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Il morbo della mucca pazza continua a diffondersi
di Gabe Kirchheimer tratto da «Tutto quello che sai è falso»

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Come effetto degli attacchi terroristici agli USA, l’eventualità di una minaccia alla salute pubblica di natura endogena ha ricevuto una sempre minore considerazione. Se la scoperta di spore di antrace spedite in tutto il paese aveva risvegliato in America la consapevolezza del bioterrorismo, una segreta minaccia di natura biologica, incurabile e fatale, sembra estendersi praticamente senza freno proprio sotto il suo naso. Più difficile a individuarsi e di gran lunga più subdolo dell’antrace, il patogeno perfetto non è stato progettato o diffuso da un gruppo terrorista e non è fuoriuscito da un laboratorio militare ultrasegreto. Esso non è un virus, un batterio e non contiene DNA; non è nemmeno vivo.
Il patogeno perfetto, che ha causato la malattia della mucca pazza nel bestiame e quella di Creutzfeldt-Jakob negli esseri umani – è una molecola proteica malformata conosciuta come prione infettivo e che agisce secondo un meccanismo mai visto prima. Fino a poco tempo fa, molti fra i più autorevoli biologi faticavano a riconoscerne lo spaventoso potenziale distruttivo.
Il patogeno è certamente diffuso tra gli allevamenti di circa metà dei paesi del mondo, sebbene solo una parte di essi lo abbia ammesso (tra cui Gran Bretagna, Irlanda, Francia, Germania, Italia e Giappone). Negando in maniera disperata la presenza della mucca pazza sul proprio territorio, gli Stati Uniti continuano ad approfittarsi dell’onestà dei loro partner commerciali colpiti dal morbo. Questo comportamento sta silenziosamente annientando la salute della nazione; gli affari, però, vanno a gonfie vele.
“Non conosci la MJD? Benvenuto all’inferno sulla Terra. Vieni a fare due passi con me, così ti potrò parlare della malattia più orribile che l’umanità conosca.” – Dolly Campbell, moglie di una vittima del morbo di Creutzfeldt-Jakob

QUESTO PAZZO, PAZZO, PAZZO MONDO
A volte i disastri hanno la capacità di influire sui paesi. Il morbo della mucca pazza, o encefalopatia spongiforme bovina, fa parte di questa categoria. La malattia fece la sua prima comparsa sulle pagine dei giornali di tutto il mondo nel marzo 1996, quando le autorità britanniche e l’Organizzazione Mondiale della Sanità furono costrette ad ammettere che i 10 casi mortali di MCJ, un malattia degenerativa del cervello apparentemente rara, erano “probabilmente” associati in modo diretto al consumo di carne contaminata.
L’incremento di encefalopatie spongiformi trasmissibili (TSE) – di cui fanno parte BSE e MCJ – tra gli animali da reddito e gli esseri umani è ormai stato riconosciuto come un male diffuso in tutto il mondo. Test condotti in Europa, dove nella maggioranza dei paesi, fino allo scoppio della crisi, era abitudine alimentare le mucche riciclando le carcasse di bestiame, hanno portato allo scoperta di molti casi di BSE, oltre ai 177.000 confermati in Gran Bretagna, che ha, conseguentemente, disposto l’incenerimento di milioni di capi. Il consumo di manzo inglese è precipitato, con perdite economiche che hanno raggiunto livelli catastrofici.
Il vettore del morbo, mangime contaminato da resti macinati di mucche portatrici di prioni infetti, è stato trasportato in tutto il mondo; la sola Asia ne ha ricevuto milioni di tonnellate. Nel settembre 2001, il Giappone ha annunciato la presenza del morbo della mucca pazza sul suo territorio; il mercato domestico giapponese di manzo è andato in rovina quasi nel giro di un istante e il mondo ha risposto disponendo un’altra serie di blocchi dell’import.
Nessuno sa quante persone abbiano contratto la nuova variante del morbo di Creutzfeldt-Jakob (nvMCJ) attraverso il consumo di manzo contaminato o dei suoi derivati. Non solo la carne, ma anche molti cibi lavorati, medicine, vaccini, strumenti chirurgici, supplementi alimentari, anche cosmetici possono veicolare questa piaga, diffusa soprattutto a causa del cannibalismo imposto a milioni di bovini. In Gran Bretagna, ma non solo, la trasmissione verticale da madre a figlio della nvMCJ fa presagire generazioni di vittime. Non esiste alcuna possibilità di cura o trattamento; di recente sono stati sviluppati test sperimentali su soggetti viventi, ma non è stata data alcuna indicazione certa sul quando essi saranno materialmente disponibili.

