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Cause del conflitto Usa Iraq
Mario Tonini – Fortaleza - Brasile

Nel novembre 2000 il governo dell'Irak decide che  nelle sue future transazioni commerciali riguardanti la vendita di gas e petrolio, il dollaro debba venire sostituito dall'euro. Immediatamente dopo l'entrata in vigore della nuova moneta europea Saddam ordina quindi che  le intere riserve irakene, ammontanti a 10 miliardi di dollari depositati alle Nazioni Unite nel quadro del programma "Oil for food", siano convertite in euro. Anche il presidente del Venezuela Hugo Chavez Fria, che ha svolto un ruolo chiave per riunire l’Opec, valuta la possibilità di farsi pagare il petrolio in Euro, come ha confermato Il diplomatico venezuelano Francisco Mieres-Lopez, quale strumento di pressione da utilizzare contro gli Usa. Non  si dimentichi che in occasione di una visita della delegazione del Parlamento Europeo in Venezuela (25-28 febbraio 2000), Chavez aveva accusato gli USA di voler mettere in piedi una «dittatura mondiale», ricordando piuttosto il legame storico dei paesi latinoamericani con l’Europa e gli europei.  Dopo l’11 settembre 2001, inoltre molti finanzieri Islamici hanno dato inizio al rientro nelle banche Arabe dei loro investimenti in dollari, preoccupati per il possibile sequestro dei loro titoli azionari in conseguenza del “Patriot Act” Statunitense.

Gli USA il 7 ottobre 2001 invadono l’Afghanistan dando la caccia allo sceicco Bin Laden finanziatore  del gruppo di terroristi che l’11 settembre attaccarono la capitale finanziaria della nazione.
Durante una sua visita in Spagna nell'aprile 2002 Javad Yarjani, capo del Dipartimento Analisi del Mercato Petrolifero dell'OPEC sostiene che sia un'anomalia il fatto che il dollaro domini il commercio mondiale.  L'alto funzionario non esclude che in futuro l'OPEC possa decidere l'adozione dell'euro scelta dettata dai legami commerciali sempre più stretti tra Paesi membri dell'OPEC e l'area dell'euro dalla quale vengono importati oltre il 45% dei beni. Con  l’allargamento del 2004 la UE comprerà piu’ della metà del petrolio grezzo dell’OPEC. Gli USA sanno che è’ una questione di poco tempo prima che l’euro sostituisca il dollaro nel commercio del petrolio e diventi la moneta di riferimento del commercio mondiale. Gli americani si trovano nella necessita  di mantenere il commercio del petrolio  nella loro moneta il dollaro, in modo da  rimanere, militarmente ed economicamente, la potenza dominante nel mondo.   Se l’OPEC decide di vendere in dollari gli USA non potranno finanziare il loro colossale deficit commerciale e perderanno il controllo mondiale dell’economia, inoltre il disequilibrio strutturale della loro ec bonomia si può sostenere a condizione che le nazioni che comprano il petrolio lo facciano in dollari.

Devono quindi agire su due fronti indebolire l’OPEC e spaccare l’Unione Europea. Sul fronte OPEC individuano in Chavez l’anello più debole. Mettere le mani nel calderone mediorientale è estremamente pericoloso può destabilizzare l’intera area. Si concentrano sul Venezuela.  I partiti d’opposizione si fanno promotori di un referendum per destituire il presidente Hugo Chavez, con l’obiettivo strategico secondo lo storico Samuel Moncada di privatizzare la compagnia petrolifera nazionale con capitale straniero e uscire successivamente dal cartello dell’OPEC.
Da Miami Carlos Andrés Perez ex presidente grande amico degli americani annuncia ai quattro venti un colpo di stato. Tranquillamente afferma che "la via violenta" è la sola possibile in Venezuela disprezzando il referendum "perché non é parte della tradizione Latino-americana".  I sindacati schierati con l’opposizione indicono un grande sciopero del comparto petrolifero nell’Aprile 2002 che termina in un bagno di sangue. I militari arrestano Chavez ma il popolo venezuelano con una sommossa popolare al limite della guerra civile riporta  il presidente istituzionale a palazzo Miraflores. Che Washington volesse liberarsi di Chávez è innegabile. Prima del tentato golpe, alcuni alti funzionari statunitensi si erano incontrati con Carmona e altri leader della coalizione che ha esautorato Chávez; e a dicembre, Rogelio Pardo-Maurer, il funzionario del Pentagono responsabile per l’America Latina, aveva incontrato il generale Lucas Rincón Romero, capo dell’alto comando militare venezuelano. Più tardi, durante il breve regno di Carmona, secondo un funzionario del dipartimento di Stato citato dal New York Times, il sottosegretario di Stato per l’America Latina Otto Reich aveva telefonato al presidente golpista – a quanto sembra per invitarlo a non sciogliere l’Assemblea nazionale.

