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Petrolio, dollari e buoni del Tesoro
a cura di Marco Saba - tratto da http://saba.fateback.com/articoli/petrodollaribond.html

Premettiamo che l'articolo che segue è basato su considerazioni intuitive e pertanto soggette a revisione.

Quanto costa la benzina in Italia al consumatore? Circa 1,2 euro al litro. Ma quanto costa all'ingrosso? Un barile di petrolio, 166 litri, costa 55 dollari: 55 centesimi vengono pagati cash mentre il resto, 54,45 dollari, vengono pagati in T-bond, i buoni del Tesoro americani, diventando immediatamente parte del "debito" pubblico USA. Ma quando Moratti li compra dagli americani, quei barili, probabilmente li deve pagare cash: diciamo 40 euro a barile. Se si tratta di petrolio di alta qualità, tipo il petrolio libico o nigeriano, la rendita alla raffinazione è molto elevata: diciamo che un barile renda 150 litri di benzina (per semplicità non consideriamo i prodotti di scarto, anch'essi commercializzati dalle raffinerie). Nel momento in cui una società petrolifera italiano paga i 40 euro a barile, gli americani venditori si trovano 40 euro cash in cambio dei 55 centesimi di dollaro cash, più i T-bond, che avevano speso inizialmente. Quando Moratti raffina, ottiene 150 litri di carburante che ha pagato 40 euro, ma che al consumatore finale costeranno 360 euro. Difatti sul prezzo del carburante vi sono i balzelli delle tasse dello Stato più il ricarico alla pompa, etc. Sempre supponendo che Moratti abbia pagato cash, e  che i contratti siano "spot" (ovvero compensati ai prezzi del giorno, e non dei contratti decennali al prezzo di dieci anni fa, come sarebbe più normale pensare), l'effetto netto è che per ogni barile ben 320  euro vengono ritirati dalla circolazione (dalle tasche dei consumatori che si recano alla pompa per fare il pieno). Con questo sistema, applicato su vasta scala, si ottiene il risultato di una grande quantità di euro emessi (inflazione del valore) ma di cui una parte importante viene ritirata dalla circolazione (deflazione della quantità del circolante). Infatti, quello che sta avvenendo è che l'euro perde valore più lentamente del dollaro per cui abbiamo la falsa impressione di una euro-rivalutazione. Quanto sopra riguarda l'ipotesi tradizionale per cui il petrolio viene scambiato solo in dollari. Ogni volta che compriamo dollari in cambio di euro, stiamo rafforzando la valuta USA cedendo loro il signoraggio relativo. Siccome il meccanismo di emissione è sconosciuto al grande pubblico - che ritiene che il signoraggio vada allo Stato - non si percepisce immediatamente l'entità del danno. Con l'attuale meccanismo di emissione, messo a punto dai prestigiatori di ultima istanza, il signoraggio (risultato della sovranità monetaria) finisce inevitabilmente in mani private.

Signoraggio ufficiale e signoraggio realistico
Tramite la sistematica falsificazione dei bilanci, con cui le banche nascondono nel passivo la massima parte del signoraggio, sembra che il signoraggio sia solamente rappresentato dalla differenza tra i titoli di stato postati all'attivo ed il valore numerario postato al passivo. Ovvero, il signoraggio sarebbe rappresentato dagli interessi pagati sui titoli di Stato. Lo Stato, cioè, non paga la sua moneta per il costo di produzione, ma riconoscendo ai privati soci di Bankitalia il VALORE NOMINALE delle banconote che acquisisce. Il pagatore di ultima istanza è il popolo sovrano, ignaro del meccanismo, che deve coprire con le tasse il valore dei titoli di Stato. Con l'osceno Trattato di Maastricht si realizza un'ulteriore ingiustizia: paghiamo tasse all'Inghilterra, alla Svezia e alla Danimarca. Perché? Perché questi paesi non hanno adottato l'euro al loro interno. Poiché secondo il Trattato di M. il signoraggio sull'euro viene spartito tra le banche centrali socie della Banca Centrale Europea, in proporzione alle quote-parte detenute dalle singole banche centrali, è evidente che chi non adotta internamente l'euro si appropria del signoraggio relativo alla propria valuta nazionale, in misura del 100%. Poiché abbiamo visto che il signoraggio realistico è enormemente più significativo di quello ufficiale, capiamo subito quali sono le poste in ballo. Si tratta di valori più che sufficienti per giustificare i mandanti dell'omicidio di Anna Lindh, ad esempio. Ma al popolo questa ulteriore distinzione sull'accaparramento del signoraggio non fa molto effetto, poiché sia ben chiaro, al popolo il signoraggio non arriva mai (a meno che per "popolo" non si intendano i satrapi delle banche centrali, mentre l'uomo comune farebbe piuttosto parte della classe degli schiavi).

La benzina del signoraggio e la Fed
Anche negli USA, ovvero sul mercato interno, esiste una grande differenza tra il prezzo del petrolio e quanto si paga alla pompa di benzina, ma il cittadino americano il pieno lo paga un terzo rispetto al cittadino europeo. I soci privati della Federal Reserve sono i veri vincitori del mercato mondiale di un petrolio pagato in dollari. Questi signori del signoraggio del dollaro vivono sul filo del rasoio a causa di una sentenza del 1968. Le sentenze giudiziarie, negli USA, fanno legge (anche se recentemente si sta affermando una strana tendenza: alcune sentenze riportano la scritta esplicita per cui sono valide MA non fanno legge).

Dollari: le "Federal Reserve Note" sono carta straccia
Nella causa "First National Bank of Montgomery CONTRO Jerome Daly", il giudice Martin V. Mahoney decretò che le banconote della Fed non avevano alcun valore legale. Il giudice morì avvelenato sei mesi dopo la sentenza, ma la sentenza rimane e fa diritto. Negli ultimi anni ben 52 sentenze, negli USA, hanno fatto riferimento alla causa del 1968, tuttavia i media fanno di tutto per evitare di parlarne. Verrebbe da sperare che almeno i servizi dell'intelligence europea ne siano a conoscenza... La causa del 1968 è una bomba ad orologeria che, prima o poi, è destinata a scoppiare. In pratica, il dollaro della Fed sussiste solo fino a quando la gente, o per lo meno la maggior parte, continuerà a crederci. Se pensiamo che l'unico modo per redimere i T-bond americani è di scambiarli per dollari-Fed, possiamo ben capire il grave stato di disagio che stanno provando i grandi possessori di T-bond americani: i sauditi, i giapponesi, i cinesi. Allo stesso tempo proviamo una grande pena per quanti hanno investito in dollari, compresi i gestori dei fondi e le ingenue banche centrali che ne hanno fatto incetta come riserva.

Ma riserva de' che?


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