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Cannabis connection
di Marcello Pamio

Sarebbe di interesse universale nella storia dell’umanità scoprire che è stata la coltivazione della canapa a inventare l’agricoltura e di conseguenza la civiltà”.[1] Non sono le speranze di un hippy un po’ attempato in vena di rivincite ma le parole di Carl Sagan, l’astrofisico consulente della NASA, padre del progetto S.E.T.I. (Serch for ExtraTerrestrial Intelligence) e fondatore della Planetary Society.
La forte “attrazione” tra il divulgatore scientifico migliore del mondo[2] e la Cannabis “fumantis” (perdonate la licenza poetica) è risaputa, mentre la cosa poco nota è che nelle parole di Sagan si nasconde una profonda verità: la canapa effettivamente è una delle piante più antiche che l’uomo conosca!
A conferma di ciò vi sono numerose testimonianze archeologiche in ogni angolo della Terra che indicano senza ombra di dubbio come la canapa era conosciuta e coltivata in epoche remotissime: uno per tutti, il ritrovamento a Catal Huyuk, antica Mesopotamia, di manufatti in canapa risalenti, secondo i ricercatori, a circa 8000 anni prima di Cristo.
Non sappiamo con certezza se la canapa è stata la prima o la seconda pianta coltivata dall’uomo e sinceramente non siamo qui a stabilire una graduatoria di anzianità ma semmai per comprendere le vere motivazioni che portarono al suo divieto in moltissimi paesi di tutto il mondo. Una proibizione che di punto in bianco dopo millenni di utilizzo nelle più svariate applicazioni, che vedremo in seguito nel dettaglio, rese illegale una pianta messa a disposizione per noi dalla Natura.
Le motivazioni ufficiali certamente saranno state validissime per mettere al bando una pianta che cresce velocemente senza l’ausilio di prodotti chimici, da cui si produce carta di ottima qualità, tessuti resistentissimi, materiali plastici per l’edilizia, combustibili poco inquinanti, medicinali. Non ci credete? Be’, non ci volevo credere nemmeno io!
I papiri egizi e cinesi che nonostante tutto questo tempo sono giunti integri fino ai nostri giorni, le antichissime mappe cartografiche della Terra, la prima Bibbia di Gutemberg, avevano una sola cosa in comune: la canapa. Per non parlare dei primissimi preparati erboristici che sciamani e curanderos, dalla Siberia al Sud America passando per l’intera Europa, utilizzavano per alleviare le più svariate patologie, e più recentemente almeno la metà dei medicinali usati per tutto l’Ottocento!
Come mai queste informazioni importanti si sono perse negli anni, e perché i media in generale il cui unico servizio è appunto quello di informare hanno sempre taciuto? 
Lungi da me l’idea di un controllo globale della stampa da parte di potenti corporazioni, però bisogna ammettere che certamente è una strana coincidenza il recentissimo interesse giornalistico e quello medico-scientifico delle multinazionali chimico-farmaceutiche alla canapa, che ne dite? Fintantoché nessuno aveva in mano, anzi quotato in borsa, il medicinale non se ne parlava, oggi che hanno sintetizzato in laboratorio il principio attivo della cannabis, il THC, e si stanno preparando a venderlo sotto forma di farmaco se ne parla. Non è molto strano?
Oggi sono riemerse dall’oblio le proprietà antibiotiche, antidolorifiche[3] e antiepilettiche della pianta, come pure la sua efficacia contro l’anoressia, la depressione e il glaucoma[4]. Ultimamente sta avendo risultati positivi anche nei malati di sclerosi multipla[5] e nei malati di cancro per sostenere nausea e vomito causati dalla chemioterapia.
Insomma dalla canapa si produce tutto o quasi tutto quello che si può ottenere dal petrolio e dai suoi derivati con la piccola differenza che questi ultimi hanno un costo e un impatto ambientale incalcolabili, mentre la canapa è naturale e i prodotti di scarto si integrano meglio nell’ambiente.
Il punto è allora, come mai abbiamo scelto la strada del petrolio e abbandonato, anzi sbarrato, la strada della canapa? Per meglio comprendere questo punto, che sarà fondamentale ai nostri fini, dobbiamo tornare seppur nella carta indietro di un secolo e mezzo e rivivere per un momento la situazione economica e industriale di allora.
Ci troviamo a Pittsburg (ricordatevi questo nome), negli Stati Uniti e davanti a noi si erge la prima raffineria petrolifera al mondo[6]. L’anno è il 1850.
Saltiamo in avanti di qualche decennio e arriviamo nel 1917 quando la Compagnia Du Pont, della omonima famiglia, grazie a finanziamenti della Mellon Bank entra a far parte delle primissime industrie petrolchimiche. La Du Pont per chi non la conoscesse, è la beneficiaria della maggior parte dei brevetti sulle materie plastiche: nylon, rayon, cellophan, vernici, ecc.
La Mellon Bank di Andrew Mellon è una delle principali banche americane la cui sede principale, guarda caso, è a Pittsburg!
Apro una parentesi per gli amanti del cospirazionismo perché sembra che Andrew Mellon e la famiglia Du Pont facessero parte del Comitato dei Trecento, il gruppo nato per controllare il sistema bancario mondiale[7]. Chiudiamo la parentesi e ritorniamo a Pittsburg.
I soldi forniti dalla Banca di Mellon permisero alla Du Pont di entrare in possesso della General Motor, una delle più grandi case automobilistiche di allora e delle principali tecnologie per la fabbricazione della carta dalla cellulosa del legno.
