tipi d’acqua: acqua potabile di rubinetto,
'acqua da tavolaa (si tratta di acque da potabili in bottiglia), acqua
potabile in bottiglia in bottiglia 'naturale' con 'aggiunta di anidride
carbonica', acqua 'purificata', acqua naturale minerale (acqua
minimamente mineralizzata, acqua oligominerale, acqua minerale
terapeutica), acqua di sorgente (cioè acqua potabile prelevata alla
fonte ma che non può essere clorata. Tutte le acque minerali sono di
sorgente ma non tutte le acque di sorgente sono minerali), acqua di
sorgente 'naturale', acqua di falda.
L’espansione del 'mercato
dell’acqua'
ha condotto a un rimescolamento delle carte a livello delle imprese: le
imprese tradizionali d’acqua minerali sono entrate nel settore
dell’acqua potabile in bottiglia e, viceversa, le imprese d’acqua
potabile cominciano a intervenire nel settore delle acque in bottiglia
(minerali comprese). Lo stesso dicasi delle imprese di soft drinks
(limonate, cola, bevande gassate…) e del latte (la Parmalat, per
esempio, ha messo sul mercato una sua acqua in bottiglia, l’'Aqua
Parlamat'.
«Tutto
ciò in una logica commerciale e di profitto. La mercificazione
dell’acqua, facilitata dal boom delle acque minerali, rappresenta uno
dei mali più gravi e insidiosi»,
accusa Petrella.