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Prefazione
di Alex Zanotelli
Tratto dal libro: “Sanità
obbligata” di Claudia Benatti
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IL LIBRO
Ho letto con grande interesse, da un treno all'altro, da un incontro all'altro e nei pochi momenti liberi che ho a Napoli, questo libro. Io lo definirei un libro di protesta, ho sentito che è stato scritto con rabbia, capisco questa rabbia e penso sia giusto oggi scrivere con rabbia. Per me questo libro è un grido di allarme, forte, chiaro. Almeno Claudia potrà dire, davanti alla sua coscienza e al suo Dio, di avere gridato la verità in faccia alla società, potrà dire di aver messo in guardia la gente da quello che sta avvenendo. La gente non vuole scoprire tutto questo, non ne vuol sapere, eppure è importante che persone come Claudia vadano avanti a dire queste cose, perché purtroppo sono ormai pochi coloro che le dicono. Quello di Claudia è un grido forte contro la manipolazione che sta trasformando questo tipo di società, soprattutto da parte dei poteri forti, delle case farmaceutiche, della casta medica che, volente o nolente, insieme alle grandi multinazionali, è parte integrante di quello che sta avvenendo. Questo libro mi ha ricordato un altro libro che mi ha fatto molta impressione; lo avevo letto negli anni '70 quando era appena uscito. Allora era un libro che "tirava", che andava di moda, oggi non se ne parla quasi più: è il libro di Ivan Illich, il titolo è “Nemesi medica”. Ivan Illich, uno dei più notevoli pensatori di quegli anni e prete cattolico che conosceva molto bene i problemi del Sud America e del Sud del mondo, aveva sferrato un attacco durissimo a tutto quello che era la medicina occidentale e a quello a cui ci avrebbe portato.
La realtà, pensate, oggi è ancora peggiore di quanto Illich avesse potuto prevedere. Ecco perché ritengo importante questo grido di ribellione contro un mondo che ci viene imposto, dove non si è più liberi. Un mondo dove tutto è retto dall'impero del denaro, dove l'unico motivo di tutto è semplicemente il profitto e per il denaro vendiamo tutto e ci vendiamo tutti. Penso che gli ambiti dove tutto ciò si manifesta di più siano proprio quello medico, quello farmaceutico, quello psichiatrico. Siamo arrivati ormai alla dittatura delle multinazionali farmaceutiche, poche, potentissime multinazionali che hanno legami strettissimi con il mondo dei dottori, il mondo dei legislatori; incredibile quanto queste multinazionali spendano per assicurarsi la simpatia dei medici, degli psichiatri, perché poi così essi prescrivano le loro medicine. Incredibile quanti soldi stiano spendendo in grandi convegni e congressi; un esempio per tutti è proprio il convegno nazionale degli psicopatologi tenutosi a Roma che viene citato nel libro. Basterebbe leggere quello che il professor Camillo Valgimigli sostiene per farsene un'idea compiuta.
Cito dal testo del capitolo 11: «In una cornice faraonica all'interno dell'hotel Hilton Cavalieri di Roma (uno dei più lussuosi e costosi per vip della capitale) dove tutte le multinazionali che producono psicofarmaci hanno comprato enormi spazi per propagandare i loro prodotti agli psichiatri presenti, si è svolto il nono congresso della Società italiana di psicopatologia, una vera e propria fiera mercato. Tremila psichiatri con una spesa di iscrizione di circa 800mila vecchie lire cadauno (nell'80% dei casi completamente pagati dalle aziende produttrici) hanno partecipato accumulando crediti formativi, in un contesto condotto da cattedratici universitari specialisti di una psichiatria erede di Lombroso [quello che aveva fatto internare nei manicomi moltissimi anarchici, sostenendo che chi non tollerava lo Stato non poteva che essere pazzo, N.d.A.], che hanno presentato dati epidemiologici alla stessa maniera dei maghi delle varie televendite, al punto che qualcuno, ancora in grado di fare ironia in un contesto siffatto, li ha definiti le "Vanna Marchi della psichiatria". Purtroppo in una cornice di questo tipo, in cui ben 17 simposi sono stati letteralmente condotti (spesso con colazioni di lavoro) dalle diverse case farmaceutiche, anche i principali mass media sono caduti nella trappola della presunta scientificità dei dati». Basterebbe un commento come questo per capire quello che sta avvenendo.
