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Meir Margalit: «La destra israeliana realizza il programma della sinistra»
di Gennaro Carotenuto - 21 Aug 2005
tratto da www.reporterassociati.org

Meir Margalit è uno degli intellettuali israeliani più interessanti se si vuole intendere la realtà del medio oriente dal punto di vista pacifista. Nato in Argentina, vive in Israele dalla fine degli anni '60. È un paladino - uno dei pochi che restano - della convivenza possibile tra israeliani e i palestinesi. Per quella sua abitudine a vestirsi da muratore ed andare a ricostruire insieme ai palestinesi le case che Tsahal, l'esercito israeliano, distrugge, è stato di recente definito dal quotidiano catalano " La Vanguardia " come "il Nelson Mandela israeliano". Lo troviamo occupatissimo ma disponibile come sempre nel suo ufficio di Gerusalemme.

D. I non israeliani guardano alla ritirata da Gaza con un misto di sorpresa e scetticismo. Appare un evento che sta a metà tra l'essere fondativo di una nuova stagione della vita dello stato ebraico e l'apparire come una trappola per rafforzare la politica coloniale.
R. Non c'è dubbio che il ritiro dalla striscia di Gaza sia un evento sommamente importante nella storia d'Israele. Ma la grande domanda è cosa succederà il giorno dopo la fine dell'evacuazione".

D. La sensazione è che si possa trattare di un ripiegamento tattico.
R. Non è possibile prevedere quale sarà il cammino futuro che sarà adottato dal governo d'Israele. Se Ariel Sharon continuasse con il processo di ritiro potremmo essere di fronte alla fine di più di 100 anni di conflitto. Se invece deciderà di congelare il processo, oppure addirittura rafforzare le colonie in Cisgiordania, allora scoppierà una terza Intifada che sarà ancora più sanguinosa delle precedenti".

D. I segnali giunti finora non inducono all'ottimismo e il quadro politico israeliano gira da tempo a destra:
R. Da una parte ci sono le dichiarazioni dello stesso Sharon e dei suoi collaboratori (come il famoso rapporto di Dov Waisglas al quotidiano Haaretz, ndr) nel quale lui stesso afferma che con Gaza finiscono i ritiri e che adesso è il momento di rafforzare le colonie in Cisgiordania. D'altra parte però il ritiro mette in marcia una dinamica che a volte può essere più forte dei propositi politici. E io credo che a partire da Gaza possa darsi una dinamica che ci porti a restituire più territori e rafforzi il processo attuale. Questo lo sappiamo noi storici ed i sociologi, ma dimostrano di saperlo perfettamente gli stessi coloni che stanno già combattendo oggi la battaglia di domani mentre invece altre componenti della società israeliana continuano a combattere oggi battaglie di ieri".

D. Stai dicendo che con il ritiro di Gaza stiamo già assistendo in sedicesimo al conflitto che verrà in caso di ulteriori restituzioni? Per gli ultrareligiosi il cuore dell'identità ebraica non sta a Gaza ma in Giudea e Samaria, che è come in Israele si denomina la Cisgiordania.
R. La battaglia in corso oggi non ha come obbiettivo annullare il ritiro da Gaza, ma evitare che in futuro Sharon o qualunque altro governo pensi di evacuare la Cisgiordania. Questo è quanto è in gioco in questi giorni. La destra sa perfettamente che a Gaza non abbiamo radici storiche e che è assolutamente insostenibile il mantenimento di quei territori. Ma i coloni vogliono dare una dimostrazione di quanto sono disposti a fare in caso di evacuazione della Cisgiordania: una guerra feroce e spargimento di sangue".

D. C'è la sensazione che il movimento pacifista sia isolato dalla dinamica reale degli eventi.
R. Per il movimento pacifista Gaza impone un ripensamento. In primo luogo ci stiamo domandando se la vecchia idea di smantellare tutti gli insediamenti continui ad essere praticabile. La mia impressione è che nessun politico di questa generazione sarà capace di smantellare le colonie in Cisgiordania. Se ho ragione l'idea dei due stati per due popoli (quella sulla quale sono incagliati da decenni tanto i progressisti israeliani come quelli del resto del mondo, ndr) diviene irrealizzabile ed allora bisogna cominciare a parlare seriamente del progetto alternativo di uno stato binazionale. In secondo luogo, anche se capisco che sembri del tutto contorto, molta gente di sinistra sta valutando l'ipotesi se non valga la pena, nell'immediato, di votare per la destra".

D. Innumerevoli dimostrazioni nella storia vanno in questo senso; paci impossibili sono state firmate da feroci bellicisti mentre le peggiori "riforme" liberali sono compiute da governi almeno nominalmente di sinistra. Tutto sta al potersi coprire l'ala scoperta.
R. Nel nostro caso specifico gli unici leader che hanno restituito territori sono quelli di destra, Begin, Sharon, perfino Bibi (Netanyahu, ndr) ha restituito parte di Hebron. Se il laburismo oggi non ha figure di livello e solo la destra può avere la forza per restituire territori, a molti di noi sta passando per la testa di appoggiare Sharon nelle prossime elezioni".

D. Il ritiro e il conflitto con i palestinesi fagocitano completamente il conflitto sociale israeliano che con Sharon e Netanyahu ha vissuto anni di feroce neoliberismo. Oggi dello stato sociale israeliano beneficiano quasi solo i coloni. Il tuo punto di vista - sei stato consigliere comunale a Gerusalemme per il Meretz, il più importante partito alla sinistra dei laburisti - esprime un paradosso preoccupante.
R. E' che stiamo vivendo un processo paradossale. Da una parte la sinistra sta vivendo uno dei peggiori momenti della sua storia. Non ci ascoltano, non ci vedono, è come se fossimo evaporati. Ma dall'altro lato la destra israeliana sta implementando il programma politico che la sinistra si propone di realizzare da più di 30 anni. Noi vogliamo ritirarci dai territori ed è quella destra che sempre vi si è opposta che "de facto" sta realizzando il nostro programma politico. Così che non siamo mai stati peggio ma allo stesso tempo non siamo mai stati meglio. In questi giorni la nostra gente sta vivendo una grande soddisfazione e non è disposta a criticare Sharon, a prescindere dal fatto che le sue dichiarazioni non inducano all'ottimismo rispetto allo sgombero della Cisgiordania".
Gennaro Carotenuto
www.gennarocarotenuto.it

 
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