- Il signore della City
- Dubai, mistero Bin Laden in ospedale con spia USA
- New York e il mistero dell'esplosione prima del crollo
- Bush & Laden connection
- Speculazione sulle torri gemelle?

Quando la famiglia Bin Laden faceva affari con la famiglia Bush
di Giancarlo Radice - Corriere della Sera

dal sito www.dagospia.com 

In spagnolo, la seconda lingua del Texas, si dice «arbusto». In inglese si traduce «bush». Ed è proprio formando la compagnia petrolifera Arbusto Energy che il giovane George W. Bush, attuale presidente degli Stati Uniti, fa il suo debutto ufficiale nel mondo degli affari. E’ il 1978. Sono passati tre anni da quando ha terminato gli studi alla Harvard Business School. Fra i compagni d’avventura imprenditoriale c’è anche James Bath, suo vicino di casa, compagno di Air National Guard e amico intimo. Ma soprattutto Bath è un collaboratore di lungo corso della Cia e uomo di fiducia in America della famiglia reale saudita. Nella Arbusto Energy, non a caso, investono direttamente due fedelissimi della corona di Riad. I loro nomi: lo sceicco Salem Bin Laden, fratellastro di quell’Osama Bin Laden che sarebbe diventato più tardi il principe nero del terrorismo islamico, e Khaled Bin Mahfuz, uomo chiave dello scandalo Bcci e oggi ritenuto uno degli alleati chiave di Osama.

Ma quella fra i Bush e i Bin Laden è una saga che in realtà comincia a prendere forma molto prima. In Texas lo sceicco Muhammad Bin Laden, il patriarca, inizia a fare affari fin dai ’60. E nel 1968 muore in un misterioso incidente aereo. Poi il testimone passa al figlio Salem. Arriva in Texas nel 1973, costituisce ad Austin la compagnia aerea Bin Laden Aviation ed entra presto nei circoli che contano, fra alta finanza e politica locale. L’obiettivo è di stringere i legami necessari per arrivare a influenzare la politica Usa a favore degli interessi sauditi. La chiave d’accesso è George Bush, padre dell’attuale presidente, uomo collegato alla Cia fin dai tempi della Baia dei Porci nel ’61, poi nominato a capo della Cia nel ’76, salito alla Casa Bianca nell’81 come vice di Ronald Reagan e infine, presidente degli Stati Uniti dall’88 al ’92.

Così, fin dai primi anni ’70, le storie e gli interessi delle due famiglie s’intrecciano a più riprese. Non solo negli affari comuni in campo petrolifero e finanziario, ma soprattutto nelle vicende che hanno scandito la politica Usa e internazionale. Un esempio su tutti: l’ affaire Bcci, il più grande scandalo criminal-finanziario del secolo, un magma di connivenze che è servito a coprire le operazioni in Iran e nell’Iraq di Saddam Hussein, nel Nicaragua diviso fra Sandinisti e Contras come nell’Afghanistan dei mujaheddin. Ed è servito ad alimentare il riciclaggio di uno spaventoso flusso di denaro proveniente da traffico di droga e armi.

Un ruolo fondamentale nella liaison Bush-Bin Laden lo svolge proprio James Bath. All’epoca della Arbusto i suoi affari gravitano attorno a una serie di piccole compagnie aeree (ottime clienti della Air America, che si scopre poi essere una società di copertura della Cia). Ma Bath è anche molto altro: informatore della Cia, intermediario nella Bcci, uomo di fiducia in America di Bin Laden, Mahfuz e, in definitiva, della Corona saudita. E’ lui uno dei grandi finanziatori di quella Arbusto che più tardi, nell’82, George W. Bush trasforma in Bush Exploration Oil, poi fonde con altre compagnie e infine trasforma in Harken Energy, in una continua girandola di nuovi finanziamenti provenienti da paesi arabi come da personaggi del giro Bcci o fedelissimi di casa Bush come James Baker (ex segretario di Stato Usa).

