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Il riscaldamento globale ti fa bene!
Tratto dal libro: “FIDATI! Gli scienziati siamo noi
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Negli Stati Uniti, la sola minaccia dei cambiamento climatico incombente ha costretto le industrie petrolifera e mineraria a ideare politiche di smentita.
Sebbene a questo punto tale compagna potrebbe apparire non più sinistra di altre strategie di relazioni pubbliche, esso possiede una sottile potenzialità antidemocratica e persino totalitaria, tesa a tenere a freno la libera circolazione delle informazioni, dominare le decisioni del Congresso e oscurare tutti i più significativi tentativi internazionali per far fronte alla crisi globale.
(Ross Gelbspan, "Clima rovente”)

Fatta eccezione per la guerra nucleare, è difficile immaginare un problema di portata maggiore dell'effetto serra. L'idea che le emissioni industriali di monossido di carbonio e di altri gas a effetto serra possano provocare un cambiamento climatico è stata seriamente discussa dagli scienziati sin dal 1957. E’ divenuta oggetto di dibattito pubblico per la prima volta durante l'estate terribilmente calda dei 1988, quando il dottor James Hansen del Goddard Institute for Space Studies della NASA avverti una commissione dei Congresso che le attività industriali umane stavano già esercitando un impatto misurabile e crescente sul clima della Terra. In seguito alla testimonianza di Hansen, la rivista Time scrisse che le possibili conseguenze del riscaldamento terrestre "sono così spaventose che sarebbe saggio da parte dei governi rallentare la produzione di monossido di carbonio mediante misure preventive".

Mentre negli anni successivi si assisteva al progressivo aumento delle temperature globali, i risultati delle simulazioni computerizzate suscitarono sempre più preoccupazione tra i climatologi. Il documento più autorevole che esprime tale preoccupazione è un rapporto del novembre 1995 diffuso dall’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) un gruppo di 2.500 climatologi di tutto il mondo che inviò il suo monito alle Nazioni Unite. Il documento prediceva "disordini economici e sociali di vasta entità durante il prossimo secolo" qualora non si fossero intraprese misure immediate per limitare le emissioni dei gas serra. Per prevenire la catastrofe, l'IPCC richiese misure urgenti per una riduzione iniziale delle emissioni di gas a effetto serra del 20% al di sotto dei livelli dei 1990, per arrivare successivamente a una riduzione dei 70%.

I gas di scarico delle automobili, le centrali elettriche alimentate a carbone, le ciminiere delle fabbriche e le altre emissioni di scarico dell'era industriale immettono attualmente ogni anno sei miliardi di tonnellate di monossido di carbonio e altri "gas serra" nell'atmosfera terrestre. Si chiamano gas serra perché intrappolano l'energia radiante del sole che verrebbe altrimenti riflessa indietro nello spazio. Il fatto che un effetto serra avvenga naturalmente è ben noto e non è in discussione. Senza tale effetto, infatti, le temperature calerebbero talmente che gli oceani si congelerebbero e la vita come la conosciamo sarebbe impossibile. Tuttavia, le preoccupazioni dei climatologi sono rivolte all'aumento dei livelli dei gas serra nell'atmosfera, che trattengono eccessivo calore. Attualmente, le concentrazioni di gas serra sono ai loro massimi livelli in 420.000 anni.

“Lo studio di base del riscaldamento globale non è cambiato da quando il problema è stato sollevato nel nostro paese", osserva una lettera aperta dei dicembre 1999 dei direttori dei U.S.
National Oceanic and Atmospheric Administration e dei British Meteorological Office. Inoltre, il consenso è cresciuto sia negli ambienti scientifici che in quelli imprenditoriali. I nuovi dati e l'attuale livello della conoscenza scientifica indicano la situazione critica che ci aspetta: per rallentare l'imminente cambiamento climatico, dobbiamo agire immediatamente. Allo stesso tempo, a causa delle nostre attività passate e presenti, dobbiamo iniziare a imparare a convivere con le probabili conseguenze - climi più estremi, innalzamento dei livelli dei mare, modifiche nelle caratteristiche delle precipitazioni, disordini ecologici e agricoli e crescente diffusione di malattie tra gli esseri umani... Ignorare il cambiamento climatico è la più costosa delle scelte possibili, per noi e i nostri figli".

