Visione esoterica delle malattie

- Anoressia nervosa
- Morbo di Parkinson
- Malattie della pelle 
- Insonnia
- Allergie

Anoressia nervosa

Porta alla tomba il venti per cento di tutti i pazienti. Nell' anoressia una persona rifiuta di mangiare perché non ne ha voglia e muore senza neppure avere la sensazione di essere ammalata. I parenti ed i medici curanti cercano in tutti i modi di convincere il malato dei vantaggi del mangiare e della vita, e arrivano per amore del prossimo a costringere il paziente a subire l'alimentazione artificiale che viene fatta in ospedale. L'anoressia è una tipica malattia femminile. Le pazienti, spesso in età puberale, si abituano gradualmente a non mangiare: rifiutando di prendere qualunque cibo, fatto che - in parte consciamente e in parte inconsciamente - è legato al desiderio di dimagrire. Il rifiuto di mangiare a volte non manca di trasformarsi nell'esatto contrario: quando queste persone sono sole e non vengono viste da nessuno, ingoiano enormi quantità di cibo. Vuotano di notte il frigorifero e mangiano tutto quello che riescono a trovare. Però non vogliono trattenere quello che mangiano e fanno in modo di vomitare tutto. Quando mangiano, prediligono cose che quasi non meritano l'appellativo di cibo: limoni, mele verdi, insalata amara, ovvero cose che hanno pochissimo valore alimentare e pochissime calorie. Hanno per di più anche un gran bisogno di movimento: fanno lunghe passeggiate, che stupiscono in chi non mangia quasi nulla. Colpisce anche il grande altruismo di queste persone, che arriva addirittura a mettersi a disposizione degli altri per la cucina: fanno da mangiare con cura e attenzione. Per il resto hanno un gran bisogno di solitudine e amano ritirarsi in luoghi appartati. Spesso le ammalate non presentano più le mestruazioni e quasi sempre hanno problemi e disturbi in questo campo.
Ci rendiamo conto di trovarci di fronte a un ideale ascetico portato all'estremo. Sullo sfondo c'è il vecchio conflitto tra spirito e materia, tra alto e basso, tra purezza e istinto. Il cibo nutre il corpo e nutre quindi il regno delle forme. Il rifiuto del malato di anoressia di mangiare è un no alla fisicità e a tutte le esigenze del corpo. Il vero e proprio ideale di queste persone va ben al di là del campo del mangiare: è la purezza e la spiritualizzazione. Si vorrebbe eliminare tutto ciò che è pesante e corporeo. Si vorrebbe sfuggire alla sessualità  e all'istintualità. Lo scopo vero è l'astinenza sessuale e l'asessualità. Per questo è necessario rimanere magri, altrimenti nel corpo si formano delle rotondità che rivelano la paziente per quello che è: una donna. E donna non vuole essere.
La resistenza contro la propria femminilità e la sessualità si manifesta nella mancanza delle mestruazioni. Il massimo ideale del malato di anoressia è la smaterializzazione. Via da tutto quello che ha a che fare con questo misero corpo.
La morte non viene avvertita come qualcosa di minaccioso -infatti è ciò che vive che le spaventa- hanno paura di tutto quello che è rotondo, amorfo, femminile, fertile, istintuale e sessuale. Per questo non vogliono partecipare al pasto comune; sedere in cerchio e mangiare assieme è un rituale antichissimo che si ritrova in tutte le civiltà, è qualcosa che produce calore e vicinanza.
Dietro al comportamento altruistico troviamo sempre un esagerato egocentrismo. Chi rifiuta il cibo, si trova improvvisamente ad avere in mano un incredibile potere sugli altri, che credono di dover disperatamente costringere la persona a mangiare per sopravvivere.
Non si può aiutare i malati di anoressia costringendoli a mangiare: la cosa migliore da fare è aiutarli a diventare sinceri nei confronti di se stessi. La paziente deve imparare a scoprire la propria fame di amore e di sesso, il proprio egocentrismo e la propria femminilità, e deve accettare tutto questo. Deve capire che tutto ciò che è umano non deve essere combattuto e represso, ma integrato, vissuto e quindi tramutato.

