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Il
Fine Giustifica i Mezzi: “Extraordinary
Rendition”: Il Caso Abu Omar
(Parte
I)
Lorenzo Ansaloni
Il
17 febbraio 2003 Abu Omar veniva sequestrato a Milano, in pieno giorno,
come risultato di un’operazione gestita da 25 agenti della CIA. Stava
camminando da casa alla moschea quando due uomini in uniforme della
polizia italiana lo avrebbero forzato ad entrare in un furgoncino. Da
qui è stato portato alla base di Aviano, il giorno successivo a
Ramstein in Germania a infine in Egitto come meta finale. Circa un anno
dopo, Abu Omar fu rilasciato e messo agli arresti domiciliari.
Dall’Egitto telefonò a Milano alla moglie ed alcuni amici. Si lamentò
di essere stato torturato con scosse elettriche fin quasi ad essere
ridotto in fin di vita. Le telefonate furono intercettate e registrate
dalle autorità italiane. In seguito a queste telefonate, evidentemente
intercettate anche dalle autorità egiziane, Abu Omar fu rimesso in
carcere e da allora non si sono avute molte notizie ma sembra essere
ancora in Egitto stando alle ultime riluttanti comunicazioni del governo
egiziano.
Abu
Omar (vero nome Hassan Mustafa Osama Nasr), 43 anni, viveva in Italia, a
Milano, dove aveva ottenuto asilo politico e quindi legittimamente
residente sul suolo italiano. Assistente dell’Imam della moschea di
via Quaranta, era sospettato dalla magistratura italiana di legami con
ambienti terroristici e sotto controllo delle autorità italiane nel
corso di un’operazione che avrebbe poi portato, dopo il suo rapimento,
all’arresto di alcuni suoi presunti complici.
L’inchiesta aperta per il caso si basa su un cospicuo numero di indizi
e prove a partire da una testimonianza oculare del rapimento, le
ricevute di due lussuosi hotel cinque stelle dove gli agenti CIA
avrebbero pernottato nei giorni precedenti l’operazione,
intercettazioni di telefonate effettuate nell’area e nel momento del
rapimento al quartier generale della CIA a Langley in Virginia con
cellulari intestati compagnie inesistenti, fotografie delle macchine
affittate dagli agenti per aver illegalmente attraversato una zona
pedonale, tabulati dei voli, ecc. (cfr. Los Angeles Times 30/12/2005).
Oggi,
a tre anni di distanza, i procuratori aggiunti Armando Spataro e
Ferdinando Pomarici sono ancora in attesa della risposta alla richiesta
di estradizione inoltrata al ministro di grazia e giustizia per 22 di
quegli agenti.
E’ sicuramente una vicenda
giudiziaria e, in seconda battuta, potrebbe sembrare anche una delicata
vicenda diplomatica con possibili ripercussioni sulle relazioni
bilaterali USA - Italia.
Ma è anche qualcosa di più se visto in un contesto che tende
sempre più ad opporre
L’accesa
polemica che ha animato i media inglesi, americani e non solo, è stata
appena percepita delle maggiori testate giornalistiche italiane. I siti
web di testate internazionali quali Washington Post, New York Times, The
Guardian, Times, Le Monde, The Independent, The Telegraph, alla chiave
di ricerca “torture” restituiscono una mole di articoli che se
paragonata al risultato analogo per
In Inghilterra, da cui scrivo, il telegiornale di Channel 4 (a mio
avviso uno dei migliori), in prima serata, ha costantemente dedicato un
ampio spazio a questi temi nel corso degli ultimi tre mesi e più.
Proprio oggi (9/03/2006) un ex-detenuto di Guantanamo è stato
intervistato nel corso di una trasmissione “contenitore”
paragonabile al nostro “I Fatti Vostri”. Alle 21 andrà in onda uno
speciale su Guantanamo. Immagino quindi che in Italia questa inclusione
del caso Abu Omar in un contesto più ampio che vede gli Stati Uniti sul
banco degli imputati possa anche non sembrare così scontata.