Fallito il golpe, Chavez e di conseguenza l’OPEC ne escono rafforzati; gli USA indeboliti perché sebbene il golpe sia stato denunciato da 19 capi di Stato latinoamericani come una violazione dei principi democratici, l’amministrazione Bush ha pubblicamente tollerato la presa di potere dei militari. Come ha notato il senatore Christopher Dodd, «restare in silenzio mentre un governo viene illegalmente rimosso è un fatto molto inquietante che avrà conseguenze profonde sulla democrazia dell’emisfero». Nel corso del 2002 secondo il deputato Mohammed Abasspour, membro della Commissione Parlamentare per lo Sviluppo anche  l’Iran  converte il 50 % delle riserve in valuta della Banca Centrale Iraniana  da dollari a euro.  Fonti Iraniane hanno dichiarato che i loro colleghi del sistema bancario avevano la netta sensazione che l’amministrazione di Washington si dimostrasse particolarmente  irritata per tutto ciò, e quindi palesava aggressività nella sua guerra di parole e di minacce di interventi militari.
Anche la Corea del Nord agli inizi di dicembre 2002, senza che niente lo facesse presagire, annuncia ufficialmente il passaggio alla nuova valuta europea per i suoi commerci. Iraq, Iran Corea del Nord. Gli stati canaglia. Per gli Usa  è un ulteriore allarme. In Venezuela hanno perso la faccia. Devono quindi mostrare i muscoli, dare un segnale forte a quei paesi dell’Opec che vogliono negoziare il prezzo del petrolio in Euro. Si vedono obbligati a scalzare l’OPEC. Progettano quindi un nuovo cartello petrolifero in Medio Oriente e in Africa,  A tal fine, gli USA fanno pressioni sulla Nigeria perché si sganci dall’OPEC e dalle sue quote ben definite in senso restrittivo di produzione di greggio, facendole balenare la prospettiva di generosi aiuti Statunitensi. Un’altra mossa degli USA è quella di incentivare la produzione di greggio in altri Paesi Africani, Algeria, Libia, Egitto, e Angola, dai quali gli Stati Uniti importano notevoli quantità di petrolio, in modo da rendere più tenue, se non addirittura spezzare, il controllo dell’OPEC sulle loro produzioni.

Hanno già invaso l'Afghanistan e minacciano di intervenire in Irak come strumento di pressione. Probabilmente non vogliono un conflitto in medioriente. Ma è subentrato un grande problema nell'accaparramento di nuove fonti energetiche. Uno studio della defunta Enron aveva  identificato l'area del mar Caspio come una riserva potenziale di 200 bilioni di barili di petrolio  Per attuare il disegno era necessario il controllo del territorio afgano, insostituibile via per il trasporto del greggio. Bin Laden venne designato come il nemico più pericoloso e diedero inizio  all'attacco all'Afghanistan. 
Soltanto ad invasione avvenuta studi più accurati dimostrarono l'inattendibilità del rapporto Enron quantificando le riserve dei paesi dell'area del Caspio in non più di 20 bilioni di barili di un petrolio di scarsa qualità e ad elevato contenuto sulfureo.
L'imponente intervento militare perde così il suo scopo e viene silenziosamente smobilitato, alla faccia della caccia allo sceicco del terrore.
La giunta Bush provvede velocemente a sostituire, come nemico principale, Bin Laden con Saddam Hussein, ovvero l'Irak, le sue risorse e le sue decisioni economiche.
Strumentalizzano l’attentato dell’11 settembre additano all’opinione pubblica  l’Iraq di Saddam come ricettacolo di terroristi, nella lotta al terrorismo sostituiscono Bin Laden con Al Zarkawi e con il pretesto delle armi di distruzione di  massa preparano l’invasione.

Francia e Germania che con Saddam stanno facendo affari sono naturalmente contrarie all’intervento militare.Trovano quindi un alleato nella Gran Bretagna che guarda caso  l’1 gennaio 1999,. non ha adottato l’euro ed è uno dei grandi produttori Europei di petrolio inoltre Tony Blair ha diversi motivi urgenti per supportare un'invasione. Appoggiando George Bush, egli appoggia l'ala destra della stampa britannica. Restando al fianco di Bush, può vantarsi di una leadership globale più credibile rispetto a quella di altri leader europei, continuando a difendere la posizione anomala della Gran Bretagna come membro permanente del Consiglio di Sicurezza. Occupato l’Iraq gli Usa smantellano il programma ONU  “Oil for Food” riconvertono in dollari le riserve irachene e varano il loro Fondo per la Assistenza all’Iraq naturalmente in dollari USA. Washington elabora una lista di imprese con lo scopo di eliminarle dal business della ricostruzione Irachena. Tra queste vi è l’ENI, prendendo come motivo il pretesto che hanno trasgredito la legge sulle sanzioni imposte a Iran e Libia del 1996 e classificandole come complici del terrorismo. L’Italia per non predere i pozzi dell’ENI a Nassiriya aderisce  a guerra conclusa (?) all’operazione Antica Babilonia  l’inviando truppe militari come missione di pace o umanitaria. Invece proprio in questi giorni il il presidente della commissione esteri della camera Gustavo Selva dichiara: “Basta con l'ipocrisia dell'intervento umanitario. (…) Abbiamo dovuto mascherare come operazione umanitaria perché altrimenti dal Colle non sarebbe mai arrivato il via libera”. 
Nel dicembre 2003, gli USA (il Pentagono) annunciano che per le compagnie petrolifere e di altra natura, Francesi, Tedesche e Russe è chiusa la porta per ottenere commesse per la ricostruzione in Iraq.

“Grazie alla guerra al’Iraq L’Unione Europa non esiste più” può affermare  soddisfatto Bush in un incontro con il premier turco Erdogan.
IRAQ invaso OPEC impaurita. Europa spaccata.
Missione compiuta COMMANDER IN CHEEF: abbiamo il petrolio e il dollaro è salvo!

Mario Tonini – Fortaleza - BRASILE


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