Tratto da Malattia e Destino il valore e il messaggio della malattia  Thorwald Dethlefsen Ed. Mediterranee

 

Malattie della pelle

E' l'organo più grande dell'uomo. Essa assolve molteplici funzioni, le più importanti delle quali sono le seguenti:
1) Delimitazione e protezione.
2) Organi di contatto.
3) Organo di espressione e rappresentazione.
4) Organo sessuale.
5) Respirazione.
6) Sudorazione.
7) Regolamentazione del calore.

Tutte queste molteplici funzioni della pelle indicano però un tema comune, che sta tra i due poli limitazione e contatto. Noi viviamo la pelle come il nostro limite materiale esterno e contemporaneamente attraverso la pelle siamo in contatto con l'esterno, tocchiamo con essa il mondo circostante.
Dentro al nostra pelle ci mostriamo al mondo - e uscire dalla nostra pelle non ci è possibile.Essa rispecchia il nostro modo di essere e lo fa in due modi. In primo luogo la pelle è una superficie che riflette tutti gli organi interni. Ogni turbativa di uno degli organi interni viene proiettata sulla pelle e ogni stimolazione di una zona corrispondente della pelle viene condotta verso l'interno, al rispettivo organo. Quando avviene qualcosa sulla pelle: un arrossamento, un gonfiore, un'infiammazione, un prurito, un ascesso, il punto in cui questo avviene non è casuale, ma indica un processo interiore corrispondente.
La pelle non mostra  soltanto il nostro stato organico interno, ma in lei si rivelano anche tutti i nostri processi e le nostre reazioni psichiche. Una parte di questi si mostra in modo così chiaro che tutti lo possono rilevare: si diviene rossi dalla vergogna e pallidi di paura, si suda per il terrore o l'agitazione, i capelli si rizzano per l'orrore o ci viene la pelle d'oca. Esternamente invisibile ma misurabile con strumenti elettronici adatti è la conducibilità elettrica della pelle. tutto questo ci conferma che la pelle è una grande superficie proiettiva, su cui diventano sempre visibili processi sia somatici che psichici

