|
Home Page - Contatti - La libreria - Link - Cerca nel sito - Pubblicità nel sito - Sostenitori |
- Pagina
politica
- Pagina terrorismo
Il
Fine Giustifica i Mezzi: “Extraordinary
Rendition”: Il Caso Abu Omar
(Parte
II)
Lorenzo Ansaloni
La
Convenzione
contro
“Torture
and other inhumane acts causing severe pain or suffering, or serious
injury to the body or to mental or physical health are also prohibited
under international criminal law and in certain instances can amount to
crimes against humanity and war crimes” (ONU
2006, pag 21)
(La
tortura o altri atti inumani che possano causare severa sofferenza o
seri traumi al corpo o alla salute fisica o mentale sono altresì
proibite sotto la legge criminale internazionale e in certi casi possono
equivalere a crimini contro l’umanità o crimini di guerra).
I
rapporteurs sembrano concordare con il Council of Europe:
“[…]
Many detainees had been subjected to illtreatment amounting to
torture, which occurred systematically
and with the knowledge and complicity of the United States Government.”
(ONU
2006, pag 25)
(Molti detenuti sono stati soggetti a maltrattamenti assimilabili alla
tortura, occorsi sistematicamente e con la conoscenza e la complicità
del Governo degli Stati Uniti).
L’analisi,
prevalentemente incentrata sul caso Guantanamo, tocca di sfuggita anche
la cosiddetta “extraordinary rendition”:
“On
the basis of the information available to him, the Special Rapporteur
takes the view that the
(Sulla base dell’informazione disponibile, lo Special Rapporteur
ritiene che la pratica degli Stati Uniti conosciuta come “extraordinary
rendition” costituisca una violazione dell’articolo 3 della
Convenzione contro
A
completare il quadro interviene una massiccia copertura mediatica, forse
troppo assente e latitante in Itala, che sarebbe dispersivo ripercorrere
qua nel suo evolversi ma che ha una svolta fondamentale in un articolo
del Washington Post del 2
novembre (cfr. The Washington Post 2/11/2005) nel quale Dana Priest
riporta le testimonianze di alcuni fonti interne CIA e documenta un
sistema di carceri segrete in paesi stranieri (Polonia e Romania
principalmente) ideate allo scopo di recludere prigionieri al di fuori
di ogni tutela della legge internazionale, in assoluto isolamento e
probabilmente a consentire metodi di interrogatorio non consueti (cosa
impossibile su territorio statunitense). Il progetto “extraordinary
rendition” comincia ad apparire qualcosa di più di una mera
congettura. Alcuni paesi europei (Spagna, Norvegia, Svezia) aprono
inchieste per appurare se alcuni dei loro aeroporti siano stati
utilizzati dalla CIA per questi voli “illegittimi”. L’Islanda
chiede ufficialmente delucidazioni al governo statunitense in merito a
67 atterraggi “sospetti” sul suo territorio ma sarebbe ancora in
attesa una risposta soddisfacente. Il governo inglese, nega di essere a
conoscenza di ogni operazione di questo tipo ma Mr Angus Robertson
(parlamentare) invia al Consiglio Europeo un dettagliato rapporto di
voli CIA avvenuti in vari aeroporti scozzesi e nuova evidenza arriva
anche dal caso dei plain-spotters. In Belgio, in risposta ad una
interrogazione parlamentare, si apre un inchiesta e in Germania e
Svizzera si aprono indagini per episodi simili al caso italiano di Abu
Omar. In Germania inoltre il 17 gennaio 2005 il parlamento apre
un’inchiesta e si sospetta che un numero di voli CIA superiore al
centinaio abbia interessato gli aeroporti di Berlino e Francoforte (cfr.
Council of Europe 2006, pag. 6,7). Un altro volo avrebbe fatto scalo in
marzo a Copenhagen e il ministro degli esteri danese chiede
ufficialmente a Washington di evitare il territorio della Danimarca per
simili operazioni (cfr. The Washington Post 17/11/2005) mentre il
ministro degli esteri francese dichiara di stare investigando con
l’aviazione civile il caso di due voli CIA che avrebbero fatto scalo
su territorio francese (cfr. Council of Europe 2006, pag. 7). A
proposito dell’Irlanda, Amnesty International in una nota stampa (AMR
51/198/2005 disponibile a: http://web.amnesty.org/library/Index/ENGAMR511982005)
dichiara che:
“[…]
six planes used by the CIA for renditions have made some 800 flights
in or out of European airspace including 50 landings at Shannon airport
in the
The
information contradicts assurances given last week by the US Secretary
of State Condoleezza Rice to the Irish Foreign Minister Dermot Ahern
[…]”.