Amnesty
International, nel rapporto 2005, si esprime in questi termini:
“[…]
More than 500 detainees of around 35 nationalities continued to be
held without charge or trial at the US naval base in Guantánamo Bay on
grounds of possible links to al-Qa’ida or the former Taleban
government of Afghanistan”. (Amnesty
International 2005)
(più di 500 detenuti di 35 diverse nazionalità continuano ad essere
detenuti senza nessuna imputazione o processo alla base navale americana
di Guantanamo sulla base di possibili collegamenti con al-Qa’ida o con
il precedente governo talebano in Afghanistan).
“Photographic
evidence of the torture and ill-treatment of detainees in Abu Ghraib
prison in
(Evidenza fotografica di torture e maltrattamenti di detenuti nella
prigione di Abu Ghraib in Iraq da parte di soldati americani, è stata
resa di pubblico dominio in Aprile, causando diffuse preoccupazioni a
livello nazionale ed internazionale).
“No
investigation dealt with the
(Nessuna indagine si è occupata del presunto coinvolgimento USA in
trasferimenti [di detenuti] tra paesi stranieri e di ogni tortura o
maltrattamento che ne potrebbe essere derivato)
Human
Rights Watch manifesta le medesime critiche e preoccupazioni:
The
(Il governo degli Stati Uniti è stato ampiamente condannato per le
violazioni dei basilari diritti umani nel corso della lotta contro il
terrorismo. Dal 2001, l’amministrazione Bush ha autorizzato tecniche
di interrogazione generalmente considerate come tortura. Un numero
sconosciuto di prigionieri sono stati detenuti come “fantasmi”
impedendo di fatto la possibilità di monitoraggio da parte di tutte le
associazioni, ivi compreso il Comitato Internazionale della Croce
Rossa.)
Nonostante
l’amministrazione Bush continui a negare ogni utilizzo sistematico
della tortura allo stesso tempo si registrano sforzi tesi a
“restringerne” il significato:
Authorized
Central Intelligence Agency (CIA) interrogation techniques apparently
include a notorious method the administration has renamed
“waterboarding” (when practiced by Latin American dictatorships, it
was called “the submarine”)-forcefully submerging a suspect’s head
in water or otherwise making him believe he is about to drown. The
director of the CIA has stated that waterboarding is a “professional
interrogation technique.”
(Human Rights Watch 2006, pag.
503)
(Le tecniche interrogatorie della CIA apparentemente includono un noto
metodo che l’amministrazione ha rinominato “waterboarding” (quando
praticato dalle dittature dell’America Latina era chiamato “il
sottomarino”) - immergere con la forza la testa del sospettato in
acqua o comunque fargli credere di stare per affogare. Il direttore
della CIA ha affermato che il “waterboarding” è da considerarsi
come una “professionale tecnica di interrogatorio”.)
Human
Rights Watch è stata inoltre tra i primi a sollevare il caso delle
“extraordinary rendition” (“consegna straordinaria”).
Additional
evidence also emerged in 2005 about cases of “extraordinary rendition,”
in which the
(Nel 2005 sono emerse ulteriori evidenze di casi di “extraordinary
rendition” in cui gli Stati Uniti spedirono detenuti in paesi
stranieri per interrogatori, compresi paesi con precedenti per tortura
come Marocco, Giordania e Egitto.)
Ma
le due più importanti associazioni per la difesa dei diritti umani non
sono le sole a sollevare il problema. Il Council of Europe (Consiglio
d’Europa) in due successivi rapporti si esprime in termini molto
critici nei confronti della politica di detenzione messa in atto dagli
Stati Uniti. Nel
primo
On
the basis of an extensive review of legal and factual material from a
wide range of reliable sources, the Committee concludes that the
circumstances surrounding detentions by the USA at Guantánamo Bay show
unlawfulness on grounds including the torture and cruel, inhuman or
degrading treatment of detainees and violations of rights relating to
prisoner-of-war status, the right to judicial review of the lawfulness
of detention and the right to a fair trial. The Committee also finds
that the
(Sulla base di una ampia analisi di materiali legali e dati di fatto
provenienti da un vasto spettro di fonti affidabili, il Comitato
conclude che le circostanze inerenti la detenzione da parte degli USA a
Guantánamo Bay evidenziano un’illegalità di base incluse torture,
trattamenti crudeli, inumani o degradanti e violazioni dei diritti
concernenti lo status di “prigionieri di guerra”, del diritto a un
esame giudiziario, della legalità della detenzione e del diritto ad un
equo processo. Il Comitato ritiene inoltre che gli Stati Uniti
partecipino alla illegale pratica della detenzione segreta e
“rendition” (per esempio il trasferimento di persone in paesi
stranieri, senza supervisione giudiziaria e per fini come
l’interrogatorio o la detenzione).