Eruzioni della pelle:
Nel caso delle eruzioni qualcosa spezza il confine, qualcosa vuole uscire. L'esempio più evidente è quello dell'acne giovanile. Nella pubertà la sessualità esplode nell'uomo, ma per lo più viene repressa. La pubertà è un ottimo esempio per una situazione di conflitto. In una fase di apparente tranquillità irrompe improvvisamente da profondità inconsce qualcosa di nuovo e travolgente, che con  la forza cerca di crearsi uno spazio nella coscienza e nella vita di una persona. Tuttavia la cosa nuova che urge è sconosciuta, insolita e incute paura. Si preferirebbe escluderla dal proprio mondo e tornare allo stato abituale. Il che non è più possibile. Lo stimolo del nuovo e la paura del nuovo attirano quasi con la stessa forza. Cresce la nostalgia dell'essere polare, del Tu. Si vorrebbe venire in contatto con ciò che manca, e non si osa farlo. Emergono fantasie sessuali, di cui ci si vergogna. Non stupisce che questo conflitto divenga visibile sotto forma di irritazioni della pelle: la pelle infatti è il confine dell'Io, che bisogna superare per trovare il Tu. Questo tema caldo, infiamma la pelle del ragazzo in età puberale e mostra che si vorrebbero saltare i confini finora osservati e al tempo stesso il tentativo di sbarrare il passo a ciò che è nuovo, la paura dell'impulso appena risvegliato. Ci si difende attraverso l'acne, perché essa rende difficile ogni incontro e impedisce la sessualità. Nasce così  un circolo vizioso: la sessualità non vissuta si manifesta sulla pelle sotto forma di acne, e l'acne impedisce il sesso. Il desiderio represso di eccitazione si trasforma in pelle irritata. Quanto sia stretto il rapporto tra sesso e acne, risulta chiaramente dai punti in cui l'acne si manifesta: viso, décolleté (a volte anche sulle spalle). Le altre parti della pelle non vengono aggredite perché non potrebbero raggiungere nessuno scopo.
Il miglior rimedio contro l'acne è una sessualità veramente vissuta.
Una eruzione cutanea mostra sempre che qualcosa che è stato represso finora vorrebbe spezzare i confini e rivelarsi pienamente (divenire consapevole). Nell'eruzione si rivela qualcosa che finora non era stato visibile. Questo fa capire come mai quasi tutte le malattie infantili - come morbillo, scarlattina, varicella - si manifestano attraverso la pelle. Ad ogni malattia infantile nella vita del bambino irrompe qualcosa di nuovo, e porta con se un'evoluzione. L'eczema viene spesso utilizzato dalle madri per giustificare in termini casuali il loro rifiuto interiore del bambino.
Una delle dermatosi più frequenti è la psoriasi. Essa si manifesta in focolai limitati, circolari, infiammati, coperti di pustoline di un colore bianco-argenteo, dure e resistenti. Qui la funzione naturale di protezione della pelle viene esasperata: ci si scherma in ogni direzione, non si vuole più lasciar passare e uscire nulla. Ma dietro ogni forma di difesa si cela la paura di "essere feriti". Più grande è la difesa, maggiore è la sensibilità interiore della persona e la sua paura di essere ferita. E' anche possibile che si arrivi a veri e propri punti scoperti della pelle, a ferite sanguinanti. Spesso la psoriasi comincia nei gomiti - e coi gomiti ci si impone, sui gomiti ci si appoggia. Nella psoriasi l'isolamento ha raggiunto il punto estremo, così che il paziente viene costretto a diventare "vulnerabile e aperto" almeno a livello corporeo.
Prurito:
E' un fenomeno che accompagna molte malattie della pelle ma che può manifestarsi anche da solo, senza alcuna causa. Il prurito può portare una persona quasi alla disperazione; deve costantemente grattarsi in qualche zona del corpo. Il termine latino prurigo significa prurito ma anche lussuria, cupidigia. Il prurito fisico fa capire che sul piano psicologico qualcosa stimola ed eccita. Però evidentemente sul piano psicologico non se ne è voluto tener conto, altrimenti non si sarebbe somatizzato sotto forma di prurito. Dietro al prurito si cela una passione, un fuoco interno, un ardore, che vuole manifestarsi, venire scoperto. Per questo produce prurito e induce a grattarsi. Grattare è una forma di scavare, raschiare. Come si gratta e si scava la terra per trovare qualcosa e portarlo alla luce, così la persona affetta da prurito gratta la pelle per trovare simbolicamente quello che stimola, eccita, morde. Una volta che l'ha trovato sta meglio.
Il prurito indica quindi sempre qualcosa che non mi lascia freddo, che brucia sull'anima: una passione bruciante, un focoso entusiasmo, un amore ardente o anche la fiamma dell'ira.
Domande da porsi:
1) Mi isolo molto?
2) Come va la mia capacità di contatto?
3) Cosa vuole spezzare i confini per rendersi visibile?
4) Cosa mi prude in realtà?
5) Mi sono volutamente isolato troppo?

Tratto da Malattia e Destino il valore e il messaggio della malattia  Thorwald Dethlefsen Ed. Mediterranee

 