E in quel convegno i dati presentati sono incredibili, diffusi appositamente per propagandare certe cose, presentati e spacciati per dati scientifici. Per esempio, si è detto che la depressione in Italia colpisce una donna su 4 e un uomo su 10 almeno una volta nella vita, per cui circa dieci milioni di italiani, il 18% della popolazione adulta del nostro Paese, potrebbero essere affetti da questa "malattia". A quel convegno è stato detto anche che una donna su 10 in gravidanza è depressa e che il 50% dei bimbi che nascono va incontro a disturbi di tipo psicopatologico. Da qui il salto è poi facilissimo; se questa è la situazione, la soluzione è rappresentata dagli psicofarmaci, anche ai bambini. Tutto ciò è di una gravità estrema e fa bene Claudia a reagire in questo libro con rabbia. Perché tutto questo minaccia la nostra stessa società civile, la nostra convivenza sociale, il nostro essere uomini e donne. C'è qualcosa di profondamente demoniaco in tutto ciò, e non parlo di demoni con le corna, ma di demoni che conosciamo ormai molto bene in questa nostra società. E la proposta di legge avanzata da Burani Procaccini e Naro rende un favore molto grande, come dice bene il libro, alle lobby farmaceutiche perché lascia intendere chiaramente che la scelta è quella di premere al massimo per l'utilizzo massiccio degli psicofarmaci e di diffondere un allarmismo assolutamente eccessivo, facendo passare il diffuso disagio esistenziale odierno per malattia mentale. E qui davvero secondo me si tocca un altro aspetto fondamentale; un passaggio del libro è cruciale, quello dove si afferma che «in questo modo lo psicofarmaco si trasforma in un diritto, da imporre se necessario in nome del bene del singolo e della collettività.
Ed è proprio qui che si scopre il gioco, che il meccanismo diventa chiaro, è questo il business: psicofarmaci gratuiti per una schiera sempre più vasta di malati, ma in verità a carico di tutti i contribuenti per la gioia delle case farmaceutiche che li producono». Tutto questo pone dei problemi enormi a tutti quanti. Verso che tipo di società stiamo andando? Siamo forse manipolati dalla nascita alla morte? Siamo ancora uomini e donne? Come fare a parlare di diritti umani o di libertà davanti a cose come queste? E tutto in nome del profitto. E’ questo che rende particolarmente importante il grido di Claudia, perché parla a nome di tutti gli emarginati, a nome di tutta la gente disprezzata del Nord del mondo, lo fa in nome di tanti cittadini letteralmente presi in giro. E qui mi ricollego a questo grido allargandolo. Ringrazio Claudia per la passione con cui sta lottando, ma penso che a queste ragioni debbano essere aggiunte ragioni ancora più profonde. Se Claudia non può accettare un mondo così assurdo come quello che abbiamo fra le mani e i cui frutti vediamo nel cuore stesso dell'impero, può capire quanto io ancor meno possa accettare un mondo dove la gente non ha neanche il minimo per sopravvivere. Il mio è il grido di milioni, miliardi di esseri umani; non posso accettare un sistema che permette a pochi di avere quasi tutto. Non posso accettare questo sistema dove il 20% del mondo possiede l'80% delle risorse di questo pianeta.
Non posso accettare un sistema dove metà della popolazione mondiale, tre miliardi di persone, è costretta a vivere con meno di 2 euro al giorno, mentre le "vacche" europee ingrassano con 2 euro e mezzo al giorno, ogni vacca americana ha 5 euro al giorno, ogni vacca giapponese ha 7 curo al giorno. Non posso accettare un mondo dove dai 40 ai 60 milioni di persone all'anno vengono uccise dalla fame. Non posso accettare un mondo che va verso la privatizzazione e le privatizzazioni significano nuovi genocidi per i poveri di questo mondo. Non posso accettare un mondo che si avvia a ritenere l'acqua una merce in mano alle multinazionali. Come farà un miliardo di persone, costretto a vivere con meno di 1 euro al giorno, a comprarsi l'acqua di marca che costa una follia? Noi ci troviamo di fronte oggi ad un sistema che crea l'assurdo nel mondo e Claudia l'ha dimostrato e lo sta dimostrando. Si tratta di un sistema che mina tutto, ma dove alla fine a pagare sono soprattutto i poveri. Non posso accettare un sistema dove quel 20% che utilizza e possiede l'80% delle risorse, per mantenere il proprio stile di vita, deve armarsi fino ai denti. Per combattere e acquistare armi, solo gli Stati Uniti nel 2003 hanno speso 100 miliardi di dollari; tutto questo sarà pagato da questo unico mondo che abbiamo. Gli scienziati ormai ci ammoniscono che il tempo che abbiamo è breve, stiamo distruggendo l'ecosistema. Ecco allora che al grido di Claudia deve essere aggiunto il grido più globale, il grido dei poveri, di chi muore per guerra, di questo ecosistema distrutto, un grido a nome di tutta la gente emarginata, la gente di cui anche nel libro si parla e di cui si prendono le difese. E’ a nome di questi che noi diciamo che non possiamo accettare un sistema di questo tipo che ammazza, esclude, emargina, manipola. Ecco il cuore della contestazione.