A George W. Bush le attività industriali fruttano molto denaro, ruoli di primo piano nei consigli d’amministrazione e ricchi contratti di consulenza, anche se le attività, in realtà, vanno malissimo (per due volte la società arriva alle soglie del fallimento, ma viene sempre salvata dal consueto circolo di finanziatori). E fioccano le super-commesse. Come quella dell’89, quando il governo del Bahrein straccia improvvisamente un contratto con la Amoco e incarica la Harken di un mega-progetto di estrazione petrolifera off shore , ben sapendo che la Harken fino a quel momento non ha realizzato altro che qualche piccola estrazione di greggio di Oklahoma e Louisiana (mai in mare) e si trova in condizioni finanziarie disperate.

Solo un anno prima, nell’88, muore Salem Bin Laden. Anche lui in Texas. Anche lui precipitando in aereo in circostanze misteriose. Ma le «strade parallele» fra i Bush, Bath e le famiglie saudite non si fermano. Attraversano buona parte degli anni ’90, per poi scomparire progressivamente dai rapporti d’intelligence. In Afghanistan la guerra anti-sovietica è finita da un pezzo. La «pecora nera» della famiglia Bin Laden, Osama, è ormai la mente occulta del terrorismo internazionale. E George W. Bush comincia la sua marcia verso la Casa Bianca.

Dagospia.com 24 Settembre 2001

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Torri Gemelle affittate per 99 anni
di Marco Magrini (Il Sole 24 ore)

Articolo estrapolato da IL SOLE 24 ORE del 16 settembre 2001

Larry Silverstein (sangue ebreo e passaporto americano) in data 24 Aprile 2001 ha stipulato quello che lui stesso ha definito "il più grande affare della mia vita": prendendo in affitto per 99 anni, alla modica cifra di 4800 miliardi di lire, le Torri Gemelle del World Trade Center.

Con l'offerta da 2.3 miliardi di dollari, Silverstein ha battuto quella da 2.4 avanzata dalla Vornado Property Trust di Boston che (senza immaginare quel che sarebbe successo), è andato su tutte le furie, scatenando una campagna di stampa contro l'imprenditore ebreo. 

In questa impresa Silverstein non era solo: la Westfield Holdings quotata a Wall Street e controllata da Frank Lowy (il secondo uomo più ricco dell'Australia) si era aggiudicata gli enormi spazi commerciali del World Trade Center offrendo altri miliardi di dollari. Ovviamente non a fronte di una pagamento sull'unghia. I due partner hanno dato alla Port Authority un deposito di 616 milioni di dollari, più 115 milioni all'anno (per 99 anni) e una percentuale mai resa nota sugli affitti (a dir poco stellari).

Solo gli uffici delle Torri Gemelle ammontano a 984.000 metri quadrati, quasi interamente locati fra i 40 e i 50 dollari annui a piede quadrato; più o meno, un milione di lire per metro quadrato all'anno.

Quanto basta per dire che, detratti gli oneri finanziari e le ingenti spese di gestione, il signor Silverstein aveva di che ripagare il quasi secolare contratto firmato con la Port Authority. 

Del resto anche se il portafoglio immobiliare della Silverstein Properties s'è di un tratto dimezzato, l'imprenditore ha la sua brava rete di sicurezza. Gira voce che il complesso immobiliare fosse assicurato per 4 miliardi di dollari (circa 8300 miliardi di lire).

Ma c'è di più. Nell'intesa firmata ad aprile, è scritto a chiare lettere che il contratto perde di validità in un caso preciso: un attacco terroristico.

Inutile dire che ci vorranno mesi e stuoli di avvocati, prima di definire i risarcimenti delle compagnie assicurative - destinati a mettere in ginocchio soprattutto le società di riassicurazione - e anche per la rottura del contratto con la Port Authority, con il conseguente rimborso nelle capienti tasche di Silverstein e della Westfield. 

Per Silverstein comincia oggi un'altra avventura. Al momento, la Silverstein Properties è al lavoro in una impresa monumentale: trovare un nuovo ufficio per le 480 imprese di 28 paesi che popolavano le Torri Gemelle.

