Tratto da 'La
favola dell'Auditel' - di
Roberta Gisotti - Ed. Riuniti, 2002
08-09-2002
Che cos'e' l'Auditel
Per 16 anni la Casa di Vetro è stata inespugnabile. Un malaugurato
patto stretto nel 1986 tra i protagonisti della scena televisiva - la
Rai, l’allora Fininvest oggi Mediaset e l’Upa gli utenti di
pubblicità - ha cambiato in Italia le regole della comunicazione, non
più pensata per informare, educare, intrattenere, divertire, ma
finalizzata a vendere pubblico per il mercato pubblicitario.
Per un clamoroso equivoco l’Auditel,
nato per dare un prezzo agli spot pubblicitari, si è trasformato in
giudice insindacabile dell’intera programmazione televisiva e sempre
più anche dell’informazione giornalistica, con gravissimo danno per
la stessa vita democratica. Si è infatti creata una pericolosa
sovrapposizione tra società mediatica e società politica, laddove i
dati Auditel hanno assunto la valenza di consenso. Senza che nessuno lo
abbia pubblicamente dichiarato siamo passati da un’economia di mercato
ad una società di mercato.
Dunque una vera e propria tirannia dell’Auditel che ha regnato finora
in regime di totale monopolio. Chiunque abbia tentato di contestare
questa impostura è stato ridotto al silenzio.
Ma i tempi cambiano ed anche i tiranni decadono dal loro trono quando i
sudditi prendono coscienza del loro stato e si ribellano. I sudditi
siamo tutti noi cittadini italiani, che l’Auditel ci ha incasellati a
fini pubblicitari in 16 ridicole categorie: noi donne siamo colleghe,
massaie, raffinate, appartate 1, appartate 2, appartate 3…e voi uomini
siete liceali, delfini, avventati, accorti, esecutori… E questa
sarebbe la stratificazione scientifica del campione Auditel per
rappresentare la popolazione di un Paese civile. Ma finiamola con questa
buffonata! E che dire del bambino Auditel che nasce a 4 anni, perché
solo a quell’età è capace di scelte autonome negli acquisti, e prima
non interessa il mercato della pubblicità. E che dire degli anziani
Auditel, fino a 100 anni e più, che davanti alla Tv dormono ma non
importa perché l’audio resta accesso ed il messaggio promozionale si
fissa a livello subliminale.
Il campione Auditel, formato da 5075 famiglie - erano 2420 fino a luglio
del ‘97 - serve infatti a disegnare la mappa dei consumatori in
Italia, e non il riferimento per valutare il vero ascolto televisivo,
tantomeno il reale gradimento dei programmi, né le attese di visione
dei cittadini. E’ un campione di consumatori e non di cittadini
utenti, dove non si entra se si dichiara di vedere la Tv meno di 3-4 ore
al giorno, perché in questo caso non si è rilevanti per la pubblicità
; ed è un campione che rappresenta solo il 10 per cento della
popolazione, perché su 10 famiglie contattate solo 1 accetta di porre
il meter sul proprio televisore, e nulla sappiamo sul restante 90 per
cento che rifiuta di essere campionato. Inoltre è dimostrato che per il
40 per cento del tempo in cui un apparecchio Tv è acceso non viene
guardato o solo distrattamente, e non vi è alcuna garanzia che le
famiglie campione, che restano tali mediamente per 5 anni - ma alcune lo
sono state per 10-12 anni - si sottopongano con diligenza a svolgere un
vero e proprio oneroso lavoro, in cambio di un piccolo elettrodomestico
ogni anno.
Basta il buon senso per capire l’infondatezza di una metodologia di
rilevamento che presuppone la registrazione di ogni cambiamento avvenga
davanti al video: bambini e non solo cui scappa la pipí, telefoni e
citofoni che squillano, pietanze sul fuoco in cucina, faccende
domestiche da sbrigare, figli, mariti, mogli, suocere e zii che chiamano
dalle altre stanze; tutti comportamenti che inducono ad abbandoni
repentini dalla visione tv e che dovrebbero essere sempre, dico sempre,
segnalati sul telecomando Auditel. Immaginiamo che stress per queste
famiglie, che devono gestire non solo il telecomando della Tv - quanto
spesso conteso tra i vari componenti - ma contemporaneamente devono pure
registrarsi sul telecomando dell’Auditel, anche quando fanno zapping,
sí perché basta restare sintonizzati per 31 secondi su un canale, per
ritrovarsi il giorno dopo conteggiati negli ascolti di quel programma.
Chissà che rimorsi avranno questi campioni Auditel quando si
addormentano con la Tv accesa - io conosco tantissime persone che lo
fanno abitualmente - e figurano come migliaia di persone che avrebbero
visto quella trasmissione. E poi chissà quanti di questi campioni
‘barano’ con il telecomando Auditel per prendersi gioco del sistema,
per superficialità, per negligenza, o anche per interessi personali
verso questo o quel programma, o di scelta di campo in una situazione -
quella italiana - di duopolio televisivo e politico. Allora si accenderà
la Tv su una rete Rai o Mediaset e si lascerà sintonizzata anche quando
nessuno la vede o si esce di casa. E’ certo un modo per sostenere
l’uno o l’altro polo televisivo o politico che dir si voglia. C’è
da dire ancora che l’Auditel controlla 1 o al massimo 2 televisori a
famiglia - sono 8 mila i meter, dislocati in genere sulla tv del
soggiorno, perché la più frequentata, e in seconda battuta della
cucina o del tinello - e nulla sappiamo sugli ascolti degli altri
apparecchi accesi in casa, nelle camere da letto, negli studi, dove in
genere si fa un ascolto più mirato.
