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Quando un piccolo gesto può fare la differenza
D.ssa Maria Concetta Digiacomo - 22 gennaio 2010

Quando si parla di Fame nel mondo, si rischia troppo spesso di fare un discorso demagogico e in quanto tale può non essere sentito dai più. Spesso il problema viene vissuto come qualcosa che non possiamo modificare. Nel nostro piccolo,  nel nostro vivere quotidiano, possiamo pensare di fare beneficenza aiutando i più poveri, facciamo delle donazioni, aiutiamo delle associazioni umanitarie di cui ci fidiamo, ma a volte basta anche un gesto apparentemente  insignificante, che invece ha delle ripercussioni veramente rilevanti. Vorrei  così dare un messaggio semplice, apparentemente poco significativo, ma al tempo stesso di sostanziale rilevanza.

I numeri

- 900 milioni di persone soffrono la fame e ben 2 miliardi sono quelle mal nutrite; 
- ogni anno 11 milioni di bambini muoiono per cause facilmente prevenibili (basterebbe molto spesso che avessero almeno accesso all’acqua e che questa fosse potabile). Molti altri ancora si “perdono in mezzo ai vivi”, resi invisibili dalla miseria. Di loro si perde ogni traccia, perché mai registrati alla nascita, perché rimasti orfani in età troppo tenera o perché finiti con in mano un fucile in un inferno molto più grande di loro, o finiti nel giro della prostituzione o finiti nel macabro, ma molto ben orchestrato (ad alti livelli!!) giro del traffico illegale degli organi!! 
- Oltre 600 milioni di loro, sotto i 5 anni di età, sopravvivono con meno di 1 dollaro al giorno, 200 milioni sono affetti da rachitismo per malnutrizione e oltre 110 milioni non vanno a scuola.  

Dall'altra parte...

- 1 miliardo e 142 milioni di persone sono sovrappeso.
- 29.2 milioni di persone ogni anno muoiono per eccesso di cibo (17,5 milioni per patologie cardiovascolari, 9 milioni per patologie tumorali, 3,8 milioni per diabete...)

Cosa dire della parte più  nobile e più pulita, di quel mondo meraviglioso e magico che apparterrebbe loro, di un diritto inviolabile: l’INFANZIA? 
Vengono  privati di tutto questo, con un vero e proprio “saccheggio”!!

Perché organizzazioni importanti come la F.A.O. ad esempio, con i suoi 3500 dipendenti, di cui 1600 dirigenti ben stipendiati,  da anni si interessano e si “impegnano” a tentare di  risolvere il problema della fame, ma non ci riescono!? E perché gli affamati nel mondo aumentano sempre di più senza che a livello di organizzazioni che si fanno carico di questi problemi, non si riesce a trovare una soluzione? Forse perché da sessant’anni, ogni anno si organizzano vertici per discutere di Fame, davanti a tavole imbandite di cibo, o forse perché il 70 % dei dipendenti non vive sul campo, ma comodamente a Roma? O forse il  problema è ancora più grande e la Fame è volutamente e lucidamente DECISA “A TAVOLINO” NEGLI AMBIENTI DELL’ALTA FINANZA E NELLE “STANZE DEI BOTTONI”?
Di fronte a questo scenario cosa possiamo fare noi? Di certo non possiamo “risolvere” il problema  di  così difficile soluzione, ma possiamo fare la “NOSTRA PARTE”.

Le premesse:

- Per produrre 1 kg di carne ci vogliono circa 15.000 litri di acqua;  
- Per ogni kg di carne prodotto, servono 16 kg di cereali  per nutrire gli animali.
- Gli allevamenti di bestiame sono responsabili del 18% delle emissioni complessive di gas serra;
- La produzione di 1 kg di carne causa emissioni equivalenti a 36,4 kg di anidride carbonica;
- Il bestiame è una fonte diretta di metano, 23 volte più dannoso dell’anidride carbonica;
- Ogni ora vengono uccisi, solo negli Stati Uniti, 500.000 animali;  
- 2/3 delle terre fertili
del pianeta, sono usate per coltivare cereali e legumi per gli animali che saranno poi macellati.

Il numero enorme di animali allevati, per produrre carne:

- Bovini = 1.300.000.000,
- Suini = 1.000.000.000,
- Ovini + Caprini = 1.700.000.000
- Avicoli = 12.000.000.000!!!

contrasta in maniera stridente con i dati sulle popolazioni che muoiono ogni giorno per fame (due su dieci!). 

Usare l’85% della produzione di cereali per alimentare gli animali e destinare poi questi all’uomo, da origine ad una catena divoratrice di risorse. E’ stato calcolato che per l’alimentazione del solo miliardo e trecentomilioni di ruminanti del pianeta, si utilizzano cereali che sfamerebbero 9 miliardi di persone!! Quindi le produzioni attuali di cereali sarebbero già più che sufficienti a sfamare tutti: basterebbe ridistribuire la risorse e diminuire il consumo di carne dei paesi ricchi.

Se solo si diminuisse la produzione di carne quanto più cibo  ci sarebbe ? Quanta più acqua?

Quanto meno inquinamento? Perché a livello di FAO o di grosse organizzazioni ONU, non si riesce a mettere in relazione l’aumento della fame con la produzione di carne: nel 2007 la produzione di carne è stata circa 275 milioni di tonnellate; nel 2008 pare supererà i 280 milioni, e a questo ritmo nel 2050 sarà raddoppiata! E sempre che il nostro pianeta resista, saranno anche raddoppiati i morti per fame!

La nostra parte: Rajendra Pachauri, presidente del panel intergovernativo sui mutamenti climatici delle Nazioni Unite, ha recentemente proposto per la salvaguardia del nostro pianeta, per il nostro benessere e per la fame nel mondo, una  soluzione”veloce” e alla portata di tutti: RINUNCIARE A FETTINA O BISTECCA UNA VOLTA ALLA SETTIMANA!
La proposta di Pachauri (premio nobel per la pace) è sensata e legittima, dunque mangiare meno carne farà bene al clima, all’ambiente, e sicuramente  anche a noi stessi.

Il valore etico di una scelta vegetariana è quindi elevatissimo, rappresentando una scelta di giustizia, di lotta contro la disuguaglianza e la sofferenza dei più deboli, inclusi gli animali non umani. Capisco che questa scelta non può,e di questo me ne rendo conto, essere di tutti.
Ma se ognuno di voi, o di  quanti mi leggeranno e vorranno ascoltare il mio modesto suggerimento, adottasse questa semplice e”veloce” soluzione, così come propone Pachauri, rinunciando a mangiare carne 1 volta la settimana, o riducendo in generale l’alimentazione con prodotti di origine animale, inciderebbe in maniera significativa sulla propria salute, del mondo, della natura e degli altri “poveri” dimenticati.

D.ssa Maria Concetta Digiacomo, medico di famiglia


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