UNA PROTEINA INTELLIGENTE E INDISTRUTTIBILE
Nel caso dei prioni infetti la realtà supera la fantascienza in bizzarria. I prioni, che sono praticamente indistruttibili, costituiscono una classe di patogeni completamente nuova. Non essendo un organismo vivente, la versione anomala della proteina conosciuta come prione è in grado di tollerare condizioni che ucciderebbero ogni altro patogeno conosciuto, presentandosi per questo come una minaccia biologica mai vista prima sulla Terra. Dotate di eccezionali capacità quali quella di sopravvivere a temperature superiori a 593°C, di superare la barriera tra le specie, eludere il sistema immunitario e replicarsi nelle vittime il cui stesso corpo rimane infetto, queste terribili proteine stanno seminando la rovina tra animali ed esseri umani. Quando perfino l’HIV viene neutralizzato con acqua bollente, i normali processi di sterilizzazione risultano invece inefficaci con questa molecola modificata, che distrugge il tessuto cerebrale riempiendolo di vacuoli spugnosi.
Lo scienziato Stanley Prusiner, di San Francisco, è lo scopritore dei “prioni – un nuovo principio biologico di infezione”; per questa scoperta ha vinto nel 1997 il premio Nobel per la Fisiologia e la Medicina, nonostante lo scetticismo manifestato da altri studiosi all’idea di un agente infettivo privo di materiale genetico. I prioni anomali, che si suppone si replichino alla maniera dei cristalli, deformano i prioni vicini tramite contatto, costringendoli ad “avvolgersi” in maniera impropria e a mutare a loro volta i propri vicini in un effetto domino dagli esiti devastanti: l’ospite sviluppa dei vacuoli nel cervello, perde la funzione del sistema nervoso e muore. A differenza dei prioni normali, i mutanti non si scindono durante la digestione della carne. Il sistema immunitario non riceve alcuno stimolo ad attaccare l’invasore, dato che i prioni modificati e quelli normali sono quasi identici dal punto di vista chimico.
Le implicazioni a lungo termine per il pianeta e suoi abitanti umani e animali sono angoscianti. L’elenco dei veicoli di questo oscuro omicida sembra una comune lista della spesa. Neanche i vegetariani si possono dire al sicuro: lo zucchero bianco è trattato con le ossa di mucca e le patatine fritte del McDonald’s, nonostante la pubblicità affermi siano cotte in “puro olio vegetale”, sono insaporite, come molti alti prodotti con “aromi naturali”, con grasso di manzo.

CERVI IMPAZZITI E PERSONE SCONFORTATE
Nel sudovest degli Stati Uniti sta imperversando un’altra forma di TSE: la CWD, la malattia cronica devastante che colpisce cervi, alci e altri ungulati e che ha fatto registrare una percentuale variabile tra il 5 e il 15% di alci infette nelle zone del Colorado e del Wyoming. Il caso di Doug McEwan, un cacciatore di 30 anni morto di MCJ nello Utah il 28 marzo 1999, è esemplare della tragicità di questa malattia. A McEwan, abituale consumatore di carne di cervo, venne diagnosticata la classica forma sporadica di MCJ sebbene, come molte altre vittime inglesi, la sua giovane età sembrava far sospettare di un altro ceppo più virulento, dato che solo nell’1% dei casi la MCJ classica si manifesta in pazienti così giovani. La situazione di McEwan è stata narrata in modo molto esplicito da Mark Kennedy sulle pagine del Ottawa Citizen il giorno prima del decesso:
Tracy McEwan si accosta al morente… Quando lui emette qualche gemito fioco, gli accarezza il braccio e gli bacia la fronte: “va tutto bene, Dough, va tutto bene”.