(sei aerei usati dalla CIA per
operazioni di extraordinary
rendition
hanno fatto qualcosa come 800 voli fuori e dentro lo spazio aereo
europeo inclusi 50 atterraggi all’aeroporto irlandese di Shannon.
Questa informazione contraddice le assicurazioni fornite la scorsa
settimana dal Segretario di Stato americano Condoleezza
Rice al ministro degli esteri irlandese Dermot Ahern).
In
questo quadro di crescente attenzione sul progetto extraordinary
rendition, di
qua e di la dall’Atlantico, la risposta dei governi sembra essere il
diniego di ogni addebito o l’ammissione di certe mezze verità ormai
evidenti, ma non delle loro implicazioni illegali. Condoleezza
Rice ha di fatto ammesso i trasferimenti di prigionieri ma negato con
forza tutte le accuse inerenti tortura, maltrattamenti e carceri
segreti. Ha
ribadito l’utilità di questi “provvedimenti” asserendo che nulla
è stato fatto senza informare i governi degli altri paesi coinvolti. La
tattica è quella di utilizzare la lotta al terrorismo come grimaldello
retorico per rendere accettabile qualche eventuale strappo alla legge:
in sostanza si sposa il machiavellico adagio “il fine giustifica i
mezzi” mettendo le mani avanti cercando di limitare i danni
preventivamente qualora la crescente mole di prove e indizi dovesse
portare all’esplosione del bubbone. L’ultima spiaggia (a scandalo
avvenuto) potrebbe essere quella di identificare uno o più capri
espiatori (nella CIA ovviamente) che avrebbero agito all’insaputa
dell’amministrazione e su cui ricadrebbe l’intera colpa: tattica già
collaudata nel mancato ritrovamento di tecnologie nucleari in territorio
iracheno e nello scandalo del falso dossier relativo ad una vendita di
uranio dal Niger (in cui anche i servizi segreti italiani hanno giocato
la loro parte). In ogni caso le ripetute smentite ufficiali che si sono
susseguite negli ultimi mesi e il viaggio europeo di Condoleezza
Rice testimoniano se non altro una notevole attenzione al problema da
parte dell’amministrazione Bush.
I governi europei, come si evince dal rapporto del Consiglio Europeo 2006, molto probabilmente erano a conoscenza di questi voli clandestini o almeno lo erano i loro servizi segreti e verosimilmente almeno alcuni esponenti del governo: stando all’Washington Post (2/11/2005) solo il primo ministro e un ristrettissimo numero di alti ufficiali dei servizi segreti erano resi partecipi del progetto. Ciò non toglie che molti paesi sembrino prendere le distanze in misura proporzionale alla crescente disponibilità di prove e testimonianze che corroborerebbero l'operazione illegale dei servizi segreti americani. Tra i paesi in cui la linea negazionista è più intransigente (e non sono molti) sicuramente l’Italia e l’Inghilterra sembrano assumere il ruolo delle protagoniste. Anche se il ministro degli esteri Fini è sembrato in più di un’occasioni intenzionato a chiedere chiarimenti del “comportamento” americano (non ultimo il caso Calipari) questo non sembra modificare la linea “ufficiale” del governo nel suo complesso.
Il
caso Abu Omar, inserito in questo contesto internazionale, assume nuovi
contorni e la vera posta in gioco sembra prendere forma. Il progetto extraordinary
rendition continua a beneficiare del supporto di nuova evidenza di
giorno in giorno ma manca ancora la prova definitiva dell’operazione
internazionale (e illegale) condotta dalla CIA che permetta di passare
dal piano dell’evidenza e della plausibilità a quello della certezza.
Il candidato più promettente a ricoprire questo ruolo di “prova
finale” è proprio quello di Abu Omar e della relativa indagine
condotta dai magistrati milanesi essenzialmente per due ragioni:
- Non
in tutti i paesi europei è stata aperta un’inchiesta giudiziaria per
uno specifico caso di “extraordinary rendition”.
