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La Cecità Notturna
di Rishi Giovanni Gatti - 10 aprile 2006

Nell’ambito della serie di articoli che dedichiamo alla divulgazione della “Cura della Vista”, esaminiamo in questo numero un sintomo molto curioso, quello della “cecità notturna”, del quale il Dott. Bates si occupa nel suo libro originale Vista Perfetta Senza Occhiali a pagina 281, dove si narra di un caso molto grave di vista imperfetta che non aveva tratto alcun beneficio né dalle lenti correttive, né da altre misure palliative come la vita in campagna, all’aria aperta.
La “cecità notturna” è un difetto visivo per il quale con il calare della notte, e quindi in assenza di luce solare, la retina perde la sua peculiare sensibilità centrale ed uno è costretto, se vuole vedere qualcosa di ciò che ha davanti a sé, ad usare una parte molto periferica del campo visivo, girando gli occhi da una parte, in uno sforzo assolutamente innaturale. Tale disturbo non si risolve con occhiali o lenti correttive, né con operazioni o altri trattamenti ortodossi, facendo parte di tutta quella collezione di malattie visive date per incurabili e senza speranza.

Nel caso riportato da Bates, il paziente, dopo alcuni mesi di discussioni e rimostranze con il medico, si è lasciato convincere che l’unica soluzione al suo problema fosse quella di dedicarsi ai metodi di rilassamento per la cura della vista, che fortunatamente egli è riuscito a praticare con successo, arrivando alla guarigione completa e definitiva non solo di questo strano sintomo della cecità notturna, ma anche degli altri problemi di vista di cui soffriva, non solo di miopia ma anche di allucinazioni, attacchi di cecità improvvisa e altri sintomi nervosi. 
Oggigiorno il sintomo della “cecità notturna” è estremamente comune, anche se in forma non così grave da impedire totalmente la visione come nel caso citato, ed è sempre molto fastidioso: la cosa che più sccncerta le persone che ne sono affette è che gli occhiali e le lenti a contatto sono inutili, giacché l’apparente effetto benefico riscontrato con l’acquisto di un nuovo paio svanisce nel giro di pochi giorni e al buio la visione peggiora ulteriormente molto presto.

Non sembra quindi trattarsi di un “problema di messa a fuoco”, ma proprio di “visione” nel senso meno fisico del termine, cioè più mentale, laddove per “visione” intendiamo un processo di interpretazione dell’immagine che arriva sulla retina dell’occhio, e non l’immagine stessa.
Chi soffre di questo disturbo capisce bene il significato di queste parole: di giorno, può darsi che la visione sia normale, e i contorni degli oggetti ben definiti, e i particolari ben visibili; di notte, invece, tutto sembra magicamente sparire come nascosto dietro un velo grigiastro che è impossibile da penetrare.
È possibile fare un semplice esperimento per rendersi conto dei fatti: chiudere gli occhi e coprirli con i palmi delle mani senza toccarli, e aspettare qualche minuto. Si noterà che quel velo grigiastro è lì presente davanti agli occhi, cioè, nella mente del soggetto, e non dipende dalla messa a fuoco né dalla prescrizione diottrica delle lenti correttive, dato che con gli occhi chiusi e coperti non arriva alcun raggio luminoso dall’esterno, e il problema di “vedere bene” gli oggetti non si pone proprio.

Quel “velo” è un fatto puramente mentale, è lo sforzo inconscio per vedere che non viene curato dagli occhiali, e che è l’unica vera sorgente del difetto visivo. Sostanzialmente, si tratta di mancanza di rilassamento mentale, o riposo.
Come dice il Dott. Bates, la causa della cecità notturna, come di tutti gli altri problemi visivi, è lo sforzo per vedere, ovvero, la mancanza del naturale rilassamento mentale e oculare che presiede la buona salute. Giocoforza, la cura da seguire non è quella degli occhiali o delle operazioni chirurgiche, ma quella che porta a riguadagnare il corretto rilassamento mentale necessario all’uso naturale degli organi della vista.
Per entrare nei dettagli del trattamento è necessario studiare il libro originale del Dott. Bates, ma in questa sede non possiamo non ricordare che a chi gli chiedeva quale fosse la cura per la “cecità notturna”, il medico americano rispose molto drasticamente con due parole: “Sun-Gazing”. Cioè: Rimirare il Sole. Avete letto bene: la luce diretta del sole è il miglior metodo di trattamento per guarire quei fenomeni di sforzo mentale che causano gli effetti strani e “incurabili” della cecità notturna.

Naturalmente, bisogna usare discrezione, e non sarebbe corretto per nessuno iniziare a fissare il sole a mezzogiorno senza una adeguata preparazione, giacché ciò causerebbe, come lo stesso Bates avverte nel suo libro originale, l’erompere violento di un tale quantitativo di sforzo oculare capace in genere di produrre danni fisici all’occhio, che, sebbene mai permanenti, sarebbero inutilmente molto fastidiosi.
Ma l’obiettivo è corretto: chi scrive questo articolo ha iniziato a rimirare regolarmente il sole circa diciotto mesi fa, iniziando con brevi periodi, fino ad arrivare ad oltre quaranta minuti continui di osservazione, con enormi benefici sia sul piano della visione che del benessere generale.
Alla luce di queste esperienze, che sono corroborate da testimonianze di decine di persone sullo stesso cammino sperimentale, appaiono davvero inopportune e fuori luogo le infinite raccomandazioni che ci arrivano dalla scienza convenzionale, che invita a proteggersi il più possibile da quella fonte di energia senza la quale la vita non sarebbe mai esistita, e senza la quale non sarebbe possibile alcuna “visione”, né difettosa, né buona.

Sono disponibili altri articoli di approfondimento, pubblicati sulla rivista IL FALCO (disponibili in formato pdf), alla quale vi invitiamo ad abbonarvi.

 
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