Tracie ha sposato Dough esattamente 4 anni fa. Ha festeggiato l’anniversario versando in una tazza del sidro frizzante, preparando un toast, e imboccando teneramente Dough…
È cominciato tutto lentamente. All’inizio c’è stata la perdita della memoria e l’incapacità di fare calcoli elementari, quindi leggeri tremori. Poi gli attacchi sono diventati violenti così come gli inspiegabili scoppi emotivi: risate isteriche seguite da pianti incontrollati. Alla fine di gennaio, non riusciva più a formulare frasi di senso compiuto…
“è la cosa peggiore che abbia mai visto” dice [Tracie McEwan], “non l’augurerei nemmeno al mio peggiore nemico”
Inspiegabilmente le autorità non hanno bloccato il plasma ematico donato da McEwan, che è stato distribuito durante la sua malattia e dopo la morte. Per quasi due anni McEwan ha donato il plasma, elaborato dalla Bayer in prodotti frazionati del sangue a Clayton, nel North Carolina, e quindi trasportato in 46 paesi di tutto il mondo. “Il pensiero di cosa questo possa implicare fa accapponare la pelle”: con queste parole il prof. Tom Pringle commenta la decisione di svincolare il sangue contaminato dalla MCJ, “è come innescare una bomba a orologeria in milioni e milioni di persone, che allarga sempre di più il proprio raggio quando queste persone donano a loro volta il sangue”. Pringle, biologo molecolare, è il fondatore del ricchissimo sito Web ufficiale sulla mucca pazza — www.madcow.org — e i suoi commenti sono usciti sul New York Times in articoli dedicati alla questione della BSE. Le dichiarazioni di Pringle sulla malattia che ha colpito i cervi e che è quasi certamente la causa della morte di McEwan sono inequivocabili: “penso sia scrapie. Molti casi rimandano alla Foothills Research Station, a Fort Collins, nel Colorado, un laboratorio sperimentale che è stato contaminato”; questa posizione è condivisa da molti altri ricercatori della MCJ. Gli animali selvaggi possono contrarre la malattia sottraendo il cibo, infetto, destinato al bestiame.

STATO DI EMERGENZA
Sebbene l’esistenza del morbo della mucca pazza sia negata con fermezza dalle autorità americane, la diffusione di TSE in altri allevamenti è stata il motivo alla base di due recenti dichiarazioni di emergenza da parte dell’USDA.
In data 1 febbraio 2000 il futuro Ministro dell’Agricoltura Dan Glickman ha proclamato una “Dichiarazione d’emergenza per scrapie negli Stati Uniti”, in seguito alla manifestazione evidente di un’epidemia in corso:
La scrapie, una malattia degenerativa dall’esito fatale che colpisce il sistema nervoso centrale di pecore e capre, è stata individuata negli Stati Uniti. La scrapie è una malattia complicata perché è caratterizzata da un periodo di incubazione che è in molti casi estremamente lungo durante il quale non si manifesta alcun sintomo della malattia. Attualmente, i paesi non colpiti possiedono un enorme vantaggio competitivo sulla produzione ovina degli USA, che non sono in grado di certificare se le greggi originino o meno da un paese o da una regione non contaminata. Poiché i produttori statunitensi non sono in grado di presentare questo tipo di certificazione richiesta dai paesi importatori, essi vengono estromessi dal mercato internazionale; questa situazione sta producendo un enorme danno economico all’industria ovina statunitense… Conseguentemente… dichiaro lo stato d’emergenza per l’industria ovina e caprina nazionale e autorizzo il trasferimento e l’utilizzo dei fondi necessari dagli stanziamenti o di altri fondi riservati al Ministero dell’Agricoltura per la gestione di un programma che acceleri il processo di sradicamento della scrapie dagli Stati Uniti.
A questa ammissione ha fatto seguito la “Dichiarazione di emergenza per CWD” emessa dal Ministro dell’Agricoltura Ann Veneman, in data 21 settembre 2001:
La malattia cronica devastante (CWD), che colpisce il cervo e l’alce, fa parte di un gruppo di malattie conosciute come encefalopatie spongiformi trasmissibili (TSE), un gruppo che comprende anche la scrapie e l’encefalopatia spongiforme bovina (BSE). Si tratta di una malattia valutata come rara; ciò nonostante la sua incidenza sta aumentando sia tra i cervidi selvaggi che addomesticati. Questa malattia, che colpisce principalmente soggetti adulti, è progressiva e invariabilmente fatale. L’origine e le modalità di trasmissione della CWD non sono note. La malattia ha suscitato grande preoccupazione per via del suo decorso mortale, la mancanza di sistemi di prevenzione e di cura, l’impatto sull’industria dei cervidi addomesticati, e la sua potenziale trasmissibilità ai bovini o ad altri animali da allevamento e agli esseri umani.
La scrapie, il morbo delle pecore analogo a quello della mucca pazza e da cui si sospetta discenda la BSE comparsa tra il bestiame inglese, si è diffusa senza arresto in 45 stati.