Mi sembra poi utile e interessante ricordare, come avviene nel libro, una grande figura di questo Paese che è l'Italia, figura che molto spesso tendiamo a dimenticare: Franco Basaglia. Ricordiamo quest'uomo come colui che ha dato il nome alla famosa legge che ha chiuso i manicomi. Ma giustamente, come si legge nelle pagine a venire, la chiusura dei manicomi non era lo scopo finale dell'operazione di Basaglia, ma il mezzo attraverso cui la società potesse fare i conti con le figure del disagio che la attraversano. Nel secondo capitolo si legge come Basaglia abbia dato due definizioni di follia. La prima: «La follia è diversità, oppure avere paura della diversità». La seconda: «La follia è una condizione umana. In noi la follia esiste ed è presente come lo è la ragione. Il problema è che la società, per dirsi civile, dovrebbe accettare tanto la ragione quanto la follia, invece incarica una scienza, la psichiatria, di tradurre la follia in malattia allo scopo di eliminarla». Ecco il problema di fondo; è il problema che Basaglia ha posto chiudendo i manicomi, ma quello era solo l'inizio. Noi dobbiamo avere il coraggio, se vogliamo davvero che l'uomo abbia un futuro, di ripensare radicalmente il nostro sistema. C'è bisogno della nascita di un nuovo uomo, abbiamo bisogno della nascita di quello che padre Balducci chiama l'uomo planetario, cioè un uomo capace di fare un salto antropologico.
Deve
accadere se vogliamo sopravvivere. Noi non contestiamo soltanto un
sistema; stiamo chiedendo che l'umanità abbia il coraggio di fare un
salto di qualità e incominci a ripensare la società umana in maniera
radicalmente nuova. E’ questa la grande sfida che ci attende; ecco
perché non si tratta soltanto di contestazione della società, ma si
tratta di ripensare un altro tipo di società. Si tratta soprattutto di
invitare ognuno di noi ad una conversione radicale, ad un salto
profondamente umano, un salto antropologico per diventare veramente non
più un cittadino di ieri ma un cittadino planetario capace di vivere in
maniera "altra" da quella in cui viviamo. Ecco la sfida enorme
che il libro di Claudia pone e a cui siamo di fronte. Dobbiamo avere il
coraggio davvero di mettere l'uomo al centro, non l'uomo bianco, non
l'uomo intelligente; ma l'uomo e la donna e basta. Sono loro il cuore
del mondo, non ci sono normale e anormale, dobbiamo davvero convincerci
che o ci accogliamo tutti così come siamo e ci rispettiamo e ci
troviamo ricchi delle nostre differenze religiose e culturali, o non ci
sarà nessun futuro. Aveva ragione il grande vescovo ucciso nel 1996 in
Algeria, Pierre Clavery, a dire: non c'è umanità se non al plurale. In
fondo la battaglia che Claudia sta portando avanti in questo libro è la
battaglia globale che dobbiamo portare avanti nel mondo. Deve nascere un
mondo "altro", un altro uomo; soltanto un'umanità
"plurale" permetterà davvero al mondo di continuare a vivere.
Grazie per quello che Claudia fa attraverso questo libro, grazie per
l'impegno e grazie a tutti coloro che si impegnano; siamo pochi ma
ritengo che sia importante aiutare tutti a capire la gravità del
momento. E poi diamoci tutti una mano, impegniamoci a cambiare e
trasformare questo mondo perché davvero la vita vinca.