Il 1919 fu un anno molto significativo perché succede qualcosa che avrà ripercussioni notevoli nella finanza e nell’industria: inizia il proibizionismo in America. Un periodo abbastanza lungo e oscuro (fino al 1933) in cui fu bandito totalmente l’alcol. Non tutti sanno però che all’epoca il carburante e/o combustibile era basato anche sull’alcol etilico[8] detto etanolo, derivante dalla fermentazione di vegetali e cerali, e sull’alcol metilico o metanolo derivante dalla fermentazione del legno.
Proibendo l’alcol da bere di conseguenza si proibiva anche l’alcol per uso industriale.
Non finiscono le coincidenze perché il ‘33 è l’anno in cui termina il proibizionismo ma anche quello in cui Mitscherlich produce quella sostanza scoperta nel 1825 da Faraday: la benzina[9]!
Ora ipotizzare che il Proibizionismo americano fu inventato per boicottare le “altre benzine” è un po’ forte, però rimane il fatto che effettivamente all’epoca chiunque poteva prodursi in proprio il combustibile…e forse questo poteva dare fastidio a qualcuno.
Risolto il problema dei combustibili, rimaneva quello delle materie plastiche di origine vegetale: miscelando infatti steli di canapa e calce si può ottenere un materiale da costruzione simile al cemento ma molto più elastico e leggero[10]. Questo è un altro gravoso problema per l’impero Du Pont che nel 1937 aveva brevettato un procedimento per la fabbricazione di materiali plastici dal petrolio! Come risolverlo?
Una mano gliela diede la campagna mediatica disinformante del più grande magnate del giornalismo statunitense: William Randolph Hearst. Attraverso i suoi numerosi giornali divulgò notizie false in merito alla cosiddetta Marijuana. Lo stesso termine Marijuana fu una sua invenzione letteraria. Adottò dal dialetto di Sonora, località messicana famosa oggi come ieri per l’esportazione di droghe, una parola allora sconosciuta e la usò come strumento di propaganda terroristica psicologica. Fa certamente più paura avere a che fare con una sostanza che non si conosce rispetto ad una nota.
Menzogne, che rasentavano il razzismo, diffamavano intere popolazioni come i messicani colpevoli secondo Hernst di essere solamente dei pigri fumatori di erba, o che mettevano in relazione le violenze sessuali nei confronti delle donne bianche da parte dei negri all’uso della droga.
L’altra mano fu di un certo Harry Aslinger, il fortunato nipote di Andrew Mellon, quello della banca che nel frattempo è stato eletto anche Segretario del Tesoro, che usò gli articoli diffamanti di Hernst davanti al Congresso degli Stati Uniti d’America. Aslinger era a capo del Federal Bureau of Narcotics and Dangerous, l’Ufficio Federale Narcotici, e il risultato fu la famosissima Marijuana Act Tax!
La prima legge che proibiva dopo oltre diecimila anni l’uso e la coltivazione della canapa.
Risolto anche questo!
Per la Du Pont, e tutti gli investitori dell’epoca che puntavano esclusivamente sul petrolio, la Marijuana Act Tax fu una vera e propria manna dal cielo: tolse dai piedi una scomoda pianta dai mille usi e lasciò all’oro nero la strada sgombra.
Ma soprattutto chi ne ha beneficiato di più è stata la lungimirante banca Mellon. Lungimirante perché oggi la Mellon Financial Corporation[11] ha capitali in centinaia di aziende e/o multinazionali legate al petrolio e all’energia come la Chevron Texaco, Exxon, Mobil, Occidental Petroleum, Teco Energy, Total Fina, Ford, General Electric, oppure all’ editoria come l’International Paper, The New York Times, Reader’s Digest Association, ecc.
Quindi tornando al discorso iniziale, le motivazioni erano e sono tuttora molto valide!
Tutti felici e contenti…gli industriali, molto meno quelle persone che da anni “combattono” per rivalutare la canapa rendendole finalmente giustizia dopo decenni di proibizionismo. Uno stop che penalizza non solo noi costringendoci ad utilizzare i derivati del petrolio, ma soprattutto la nostra Terra che ne paga le conseguenze in termini ambientali.
Provate ad immaginare cosa sarebbe successo se quel giorno, i magnati della Du Pont e le sorelle del petrolio, supervisionati da mamma Mellon, avessero deciso per lo sviluppo della canapa invece del petrolio. “
All’interno della sala ovale a Pittsburg, li ho visti mentre sorseggiando alcol di ottima qualità in barba al proibizionismo ipotecavano il futuro dell’intero pianeta. La decisione non era certo facile: il grasso e puzzolente petrolio che pochi potevano estrarre oppure la verde e profumata canapa che tutti erano in grado di coltivare?
Il dilemma è stato risolto con un voto plebiscitario: dodici voti su tredici indicavano la canapa!”.
Poi purtroppo è suonata la sveglia…

Marcello Pamio, tratto da Nexus ed. italiana nr. 39 (luglio-agosto 2002)


[1] «The Dragon of Eden, speculation on the Origin of Human Intelligence». Carl Sagan, ed. Paperback 1977
[2] «Scientific American»
[3] Londra, GW Pharmaceuticals
[4] Ministero della Sanità canadese
[5] Trasmissione «Report» del 16 febbraio 2002
[6] «Chimica e mineralogia», società editrice Internazionale
[7] «Le Società segrete e il loro potere nel XX Secolo» di Jan van Helsing, edizioni Andromeda
[8] «Chimica e Mineralogia» 1959 – Materia ed Energia, 1963 edizioni Vallecchi
[9] «Storia della Chimica», 1946 edizioni Chiantore
[10] www.studentibicocca.it
[11]
Osservatorio delle transnazionali www.transnational.org