Il 25 ottobre 2001, la Reuters ha dichiarato che: “le aziende che producono aminoacidi per l’industria farmaceutica e i vaccini sono sollecitate a non usare fonti bovine e ovine di animali allevati nei paesi colpiti dalla sindrome della mucca pazza, ha dichiarato giovedì una commissione di consulenti statunitensi…Gli attuali processi di produzione non possono garantire che i prioni, il materiale infettivo ritenuto responsabile della malattia della mucca pazza, non si trasmettano dagli aminoacidi ai prodotti finali”.
Un articolo della Reuters pubblicato il giorno seguente, dal titolo “FDA sollecitata a valutare l’introduzione del bando di prodotti a base di cervello di mucca” afferma:
La US Food and Drug Administration (FDA), potrebbe a breve valutare l’eventualità di mettere al bando tutti i prodotti contenenti tessuto cerebrale e spinale bovino, sia prodotto all’estero che negli Stati Uniti.
Venerdì i consulenti dell’FDA hanno deciso con 18 voti a favore e 1 contrario di sollecitare l’organismo federale affinché inizi a valutare la necessità e la possibilità di approvare delle normative che vietino o limitino l’uso di prodotti contenenti tali tessuti, per via del rischio teorico del contagio della malattia della “mucca pazza”.
Tra i prodotti si segnalano i dadi da brodo, la pelle dei salumi, ma anche i cosmetici, i medicinali, la strumentazione medica e gli integratori alimentari…
Ma se anche la FDA dovesse attenersi ai suggerimenti della sua commissione, difficilmente si avrebbero conseguenze immediate. Il processo legislativo della FDA potrebbe impiegare mesi o anni per completarsi, periodo che vedrebbe impegnata l’agenzia nella valutazione dei dati disponibili e degli studi a seguire.

IL WALL STREET JOURNAL FA IL SUO INGRESSO
Con il governo che continua a emanare decreti d’emergenza per pecore, capre, cervi e alci come risposta all’esplosione di casi di TSE tra animali domestici e selvatici – e con la FDA che valuta di emanare un bando di prodotti, tra cui quelli contenenti tessuti del sistema nervoso dei bovini domestici, è inevitabile che le mucche pazze sollevino le loro spastiche teste, nonostante gli sforzi profusi dall’industria nel tentativo disperato di nascondere la verità.
Il 29 agosto 2001 addirittura il Wall Street Journal ha pubblicato un editoriale, Moo Over, mad cow cometh, di Holman W. Jenkins Jr., in cui si constatava quanto fosse inutile ostinarsi a posporre l’inevitabile:
“Non un solo caso di mucca pazza”: così recitava l’orgoglioso motto dell’industria bovina statunitense da quando la malattia è stata scoperta in Inghilterra 15 anni fa. Il non avere trovato un solo caso è stato però piuttosto il risultato del non avere cercato troppo a fondo… Chi cerca spesso trova: se la mucca pazza è diffusa nella misura annunciata dagli esperti, la conoscenza di questo getterebbe nel panico i consumatori e produrrebbe un disastro economico. L’industria statunitense del bestiame si è persuasa molto tempo fa del fatto che un solo caso avrebbe implicato una perdita di 3,6 miliardi di dollari negli utili annuali derivati dall’esportazione, per non parlare del fastidioso contraccolpo interno dovuto al fatto che i consumatori si sarebbero indirizzati verso le bistecche di pollo, maiale e – orrore degli orrori – di soia…
Per 10 anni Washington e la lobby del bestiame hanno fatto gli scongiuri sperando che la mucca pazza non comparisse negli USA, pur sapendo che un giorno o l’altro sarebbe successo. Sebbene 36 milioni di capi vengano macellati ogni anno, il Ministero dell’Agricoltura ha esaminato dal 1990 solo 12.000 cervelli. Sarebbe ora di dare veramente la caccia al nostro primo caso, per poterlo, perlomeno, affrontare.

MCJ E NVMCJ
MCJ e BSE sono entrambe forme di TSE, e sono sempre mortali. Ma non tutti i casi sono la conseguenza di un contagio con materiale contaminato. Esistono forme di TSE che insorgono naturalmente, o “sporadiche”, e che colpiscono esseri umani, bovini e molti altri animali con una frequenza di un caso su un milione di individui. La MCJ sporadica, le cui vittime sono principalmente gli anziani, può avere un’incubazione di decenni prima di causare la perdita di coordinazione, un deterioramento mentale dalle proporzioni terribili e infine la morte.