Tra gli scienziati più autorevoli ciò che sta accadendo è fuori discussione", dice James McCarthy, che presiede l'Advisory Committee on the Environment dell'International Committee of Scientific Unions. "Ciò che è in discussione è la rapidità con cui sta accadendo". Tra il 1987 e il 1993, McCarthy sovrintese al lavoro dei principali studiosi del clima di 60 paesi che svilupparono il cruciale rapporto dell'IPCC dei 1995.
Vi sono, ovviamente, controversi punti interrogativi di autentica incertezza scientifica. Nessuno sa quanto rapidamente o drasticamente avverrà il cambiamento climatico, o quanto gravemente influirà sulle risorse di cibo, sui livelli oceanici e sulla diffusione di malattie. Attualmente ci si interroga anche su quanto il riscaldamento globale stia già influendo su siccità, intensi uragani e fenomeni di degrado ambientale come la decolorazione del corallo. Date queste, incertezze, è difficile parlare di uno "scenario al limite dei disastro", ma tra gli scenari plausibili ve ne sono alcuni sufficientemente spaventosi. Alcune di queste possibilità sono esposte nel libro "Clima Rovente" di Ross Gelbspan. Gelbspan cita il compianto dottor Henry Kendall, vincitore di un Premio Nobel per la fisica, il quale esprimeva la preoccupazione che il cambiamento climatico potesse dissestare l'agricoltura proprio in un momento in cui la crescita demografica del pianeta sta già comportando una domanda alimentare senza precedenti. 'Le risorse alimentari dei mondo", disse Kendall nel 1995, "dovranno raddoppiare entro i prossimi trent'anni per poter sfamare la popolazione mondiale, che sarà raddoppiata nei prossimi sei anni. Altrimenti, entro la metà dei prossimo secolo - quando molti paesi in via di sviluppo non avranno più acqua a disposizione per irrigare le proprie coltivazioni - la popolazione supererà le riserve alimentari, e vi sarà il caos. Basterà appena un altro passo avanti dei cambiamento climatico - una serie di siccità e alluvioni che distruggano le coltivazioni - e ci ritroveremo sulla bocca di un vulcano”.

Gelbspan è convinto che un disastro globale di queste dimensioni non significherebbe soltanto la fame di massa, ma minaccerebbe anche la sopravvivenza delle istituzioni democratiche, specialmente nei paesi in via di sviluppo. “In molti di questi paesi, nei quali le tradizioni democratiche sono fragili quanto l'ecosistema, basteranno poche emergenze ambientali per ritornare alla dittatura", avverte. "Questi governi vedranno nella democrazia un ostacolo per rispondere a crisi alimentari, ammanco di acqua ed emergenze sanitarie - oltre che a un'ondata di profughi provenienti da terre prive di mezzi di sostentamento e di aiuti". Questa versione dei futuro - un mondo affamato sotto la legge marziale - non è in assoluto inevitabile, ma i gruppi che chiedono forti misure per frenare il riscaldamento globale credono che questi scenari da incubo siano abbastanza verosimili da giustificare l’invocazione del principio di precauzione.
Per le industrie petrolifera, mineraria e automobilistica, questi allarmi rappresentano un altro tipo di gravi conseguenze. Qualunque provvedimento intrapreso per controllare le emissioni di gas serra minaccia i consueti standard delle loro attività economiche. Vedono le conclusioni degli scienziati sul riscaldamento terrestre con la stessa ostilità interessata con cui l'industria del tabacco guarda agli scienziati che studiano il cancro. Come l'industria del tabacco, hanno speso milioni di dollari nei tentativi di smontare la scienza a loro avversa. Tuttavia, hanno trovato poca adesione da parte degli "autorevoli scienziati” a cui si riferisce McCarthy quelli attualmente impegnati in importanti ricerche e le cui scoperte vengono pubblicate sulle riviste scientifiche specializzate. Il consenso sul riscaldamento globale tra questi scienziati è così forte che le industrie petrolifera e automobilistica sono state costrette a cercare a lungo delle voci disposte a unirsi alle loro smentite. A partire da questa situazione di fatto, la misura in cui il settore delle pubbliche relazioni è riuscito a creare l'illusione che il riscaldamento globale non sia altro che una teoria controversa e aspramente dibattuta è piuttosto significativa.

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