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Come
i progressi della medicina possono divenire dannosi
Tratto da
libro: “La medicina che non cura”
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Il ritmo di crescita che il complesso medico-industriale
registra nei paesi benestanti è molto più rapido di quello della loro
stessa forza economica. Questo perché il sistema non si regola tanto
sui consumatori quanto piuttosto sui medici, e a questi ultimi spetta un
doppio ruolo: se da un lato offrono prestazioni mediche, dall'altro ne
regolano anche la domanda. Il numero degli interventi alla schiena, per
esempio, aumenta in proporzione alla disponibilità di chirurghi
specializzati in questo settore dell'ortopedia. E la quantità di
persone ricoverate in un determinato ospedale, per Christian Kóck,
ricercatore sanitario del Witten/Herdecke, dipende direttamente dal
numero dei posti-letto disponibili.
Nella clinica universitaria di Friburgo l'utilizzo di certe
prestazioni mediche è stato persino regolato secondo determinati ordini
di servizio. Esistono a questo proposito dei documenti interni che si
rivolgono a tutti «i collaboratori del reparto di medicina generale del
policlinico», redatti dall'assistente con incarichi direttivi Gunther
Ruf insieme a un altro medico. Nel primo punto di protocollo di una
riunione di servizio il professor Ruf si rivolge ai medi ci di reparto
con queste parole: «Da due settimane le prenotazioni nella clinica chirurgica sono in calo e
risultano inferiori all'80% delle sue capacità. Da questo momento ogni
paziente dovrà essere trattenuto un giorno in più». E in uno dei
protocolli successivi si legge ancora:
Da un rapporto del professor Ruf concernente l'attuale situazione dei
posti-letto all'interno del reparto, risulta che solo l'80% dei suddetti
sia prenotato. Qualora ciò sia possibile, i medici di reparto vengono
quindi esortati a prolungare la degenza del paziente e a fare in modo di
aumentare la percentuale delle prenotazioni.
Tale tendenza dei medici a tutelare e accrescere le proprie
entrate è un fenomeno che gli economisti chiamano «domanda indotta».
Negli Stati Uniti, per esempio, quando tra il 1970 e il 1982 il numero
delle nascite scese oltre il 13%, gli ostetrici con una manovra mirata
fecero in modo che la percentuale dei tagli cesarei registrasse un
aumento. Per questi ultimi, infatti, essi intascavano onorari più alti
rispetto a quanto rendevano loro le nascite naturali. Questa progressiva
diminuzione dei parti naturali, mossa da ragioni prettamente economiche,
è altrettanto evidente in Germania: anche qui, mentre da un lato cala
il numero delle nascite, dall'altro aumenta in maniera costante la
percentuale dei tagli cesarei. E se un buon 23% di tutti i bambini
tedeschi viene al mondo tramite cesareo, l'Organizzazione Mondiale della
Sanità ritiene che solo il 15% di questi interventi sia giustificato
dal punto di vista medico.
In molti dei paesi più benestanti l'offerta medica pare in
continua espansione. Se nel 1970 i 18 paesi industrializzati spesero in
media il 5,2% del loro reddito nazionale lordo per i servizi sanitari,
nel 2001 la percentuale toccava già l'8,9%. In Germania la spesa medica
ha subito un'escalation addirittura grottesca: le spese per i
medicinali, le visite e le operazioni, che nel 1960 ammontavano nei
paesi occidentali all'equivalente di 19 miliardi di marchi, meno di
quattro decenni più tardi arrivarono nella sola Repubblica Tedesca
riunificata a 458 miliardi di marchi (equivalenti a 234,2 miliardi di
euro). E mentre nel
L’invecchiamento della popolazione non è sufficiente a spiegare
questo vertiginoso aumento delle spese, tanto più che negli anni
successivi si sarebbe registrata una nuova esplosione di nascite. Molto
più azzeccato ci sembra invece un motto di spirito di Mark Twain: «Quando
perdiamo di vista la meta, raddoppiamo gli sforzi».
Oltre alla Germania, a investire già più del 10% delle
proprie entrate nel settore della sanità vi sono anche
Ma tali conquiste possono dare un'idea falsata di quanto
realmente abbiano influito i progressi della scienza medica sulla salute
della gente. Infinitamente più importante, in questo senso, è stato
infatti il miglioramento generale delle condizioni di vita della
popolazione. Thomas McKeown, studioso britannico di medicina sociale,
esaminando i registri mortuari del Galles e dell'Inghilterra scoprì
come, per quanto concerne molte malattie tra cui il colera, il tifo, la
tubercolosi, il morbillo, la scarlattina e la pertosse, la mortalità
avesse cominciato a regredire progressivamente già nel XIX secolo, vale
a dire molto prima che venissero identificati gli agenti patogeni delle
varie epidemie e che venissero resi disponibili i farmaci capaci di
debellarli. La progressiva scomparsa della tubercolosi, per esempio, è
secondo McKeown da attribuirsi per un buon 92% al miglioramento delle
condizioni di vita e solo per il restante 8% all'utilizzo degli
antibiotici.
Secondo lo studioso inglese, «la medicina moderna non si avvicina neanche lontanamente all'efficacia
che la maggior parte della gente le accorda». Il microbiologo
francese René Dubos, pioniere degli studi sugli antibiotici, a questo
proposito si esprime così: «L’introduzione
della biancheria di cotone, economica e semplice da lavare, e del vetro
trasparente, che portò la luce anche nelle dimore più umili, fecero
molto di più per arginare le infezioni di tutte le possibili medicine e
terapie». E anche oggi i prodotti della medicina moderna - pillole,
reparti di rianimazione, strumenti di misurazione altamente tecnologici
- non incidono sullo stato generale di salute di una popolazione che per
un modesto 10%.
Più s'investe, meno
si guadagna
Per aumentare una resa così scarsa, investire
semplicemente ancora più denaro nel sistema sanitario non basta. Vale
infatti in questo caso la legge del profitto decrescente, secondo la
quale investimenti sempre più elevati portano rendite sempre più
basse, finché, da un certo punto in poi, versare
ulteriore denaro non darà più alcun frutto. I dispendiosissimi sistemi
sanitari degli Stati Uniti e della Germania potrebbero aver già
oltrepassato questo limite: uno sviluppo poco mirato non produce altro
che trattamenti inutili e terapie superflue, e in definitiva l'efficacia
della medicina può risultarne addirittura danneggiata.
All'inizio gli investimenti portano profitti notevoli (come
se un medico aprisse il primo studio in un villaggio), ma investendo
ulteriormente il guadagno sarà sempre minore (il millesimo studio
aperto nel villaggio). Finché, a partire da un certo momento, la curva
tenderà ad appiattirsi (più nessun profitto) e persino a scendere,
segno che gli eccessi della medicina non portano che danni.
Fonte:
E. Fìsher, G. Welch, Avoiding the Unintended Consequences of Growth in
Medical Care, «JAMA», n. 281, 1999, pp. 446-453.
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