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Viktor Bout: il mercante della morte
23 marzo 2008 - Di Fulvio B. - corrispondente da Kampala Uganda

Una settimana fa la polizia thailandese arresta a Bangkok Viktor Bout di nazionalità russa. Le autorità orgogliosamente affermano di aver agito sotto il mandato internazionale di arresto emesso qualche anno fa dalle Nazioni Unite e di aver sventato un tentativo di vendere un importante stock di armi al movimento guerrigliero FARC (Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia). L’arresto e’ stato possibile grazie agli sforzi congiunti della DEA Americana e dell’Interpool di quattro paesi: Thailandia, Olanda, Romania e Danimarca.
Nato a Dushanbe Tajikistan nel 1967 inizia la sua particolare attività economica nel 1992. Ex agente del KGB, Viktor Bout riesce ad accedere agli arsenali dell’ex Unione Sovietica e di altri paesi dell’est europeo, grazie ai suoi ottimi contatti con le alte sfere del esercito russo.
In brevissimo tempo organizza una complicata rete internazionale per la vendita illegale di armi, costruendosi un impero economico. Nei primi tre anni di attività (dal 1992 al 1995) fornisce armi a diverse milizie afgane compresi i Talebani per un valore di 50 milioni di dollari americani. Dopo di che si orienta sul classico mercato africano ottenendo ottimi risultati. Nel primo biennio di attività (1997 – 1998), riesce a piazzare armi per un valore di 14 milioni di dollari americani.

Viktor Bout concentrerà le sue attività nel continente africano fino al 2003 per poi rivolgersi al florido mercato offerto dalla guerra in Irak. Il suo catalogo e’ completo. E’ in grado di offrire una vasta gamma di armi e munizioni, dal AK 47 di fabbricazione sovietica o cinese a sofisticati sistemi missilistici terra aria ed elicotteri da combattimento russi MI-24.
Parallelamente costruisce un impero economico legale nel settore dell’aviazione civile arrivando ad avere una flotta di 60 aeroplani per il trasporto di persone e merci registrati sotto una dozzina di compagnie internazionali ed impiegando più di 300 persone.
La sua fama internazionale arriva fino ad Hollywood che gli dedica un film: “Lord of War” interpretato da Nicholas Cage nel ruolo di un trafficante di armi russo Yuri Orlov. Il giornalista Douglas Farah scrive un bestseller sulla vita di Viktor Bout intitolato: “Merchant of Deaht: money, guns, planes and the man who make war possible” (Il Mercante della morte: soldi, armi, aerei e l’uomo che rende possibile la guerra).

Pensare che il macabro successo di Viktor Bout sia stato possibile solo grazie alla complicità di degenerati e corrotti generali russi e’ estremamente riduttivo.
Se si analizzano attentamente le sue attività nel continente africano si scopre un filo indissolubile tra il mercante della morte e le mire espansionistiche degli Stati Uniti per il controllo delle materie prime nel continente, causa di orrendi conflitti come quelli del Congo, Liberia, Sierra Leone.
Nella Repubblica Democratica del Congo (ex Zaire) Viktor Bout diventa il fornitore ufficiale del MLC (Movimento di Liberazione del Congo) guidato dal war lord Jean Pierre Bemba e sostenuto dall’Uganda. E visto che si trova nella zona diventa anche il fornitore principale del RCD (Rassemblamento Congolese per la Democrazia) guidato da Wamba Dia Wamba e sostenuto dal Rwanda.

Questi due movimenti imperverseranno nel Nord Kivu e Sud Kivu dal 1997 al 2004 in supporto all’occupazione militare ugandese e rwandese di tutto l’est del Congo. Durante questo periodo, ricordato tra i più tragici della storia del Congo, i due movimenti furono responsabili di atrocità inaudite contro la popolazione civile, causando decine di miglia di morti. Il MLC di Bemba arriverà addirittura a praticare il cannibalismo e lo stupro di massa come strumenti per terrorizzare la popolazione.
Viktor Bout, associatosi ad un cittadino kenyota di origine asiatica: Sanjivan Ruprah, accede al mercato delle armi in Sierra Leone e Liberia alimentando militarmente in Sierra Leone la sanguinaria guerriglia del RUF (Fronte Rivoluzionario Unito) e l’ex presidente liberiano Charles Taylor attualmente sotto processo presso il Tribunale Internazionale per i Crimini contro l’Umanità.