La crisi della New Economy stava finalmente allentando i prezzi stellari degli uffici di New York, e in particolare nel cosiddetto "Financial District": -3.4% da inizio anno. Oggi che un milione e mezzo di metri quadrati sono andati in fumo, l'improvvisa scarsità di spazio nell'angusta isola di Manhattan spingerà inevitabilmente gli affitti alle stelle.

Dopodiché, Larry Silverstein avrà buon gioco nell'affrontare la ricostruzione.

Quei 4 miliardi di dollari che si stima le assicurazioni dovranno sborsare, non bastano a ricostruire fedelmente il complesso, il cui valore è valutati in 6.5 miliardi di dollari. 
"Ma non è detto che le future torri debbano essere così alte - ha già dichiarato Silverstein, - l'importante è andare avanti". 

Articolo estrapolato dall' inserto da IL SOLE 24 ORE 16 settembre 2001

 

 

 

 

 

 

Il signore della City
di Orsola Casagrande - Londra

Il signore della City
Molte delle sue fortune Osama Bin Laden le ha costruite a Londra. E il governo Blair ha corso il rischio di finire nel "libro nero" Usa dei paesi che appoggiavano il terrorismo
di Orsola Casagrande - Londra

Intervenendo ad un dibattito organizzato dal comitato inglese contro la guerra, Mehmet, un profugo afghano, ha ricordato che "nell'assurdità violenta e drammatica di questa guerra condotta da Usa e Gran Bretagna contro il mio paese, c'è una cosa che rende ancora più tragico quello che sta succedendo: Bin Laden è un prodotto del vostro mondo, di quel mondo occidentale e civilizzato che oggi spara missili contro la popolazione inerme e ridotta alla fame dell'Afghanistan".
Ha ragione Mehmet, si è detto e scritto ormai tante volte. Ma la memoria dei "potenti", come si sa, è corta. Cortissima quella di Tony Blair, alleato di ferro del presidente americano George W. Bush, che promette di "distruggere il terrorismo in maniera permanente e totale" e che lancia la sua "fatwa" civile e occidentale contro Bin Laden e il regime dei Taleban che lo proteggono, "un governo retrogrado, che non rispetta i diritti umani e che tratta le donne senza alcun rispetto e in maniera violenta e repressiva". Anche con i soldi inglesi.
La memoria corta di Blair fa sì che nessuno o quasi parli più di quanto stretti fossero i legami di Bin Laden con il Regno unito e non solo negli anni '80, quando cioè Whitehall e Washington pompavano miliardi nelle casse dei "guerrieri musulmani" impegnati a combattere i sovietici in Afghanistan. Nel 1994 Osama Bin Laden arrivò indisturbato a Londra, visse a Wembley per qualche mese, il tempo per mettere in piedi un ufficio nella capitale noto con il nome di "Advisory and Reformation Committee". Il portavoce del comitato, impegnato a lanciare fatwa e a inneggiare alla jihad via fax dal suo appartamento a Dollis Hill, era il "rispettabile" uomo d'affari saudita Khalid al-Fawwaz.
Da Londra al-Fawwaz, amico di molti giornalisti e personalità, organizzava viaggi e interviste nella base di Bin Laden in Afghanistan e nel frattempo faceva propaganda soprattutto contro il regime saudita. Ad un certo punto i legami di Bin Laden con la Gran Bretagna erano diventati talmente forti (e imbarazzanti) che il governo americano si trovò di fronte alla richiesta di inserire anche il Regno unito nella lista nera dei paesi che sponsorizzavano il terrorismo. Non solo: molti dei stati arabi oggi considerati possibili obiettivi da Blair e Bush, avevano apertamente accusato la Gran Bretagna di offrire ospitalità a estremisti musulmani ricercatissimi.
Negli anni '80, quando il nemico da combattere era l'Unione sovietica, i corpi speciali di sua maestà, le Sas, offrivano (in Scozia) addestramento ai "guerrieri musulmani" che ricordano con una certa gratitudine la tappa inglese, prima di andare ad arruolarsi nell'esercito di Bin Laden. Almeno duemila persone l'anno (negli anni '80 e '90), la maggior parte sostenitori della Jihad, fecero di Londra la loro base per chiamare a raccolta i fratelli musulmani e prepararli alla guerra santa: avevano scelto l'Inghilterra per le "tradizioni di democrazia e giustizia". Ma oltre a predicare e addestrarsi, raccoglievano fondi e riciclavano denaro sporco destinato alle organizzazioni come quella di Bin Laden.
Oggi il governo Blair ha messo al bando praticamente tutte le organizzazioni mediorientali e non solo quelle: la nuova legge antiterrorismo infatti è tra le più repressive e onnicomprensive (il concetto di terrorismo è estremamente ampio e quindi applicabile anche a tre amici con materiale ritenuto sovversivo) d'Europa.
Non è un caso dunque che di fronte alle accuse del parlamento francese - la Gran Bretagna continua ad essere un paradiso per il riciclaggio di denaro sporco da parte delle organizzazioni terroristiche - il premier Tony Blair abbia reagito in maniera molto poco diplomatica liquidando il rapporto come "offensivo, male informato, pieno di errori e quindi totalmente inesatto". Ma nelle 400 pagine redatte dal socialista Arnaud Montebourg si spiega in dettaglio come la City abbia permesso l'espansione del riciclaggio, grazie al suo severo codice di confidenzialità. Nonostante la dura reazione di Blair, il rapporto ha trovato conferme nell'indagine che da mesi la Bbc News Online sta conducendo. Anche i giornalisti britannici sono arrivati alla conclusione che il sistema messo in atto dal governo per combattere il riciclaggio di denaro sporco è totalmente inadeguato