Insonnia

Come il cibo e la sessualità, il sonno è una necessità istintuale dell'uomo. Un terzo della nostra vita lo passiamo dormendo. Un buon sonno è sempre legato a molte abitudini: un determinato letto, una certa posizione, un determinato orario, ecc. Un cambiamento di queste abitudini porta spesso a turbative del sonno.
Il sonno è un fenomeno particolare. Tutti siamo capaci di dormire senza aver imparato, e tuttavia non sappiamo come funziona la cosa. Desideriamo il sonno, e tuttavia a volte abbiamo la sensazione che qualcosa ci minacci dal mondo del sonno e del sogno.  Da dove viene il convincimento che la vita che conduciamo di giorno sia più vera e più reale della nostra vita onirica? Chi ci autorizza a dire che si tratta soltanto di sogni? Ogni esperienza che fa la coscienza è sempre vera, sia che la si chiami realtà, sogno o fantasia. Sogno e veglia, coscienza notturna e diurna sono polarità e si compensano reciprocamente. La voce popolare definisce il sonno come il fratello minore della morte. Ogni volta che dormiamo ci esercitiamo a morire. Addormentarsi presuppone allentamento da ogni controllo, da ogni intenzione, da ogni attività, richiede da noi disponibilità e fiducia, capacità di abbandonarsi a ciò che è sconosciuto. Non è possibile addormentarsi attraverso la costrizione, l'autocontrollo, la volontà e lo sforzo. Ogni volontà attiva è il modo più sicuro di impedire il sonno. Noi possiamo solo creare le premesse più favorevoli per il sonno, ma poi dobbiamo aspettare pazientemente che il sonno decida a scendere su di noi. Tutto ciò che il sonno (e la morte) esigono da noi, non rientra nelle abilità dell'uomo.
Abbiamo paura del sentimento, dell'irrazionale, dell'ombra, dell'inconscio, del male, del buio, della morte. Ci teniamo spasmodicamente aggrappati al nostro intelletto e alla nostra coscienza diurna, con cui crediamo di poter vedere tutto. Se poi arriva il comando di "abbandonarsi", emerge la paura. Così come la notte fa parte del giorno, anche l'ombra  fa parte di noi e la morte fa parte della vita. Il sonno ci porta quotidianamente a questa soglia tra aldiquà e aldilà, ci conduce nelle zone d'ombra e notturne della nostra anima, ci fa vivere nel sogno quello che non abbiamo vissuto e ci rimette di nuovo in equilibrio.
Chi soffre di insonnia, o meglio di difficoltà ad addormentarsi, ha difficoltà e paura di lasciare il proprio controllo consapevole e di affidarsi al proprio inconscio.   L'insonne manca di fiducia e di capacità di abbandonarsi, si identifica troppo   con il suo ruolo di persona attiva e non riesce ad abbandonarsi. Sogno e orgasmo sono piccole morti e vengono vissuti come pericolo dall'uomo che ha una forte identificazione col proprio Io. Ogni monotonia annoia l'emisfero sinistro e l'induce ad abbandonare il suo predominio. Tutte le tecniche di meditazione utilizzano questa regola: la concentrazione su un punto o sul respiro, la ripetizione di un mantra, portano al passaggio dell'emisfero sinistro a quello destro, dal lato diurno a quello notturno, dall'attività alla passività.
Un eccessivo bisogno di dormire indica una problematica opposta.  Chi, sebbene abbia dormito a sufficienza, ha difficoltà a svegliarsi e ad alzarsi, dovrebbe prendere atto della propria paura ad affrontare il giorno, l'attività e di doveri quotidiani. Svegliarsi e cominciare una nuova giornata significa diventare attivi, agire e assumersi delle responsabilità. Come l'addormentassi è in rapporto con la morte, lo svegliarsi è una piccola nascita. Il problema è sempre nell'unilateralità, la soluzione è al centro, nell'equilibrio, nel sia-sia. Soltanto qui si capisce che la nascita e morte sono una cosa sola. 
Domande da porsi nel caso d'insonnia:
1) Fino a che punto sono dipendente da potere, controllo, intelletto?
2) So abbandonarmi?
3) Mi preoccupo del lato oscuro della mia anima?
4) Come è grande la mia paura della morte?
Domande da porsi nel caso di eccessivo bisogno di dormire:
1) Rifuggo dall'attività, dalla responsabilità e dalla presa di coscienza?
2) Vivo nel mondo dei sogni e ho paura di destarmi alla realtà?

Tratto da Malattia e Destino il valore e il messaggio della malattia  Thorwald Dethlefsen Ed. Mediterranee

 