Tra i clienti africani di Viktor Bout vi sono soprattutto i stati satelliti americani: Uganda, Rwanda, Kenya ed Etiopia, utilizzati direttamente o indirettamente dall’amministrazione Clinton e successivamente da quella di Bush, come war dog (mastini di guerra) per consolidare l’espansione americana in Africa basata sulla tattica di destabilizzazione e guerre civili.
Viktor Bout ha fornito all’Uganda vari elicotteri russi MI-24. Oltre a questi preziosi elicotteri che permettono all’esercito ugandese di applicare la tattica tedesca della guerra lampo, ha fornito un immenso arsenale di armi leggere e munizioni impiegate dall’Uganda durante l’invasione dell’est del Congo.
Dalla metà degli anni ’90 Viktor Bout equipaggia la polizia del Kenya di AK 47 di fabbricazione cinese sostituendo il precedente equipaggiamento composto da fucili automatici belgi G3 e dai uzi israeliani. La sua capacità di comprendere le perverse dinamiche dei politici africani gli permetterà di estendere la vendita dei AK 47 anche alle innumerevoli bande criminali che operano nel paese utilizzate dai politici kenyoti sia del governo che dell’opposizione per rafforzare i loro potere e privilegi. La più famosa di queste bande armate e’ nota sotto il nome di Mungiki.

Grazie agli AK 47 del Mercante della Morte queste bande armate hanno ucciso più di 1.000 civili nei recenti scontri post elettorali, dove il Kenya ha vissuto la violenta contrapposizione tra il presidente Kibaki (di etnia Kikuyo) e il candidato Odinga (di etnia Luo). Accusandosi reciprocamente di frode elettorale i due contendenti hanno utilizzato le bande armate, prima tra tutte i Mungiki, nel tentativo di far scattare la scintilla dello scontro tribale per assicurarsi il potere. Solo grazie alla opposizione civile di entrambi queste due etnie maggioritarie nel paese che hanno rifiutato la logica di odio etnico, i due contendenti non sono riusciti a perpetuare l’orrendo crimine che riporta alla memoria il genocidio del 1994 in Rwanda e sono stati costretti ad accettare un seppur fragile e provvisorio compromesso di coogestione del paese.
Viktor Bout oltre alla vendita di armi si e’ impegnato anche nel saccheggio delle risorse minerarie del Congo durante l’occupazione ugandese e rwandese dell’est del paese dal 1997 al 2004.

Attraverso due compagnie aree: la Bukavu Aviation Tranport e la Air Cess e una società mineraria: la Centrafrican and Great Lakes Business Company, Viktor Bout assume durante il periodo di occupazione un importante ruolo di intermediario nel saccheggio delle ricchezze dell’est del Congo: coltan, diamanti e altri minerali preziosi. I beneficiari diretti di questo saccheggio sono l’Uganda, il Rwanda e soprattutto gli Stati Uniti e in misura minore il Canada.
Le sue compagnie aeree nel Kivu sono state addirittura utilizzate per il trasporto di persone e merci da varie Agenzie Umanitarie dell’ONU anche dopo che le Nazioni Unite avevano spiccato contro di lui il mandato d’arresto internazionale per traffico illecito di armi.
Recentemente Viktor Bout ha fondato nel Medio Oriente un’altra compagnia aerea, la Air Bus, diventando dal 2003 un contractor ufficiale del Pentagono incaricato del trasporto di forniture militari USA in Irak.
L’arresto di Viktor Bout rischia di creare forti imbarazzi a molte persone che detengono il potere sia in Africa, nel Congresso Americano e ai vertoco delle Nazioni Unite. Il suo processo rischia di rivelare intrigate complesse e sotterranee reti tra questo mercante di morte e Presidenti Africani, la Casa Bianca e il Pentagono.

Nonostante le prove e i pesanti capi di accusa che gravano su Viktor Bout, il suo recente arresto non ispira fiducia tra gli attivisti internazionali dei diritti umani, convinti che goda di protezioni ad alti livelli nel Congresso Americano.
Questa convinzione e’ legata dal fatto che il suo traffico illegale di armi ha stranamente coinciso con gli obiettivi strategici degli Stati Uniti in Africa e in Irak.
Il rischio e’ che si trovi qualche scappatoia legale per una uscita di scena indolore di questo scomodo personaggio al fine di evitare la denuncia dei suoi complici internazionali.
Non meravigliamoci dunque se tra poco calerà il silenzio su questo criminale contro l’umanità. Si sa che cane non morde cane. Inoltre qualcuno dovrà pure continuare il lavoro sporco perché, come diceva il grande Alberto Sordi in un suo famoso film: “Finche’ c’e’ guerra c’e’ speranza”...

Fulvio B.
Kampala Uganda
18 marzo 2008

Fonti:
Settimanale di informazione dei Grandi Laghi East African
http://www.nationmedia.com/eastafrican/current/
Fonti dirette nel mondo imprenditoriale dell’est del Kivu (RD Congo) ed Uganda.
Per commenti e scambi di pareri: fulvioblt@yahoo.it

 
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