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Dubai, mistero Bin Laden 
di Anais Ginori - Repubblica 1 novembre 2001

Lo sceicco ricoverato nell'ospedale americano a luglio per insufficienza renale. La clinica smentisce, no comment del medico

ANAIS GINORI repubblica del 1 novembre 2001

OSAMA Bin Laden è stato curato da un medico americano, in un ospedale americano a Dubai. Quattro mesi fa, lo sceicco saudita è stato ricoverato nella città degli Emirati Arabi per «un'infezione renale con complicazioni al fegato». Secondo il quotidiano Le Figaro, Bin Laden è arrivato a Dubai il 4 luglio e ha soggiornato fino al 14 luglio in una delle suite "vip" dell'ospedale americano, un riservato e moderno edificio di vetro e marmi, inaugurato nel ‘95 vicino a Maktum Bridge. Il nemico pubblico numero uno degli Usa si è affidato al dipartimento di urologia del dottor Terry Callaway, specialista di calcoli renali e problemi di infertilità maschile. Durante la sua degenza - ricostruisce il giornale francese - il miliardario saudita ha ricevuto le visite di parenti e amici e ha anche avuto un incontro con l'agente locale della Cia a Dubai.
Il direttore dell'ospedale, Bernard Koval, al telefono smentisce: «E' un errore, Bin Laden non è mai stato un nostro paziente». Da Parigi, la redazione di Le Figaro, supportata da verifiche di Radio France International, conferma. «E' stato un dirigente amministrativo a farci vedere le cartelle con le date e i motivi del ricovero» spiega Frederic Fritcher, responsabile dei servizi internazionali. «Abbiamo parlato anche noi con Bernard Koval - aggiunge Fritcher - ma non ci ha chiesto di pubblicare nessuna smentita».
Il 4 luglio Bin Laden arrivava da Quetta, in Pakistan, forse insieme al suo medico personale, l'egiziano Ayman Al Zawahiri. Il medico americano Callaway non ha voluto replicare al quotidiano, ha scelto un fermo «no comment». Silenzio anche a Washington e a Langley, nel quartiere generale della Cia. La notizia potrebbe mettere in grave imbarazzo i responsabili dell'intelligence americana, già sotto accusa per la passata collaborazione con lo sceicco saudita e per non essere mai riusciti a catturarlo dopo le stragi in Kenya e Tanzania del ‘98. A luglio, Bin Laden era formalmente considerato il terrorista più ricercato del mondo, con una taglia di oltre 10 miliardi di lire.
Il viaggio a Dubai di Bin Laden è stato ricostruito grazie a informazioni riservate e a una serie di coincidenze. Il ricovero nell'ospedale americano è avvenuto dopo gravi crisi renali, già documentate da molti giornali internazionali nella primavera scorsa. Il responsabile locale della Cia, un uomo noto negli ambienti delle spie mediorientali, è stato visto salire al piano dell'ospedale dove era ricoverato lo sceicco. Il misterioso 007 si sarebbe poi vantato con gli amici di aver incontrato Bin Laden e il 15 luglio, all'indomani della partenza dell'illustre paziente, sarebbe andato via dagli Emirati arabi. Altra coincidenza: proprio a Dubai, è stato arrestato a fine luglio Djamal Beghal, un francoalgerino che stava partendo per l'Europa dall'Afghanistan. Non è chiaro se Beghal, che ha partecipato a campi di addestramento militare di Al Qaeda, ha incontrato in quell'occasione Bin Laden. «C'era un progetto per attaccare l'ambasciata americana a Parigi» ha dichiarato Beghal, estradato nella capitale francese dopo l'11 settembre su richiesta dei giudici antiterrorismo.