Allergie

Dal Greco Allos = altro e Ergon = reazione. E' una iperreazione ad una sostanza riconosciuta pericolosa (allergene) generalmente innocua per le altre persone. Quando l'allergene entra in contatto con l'organismo per la prima volta, si producono degli anticorpi detti reagine (IgE = immunoglobuline E). A un secondo contatto, gli anticorpi sensibilizzati determinano la produzione di istamina, a cui sono legati i sintomi fisici dell'allergia (pruriti, ecc.).
L'allergico si costruisce un'armatura e vede nemici dappertutto. Un numero sempre più alto di sostanze viene dichiarato nemico e di conseguenza l'armatura diventa sempre più robusta, per poter fronteggiare questi nemici. In campo militare armarsi è sempre un segno di aggressività, e così anche l'allergia è espressione di forte difesa e aggressività repressa nel corpo.
L'allergico ha problemi con la propria aggressività, che però in genere non ammette di avere e quindi neppure vive consapevolmente.
Nel caso dell'allergia, l'aggressività è passata dalla psiche al corpo e qui infuria: viene difesa e aggredita, combattuta e vinta. Affinché questa piacevole occupazione non finisca troppo presto per mancanza di nemici, ecco che innocui oggetti vengono dichiarati nemici: pollini di fiori, peli di gatto o di cavallo, polvere, detersivi, fumo, fragole, cani o pomodori. La scelta è illimitata - l'allergico non ha paura di niente - combatte con tutti e con tutto, però in genere dà la preferenza ai propri simboli favoriti.
E' noto quanto sia stretto il rapporto tra aggressività e paura. Si combatte sempre ciò di cui si ha paura.
1) Peli e/o pellicce: Alla pelliccia del gatto (e alla pelliccia in generale) gli uomini associano moine e carezze - la pelliccia è morbida e avvolgente, tenera e tuttavia "animalesca" -. E' un simbolo dell'amore e ha un riferimento sessuale. Nel cavallo la componente istintuale è più fortemente accentuata, nel cane quella aggressiva.
2) Pollni di fiori: Sono un simbolo di concepimento e riproduzione, e la primavera "piena" è la stagione in cui queste persone soffrono di più. Mostrano che i temi "amore", "sessualità", "impulso" e "fertilità" sono carichi di paura e quindi evitati, non lasciati passare in quanto ritenuti aggressivi.
3) Sporco, polvere: Lo stesso vale per la paura dello sporco, di ciò che non è puro, pulito. L'allergico cerca di evitare gli allergeni e anche gli ambienti corrispondenti. Ai giochi di potenza dell'ammalato anche qui non vengono posti confini: gli animali domestici vengono buttati fuori, nessuno può più fumare, eccetera. In questa tirannia nei confronti dell'ambiente circostante, l'allergico trova un buon campo di azione per realizzare la sua aggressività repressa senza che nessuno se ne accorga.

L'allergico può guarire soltanto se impara a confrontarsi consapevolmente con ciò che evita e teme, finché riesce a integrarlo nella coscienza e ad assimilarlo.

Ricordarsi sempre che la reazione allergica è assolutamente indipendente dalla sostanza dell'allergene

La maggior parte degli allergeni sono espressione di vitalità, sessualità, amore, fertilità, aggressività, sporco, in tutti questi campi la vita si mostra nella sua forma più vitale. Però proprio questa vitalità che preme per manifestarsi incute una gran paura all'allergico, perché in ultima analisi egli ha un atteggiamento ostile nei confronti della vita. Il suo ideale è ciò che è sterile, non fertile, non fruttificante, la vita priva di impulsi e di aggressività.
Domande da porsi:
1) Perché non consento alla mia aggressività di manifestarsi, ma la costringo a lavorare silenziosamente ai danni del corpo?
2) Di quali ambienti di vita ho tanta paura da evitarli?
3) A quali temi si riferiscono le mie allergie? sessualità, voglie, aggressività, riproduzione, sporco?
4) Fino a che punto mi servo della mia allergia per manipolare chi mi vive accanto?
5) Come va col mio amore,con la mia capacità di "far passare"?

Tratto da Malattia e Destino il valore e il messaggio della malattia  Thorwald Dethlefsen Ed. Mediterranee

 