Alle distorsioni del campione e alla macchinosità del rilevamento, si
aggiungono i limiti tecnici, per cui i dati Auditel paradossalmente sono
più affidabili - fatte salve le riserve sopra elencate - sui grandi
numeri, nelle ore di maggiore ascolto, per cui un emittente minore come
La Sette può maturare errori di stima fino al 70 per cento al mattino.
C’è poi il problema delle sovrapposizioni di frequenze tra le Reti.
Nelle ore serali solo Rai 1, Canale 5 e La Sette non si sovrappongono, e
al pomeriggio solo Rai 2 e La Sette, mentre tutte le altre emittenti si
confondono ed è impossibile attribuire con certezza le audience dei
vari canali.
Per anni ci è stato detto che l’Auditel era materia per addetti ai
lavori ed invece scopriamo che è materia per una riscossa civile -
forse anche attraverso le vie legali - se davvero siamo stati ingannati
da uno strumento tanto fallace, che è stato accreditato come rilevatore
degli ascolti televisivi della popolazione italiana.
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Le elaborazioni
dell’Auditel: Audience, Share, Penetrazione, Contatti netti, Minuti
visti, Permanenza. La matematica dell'Auditel
Le
elaborazioni dell’Auditel – viene puntualizzato - permettono diversi
livelli di lettura. Audience: numero medio di ascoltatori di
un’emittente nell’intervallo considerato. Share: rapporto tra il
numero medio di ascoltatori di un emittente e numero medio di
ascoltatori del totale delle emittenti nell’intervallo considerato.
Penetrazione: rapporto tra numero media di ascoltatori di un emittente
nell’intervallo considerato e l’universo di riferimento. Contatti
netti: numero di individui che hanno visto per almeno 1 minuto i
programmi dell’emittente nell’intervallo considerato Minuti visti:
numero medio di minuti visti di un’emittente da parte degli
ascoltatori di almeno un minuto nell’intervallo considerato.
Permanenza: rapporto tra numero medio di minuti visti e il numero di
minuti di durata dell’intervallo considerato.
La “matematica” dell’Auditel è dunque fatta di somme di
spettatori che per mezzo minuto arrotondato ad 1 minuto formano il
pubblico, ma le persone vere che nelle case guardano la Tv sono ben
altra cosa: si soffermano a lungo su un programma mirato o cambiano
canale quando sono delusi, irritati, annoiati, o cercano invano per
breve o lungo tempo una trasmissione di loro gradimento o spengono la Tv
per i più vari motivi. Ecco tutti questi comportamenti sono uniformati
sul telecomando del meter, che di ogni presenza davanti al video, vera o
presunta, fa un fascio indistinto di pubblico, un artificio ad uso di
chi ha bisogno di numeri e non di persone.
I dati di ascolto prodotti dall’Auditel– è specificato - vengono
classificati, ogni giorno attraverso 16 target psicografici, ovvero
“stili di vita”, centrati su caratteri di età e di reddito, valori
individuali, attività sociali, utenza dei mezzi, tempo libero, modelli
di consumo e regimi alimentari L'iniziativa, svolta in collaborazione
con l’Eurisko, risponde alle esigenze di un mercato sempre più
orientato, allo scopo di ottimizzare gli investimenti verso gruppi
riconosciuti attraverso atteggiamenti e comportamenti. Abbiamo cosí i
target giovanili: liceali, delfini e spettatori; i target superiori:
arrivati ed impiegati; i target centrali maschili: organizzatori ed
esecutori; i target centrali femminili: colleghe, massaie, commesse,
raffinate; i target marginali: avventati, accorti e appartate P1,
appartate P2 e appartate P3.
Dunque l’intera popolazione italiana viene compresa nel campione
Auditel in 16 sibilline categorie del tipo raffinate, appartate 1,2,3,
delfini, avventati… sembra un gioco estivo da fare al mare sotto
l’ombrellone per capire dove ognuno può collocarsi per contentare gli
sponsor pubblicitari.
Per la sua stessa natura costitutiva - conclude l’opuscolo - l’Auditel
intende essere una Casa di vetro. Perciò, ogni fase della costruzione
del progetto è passata attraverso il più severo e completo esame
preventivo del Comitato tecnico e, naturalmente, l'approvazione del
Consiglio di amministrazione. La credibilità di un organismo delicato
come l’Auditel, d'altra parte, non può derivare da un “atto di
fede”, ma da una continua verifica tecnico- scientifica. Pertanto i
nodi cruciali del sistema sono stati sottoposti al giudizio e al
controllo di docenti universitari o istituti di auditing. Ogni passo di
Auditel poggia sul terreno solido di una validità, preventivamente
“testata” da certificatori di indiscutibile reputazione. Quando si
pone il falso problema della credibilità dell'Auditel, le verifiche
sono la risposta e la sostanza, il resto è rumore.
Peccato che in 15 anni la Casa di Vetro sia rimasta inaccessibile ad
ogni estraneo all’Auditel: chiunque ha bussato alla sua porta è stato
infatti garbatamente ma fermamente respinto nei migliori casi o
malamente scacciato e minacciato nei peggiori. Basti citare il professor
Rodolfo de Cristofaro, ordinario di Statistica all’Università di
Firenze, che già nell’84 aveva riscontrato l’inattendibilità delle
rilevazioni Auditel e che per 17 anni ha cercato inutilmente spazio
sulla stampa per una denuncia pubblica. |