Non è la prima volta che Bin Laden è costretto a cure mediche. Da tempo la Cia sostiene che lo sceicco non sta bene, si muove con difficoltà e ha bisogno di un trapianto renale. Il biografo Yosef Bodansky, aggiunge dettagli: dal '99 Bin Laden patisce una grave insufficienza renale. I primi problemi ai reni sarebbero stati causati da un tentativo di avvelenamento di Siddi Ahmed, un emissario della Cia assoldato per quasi 1 miliardo con il compito di uccidere il terrorista rifugiato in Afghanistan. Da allora, la malattia si sarebbe complicata, con danni anche al fegato. Già a marzo Asiaweek scriveva che Bin Laden era in fin di vita e che cercava di farsi un trapianto. In aprile, il settimanale arabo Al Wassat raccontava di un medico iracheno chiamato d'urgenza a Kandahar per sottoporlo a dialisi.
Le poche persone che hanno incontrato lo sceicco in Afghanistan nei mesi scorsi hanno sempre parlato di un uomo stanco e provato. «Bin Laden è vivo e sta bene» ripetono invece gli uomini di Al Qaeda. Dopo il viaggio a Dubai, scrive Le Figaro, Bin Laden avrebbe acquistato un sofisticato macchinario portatile per la dialisi. Secondo la Cia, Bin Laden oggi è vivo nel suo nascondiglio segreto soltanto grazie a questa macchina

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Mistero Bin Laden e l'esplosione prima del crollo delle torri
di Tom Bosco - Nexus magazine

Mentre scrivo queste righe, i media internazionali si stanno scatenando contro l’ultimo proclama in video dello “Sceicco del Terrore”, e quelli nostrani attribuiscono la qualifica di “minacce all’Italia” alcune delle dichiarazioni in esso contenute. La mia impressione è che, una volta di più, si voglia mettere in bocca a Osama Bin Laden delle affermazioni che lui non ha fatto. Come la sua ammissione di essere il mandante degli attentati su New York e Washington, che tutti i media gli hanno attribuito quando venne divulgato il suo primo proclama televisivo: io questa ammissione non l’ho proprio sentita, e voi? In compenso, ho scoperto che qualcuno ritiene addirittura che il (i) video in questione sia(no) una montatura, realizzata in digitale con tecnologie “morphing” o addirittura (è la tesi prevalente) tramite una controfigura.1 In effetti è un po’ strano vedere un fondamentalista islamico indossare un giubbotto dell’esercito USA, e tenere il microfono con la mano destra, quando l’FBI nella sua segnalazione sottolinea che è mancino. Ancor più strano risulta il confronto tra le dichiarazioni che gli si ascrivono e quelle da lui rilasciate in un’intervista, pubblicata il 28 settembre 2001 dal giornale pakistano di stanza a Karachi, lo Ummat,2 in cui alla domanda “Lei è stato accusato del coinvolgimento negli attacchi a New York e Washington. Cos’ha da dire al riguardo?”, Osama Bin Laden risponde: “Ho già detto di non avere a che fare con gli attacchi a New York e Washington. Come musulmano, faccio del mio meglio per astenermi dal dire una menzogna. Non so nulla di questi attacchi, né considero l’uccisione di donne, bambini ed altri esseri umani innocenti un atto apprezzabile. L’Islam proibisce decisamente di far male a donne, bambini ed altri esseri umani innocenti. Un atto del genere è proibito persino nel corso di una battaglia.”

