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Gli ostaggi americani detenuti in Iran
Dal libro “Soldi: il libro nero della finanza”
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Tra le numerose transazioni estremamente confidenziali che Ernest ha dovuto trattare durante i tredici anni passati in Cedel, quella che l'ha maggiormente colpito riguarda gli ostaggi americani trattenuti in Iran all'inizio degli anni '80. La Casa Bianca, alla quale Ronald Reagan era stato appena eletto, ha sempre negato di aver versato un riscatto in cambio della loro liberazione. Ma Ernest era al posto giusto per sapere che era falso.
Lo stratagemma era indecifrabile a meno di trovarsi nel cuore dei sistema, che era appunto il caso suo. Egli ricorda l'ordine urgente ricevuto all'inizio dei 1981. Il 16 gennaio la Federal Reserve e la Bank of England (le banche centrali americana e inglese) gli intimarono congiuntamente l'istruzione urgentissima di trasferire a banche non aderenti a Cedel sette milioni di dollari in valori mobiliari: cinque milioni da prelevarsi dal conto della Chase Manhattan Bank e due milioni dal conto della Citibank. Gli venne spiegato, allora, che si trattava di trasferimenti legati alla sorte dei 55 ostaggi americani detenuti da 15 mesi nell'ambasciata americana di Teheran. Queste due banche erano affiliate a Cedel, ma né la FED né la Banca d'Inghilterra avevano depositi presso Cedei. Secondo il regolamento, solamente la Chase Manhattan Bank e la Citibank avrebbero potuto passare le istruzioni di prelievo. Ernest non aveva alcun modo per collegarsi direttamente con queste due banche. Inoltre i conti relativi si trovavano in dei paradisi fiscali. Il lavoro richiesto a Ernest dai suoi famosi interlocutori - ma non membri di Cedel - consisteva nell'inviare questi milioni di dollari alla Banque nationale d'Algérie, il luogo di concentramento dei riscatto. Una banca iraniana a Teheran era il destinatario finale della somma, di cui sette milioni di dollari erano solo una parte.

Si chiese pure a Ernest d'informare gli iraniani dell'avvenuto pagamento. Per non ammettere che fosse stato effettivamente pagato un riscatto, si era montata una situazione in cui l'anello debole della catena, a causa dei turni e degli spostamenti dei superiori, era Ernest Backes. Scaltri funzionari, vicini a Reagan, avevano organizzato una lista di valori diversi per ingannare qualsiasi eventuale curioso. Avevano composto il riscatto attraverso beni sparpagliati nel mondo che alla fine furono concentrati in un'unica banca. Proprio la Banque nationale d'Algérie che poi avrebbe versato i fondi agli iraniani. In assenza dei suoi due superiori, Ernest contattò il presidente dei consiglio d'amministrazione, Edmond Israél, che fu sorpreso e disse di non saper niente della presa degli ostaggi di cui comunque tutti i giornali dell'epoca stavano parlando.
Cosciente del ruolo che, all'improvviso, gli si domandava di sostenere, Ernest prese la decisione di eseguire l'ordine prendendosene la responsabilità. Scavalcando a piè pari il regolamento di Cedel, invia un telex alla Banque nationale d'Algérie comunicandogli che gli avrebbe inviato i sette milioni di dollari su istruzioni anglo-americane. La banca risponde con un telex dicendo che non è stata messa al corrente del suo ruolo di accentratrice né da parte degli americani né da degli inglesi e chiede a Ernest di aspettare. Venti minuti più tardi richiama per scusarsi. Ernest in seguito avverte gli iraniani. Quindici giorni più tardi, quando tutti gli ostaggi saranno liberati, la banca iraniana richiamerà Ernest per felicitarsi della rapidità nel trasferimento dei fondi. Gli iraniani gli chiederanno i formulari per iscriversi a Cedel: vogliono a tutti i costi aderire a un sistema di compensazione così straordinariamente efficace. Ernest è contento: nuovi clienti significano nuove entrate per Cedel. Alla fine Teheran rinuncerà ad aprire il conto. La composizione dei consiglio d'amministrazione il cui presidente dell'epoca si chiamava Edmond Israel, non ne è estranea.