Morbo di Parkinson

E' la malattia neurologica più frequente che compare nell'età avanzata. Essa colpisce i fasci extrapiramidali, che agiscono indipendentemente dalla volontà. Dal punto di vista medico si constata una grande riduzione del contenuto di dopamina (neurotrasmettitore). I sintomi che ne derivano determinano un quadro estremamente chiaro, nel quale colpiscono immediatamente il volto privo di espressione e la rigidità generale. Tutti i movimenti sono rallentati, mentre vengono meno tutti i movimenti fisiologici associati, come quelli delle braccia mentre si cammina. La voce diventa debole, spezzata e monotona. Alla povertà di movimento si contrappone il tipico tremore, un tremito forte che si manifesta più energicamente negli stati di quiete. L'andatura è caratterizzata da passi piccoli e strascicati, la parte superiore del corpo sembra voler sovrastare quella inferiore, cosicché il malato tende a cadere in avanti o di lato.
La malattia si manifesta quasi esclusivamente in età avanzata, prevalentemente in persone che hanno vissuto la loro vita in modo molto attivo e sono state sottoposte a forti pressioni, in particolare negli intellettuali. Esistono gruppi di sindromi secondarie del Parkinson, che rientrano nel campo della sclerosi cerebrale, di un avvelenamento, o si presentano dopo una encefalite o in seguito all'assunzione di farmaci, ad esempio neurolettici. Una variante piuttosto rara è la malattia del pugile, chiaramente determinata dai numerosissimi "scuotimenti del cervello", come è capitato all'ex campione dei pesi massimi Muhammed Ali.
In tutti i casi, i soggetti colpiti dal morbo di Parkinson non si rendevano conto della rigidità della propria espressione e della loro motilità, finché il corpo non le rende tanto evidenti da non poter più passare inosservate. Costoro vivono senza rendersene conto in uno stato di rigidità, pari a quella successiva a uno spavento. Il suo viso è irrigidito come tutto il corpo, assomiglia molto a un morto vivente (uno zombi). La rigidità durante la vita: nel caso dello statista cinese Mao Tse-tung questa visione orrifica diviene realtà. Il rivoluzionario si trasformò alla fine della sua vita in un monumento vivente, non riusciva neppure a parlare, ma nonostante tutto continuò a imporre ai cinesi regole di vita.
Oltre alla rigidità che porta alla morte, nella malattia si esprime anche una profonda paura che si impossessa dei pazienti non appena restano fermi. Tremano con scosse  e scatti violenti. Questo forte tremore cessa solo quando essi si mettono a fare qualcosa. Rigidi privi di espressione nella testa e nel corpo, il tremore mostra loro come sia problematica l'inattività.  In realtà paralizzati e incapaci di muoversi, è la paura a provocare il movimento. Ciò che colpisce di più è che spesso si tratta di uomini che pretendono di cambiare il mondo. La malattia mostra loro quanto poco mettano in moto a livello interiore rispetto le loro pretese, e soprattutto quanto poco attiva sia la loro vita spirituale, di cui hanno trasmesso nel corpo la rigidità e la paralisi.
Ci si può chiedere: perché una persona trema e cosa determina il tremore? Tremiamo involontariamente per liberarci dal freddo e dall'umidità. Tremiamo di paura e cerchiamo in questo modo di scacciare la morte. Talvolta si trema per l'orrore, dopo aver vissuto un'esperienza per l'appunto orribile. Questi malati vogliono inconsapevolmente scacciare e liberarsi di qualcosa che incute loro paura e terrore. La prima provoca il tremore, il secondo la rigidità. Dalle storie dei pazienti colpiti dal Morbo, si ricava l'impressione che sia proprio la loro realtà personale che vorrebbero cacciare. Il loro corpo indolente e il loro ambiente altrettanto pigro danno loro fastidio. La paralisi si presenta come soltanto apparentemente come il contrario del tremore: di fatto, rende i soggetti coscienti dell'immobilità e dell'inflessibilità che regnano nel profondo della loro anima, a dispetto di tutto ciò che di grandioso hanno cercato di realizzare. Il corpo costringe ad ammettere che sono incapaci di adattarsi agli indispensabili cambiamenti.
Di fatto, le persone che raggiungono posizioni ambite e che, come i malati del morbo di Parkinson, aspirano a raggiungere situazioni privilegiate e spesso ci riescono, sono raramente nella condizione di mostrare il loro vero volto.
Le particolarità nell'andatura confermano le interpretazioni finora proposte: come abbiamo detto i soggetti riescono a camminare soltanto a passi minuscoli. Oltre a ciò, tendono a cadere in avanti, poiché con la parte superiore del corpo si muovono più rapidamente in avanti, mentre con quella inferiore si adeguano alla realtà. Il corpo ad ogni passo rivela la discrepanza tra volere e potere, tra piano superiore e quello inferiore, tra realtà psico-spirituale e fisica.
Il compito consiste nella realizzazione redenta del modello espresso nei sintomi. Si tratta di fare passi più piccoli, non alzare troppo la voce, badare ai dettagli di ciò che si promuove. Prima che alla quantità, è necessario badare alla qualità, le finezze hanno un'importanza fondamentale. Il portamento chino e la tendenza a cadere in avanti spingono a dirigere l'attenzione verso ciò che è di fronte e a terra. E' necessario guardare al terreno dei fatti. L'enorme rigidità del corpo dovrebbe essere vissuta a livello psicologico come ricerca dell'essenziale. Le grandi ambizioni dovrebbero essere deposte e adattate agli stretti limiti della propria realtà. 

Tratto da Malattia e Destino il valore e il messaggio della malattia  Thorwald Dethlefsen Ed. Mediterranee