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Vicenda Banca d’Italia: solo una lotta di potere per il Signoraggio?
di Pierluigi Paoletti  www.centrofondi.it

La pietra dello scandalo è stata portata alla luce alla fine del 2003 da un'analisi dell'ufficio studi di Mediobanca sui bilanci delle banche italiane dal quale è emerso che gli azionisti di Bankitalia sono le stesse banche che la BdI deve controllare, la cosa viene riportata solo dal Sole 24 ore e da Famiglia Cristiana.
Da quel momento tutta la parte indipendente della comunità finanziaria poi seguita  da moltissime altre persone sensibili al problema, ne parla e solleva il caso Bankitalia alimentato in seguito dagli scandali sul collocamento da parte delle banche delle obbligazioni Argentina, Cirio e Parmalat. La Lega e Tremonti, allora super ministro dell’economia e del Tesoro si schierano apertamente contro Fazio,. Tutto però si ridimensiona con le dimissioni forzate di Tremonti e anche la Lega ritorna sui suoi passi dopo che Bankitalia ha evitato il fallimento alla banca della Lega Credieuronord, facendola acquisire dalla Popolare di Lodi oggi Popolare Italiana di Fiorani.

Fino ad allora Fazio ha sempre agito con la disinvoltura e la spavalderia di chi  godeva della copertura politica del governo che l’ha difeso a spada tratta in molte occasioni, a volte anche contro l’evidenza come nel caso Cirio e Parmalat, fino a questa estate quando con le intercettazioni telefoniche che hanno messo in piazza gli intrecci con la  cricca di Fiorani & c. si è rotto qualcosa.
Da quel momento tutti i mass media, che fino ad allora avevano scelto la strada dell’omertà, si sono schierati contro Fazio ed anche la copertura politica che lo ha sempre accompagnato, grazie anche alle bordate del ministro Siniscalco, si è notevolmente affievolita facendo stringere sempre più il cerchio attorno al Governatore della Banca d’Italia che non vuole dimettersi.
Il consiglio dei ministri in tutta fretta ha varato le linee guida della riforma di Bankitalia introducendo un mandato a termine per il Governatore e l’intenzione di riportare in mani pubbliche la Banca Centrale e molti giornali hanno riportato anche diversi nomi graditi a Ciampi che potrebbero sostituire Fazio a via Nazionale: Tommaso Padoa Schioppa, Mario Draghi, Mario Monti oltre allo stesso Siniscalco.
L’intera vicenda ha qualcosa di strano: perché questo improvviso accanimento di mass media e politici contro Fazio?
Non credo infatti alla storia della credibilità internazionale dell’Italia sbandierata da tutti. Sotto, secondo me, c’è dell’altro.

Se notate bene tutte le persone citate in neretto protagoniste della vicenda, fanno parte di quella che Marco Saba, ricercatore del Centro Studi Monetari, chiama le Brigate  Rothschild, ammesse al Bilderberg group circolo ristrettissimo che decide delle sorti del mondo e sono tutte schierate contro l’attuale Governatore mentre sappiamo che il religiosissimo Fazio è benvoluto dal sen. Giulio Andreotti e dall’Opus Dei.
La richiesta delle dimissioni di Fazio nasconderebbero allora una lotta di potere tra Banchieri e Opus Dei?
E per quali oscuri motivi si contenderebbero la guida della Banca d’Italia?
Probabilmente per controllare i proventi dal signoraggio italiano incamerati dalla Banca d’Italia attraverso la sua partecipazione nella BCE.
In ballo infatti c’è una cifra pari al debito pubblico di cui lo Stato italiano è debitore nei confronti della Banca Centrale (1.439.755 milioni di euro nel 2004).
Lo stato infatti per un oscuro motivo ha rinunciato alla facoltà di emettere il denaro di cui ha bisogno e l’ha ceduta prima alla BdI e oggi alla BCE.
Facendo ciò non si indebita per il solo costo di stampa delle banconote, come sarebbe naturale visto che la valuta non ha alcuna copertura, ma per il loro valore facciale e su quello emette i titoli di stato (BOT BTP CTZ ecc.) i cui proventi vanno interamente alla Banca Centrale per aver stampato le banconote.

E scandalo nello scandalo, nel bilancio della Banca Centrale al passivo non figurano i costi tipografici (carta, inchiostro ecc), ma il valore facciale delle banconote e all’attivo il ricavato della vendita dei titoli di stato con la conseguenza che i bilanci sono sempre vicini al pareggio.
Il fatto che per una convenzione il mercato dia valore a dei semplici pezzi di carta non significa che questi siano ricchezza – quella gliela diamo noi accettandola in cambio del nostro lavoro- in realtà sono sempre e solo pezzi di carta colorata e poiché è solo questo che fornisce la Banca Centrale , in bilancio dovrebbe essere iscritto al passivo solo il costo di produzione di questi biglietti colorati (pochi eurocent a banconota invece che 50-100-500 euro).
Con il quasi pareggio di bilancio, gli utili da spartire tra l’azionariato sono molto esigui e quindi l’operazione del governo di riportare le azioni di Bankitalia in mano pubblica risulta essere solamente un’operazione di facciata, utile solo a togliere ai controllati (le banche) la proprietà del controllore (Bankitalia), mentre rimane tuttora un mistero la strada che prende il denaro derivante dalla vendita dei titoli di stato (Signoraggio).
Speriamo che qualcuno prima o poi faccia luce anche su questo che non è, purtroppo, solo un “giallo” italiano

 
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