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Il problema del matrimonio
W. Reich, tratto dal libro «La rivoluzione sessuale»
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b. La contraddizione dell’istituto matrimoniale
La contraddizione dell’istituto matrimoniale sorge dalla contraddizione tra gli interessi sessuali e gli interessi economici all’interno del matrimonio. Dal punto di vista degli interessi economici vengono poste istanze molto coerenti e logiche. Essendo improbabile, e anzi sessuoeconomicamente impossibili, che una persona sessualmente del tutto sana si sottometta alle condizioni della morale matrimoniale – un solo partner, e con questi per tutta la vita – la prima esigenza è una repressione dei bisogni sessuali che giunga nel profondo, specialmente per quanto concerne la donna. Di conseguenza la morale pretende – naturalmente senza riuscire a farcela universalmente nella pratica – che alla donna non sia consentito avere rapporti sessuali prima del matrimonio, e se possibile neanche all’uomo, solo che in quest’ultimo caso si chiudono entrambi gli occhi.

Non la sensualità – vien detto – ma i bambini costituiscono l’essenza del matrimonio (il che è vero per l’aspetto economico del matrimonio, non però per la relazione sessuale durevole): ai coniugi non è permesso conoscere sessualmente altre persone nel corso del matrimonio. Ed è vero che tali esigenze sono necessarie per la costante salvaguardia del matrimonio. Ma sono queste stesse esigenze a minare il matrimonio e a votarlo al tramonto fin da quando viene contratto. La pretesa di un’unione sessuale a vita racchiude in sé, fin dall’inizio, la rivolta contro la coercizione; rivolta che, consciamente o inconsciamente, prenderà forma in modo tanto più marcato, quanto più vitali e attivi saranno i bisogni sessuali.
Fino al matrimonio, la donna ha vissuto in castità, è sessualmente inesperta e, per poter restare fedele, deve rimuovere le proprie esigenze genitali. Ormai è difficile che queste siano totalmente a sua disposizione; la donna rimane anestetica, fredda, non può né stimolare né soddisfare l’uomo non appena esaurito lo stimolo della novità dell’esperienza. E l’uomo sano ritira ben presto l’interesse, si cerca altre donne che possano dargli di più, ed ecco la prima incrinatura nella relazione.

In base alla morale vigente, anche l’uomo non deve permettersi «scappatelle» troppo impegnative; anch’egli deve, specialmente se si sposa, rimuovere gran parte dei propri interessi genitali. Per quanto ciò sia un bene per il sussistere del matrimonio, è un male per la relazione sessuale, perché la rimozione ha come conseguenza disturbi o lesioni della potenza. Se la donna è in procinto di risvegliare la propria sessualità, non appena verrà a sapere resterà delusa e si cercherà un altro partner; oppure l’ingorgo sessuale e l’insoddisfazione le procureranno una qualche forma di patologia nevrotica: in entrambi i casi il matrimonio è stato minato dallo stesso fattore che doveva assicurarne la stabilità: l’educazione sessuonegativa al matrimonio.
Vi si aggiunge il fatto che la sempre crescente indipendenza economica della donna l’aiuta ad eliminare le proprie inibizioni sessuali; non è più legata alla casa e ai figli e impara invece a conoscere altri uomini; il suo ingresso nel processo economico le insegna a riflettere su cose che fino ad allora erano state sottratte al suo orizzonte.
I matrimoni potrebbero essere buoni, almeno per un certo periodo di tempo, se ci fossero armonia e appagamento. I presupposti, però, sarebbero un’educazione sessuoaffermativa, l’esperienza sessuale prima del matrimonio e il superamento della morale sociale dominante…


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