Ernest è fiero del carattere quasi umanitario della sua missione. Qualche anno più tardi, rimarrà sorpreso di sapere che non è stato altro che una pedina nella macchinazione orchestrata dal candidato alle elezioni presidenziali Ronald Reagan e dal suo candidato alla vicepresidenza George Bush. Il tandem Reagan-Bush era testa a testa nei sondaggi contro Jimmy Carter, presidente uscente e in cerca di un secondo mandato. Un successo del governo Carter nella liberazione degli ostaggi a un mese dalle elezioni avrebbe seriamente compromesso il candidato repubblicano. In parallelo alle negoziazioni ufficiali del governo Carter, il duo Reagan-Bush si mise d'accordo con gli iraniani per mantenere prigionieri gli ostaggi in Iran. La loro liberazione non sarebbe dovuta intervenire che dopo l'elezione di Ronald Reagan. La contropartita: armi (l'Iran all'epoca era in guerra contro l'Iraq) e soldi sotto forma di titoli. Reagan ha sempre affermato che non fu pagato alcun riscatto per la liberazione degli ostaggi in Iran: aveva ragione. Il riscatto venne pagato allo scopo di tenere gli americani prigionieri per ulteriori tre mesi. Saranno liberati il 18 gennaio 1981 dopo 444 giorni di detenzione, due giorni dopo l'ordine di versamento ricevuto da Ernest.
Gli archivi delle società di clearing permettono - come vediamo - di sconfessare le menzogne di stato. E’ d'altra parte sulla base delle confidenze di Ernest che un giornalista inglese, oggi presentatore di primo piano alla BBC, Tim Sebastian, rivelò una parte dei retroscena dell'affare degli ostaggi in Iran. La Casa Bianca smentirà cercando invano di sapere chi fosse nell'articolo apparso sull'Observer l'informatore del giornalista, un misterioso lussemburghese di nome Jean Berthoud.

Oggi su 1.700 persone che lavorano a Cedel, la metà è a Lussemburgo. Pochi, per non dire nessuno, compreso l'attuale amministratore delegato, ha una visione globale e storica di quello che è la società. Nessuno può sapere, sempre secondo Ernest, perché nessuno si è mai interessato ai piccoli dettagli tecnici che hanno fatto di Cedel-Clearstream quello che è divenuta oggi: un mastodonte onnipotente nel cuore della città di Lussemburgo che possiede clienti e contatti nei cinque continenti. Nessuno in realtà sa che cosa sia stato costruito prima di lui. Come e perché è stato costruito. Se il sistema contiene traccia del denaro, non conserva traccia della sua storia. Gli uomini di Cedel, sempre molto impegnati nella loro battaglia contro il concorrente Euroclear, sembrano intercambiabili. Dimenticano, affondano, svaniscono. La società ha cambiato molte volte i quadri dirigenti, in particolare per quanto riguarda il posto molto sensibile di direttore finanziario. Il turn over dei quadri di alto livello a Cedel è uno dei più elevati sulla piazza finanziaria, malgrado abbiano degli stipendi superiori a quelli di Euroclear. Il profitto per la società e i suoi clienti, così come il tempo guadagnato nelle transazioni, sembra essere il solo interesse di Cedel-Clearstream. Chi si preoccupa degli statuti e dei principi originari?
Da soli, Ernest Backes e Gérard Soisson hanno passato tredici anni per creare le condizioni necessarie alla nascita e poi allo sviluppo di Cedel. Hanno inventato delle soluzioni tecniche sempre più elaborate che rispondevano agli ardui problemi posti dallo scambio transfrontaliero dei valori mobiliari. Le risposte a questi problemi dovevano essere efficaci e assicurare non solamente la sicurezza delle transazioni ma anche la loro confidenzialità. "Nessun altro al di fuori di noi sa davvero come funziona il sistema. Siccome Gérard Soisson è morto, credo di essere l'unico a poter ancora testimoniare", mi disse un giorno Ernest. Lo disse senza vanagloria né crudeltà, ma con stanchezza.

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