Circa
due anni dopo, sempre il Council of Europe ritorna sulla questione con
un dossier che, dati i tempi più maturi, contiene molti dettagli
interessanti:
On
5 December 2005 ABC reported […] the existence of secret prisons in
(Il 5 dicembre 2005 ABC riferisce l’esistenza di prigioni segrete in
Polonia e Romania che apparentemente sono state chiuse in seguito alle
rivelazioni del Washington Post.)
Il
caso italiano del “rapimento” di Abu Omar, insieme ad un analogo
caso svizzero, è tra i più documentati casi di "extraordinary
rendition" e uno dei rarissimi casi in cui si è avviato un
procedimento giudiziario (cfr. Los Angeles Times 30/12/2005). Il
rapporto ne da notizia:
“Abu
Omar’s is undoubtedly the best known and best documented case of
“extraordinary rendition”. (Council
of Europe 2006, pag 8).
(Quello di Abu Omar è
indubbiamente il più conosciuto e meglio documentato caso di
“extraordinary rendition”)
(L’indagine dei giudici italiani, stabiliva, oltre ogni ragionevole
dubbio, che l’operazione fu condotta da agenti della CIA - particolare
che non è mai stato negato né messo in discussione)
Il
rapporto prosegue indicando varie testimonianze di ex-agenti CIA. Alcuni
dei nomi sono conosciuti Michael Scheuer (ex senior CIA officer), Robert
Bear (ex agente CIA), Vincent Cannistraro (ex-agente del
controspionaggio CIA) molti in carica all’epoca dei primi avvenimenti.
Altre fonti ricorrenti nei vari articoli della stampa internazionale
rimangono anonime.
Tutte
le fonti in ogni caso convergono sui seguenti punti:
- i governi interessati
dall’operazione “extraordinary rendition” venivano informati. O
almeno ne venivano informati i loro rispettivi servizi segreti.
- Confermano che gli interrogatori nei paesi meta del trasferimento
venivano condotti secondo metodi non ortodossi (per usare un
eufemismo).
Anche
l’ONU interviene sulla questione e 15 febbraio 2006 pubblica un
rapporto dal titolo
“Situation of detainees at Guantánamo Bay” che non passa
inosservato e costringe alcuni leader europei ad una presa di posizione.
Mentre il primo ministro italiano Silvio Berlusconi decantava le lodi
dell’America dell’amministrazione Bush e invitava il Vecchio
Continente a seguirne le orme, il primo ministro inglese Tony Blair
definiva Guantanamo, pur con una certa cautela, un’anomalia (“anomality”)
a livello internazionale.
Il rapporto viene redatto de cinque rapporteurs che seguirono la
situazione fin dal 2002 e in 54 pagine documenta la realtà anomala di
Guantanamo sotto diversi profili e chiavi di lettura.
Da un punto di vista giuridico, gli Stati Uniti hanno sottoscritto
alcuni trattati internazionali: International
Covenant on Civil and Political Rights (ICCPR), the Convention against
Torture and Other Cruel, Inhuman or Degrading Treatment or Punishment
(Convention against Torture) e l’International Convention on the
Elimination of All Forms of Racial Discrimination (ICERD) finendo con la
convenzione di Ginevra sul trattamento dei prigionieri di guerra (terza
convenzione) e sulla protezione dei civili in tempo di guerra (quarta
convenzion).
Per
quanto riguarda le conclusioni il rapporto mette in luce come:
“[…]
The legal regime applied to these detainees seriously undermines the
rule of law and a number of fundamental universally recognized human
rights, which are the essence of democratic societies.” (ONU
2006, pag 11).
(Il regime legale a cui questi detenuti sono sottoposti mina seriamente
la regola di legge e un certo numero di diritti umani fondamentali
universalmente riconosciuti che sono l’essenza di una società
democratica)