Le 100 vittime inglesi della nvMCJ – che ha un periodo di incubazione più breve della MCJ – avevano generalmente un’età compresa fra i 13 e i 40 anni. “I funzionari della salute pubblica hanno affermato di avere oramai il controllo del morbo, ma che milioni di persone potrebbero esserne infette a loro stessa insaputa” ha avvertito una cover story di Newsweek il 12 marzo 2001. “I sistemi di allevamento del XX secolo garantiscono il fatto che milioni di capi di bestiame faranno seguito a quei pochi animali che hanno inizialmente contratto la malattia. Per 11 anni… gli esportatori inglesi hanno trasportato i resti delle mucche contagiate da BSE in più di 80 paesi del mondo”. I rischi sono estremamente elevati. Un animale infetto, i cui resti sono riciclati, polverizzati e mischiati al mangime, può contagiare migliaia di altri animali, più le migliaia di persone che se li mangeranno.
Tutte le vittime inglesi della nvMCJ presentavano un genotipo condiviso dal 38% della popolazione britannica e da tutti i bovini. Jun Tateishi, professore emerito alla Kyushu University in Giappone e un’autorità nel campo dello studio dei prioni, spiega: “in sostanza vi sono delle differenze tra i geni umani e animali. Gli umani possiedono tre tipi di strutture genetiche (accoppiate): metionina, valina e un tipo combinato. La mucca, invece, possiede solo la metionina” che apparentemente è la causa dell’effettiva trasmissione dei prioni di BSE agli umani che possiedono lo stesso tipo di combinazione di metionina. “Dovremmo considerare che il 91,6% dei giapponesi presentano questo genotipo, un tasso estremamente alto in confronto ai britannici. Non posso dirlo con certezza, ma è mia opinione che i giapponesi siano 2,5 volte in più a rischio di ammalarsi rispetto agli inglesi”. Non esiste alcun test disponibile per questo genotipo.

UN DIVERSO CEPPO STATUNITENSE?
Nell’arco del decennio scorso l’USDA ha testato più di 12.000 cervelli di mucca, alla ricerca della patologia scoperta nel bestiame inglese contagiato, continuando a dichiarare di non avere trovato un solo caso di mucca colpita da BSE. Similmente, il Center for Disease Control and Prevention (CDC), che nonostante svariate petizioni, si è rifiutato di porre la MCJ a obbligo di notifica, ha affermato che solo 280/300 persone all’anno ne muoiono (circa uno su un milione, il tasso standard per la variante naturale) e che non era venuto alla luce nessun caso di nvMCJ negli Stati Uniti.
E se, fin dal principio, l’America stesse covando al suo interno un ceppo differente e subdolo di BSE, con una corrispettiva variante di MCJ, nessuna delle quali in grado di essere scoperta mediante l’attuale metodologia? “Non mi aspetto che il ceppo inglese di mucca pazza costituisca qui un problema” dice il prof. Pringle, “la preoccupazione principale è che il nostro bestiame possa avere contratto un ceppo diverso della malattia, distinto da quello inglese”. È noto che le TSE esistono in numerosi ceppi per ogni singola specie; della scrapie ovina esistono almeno 20 varianti. In Inghilterra, ipotizza Pringle, “anche chi si trova nei posti più alti del governo non sa – né vuole sapere – l’ampiezza dell’epidemia.” Questo significa stabilire la “smentibilità plausibile”. Sembra quasi che gli Stati Uniti stiano nascondendo la testa sotto la sabbia.

L’EPIDEMIA IN AMERICA
Le prove dell’epidemia di BSE e MCJ in America sono convincenti:
1. Nel 1985 il professor Richard Marsh, un studioso delle TSE dell’Università del Wisconsin impegnato nello studio di una misteriosa esplosione di encefalopatia trasmissibile del visone (TME) in quello stato, ha scoperto che l’alimentazione del visone consisteva quasi esclusivamente di “downer cows”, mucche troppo malate da riuscire a reggersi in piedi.
Nel 1994 Marsh ha mostrato che quando i visoni sani venivano nutriti con le cervella di bestiame infetto questi sviluppavano la TME; i bovini sani a cui venivano somministrati tessuti derivanti da visoni colpiti da TME sviluppavano puntualmente la BSE. Questi esperimenti hanno mostrato “la presenza nel bestiame statunitense di una sconosciuta infezione analoga alla scrapie.”