- Il
caso italiano appare (come ci ricorda il Consiglio Europeo nel rapporto
2006) il meglio documentato.
La mole di indizi a disposizione dei giudici italiani è così consistente che non vi sono state smentite: né esponenti dell’amministrazione americana, né il governo italiano, a mia conoscenza, hanno mai negato l’accaduto né la responsabilità degli agenti dei servizi segreti americani. Se ne deduce che, se il processo dovesse concludersi con una qualche forma d’imputazione, allora potremmo avvalorare definitivamente il teorema dell’“extraordinary rendition” come operazione clandestina internazionale condotta su territorio europeo in violazione alla legge internazionale. Come si vede non si tratta di un mero incidente diplomatico tra Italia-USA (semmai un conflitto Europa-USA) e si comprende come, per un governo filo-americano come quello italiano, l’inchiesta di Milano sia qualcosa di più di una “patata bollente”.
Il
nostro governo ha negato ufficialmente ogni coinvolgimento e in
particolare di essere a conoscenza di ogni operazione CIA o di esserne
stato informato in alcun modo:
Né Palazzo Chigi né
alcuna altra istituzione italiana sono mai stati avvertiti né tanto
meno informati del sequestro di Abu Omar. Del resto, la stessa fonte
dalla quale qualcuno vorrebbe trarre indicazioni, non solo esclude che
gli Stati Uniti abbiano informato l’Italia, ma addirittura rivela un
preciso piano di depistaggio nei confronti delle autorità italiane. (nota
dell’ufficio stampa del Governo http://www.governo.it/notizie/not_notizia.asp?idno=1429)
Il
depistaggio citato nella nota è stato attuato nei confronti della
magistratura non nei confronti del governo che non ha mai
richiesto chiarimenti ufficiali alla controparte americana. Del resto è
perfettamente congruente con l’ipotesi di un accordo segreto tra
servizi segreti e vertici del governo: è logico che magistratura e
polizia siano fatte oggetto di tentativi di depistaggio in casi simili e
personalmente mi meraviglierei del contrario.
Per quanto riguarda la fonte che confermerebbe il non coinvolgimento
italiano, non è chiaro a chi ci si riferisca. Nell’articolo “Italy
Knew About Plan To Grab Suspect” (L’Italia sapeva dei piani per
afferrare il sospetto) sullo
stesso Washington Post da cui è partita l’inchiesta, più di una
fonte (agenti CIA o ex-agenti CIA) sostiene che sarebbe stato
impossibile per i servizi segreti statunitensi operare in territorio
italiano (nazione legata agli USA da ottimi rapporti) senza prima
avvisare almeno i nostri servizi segreti. Sulla stessa linea
l’articolo di Repubblica del 4/7/2005.
In
effetti, il fatto che 25 agenti dei servizi segreti americani si muovano
tranquillamente nel nostro paese senza preoccuparsi di avvisare il
nostro governo ha un ché di incredibile e che non può non far sorgere
qualche dubbio. Il
Consiglio d’Europa si pone la medesima domanda:
“Is
it conceivable or possible that an operation of that kind, with
deployment of resources on that scale in a friendly country that was an
ally (being a member of the coalition in
[…]
A further interesting point is that the Italian justice minister has so
far not forwarded to the American authorities the
(E’
concepibile o possibile che una operazione di questo tipo, con
dispiegamento di risorse su questa scala in un paese amico e alleato
(essendo un membro della coalizione in Iraq) sia stata portata a termine
senza che le autorità nazionali ne siano state informate?
Un ulteriore fatto interessante è che il ministro di giustizia
italiano, finora non ha inviato alle autorità americane la richiesta di
estradizione dei giudici di Milano”)
A questo si aggiunga che, secondo fonti CIA, citate da numerose testate,
il negare ogni addebito, conoscenza, coinvolgimento da ambo le parti
costituisce una sorta di prassi in questi casi (cfr. The Washington Post
30/6/2005). Prassi che nessun governo europeo per ora ha disatteso.