Dunque, partendo dal presupposto che quanto sopra sia ricavato da un’intervista autentica a Osama Bin Laden, che conclusioni dovremmo trarne?

Ma passiamo ad altro. Avrete sentito delle proteste dei vigili del fuoco newyorchesi i quali, pur lavorando come volontari a “ground zero” nell’opera di scavo e recupero dei corpi ancora sepolti, molti dei quali appartenenti ai loro compagni, sono stati esautorati per motivi non del tutto chiari. Inizialmente non avevo fatto caso a questa notizia, ma poi mi è venuto il sospetto che forse li si vuole tenere il più lontano possibile da qualcosa che non devono assolutamente vedere. Cosa mi ha portato a pensare una cosa del genere? Be’, osservate la foto 1:

dovrebbe essere una ripresa satellitare di un palazzo adiacente alle Twin Towers, poi crollato in seguito agli eventi dell’11 settembre. Ora, osservate la foto 2: 

nella ripresa della CNN, si notano perfettamente sulla destra entrambe le torri ancora in piedi, eppure sulla sinistra si distingue chiaramente un “fungo” di fumo bianco, come un crollo o un’esplosione, che corrisponde al punto in cui si trovava il palazzo in questione, cui evidentemente è successo qualcosa prima del crollo che ha coinvolto il WTC. Cosa è successo? Nella foto 3

si può osservare il punto di ripresa della telecamera della CNN, nelle foto 4 e 5 

si vede quanto resta di quel palazzo, che ha tutta l’aria di essere stato sventrato da un’esplosione (non sono certo un esperto, ma questa è l’impressione che ne ricavo). Non trovate anche voi che, assumendo che l’edificio sia stato davvero interessato da un crollo o un’esplosione prima delle Twin Towers, questo fatto sia estremamente strano? Se la versione degli eventi è come ci è stata presentata in queste settimane, cosa diavolo può essere accaduto laggiù?

Voglio aggiungere che in Internet continua a divampare la diatriba tra coloro che ritengono del tutto normale il crollo delle torri colpite e altri che invece lo ritengono impossibile senza l’aiuto di cariche esplosive da demolizione, piazzate nei punti chiave degli edifici. Anche in questo caso, se inizialmente trovavo improbabili le tesi dei “dietrologi” di turno, anche perché le spiegazioni degli esperti mi sembravano ragionevoli (vedere www.rense.com), ora qualche dubbio comincia a venirmi, dopo aver letto l’irriverente analisi di J. McMichael3 che punta il dito su svariate questioni, prima fra tutte la temperatura necessaria a fondere le strutture in acciaio e rivetti, che non avrebbe mai potuto essere conseguita tramite la combustione del carburante contenuto nei serbatoi degli aerei. Torneremo sulla faccenda con il maggior numero di dati possibile, sia per una tesi che per l’altra, dopodiché deciderete voi che cosa pensarne.

Nel frattempo, state tranquilli! Non preoccupatevi delle testate nucleari pakistane che potrebbero finire in mani pro-talebani, perché sembra che una unità delle forze speciali statunitensi si stia addestrando per un’incursione in Pakistan, volta ad impossessarsene nel caso che il generale Musharraf dovesse perdere il potere...4 con sommo piacere di India e Israele (sono le uniche testate “islamiche” esistenti al mondo, almeno per il momento...).

1. Carol A. Valentine, http://www.public-action.com 
2. http://www.public-action.com/911/oblintrv.html 
3. http://www.public-action.com/911/mcmichael.html 
4. http://www.rense.com/general15/usprep 

 
www.disinformazione.it