La malattia era differente da quella osservata nel Regno Unito. È indicativo il fatto che, invece di mostrare gli evidenti sintomi della mucca pazza (il bestiame europeo colpito da BSE si agita in modo convulso e “folle” prima del decesso) gli animali statunitensi semplicemente si accasciano a terra . Nel 1990, mucche del Texas a cui veniva inoculato in via sperimentale la scrapie americana sviluppavano la BSE, manifestavano un aspetto letargico e un’andatura barcollante fino al sopraggiungere del decesso, proprio come le mucche “downer.” Alcuni stati, come New York, non mandano le mucche downer all’USDA per le analisi; ne consegue che possono esistere migliaia di sospette BSE non individuate.
Secondo la Prionics, che ha elaborato il più importante test per la BSE in Europa, “uno studio compiuto con il Prionics-Check rivela che il bestiame morto… costituisce la categoria a più alto rischio di BSE”.
2. Autorevoli scienziati affermano che la mucca pazza esiste sicuramente negli Stati Uniti. Il prof. Clarence Gibbs – un influente ricercatore delle TSE che ha presieduto un’indagine dell’Organizzazione Mondiale della Sanità sulla BSE e che ha diretto il laboratorio del National Institute of Neurological Disorder and Stroke fino alla morte – non aveva alcun dubbio circa l’eventualità di un’infezione interna. “ Se ritengo che vi sia la BSE qui? Ovviamente”.
Anche il prof. Stanley Prusiner, che ha vinto il premio Nobel per la Medicina del 1997 per la scoperta dei prioni è dello stesso parere, manifestato a un congresso nel maggio del 1996. Nel giugno seguente, un articolo del Food Chemical News affermava: “dopo più di due decenni di ricerca sui prioni, Stanley Prusiner dell’Università della California a San Francisco ha individuato la presenza del morbo della mucca pazza nel bestiame statunitense… Egli sostiene di condividere la posizione di (Richard Marsh) secondo cui già a metà degli anni ’80 esistevano delle relazioni fra la malattia della mucca pazza e i bovini statunitensi.”
“Vengono macellati 37 milioni di capi all’anno destinati all’alimentazione e meno di mille sono testati annualmente – è troppo poco”, dice Pierluigi Gambetti, direttore del National Prion Disease Pathology Surveillance Center del CDC. “Se non cerchi non trovi. I nostri test non sono adatti ai contesti attuali”. Quasi un milione di animali all’anno sono analizzati sia in Francia che in Germania.
Cosa farebbe l’USDA alla scoperta di un caso di BSE? “La reazione immediata sarebbe quella di sopprimere l’animale”, afferma il prof. Michael Hanson, capo ricercatore presso il Consumer Policy Institute of Consumer Union (editore dei Consumer Reports) e uno dei maggiori esperti di sicurezza alimentare nel paese. Riguardo al programma governativo per l’individuazione della TSE, Hanson ribadisce: “la loro strategia sembra questa: agisci come se stessi cercando, ma in realtà fai in modo di non cercare e non trovare.” Come sottolinea Pringle: “l’assenza di prove non è la prova dell’assenza.”
3. Nonostante i dinieghi categorici dell’USDA, è scientificamente provato che una mucca su un milione sviluppa la BSE in modo naturale. Essendoci 100 milioni di capi negli Stati Uniti, ci saranno circa 100 casi di mucca puzza sul territorio americano in qualsiasi momento. Molte bestie probabilmente muoiono prima della data fissata per il macello e i loro resti vengono mischiati nel mangime, cosa che porta al potenziale contagio di migliaia di altri animali.
4. La prova migliore della diffusione e della presenza nascosta della MCJ viene fornita da un paio di illuminanti studi universitari. Hanson ne ricorda continuamente i risultati: “uno studio dell’Università di Pittsburgh, durante il quale sono stati sottoposti ad autopsia i corpi di 54 pazienti affetti da demenza, per cui era stato diagnosticato Alzheimer possibile o probabile o un’altra forma di demenza (ma non MCJ) ha rivelato 3 casi (o il 5,5%) di MCJ tra i 54 esaminati. Uno studio di Yale ha mostrato che di 46 pazienti a cui era stato diagnosticato il morbo d’Alzheimer, 6 (il 13%) erano in realtà affetti da MCJ in base ai risultati dell’autopsia. Dato che ci sono più di due milioni di casi di Alzheimer attualmente negli Stati Uniti, se anche solo una piccola parte di essi risultasse MCJ, allora si potrebbe parlare di epidemia nascosta di MCJ.