Forse le stesse parole di Miss Condoleezza Rice sono le più
illuminanti su questo punto: “Anything the CIA did on European soil
was with the support of the host governments” (Telegraph
6/12/2005) (niente che
Visto che nessuno mette in discussione il coinvolgimento CIA nel
rapimento milanese, ne deduciamo facilmente che:
a) O il governo italiano ha mentito
b) Oppure ha mentito Miss Rice
tertium
non datur! Pur
rimanendo nella convinzione che il governo italiano abbia mentito
asserendo di non essere a conoscenza del rapimento di Abu Omar, mi
chiedo se nessuno abbia tratto le conclusioni da questa presa di
posizione. Potrebbe sembrare un modo per togliesi dagli impicci e
mantenere fede all’impegno assunto con gli Stati Uniti, ma tenendo
sempre presente che i fatti di Milano non sono in questione, questo
vorrebbe dire che agenti dei servizi segreti di un altro paese hanno
operato indisturbati sul territorio italiano rapendo una persona che
godeva di asilo politico e che era sotto indagine della nostra
magistratura senza avvisare né i nostri servizi segreti né il nostro
governo. Se non è violazione della sovranità nazionale questa,
allora penso sarebbe opportuno ridefinirne il significato nella
giurisprudenza del diritto internazionale.
In
questa cornice interpretativa, la titubanza del ministro Castelli appare
comprensibile, seppur non giustificabile. I fatti sono apparsi su tutti
i principali organi di stampa. A quattro mesi dalla richiesta di
estradizione degli agenti CIA inoltrata al guardasigilli, dopo non aver
ricevuto nessuna notizia, la procura milanese ha inoltrato una seconda
richiesta: implicitamente un sollecito affinché il ministro si
esprimesse in un modo o nell'altro.
Il ministro Castelli ha accusato i magistrati milanesi di indebite
“pressioni” (alludendo a un tentativo di forzare la legge che
assicura al guardasigilli il diritto di decidere se dar seguito alla
richiesta di estradizione o meno) accennando poi di aver a che fare con
magistrati “militanti”. Tuttavia risulta particolarmente oscuro
quale dovrebbe essere, per contrapposizione, il comportamento di un
magistrato “non militante” in un caso come questo.
Il
nocciolo della polemica verte sull’articolo 720 comma 3 del codice di
procedura penale, vale quindi la pena riportarne il contenuto:
3. Il Ministro di grazia e
giustizia può decidere di non presentare la domanda di estradizione o
di differirne la presentazione dandone comunicazione all’autorità
giudiziaria richiedente.
Pregevole
il tentativo del ministro di ricondurre la materia del contendere al
tema molto caro all’esecutivo delle temibili “toghe rosse” che da
tempo insidierebbero il governo in carica ma come si vede la questione
è puramente tecnica. Castelli semplicemente non ha dato, per sua stessa
ammissione, nessuna comunicazione all’autorità giudiziaria
dichiarando che la legge non prescrive tempi precisi entro cui il
ministro debba fornire tale comunicazione Forse il ministro non
disdegnerebbe poter comunicare la sua decisione tra le volontà del
testamento, procrastinando così ad un tempo non prevedibile la
decisione finale quando solo i più attenti e gli storici ricorderanno
il caso. Ed in effetti la tattica attuata da Castelli sembra la sola
possibile per uscire dall’impasse e comunque non senza danni e non
senza sfidare un "buon senso" che si presuppone
nell’interpretazione di una norma di legge. Personalmente, quando la
mamma raccomanda al bambino di fare i compiti e rincasando la sera dopo
il lavoro sente il bambino obbiettargli: “Si ma tu non avevi
specificato se i compiti li dovevo fare oggi o domani” sarei più
propenso a premiare l’arguto giovincello con una sberla piuttosto che
con un riconoscimento alla sua capacità interpretativa.
Ovviamente il ministro non fa sfoggio di innocente ingenuità neanche
quando si domanda retoricamente: “Che immagine diamo? Di un Paese
che lascia liberi i terroristi, costantemente assolti, e si occupa solo
di arrestare i cacciatori di terroristi?” (Il Giornale 3/3/2006)
Trascurando,
forse volutamente, che:
- I complici di Abu Omar saranno poi incriminati dopo il suo rapimento.
- Esistono leggi internazionali e convenzioni (sottoscritte da ambo le
parti) che nessun crimine autorizza e violare.