Questi scioccanti dati indicano che decine e forse centinaia di migliaia di americani sono a tutt’oggi affetti da una variante di MCJ prevenibile. E poiché la MCJ sporadica insorge solo in un caso su un milione, deve esserci un’origine infettiva.

UNA SCIAGURA REINTRODOTTA
La consueta pratica di fornire aggiunte proteiniche reintrodotte – i resti bolliti e polverizzati dei mattatoi e altri scarti animali – agli animali domestici ha provocato la diffusione di BSE nel Regno Unito. In grado di tollerare altissime temperature e i solventi, i prioni mutanti di ogni mucca infettata da BSE hanno contagiato migliaia di altri bovini, dato che grandi quantità di mangime venivano mischiate e ridate al bestiame: una versione bovina del cannibalismo forzato de “I sopravvissuti”.
L’alimentazione di ruminanti con proteine derivanti da mammiferi era stata categoricamente vietata in Gran Bretagna nel 1989. Otto anni dopo, nell’agosto del 1997, la FDA ha emanato una debole quanto tardiva normativa che dovrebbe regolamentare questa abituale pratica. Handson, della Consumer Union, la illustra così: “si richiede solo che venga messa un’etichetta sui sacchi di mangime con scritto ‘Non destinato a bovini o altri ruminanti”. Gli allevatori possono continuare a comprarne in un qualsiasi negozio di mangimi. Nessuno avrebbe domandato: “è per i maiali o per le mucche?” E il fatto che devono tenere dei registri per un anno in cui indicare il luogo d’acquisto del prodotto è una presa in giro nel caso di una malattia come questa, il cui periodo di incubazione dura in media 5 anni. La legge dice questo: puoi prendere pecore infestate dalla scrapie, cervi infestati dalla MCJ e animali infestati dalla BSE e farne mangime. Attenzione però: solo per maiali e polli, se c’è l’etichetta, non per i ruminanti . È vergognoso.” Per di più, è praticamente impossibile controllare le migliaia di allevatori statunitensi e imporre loro il rispetto di queste normative.
Hanson, nel 1999, ha scoperto un altro fatto incredibile: “la nuova moda è quella di dare ai vitelli plasma bovino in spray. Difficilmente viene elaborato, quindi l’agente infettivo, che non viene eliminato, finisce direttamente nel mangime”.
Ma i vitelli non ne sono gli unici ignari destinatari: Hanson è dell’avviso che l’industria stia di fatto alimentando le mucche con “una grande quantità di prodotti a base di plasma bovino. La legge ti permette di prendere un qualsiasi prodotto ematico di origine bovina e darlo da mangiare alle mucche. Mi è stato detto che le mucche non mangiano mangime contenente più del 10% di sangue, perché ne sentono il sapore, e che i polli consumano mangime con una percentuale di sangue fino al 35%”. È stato dimostrato che il sangue può contenere prioni infetti.

CHI SEMINA RACCOGLIE
Nonostante l’efficace azione dell’Unione Europea di vietare le farine animali, l’industria agricola americana continua a fare largo uso di proteine reintrodotte e mangimi contenenti parti animali.
Le attuali normative sui mangimi ammettono che gli animali d’allevamento si cibino, come spesso accade, dei propri reciproci resti. Dopo avere riciclato parti di maiale non commestibili, queste vengono somministrate a maiali, mucche e polli. Polli e maiali mangiano parti bovine e continuano a consumare regolarmente proteine reintrodotte che derivano da carcasse di mucche ‘downer’, al primo posto nella lista dei sospetti portatori di BSE. Cosa forse ancora più ripugnante, migliaia di tonnellate di letame di pollo fermentate diventano ogni anno il pasto di milioni di vacche statunitensi, in un bizzarro circolo di zootecnia a buon mercato. Hanson e Pringle ritengono che “il passaggio mucca-letame di pollo-mucca” potrebbe rivelarsi una via d’accesso per la BSE; sembra che i prioni infettivi riescano a sopravvivere all’ingestione, riuscendo quindi a compiere una sorta di devastante viaggio circolare.
Circa l’interrogativo se il pollame possa contrarre o meno le TSE dal bestiame, Pringle afferma che “non è stata condotta un’indagine seria. Nessuno vuole saperlo: troppa farina di ossa bovine è stata somministrata ai polli. E il prione del pollo presenta importanti analogie con la regione amiloidogenica dei mammiferi; quindi, teoricamente, è possibile.”
È possibile che tutti gli animali domestici possono difatti essere suscettibili di contagio da TSE. Secondo Hanson, l’USDA ha “ignorato in maniera funzionale la possibilità del contagio di TSE fra i maiali”. La breve durata di vita dell’animale da allevamento – passa dalla fattoria alla fabbrica in 6/8 mesi — fa sì che i sintomi delle TSE si possano nascondere, dato che il tempo di incubazione nei mammiferi è di solito di qualche anno. Il prof. Paul Brown, capo ricercatore presso il National Institute of Health e autore e coautore di numerosi studi sulle TSE, ritiene che anche il pollame e soprattutto i maiali possono veicolare le TSE e trasmetterle agli essere umani. “Sono solo ipotesi”, precisa Brown, “ma ben ponderate”.
I maiali che sono stati sottoposti a inoculazione sperimentale hanno sviluppato la BSE, e un sospetto scoppio di encefalopatia spongiforme porcina si è verificato nel 1997 ad Albany, vicino a New York. Uno studio del 1973 pubblicato sull’ American Journal of Epidemiology ha scoperto che 10 dei 38 casi di pazienti affetti da MCJ avevano mangiato cervello di maiale.

LA SUPERBRACIOLA E L’USDA
I critici affermano che l’industria del bestiame, che si attesta su un giro d’affari annuo di 150 miliardi di dollari, è infetta dall’ingordigia propria del business dell’alimentazione, cosa che impedisce un’individuazione affidabile e tempestiva delle mucche pazze. Sebbene il consumo di manzo negli Stati Uniti sia diminuito di quasi la metà dal 1980 (mentre è cresciuto quello del maiale e del pollo), raramente in passato l’industria bovina è stata così redditizia: l’85% degli allevatori, a fronte del 15% del 1996, ha dichiarato nel 2000 di avere incassato degli utili. La crisi europea si è rivelata enormemente vantaggiosa per il manzo americano “non contagiato”, le cui esportazioni sono salite del 34% nel 2000, con vendite alla Federazione Russa che si sono moltiplicate di 25 volte. La malattia della mucca pazza si è rivelata evidentemente un ottimo affare, anche se McDonald’s ha patito delle grosse perdite in Europa e Giappone in seguito al diffuso scetticismo dei consumatori verso la carne bovina.
Visto che la posta in gioco è la sacra mucca americana, sono in molti a dubitare che l’USDA possa spontaneamente rivelare la scoperta di casi diBSE, cosa che procurerebbe ingenti danni al mercato e getterebbe i consumatori nel panico. Il prof. Michael Gregor, medico e una delle prime voci critiche rispetto alla gestione statunitense della minaccia della BSE (nonché webmaster del sito sulla mucca pazza, che ha seguito quello di Pringle, www.purefood.org/madcow.htm), afferma che “l’USDA vive un conflitto d’interessi, dato che questo organismo è chiamato sia a tutelare i consumatori che a promuovere l’agricoltura americana, che ha come primo prodotto la carne”. Egli fa notare che i gruppi industriali hanno esercitato efficaci pressioni affinché i programmi dell’USDA non subissero modifiche, ostacolando quindi eventuali risultati positivi rispetto alla presenza della BSE negli Stati Uniti.
In assenza di un numero sufficiente di ispettori e di un energico monitoraggio, l’organismo si è affidato all’industria bovina per far rispettare la normativa imposta. Le insinuazioni che parlano di una relazione impropriamente ed esageratamente intima fra i due soggetti hanno trovato nuovi argomenti con la nomina dello staff dell’USDA dell’amministrazione Bush. L’11 febbraio 2001 il New York Times ha scritto: “dopo avere registrato un anno da record, gli allevatori statunitensi manifestano una preoccupazione sempre crescente per via del morbo della mucca pazza… che potrebbe determinare una flessione del prezzo del manzo. La settimana scorsa, però, hanno esultato quando Ann M. Veneman, il nuovo ministro dell’agricoltura, ha nominato a capo del suo staff Dale Moore, un lobbista della National Cattleman’s Beef Association (Associazione Nazionale degli Allevatori di Bovini). Charles P. Schroeder, il presidente dell’associazione, ha dichiarato che l’industria bovina stava effettuando ingenti investimenti per la sicurezza alimentare e di essere impaziente di lavorare insieme al suo ex-sostenitore.

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