- Ammesso e non concesso che alcuni giudici siano di manica larga con
presunti terroristi questo non costituisce una valida giustificazione
per non perseguire un crimine. Se Tizio e Caio rubano un autoradio ma la
giustizia per qualche motivo si accanisce solo su Tizio, si può a
ragione rimproverarne il comportamento parziale ma rimane il fatto che
Tizio ha rubato l’autoradio.
- A livello di immagine, che sembra preoccupare il ministro, la sua
risposta viene vista dalla stampa internazionale (americana in
particolare) con sospetto e non come una forte risposta al terrorismo.
Semmai a livello di immagine siamo visti come quelli che pieghiamo la
testa ogni volta che dobbiamo chieder conto di azioni compiute dagli
Stati Uniti a danno dell’Italia: strage del Cermis, Nicola Calipari,
Ustica e ora anche Abu Omar (cfr. Los Angeles Times 30/12/2005)
- Senza il rispetto delle leggi e delle convenzioni internazionali si
crea un far west che ha già le sue vittime: Khaled al-Masri, cittadino
tedesco, è stato rapito dalla CIA nel 2003 mentre era in vacanza con la
famiglia in Macedonia. Imprigionato e torturato per cinque mesi e poi
rilasciato senza nessuna imputazione solo per un caso di omonimia (cfr.
The Economist 8/12/2005 a The Washington Post 4/12/2005).
Il
diritto a un equo processo sotto la tutela della legge è uno di quei
principi garantisti che noi consideriamo profondamente connessi al
concetto stesso di civiltà e per cui non abbiamo derogato, in linea di
principio, neanche nel caso dei gerarchi nazisti o di Saddam Hussein.
BIBLIOGRAFIA:
Human
Rights Watch. World Report 2006. Human Rights Watch and
Seven Stories Press, 2006.
Council
of
ONU.
Commission of Human Rights. Situation of detainees at
Amnesty
International. Amnesty International Report 2005 the state
of the world’s human rights, 2005.
Council
of
<http://assembly.coe.int/Documents/WorkingDocs/Doc05/EDOC10497.htm>
Bernstein, Richard. German
Party Seeks Inquiry Into Reports That Spies Aided
Zurlo, Stefano. Pressioni indebite dei pm sul caso Abu
Omar. Il Giornale.
3 marzo 2006.
Walker Tom and Baxter Sarah.
Revealed: the terror prisons
Meade Geoff. EU countries
‘knew about CIA torture flights’. The Independent, 24 gennaio
2006.
Crewdson, John. CIA warned its operatives to stay out of
Norton-Taylor, Richard. Torture Flights: What No.10 Knew and Tried to
Cover Up. The Guardian. 19 gennaio 2006.
Dombey, Daniel.
Wilkinson,
Crewdson, John.
Crewdson, John. CIA agents’ use of cell phones during mission lets
police in
Stares Justin, Sherwell
Philip. EU concealed deal with US to allow ‘redention’
flights. Telegraph, 11 dicembre 2005.
Extraordinary renditions. So what’s all the fuss? The Economist.
8 dicembre 2005.
Russell Alec. Secret CIA flights helped us save lives, insists Rice. Telegraph,
6 dicembre 2005.
Whitlock, Craig. CIA Ruse Is Said to Have Damaged Probe in
Priest, Dana. Wrongful Imprisonment: Anatomy of a CIA Mistake. The
Whitlock Craig. Europeans Probe Secret CIA Flights. The Washington
Post, 17 novembre 2005.
http://www.washingtonpost.com/wp-dyn/content/article/2005/11/16/AR2005111602198.html
Priest, Dana.
CIA Holds Terror Suspects in
Secret Prisons. The Washington Post, 2 novembre 2005.
Cobain Ian, Grey Stephen, Norton-Taylor Richard. Destination
Bovini, Carlo. Gli italiani ci autorizzarono a sequestrare l’Imam a
Milano.
Hooper John.
Priest, Dana.
McMahon Barbara. CIA team wanted over
Grey Stephen.
<http://mondediplo.com/2005/04/04usatorture?var_recherche=cia>
BBC.
Nordic states probe 'CIA flights'
http://news.bbc.co.uk/1/hi/world/europe/4448792.stm